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Descrizione: Descrizione: Descrizione: 71UCN-W66DL (2)

autore

VITTORIO UGO

 

titolo

FONDAMENTI DELLA RAPPRESENTAZIONE ARCHITETTONICA

 

editore

ESCULAPIO

 

luogo

BOLOGNA

 

anno

1994

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: Descrizione: Descrizione: 71UCN-W66DL

Il libro tratta il tema della rappresentazione architettonica e i suoi fondamenti. Inoltre descrive il ruolo che occupa nella progettazione architettonica e a partire dai concetti di mìmesis tékhne e pòiesis ne analizza i vari aspetti. Il disegno è parte integrante della produzione architettonica e artistica in generale; strumento che permette la restituzione mimetica della realtà, ma anche processo mentale che porta alla definizione del progetto dall’idea alla realizzazione materiale. L’autore dà importanza alla storia come grande influente nel processo progettuale e nello sviluppo delle diverse tecniche e concezioni della rappresentazione. Un altro tema trattato riguarda la geometria come base del disegno e strumento che permette di rappresentare la spazialità della realtà.

  

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Ludovica Marsic

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2015/2016

 

 

Descrizione: Descrizione: Descrizione: 14

 

 

Autore Vittorio Ugo

 

Vittorio Ugo (1938-2005) è stato docente nelle Università di Palermo e Bari e presso il Politecnico di Milano. Si è occupato di ricerche su temi quali la rappresentazione e la teoria dell’architettura sei suoi aspetti storici, filosofici ed epistemologici. In qualità di docente si è occupato di “Teoria e storia delle forme di rappresentazione”, “Composizione architettonica”, “Storia della critica” e altre materie sempre riguardanti il tema della rappresentazione. Il suo interesse nel campo della teoria e dell’estetica dell’architettura lo ha portato a tenere vari corsi e seminari, sia in Italia sia all’estero. È autore di pubblicazioni in volume quali: “La questione architettura” (Venezia 1990, con R. Masiero), “Fondamenti della rappresentazione architettonica” (Bologna 1994), “Temi e codici del disegno d’architettura” (Roma, 1992, con R. de Rubertis e A. Soletti), “Architectura ad vocem” (Milano 1996), “Stile” (Milano 1997, con E. Franzini).

 

Vittorio Ugo

 

Contenuto

L’autore esordisce dando una definizione teorica di architettura e di ciò che la riguarda. Attraverso l’analisi linguistica ed epistemologica del termine architettura, trova lo spunto per introdurre tutti gli aspetti che caratterizzano tale disciplina, dando rilevanza al suo triplice statuto teorico, storico e materiale. L’architettura come esperienza soggettiva, ma anche relativa e dunque parziale, è mediata dalla rappresentazione. Il tema principale affrontato nel libro è proprio legato ad essa. La rappresentazione come “doppio” del reale è analizzata nelle sue componenti. A partire dai concetti fondamentali di mìmesis, pictura e pòiesis dà una definizione di rappresentazione sempre più approfondita, coinvolgendo la dimensione storica e geometrica del tema. Ugo definisce i ruoli di tecnica e forma e sottolinea l’importanza della creazione di un modello che rappresenti lo spazio nella sua completezza e concretezza. Egli sottolinea l’influenza della documentazione e della critica nell’evoluzione dei modi di rappresentare, sottolineando l’aspetto tassonomico. In ogni capitolo approfondisce i vari caratteri che definiscono la rappresentazione. Egli analizza in fondamenti geometrici che ne stanno alla base, soffermandosi sullo spazio come concetto fondamentale e sui vari modi che l’uomo ha inventato per rappresentarlo. In seguito si occupa degli strumenti, delle tecniche e dei metodi che permettono all’uomo di rappresentare, descrivendone i procedimenti. Un capitolo è dedicato alle forme della rappresentazione, analizzati nei loro aspetti più teorici e molto approfonditi. Dal punto di vista pratico ha particolare importanza il rilievo architettonico. Infine l’autore si occupa di definire la nozione di “modello”. Questo concetto è analizzato non solo dal punto di vista strettamente concreto e pratico, ma anche come forma del pensiero e strumento per conoscere la verità interna nell’opera. 

