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autore |
MASSIMILIANO GIBERTI |
titolo |
COMPENDIO DI ANATOMIA PER PROGETTISTI |
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editore |
QUODLIBET STUDIO |
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luogo |
RECANATI |
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anno |
2014 |
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lingua |
ITALIANO |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Il soggetto di questo
libro non è un opera specifica, piuttosto si pone come una raccolta
riassuntiva ed ordinatrice delle idee riguardanti il rapporto che l’uomo ha
costituito tra se stesso e l’architettura che lo circonda nell’arco degli
ultimi 20 secoli. L’opera è organizzata
attraverso 4 lezioni, che studiano il corpo umano proprio come se si stesse
assistendo ad una lezione di anatomia. Il riferimento
all’anatomia non è casuale, infatti l’autore crede che il modo migliore per
capire sia quello di spezzettare e scomporre in elementi più semplici gli
eventi più importanti del passato, in modo tale da scegliere, isolare e
caratterizzare quelle parti che sono state fondamentali nella formazione
delle diverse interpretazioni del rapporto tra corpo umano- architettura. Quello che si vuole effettivamente fare è mettere in ordine e trasmettere ai nuovi architetti un nuovo modo di vedere l’architettura. L’obiettivo è quello di non avere più un architettura finalizzata alla costruzione di spazi solo funzionali, ma che riguardi anche la creazione di spazi di relazione, ossia di spazi che suscitino emozioni in chi li vive |
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Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: Fabio Nunziato |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2015/2016 |
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Autore |
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Massimiliano Giberti ha studiato presso
l'Ecole d'Architecture di Parigi Belleville e presso l'Università di Genova,
laureandosi nel 1999 con una tesi sulla Teoria e Storia dell'Architettura
Contemporanea. Nel 2003 ha completato
il suo dottorato di ricerca in "Problemi di metodo nella progettazione
architettonica" presso l'Università di Genova, dove, in realtà è
ricercatore in progettazione architettonica, insegnando nei laboratori di
progettazione architettonica dal 2006. La sua attività
didattica comprende anche seminari e workshop in diverse facoltà di
architettura in Italia e all'estero, come Ila & Ud 2002. Dal 2005 al 2010 è junior
partner dello Studio Archea, che porta l'agenzia di Genova. E 'stato
responsabile di diversi progetti, dal concept design alla fase di
costruzione. La maggior parte dei progetti ha coordinato sono pubblicati
nelle principali riviste italiane come Area, MATERIA, DOMUS, ABITARE. Dal 2000 è collaboratore
con le riviste pubblicate da Federico Motta Editore / il Sole 24 Ore, in
particolare Materia, per cui scrive trattati e articoli. Dal 2009 collabora con
la rivista Casa Amica edito da Rizzoli Corriere della Sera. Nel 2008 è responsabile
per la ricerca ministeriale IL MUSEO SPREAD. Nel 2012 è membro dello staff
scientifico per la ricerca dei Ministri, La cura dei paesaggi costieri.
