Il documento può essere inteso appieno nella sua portata storica grazie al confronto con la documentazione coeva e con gli avvenimenti storici di quegli anni. Abbiamo da una parte il priore e i monaci del monastero di S. Marziano di Tortona e dall’altra il marchese Opizzo, noto nella storiografia come Obizzo il Grande (vedi 1). Le località ove si trovano i beni dati in investitura sono in parte a nord del crinale degli Appennini e in parte in Toscana: un orizzonte geografico decisamente ampio.
Obizzo il Grande ha ricevuto conferma dell’investitura imperiale da parte di Federico I Barbarossa l’anno precedente a questo documento. Obizzo scorterà l’Imperatore (il cui esercito era stato decimato a Roma dalle febbri malariche nell’agosto 1167) lungo le valli dell’Appennino attraverso i propri domini dalla Lunigiana al Tortonese durante la ritirata verso la Germania, passando per Pavia. Con tale azione di fatto salverà l’Imperatore dai Comuni nemici. Il documento è redatto a Tortona, città distrutta dal Barbarossa nell’aprile 1155. I testimoni citati nelle ultime righe sono stati individuati in un recente studio come possibili consoli del comune nel 1165: si considerino in particolare Sigembaldo de Ponte Curone (vedi 2) e Corrado de Mediolano (vedi 3). I da Mediolano e i da Milano (da non confondere gli uni con gli altri) sono sicuramente famiglie tortonesi immigrate in Sicilia già alla fine del secolo XI e quindi passate a Corleone nel Duecento. La presenza di Ottone de Bagnolo (vedi 4) tra i testimoni contribuisce all’identificazione, per coerenza geografica, di tale località con il Bagnolo nei pressi di Pontecurone.
Il priore e i monaci sottoscrivono in modo autografo, prassi molto rara, ma divenuta abituale in Sicilia tra i Lombardi. Uno dei monaci è Pietro de Caniano (vedi 5): Cagnano è anch’essa ora solamente una grossa cascina, al pari di Bagnolo e nelle sue vicinanze.