 

CAPITOLI

Capitolo 0– L’architettura e i suoi doppi

L’architettura è caratterizzata da un triplice statuto: teorico, storico e materiale. In quanto attività che modifica l’ambiente che ci circonda, essa si presenta anche come fatto storico che comunica con il panorama culturale in cui nasce. L’architettura può essere identificata come l’insieme delle opere costruite. La sua forma coincide con quella impressa ai materiali che la compongono.

Il termine architettura ha origini da due vocaboli presi dalla lingua greca, ossia: arkhé, che significa autorità, e tékhne, cioè tecnica. L’architetto, in greco àrkhon ton tekhnon, è definito come padrone delle tecniche e colui che ha il compito di dirigere gli operai.

L’architettura riguarda due universi: quello materiale e fisico, che comprende le opere edificate e quello discorsivo, che comprende il discorso teorico. Componente fondamentale di tale disciplina è la rappresentazione. Essa mette in relazione i tre statuti e si manifesta in vari modi: in quello teorico come espressione discorsiva, in quello storico come evento civile e in quello materiale nell’accezione di costruire e dare forma all’abitare. L’architettura, in qualità di esperienza soggettiva, è fortemente influenzata dai luoghi frequentati, visitati e da quelli rimasti nella memoria. La rappresentazione ne permette la conoscenza anche senza l’esperienza diretta, grazie alla nostra capacità di percepirne la dimensione spaziale e materica. Perciò permette di formulare un giudizio sull’opera anche quando essa è solo virtuale. Ognuno dei tre statuti dà il suo contributo: la storia agisce sulla memoria, la teoria seleziona il senso e la tecnica seleziona l’evidenza e le leggi fisiche.

La rappresentazione ha diverse implicazioni: rispetto all’opera deve proporsi come copia fedele dell’originale e quindi rivelare e costruire l’opera; rispetto alla rappresentazione stessa deve, invece, dimostrare coerenza nel processo riproduttivo. Essa si pone come doppio del reale e per questo bisogna ricercare i rapporti che intercorrono tra realtà e rappresentazione. La realtà è fatta di operai, i quali costruiscono nel concreto l’opera, e di utenti che la vivono direttamente. La rappresentazione è fatta anche di storici, critici e architetti, questi ultimi come ideatori del progetto.

L’azione di rappresentare ha diverse valenze:

·       Mimetico-riproduttiva

·       Analitico-informativa

·       Storico-documentaria

·       Scientifica e teorica

Il disegno architettonico è definito mimetico, quando si propone come copia effettuata dal vero, e poietico quando si riferisce a ciò che sarà in futuro. In ogni caso esso implica un distanziamento in termini di tempo e spazio dal reale, ma anche dalla teoria.

In architettura la rappresentazione svolge il ruolo di strumento di conoscenza e anche di connessione tra teoria e costruito. Perciò è intesa in termini di Darstellung, cioè disegno grafico, e di Vorstellung, cioè disegno concettuale.    

Capitolo I – La rappresentazione come tema

1.1. Mìmesis, pictura, pòiesis

La rappresentazione istituisce un’ analogia con la realtà fisica ed elabora un tema. Essa è caratterizzata da tre componenti: mìmesis, pòiesis e tékhne. La mìmesis indica una relazione imitativa di riproduzione della realtà. La pòiesis è l’attività poetica del produrre o anche tensione che motiva l’opera. La tékhne è l’insieme di conoscenze e capacità tecniche. Nel Rinascimento il disegno, inteso come mìmesis, diventa un’attività cardine e si costituisce come una fase del processo conoscitivo, della progettazione e anche della concezione teorica. Esso diventa lo strumento che permette di verificare gli esiti del progetto e contemporaneamente strumento di produzione artistica, diventando una rappresentazione progettuale dell’opera, come nell’architettura, o rappresentazione fine a se stessa, come nelle arti visive. Esistono varie forme di mìmesis, tra queste il ritratto, imita la somiglianza al personaggio, denota una figura generica e definisce la forma attraverso l’elaborazione di un modello. La fotografia è ritenuta un modello d’imitazione, poiché ripresenta un ritratto di ciò che vede. Ma il disegno va oltre la mera imitazione, infatti alla mìmesis è affidato il compito di definire l’oggetto, ma si deve affidare alla tèkhne, abilità tecnica, per aspirare alla pòiesis.