Ridurre la vulnerabilità e migliorando la resilienza. Dal 2011 è membro del gruppo
lavoro UIA, Design per un futuro sostenibile, partecipando a diversi
conferenze internazionali come COP 15 di Copenaghen 2009, Rio + 20 Rio de
Janeiro 2012. |
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Contenuto |
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Il protagonista
principale dell’opera è il corpo umano, da sempre considerato da tutti un
sistema proporzionale e modulare. Sin dall’antichità è stato il primo codice
che l’uomo ha sempre utilizzato per conoscere lo spazio che gli stava
intorno. Si potrebbe definire la prima unità di misura che l’uomo ha a
disposizione dovunque egli si trovi. Per la comprensione del
libro, specifica l’autore è necessaria la conoscenza della composizione
architettonica. Nel libro, infatti, vengono in continuazione richiamati i
concetti di questa materia (aperto, chiuso, esclusività, dinamismo…) e
vengono applicati al corpo umano. L’autore riconosce 4
corpi principali, che danno il titoli ai 4 capitoli sul quale è strutturata
l’opera. |
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CAPITOLI |
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Capitolo 1 - IL CORPO TEOLOGICO |
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Il corpo icona che caratterizza questa
parte è il corpo dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci (1490). Esso
infatti è quello che rappresenta la massima espressine di misura (parola
chiave di questa parte della storia). Ci troviamo in un periodo della storia
nel quale l’uomo è misura di tutte le cose, ossia è l’elemento che
proporziona e dimensiona tutte le opere architettoniche. La teoria che dava forza a questa
affermazione è quella del macro e micro cosmo, che poneva l’uomo al centro di
tutto. Questo perché si credeva che
all’interno dell’uomo fossero contenute tutte le informazioni (il
macrocosmo). La chiave che regge tutto è il
concetto di proporzione: le leggi della proporzione sono dimostrabili
scientificamente attraverso la matematica e quindi applicabili a tutte le
arti e quindi anche alla architettura. L’esempio più significativo in architettura di questo periodo è la Rotonda di Palladio. Lui attraverso l’utilizzo e sovrapposizione di forme semplici e chiare (il quadrato ed il cerchio) riesce a comporre un luogo che lavora armonicamente. Il tutto riesce a funzionare grazie alla proporzione, che agisce da collante per l’intero complesso. |
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Capitolo 2 - IL CORPO MECCANICO |
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Durante questa parte della storia si
viene a mettere in discussione l’idea del connubio geometria-controllo dello spazio,
come succedeva nel caso dell’uomo vitruviano. L’essere umano e l’architettura
vengono stilizzati. Questo procedimento porta alla necessità di inserire un
simbolo: il Modulor di Le Corbusier (1929-31). Il Modulor rappresenta per quest’epoca
un modulo universale, che affonda le sue radici nel processo di
standardizzazione e sulle dimensioni minime dell’abitare. Ha anche dei
difetti che sono rappresentati dall’impossibilità di rappresentare
graficamente il tempo e la percezione soggettiva. In aiuto intervengono due
opere: “L’uomo nuovo” di G.Groz e “Scena di una donna che corre” di
P.Klee. Attraverso di esse si riesce a
comprendere che lo spazio viene assorbito dalla menti in modo continuo, in
maniera dinamica. Con l’introduzione di uno spazio
dinamico, si arriva a dare una nuova definizione alla figura umana, ossia una
figura meccanica. Infatti l’uomo non è più in grado di percepire lo spazio
(che non è più statico come nella Rotonda di Palladio) ma ha bisogno di altri
strumenti che amplifichino le sue potenzialità percettive ed anche quelle
espressive. L’uomo disegna lo spazio in movimento e per riuscirci ha bisogno
di organi artificiali, che mettono in crisi quella definizione di uomo come
essere indivisibile. Il suo ruolo è solo quello di operare una sintesi
intellettuale, che è fondamentale al fine di evitare la totale alienazione