1.2. Storia, geometria

La geometria è un sistema di verità intrinseche che riguardano spazialità e misurabilità ed è indipendente dalla dimensione temporale. Infatti le proposizioni sono espresse al presente. Lo sviluppo di questa disciplina è visto come una progressiva scoperta di verità. I postulati geometrici sono affermazioni viste come esistenti una sola volta. È possibile parlare di pluralità delle geometrie intendendo che esiste tante volte quante quelle in cui il principio è enunciato. Secondo Focault la storia è l’interpretazione dei documenti del passato secondo i concetti contemporanei e l’archeologia diventa il risultato del discorso storico. La storia della geometria è l’ordinamento cronologico degli eventi e delle proposizioni e si integra con il concetto di geometria storica. Quest’ultima ha il compito di mostrare la storicità delle proposizioni e il modo in cui esse definiscono il carattere del momento storico. È necessario capire come la geometria intervenga nell’architettura.

1.3. Tecnica, forma

Tékhne riguarda la pratica attuazione dell’opera, ma anche la conoscenza e la capacità di gestire il processo produttivo. Secondo Heidegger la tecnica svolge un ruolo costitutivo perché relaziona la materia e la forma ed è parte del processo produttivo che rimane riconoscibile nell’esito. Il primo degli strumenti è la nostra mano. Essa è condizione e causa del pensiero e stabilisce un rapporto tra natura e cultura. Assume il senso di sineddoche dell’intero corpo e degli strumenti a nostra disposizione. La tecnica diventa componente strumentale per la forma e componente strutturale della forma. Per forma si intende il disegno, cioè l’immagine come insieme di informazioni visive percepite e sintetizzate e che portano alla conoscenza intellettuale. L’immagine è l’oggetto della mìmesis intesa come rappresentazione del mondo. La forma è l’oggetto della mìmesis profonda ed è il fondamento strutturale del disegno e dell’architettura. Nel suo significato più profondo definisce la modalità di esistenza della materia realizzata tramite la tékhne. La rappresentazione ha, perciò, il compito di omologare la forma del disegno e quella dell’architettura.

1.4. Dimensione, misura, modello

Dimensione, misura e modello riguardano rispettivamente: la grandezza di riferimento, il valore numerico e la capacità di codificare il rapporto tra realtà diverse. Questi tre concetti rendono il contenuto della rappresentazione comprensibile, comunicabile e verificabile. Lo spazio è caratterizzato da tre dimensioni, perciò occorrono tre parametri per individuare la posizione di un oggetto e tre misure per definirla. Questo permette di creare un modello che sarà rappresentato in una determinata scala. La scala indica il rapporto tra le misure dell’oggetto e la misura della sua rappresentazione grafica. L’unità di misura ha subito vari cambiamenti nel corso dei secoli, ma nasce in riferimento alla temporalità e alla costanza nei cicli. Le grandezze spaziali trovano, invece, riferimenti nel corpo umano. Dal Medioevo al Moderno la precisione nella misura diventa fondamentale per rendere quest’ultima uno strumento critico, di verifica e di materializzazione del mondo fisico. Nel Rinascimento, infatti, gli architetti iniziano a rilevare i monumenti della classicità e si sviluppa la cartografia. Si può parlare di modulo-misura, cioè il modulo come unità di misura interna che ordina spazialità e dà coerenza estetica all’opera. La rappresentazione architettonica diventa la restituzione della forma in un modello che, tramite la misurazione, la mette in relazione con l’ unità di misura. Il modello diventa una rappresentazione geometrica dello spazio.

1.5. Documentazione, critica, tassonomia

Focault sostiene che un tempo la storia trasformava i monumenti in documenti, mentre ora sono questi ultimi a diventare dei monumenti. Gli elementi isolati devono essere messi in relazione tra loro, perciò egli sostiene che la storia tenda all’archeologia. Le opere edificate sono ritenute il “monumento” nell’architettura e sono rappresentate e documentate tramite il rilievo che ne custodisce la memoria. Come nella “vecchia storia” i monumenti diventerebbero documenti, ma questo implicherebbe che il disegno fosse solo tecnica e meccanica del fare pratico. La rappresentazione, invece, svolge un ruolo critico: isola e raggruppa gli elementi, monumentalizzandoli, cioè inserisce, concettualmente, il documento in nuovo contesto critico e costruisce un’archeologia (insieme di principi). Il valore critico è dato dall’individuazione degli elementi significativi dell’oggetto in questione. La produzione di modelli della rappresentazione ne permette il confronto con i modelli fondamentali e legittima il ruolo tassonomico e storico della rappresentazione. Con tassonomia si intende un sistema di classificazione e di collocazione nella totalità dell’esistente caratterizzata da una regola costante. Sono opere tassonomiche tutte quelle che colgono i caratteri e le strutture fondamentali di un oggetto, isolando un modello ideale e teorico. La rappresentazione diventa principio unificatore delle cose, della loro esperienza delle cose e del linguaggio che ordina il mondo delle cose.

1.6. Lo statuto della rappresentazione

I principi su cui si fonda la tassonomia mostrano la dimensione storica della forma e la sua funzione di produttrice di percezione sensibile. L’azione di rappresentare è associata ai tre verbi modali: potere, volere e dovere che assumono, rispettivamente, i caratteri di prefigurazione, configurazione e istituzione. Questi tra concetti danno un giudizio critico sul mondo. È possibile distinguere tra coppie di funzioni modali per ogni verbo.

·       “si vuole”: esprime intenzionalità, volontà artistica e poetica. Questa fase corrisponde al momento dell’elaborazione del progetto nel disegno. Essa esprime il momento in cui l’architetto parte da un’idea o da un’intuizione e con il disegno la elabora e ne riconosce i contenuti architettonici. Forma di questo processo è lo schizzo poiché disegno immediato, spontaneo ed essenziale in cui la mano agisce e pensa, cioè il gesto coincide con l’idea che coincide con la rappresentazione.

·       “non si vuole”: esprime la rinuncia ad attuare materialmente il modello grafico. Questa fase riguarda il disegno come registrazione del costruito, rilievo, ma anche rappresentazioni analitiche e disegni privi di finalità progettuale, ma inerenti alla disciplina. La rinuncia all’attuazione concreta conferisce oggettività alla rappresentazione. In questa modalità rientra il pensiero scientifico moderno che ritiene il rilevare come modo della conoscenza, non solo strumento. Artista e scienziato partono dall’oggettività del mondo presupponendo la possibilità di conoscerlo misurandolo e rappresentandolo.

·       “si può”: esprime l’agire legittimo in senso tecnico-economico e riguardo il controllo estetico del progetto. La definizione delle componenti, dei materiali e dalle regole compositive definisce la forma e la produzione grafica si traduce nella materialità del costruito. È la fase della teoria della progettazione architettonica. Le forme di rappresentazione sono gli schemi: funzionali, distributivi, diagrammatici, che mostrano le varie possibilità di scelta. I campi della possibilità sono delineati dalle norme e dalle regole che definiscono i limiti disciplinari.

·       “non si può”: esprime l’impossibilità fattuale, tecnologica, economica, sociale, formale ed estetica. Forma di questo processo è l’utopia che svolge, però, un ruolo propositivo: l’impossibile definisce i limiti della disciplina e apre nuovi orizzonti.

·       “si deve”: esprime prescrizione e istanza etica. I disegni hanno carattere strumentale, sono esecutivi di cantiere e si riferiscono a norme precise, l’informazione non è ambigua. Il disegno segue il processo tecnologico e rispecchia la divisione sociale del lavoro. È il momento esecutivo.

·       “non si deve”: esprime il carattere teorico dei disegni che determina l’impossibilità esecutiva. I disegni sono spunti progettuali che non sono ancora esecutivi.

La rappresentazione oscilla tra il “si vuole”, che indica la volontà dell’autore, e il “non si deve”, che indica la teoria universale logica. Questa opposizione è necessaria poiché legittima lo spazio architettonico.    