dell’uomo dalla realtà. Perdendo il concetto della percezione (raggiunta solo attraverso l’auto degli strumenti), si passa ad un novo modo di vedere le cose, ossia attraverso le “visioni”, che risultano essere dei veri e propri spettacoli per gli occhi dell’osservatore ideati dall’architetto (forte influenza da parte della cinematografia). Infatti ad accompagnare sempre il Modulor nelle opere di Le Cobusier c’è sempre un grande “occhio ricognitore”. L’esempio più evidente è l’attico Beistégui Champs Elisées a Parigi, nel quale l’occhio, attraverso l’uso di strumenti tecnologici, si impone come una grande cinepresa al fine di mostrare a chi si trova lì le viste più interessanti del posto. |
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CAPITOLO 3 - IL CORPO METABOLICO |
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A seguito del forte progredire della tecnologia
e dal forte desiderio dell’uomo di poter rafforzare sempre di più le proprie
potenzialità, si assiste ad una mutazione del corpo umano stesso. Questo,
come ricorda anche il titolo del capitolo, è un corpo metabolico, nel quale
la parte naturale e quella artificiale convivono insieme. Rispetto al corpo meccanico, che era
costituito da pezzi esterni, il corpo metabolico risulta essere fuso insieme
alla parte meccanica. I primi esempi si possono trovare nella body art dove
il corpo si perde nel contesto, fondendosi con esso. Il corpo è quindi
definito come un oggetto che serve per sentire e conoscere il paesaggi che lo
circondano. L’ibrido che si viene a creare in
questa parte della storia deriva dal fatto che l’uomo, avendo la necessità di
assorbire più informazioni possibili (e non essendone in grado), ha dovuto
adottare una mutazione per raggiungere la conoscenza. Il risultato di tutto
ciò è che il corpo, mischiato nel contesto, risulta essere sia oggetto che
costruttore dello spazio. Questo vuol dire che vengono messi in discussione
tutti i rapporti tra copro e spazio, generando nuove prospettive di
espressione in campo architettonico. I corpo umano non è più il modello di
riferimento per la progettazione, bisogna quindi trovarne un altro. Quello che ne esce fuori è un modello che
rifiuta ogni simmetria (vista come una semplice approssimazione della realtà)
ed ammette l’introduzione della casualità. “La sfida dell’architettura è il
disegno di uno spazio urbano in cui la molteplicità di comportamenti sia
possibile, in uno scambio continuo tra azione singola e comportamento
collettivo. L’esempio che raffigura questa linea
di pensiero è la Kunsthal, a Rotterdam di OMA (1992). Koolhaas si pone l’obiettivo di superare il
concetto di tipo a favore di un complesso architettonico svincolato da
qualsiasi configurazione fisica. Per arrivarci si serve de concetto di
giustapposizione: il paesaggio costruito attraverso le tre dimensioni di
tempo, forma e scala. Il risultato è un edificio che inizialmente può apparire
estremamente semplice, ma con uno sguardo più attento è possibile riconoscere
le diversità che esso possiede. Risulta quindi evidente come non esiste più un modulo ma tutto ciò si basa su un principio di assemblaggio, mirato alla generazione di spazi che si relazionano qualitativamente tra loro. |
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CAPITOLO 4 - IL CORPO DISOGANICO |
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In quest’ultima parte del libro sia
arriva a completare quello che è effettivamente un climax. Si è partiti dalla
definizione di un corpo perfetto ed inscindibile fino ad arrivare ad oggi
dove siamo di fronte alla alienazione del nostro corpo. La questione di oggi è il controllo
del futuro. Ciò è dovuto dal sopravento della genetica che non ha fatto altro
che portare preoccupazione nell’uomo, poiché essa rappresenta un’eccessiva
naturalizzazione del corpo umano, ma limitata solo al dato scientifico.
Inoltre, ad alimentare il tutto, va sottolineata la continua evoluzione della
tecnologia, che essendo un processo oramai inarrestabile, sta portando alla
totale denaturalizzazione del corpo. L’uomo di oggi trova ristoro solo
rifugiandosi in aree fittizie come può essere il cyberspace. Gli uomini sono
totalmente persi e non riescono a distinguersi. Se si dovesse definire
l’icona di questo periodo sarebbero gli omini stilizzati di Hering, poiché
nella loro neutralità possono rappresentare ognuno di noi. Si è quindi arrivati al punto dove non è più possibile distinguere un corpo vero e proprio, ma questo ormai è un tutt’uno con lo spazio e muta con esso. L’esempio che questa volta l’autore fa è la Mediateca a Sendai di Toyo Ito (2002). La chiave sta nella semplicità del progetto che muta seguendo il flusso dell’ambiente intorno (il pilastri). |
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