Capitolo II- Fondamenti geometrici

2.1. Spazi e geometrie

La concezione dello spazio è determinata da:

·       Esperienza empirica della distanza e dell’estensione: va oltre i nostri limiti e comprende più oggetti simultaneamente

·       Qualità posizionali e metriche degli oggetti materiali

·       Struttura che contiene tutti gli oggetti del mondo fisico

Lo spazio chiarisce il desiderio dell’uomo di calcolare in una struttura che garantisca l’unità e la riconoscibilità del mondo. I Greci ritenevano che lo spazio fosse distinto dalle cose e che gli oggetti avessero una propria spazialità. Nella disciplina architettonica si possono distinguere due concezioni di spazio. La prima descrive lo spazio come indipendente dalle cose, in cui esse si riconoscono e si misurano. È lo spazio della composizione. Nella seconda lo spazio è il risultato della presenza e della forma delle cose e delle relazioni che stabiliscono. È lo spazio della progettazione in cui il luogo è inteso come esito del progetto. L’architettura come costruire determina il luogo e attraverso la rappresentazione mette in relazione vari tipi di spazio. A diverse concezioni di spazio corrispondono differenti geometrie:

·       Euclidea: geometria ideale e razionale che elabora e costruisce uno spazio astratto e indifferente agli oggetti. Permette all’architetto di dimensionare l’opera e costituisce un riferimento spaziale.

·       Proiettiva: istituisce corrispondenze tra elementi distanti. È il fondamento scientifico del disegno e della geometria rappresentativa.

·       Topologica: è fondata sulla continuità e sulla contiguità e misura lo spazio qualitativamente e in termini di percorribilità. Nell’architettura si manifesta tramite schemi distributivi.

2.2. Proiezione e percezione

I concetti fondamentali della geometria percettiva sono: punto, retta, intersezione e corrispondenza tra enti. I punti dello spazio vengono proiettati da un centro su una superficie, ma la corrispondenza non è bi-univoca poiché ogni punto-immagine può essere la proiezione dei punti della retta proiettante. La tridimensionalità è ridotta a bidimensionalità. La posizione dei punti nello spazio viene trasmessa solo tramite codici percettivo-culturali. Per percepire la realtà volumetrica, lo spazio viene organizzato in base ad un triedro trirettangolo. La determinazione univoca della realtà è resa possibile attraverso due immagini proiettate da due centri distinti e non allineati al piano a cui appartiene il punto, come avviene nella visione binoculare. Mantenendo costanti determinate caratteristiche degli oggetti e rendendoli percettivamente riconoscibili si regolano la corrispondenza, i rapporti e le distanze tra essi. Il bi-rapporto rimane costante. In architettura gli oggetti sono ridotti ad enti geometrici, privati della materialità, perciò è necessario mantenerne la riconoscibilità percettiva senza alterarne la consistenza strutturale. Il modello geometrico fondamentale per l’architettura è lineare e la somiglianza percettiva è resa tramite campiture e chiaroscuri. Disegno e percezione sono proiezioni, rispettivamente, sul foglio tramite uno strumento, e sulla retina tramite l’occhio. L’immagine è trasmessa al cervello, che la elabora e le conferisce un significato simbolico e culturale, in base alla memoria, alla storia e ai modi di pensiero. La combinazione di vista, tatto, olfatto e udito permette di percepire l’architettura. Il senso privilegiato è la vista che consente la ricezione dei segnali visivi. La mìmesis è il comune referente di proiezione e percezione visiva. Quest’ultima scaturisce dall’interazione tra la ricezione sensoriale del mondo e le conoscenze proprie dell’individuo. Il problema percettivo consiste nel dare un significato al segno e trasformare il segnale in simbolo.

2.3. Trasformazioni

La trasformazione geometrica è una transizione da una configurazione a un’altra, regolata da leggi precise, che mantiene le proprietà invariate, ma muta le determinazioni spaziali dei punti. Nella rappresentazione architettonica le trasformazioni sono proiettive: il modello geometrico tridimensionale è proiettato su una superficie piana. La proiettività garantisce una corrispondenza biunivoca in quanto prodotto di più prospettività che conservano il birapporto come invariante caratterizzante. In una proiezione le grandezze metriche e i rapporti tra misure vengono alterate, rimane, invece, costante il rapporto tra i rapporti come relazione tra le configurazioni. L’omologia piana è una corrispondenza biunivoca tra punti di due piani portati a coincidere tramite il ribaltamento: è la corrispondenza biunivoca tra pianta e prospetto. Centro e asse di proiettività sono elementi necessari per definire spazialmente la rappresentazione. La geometria è la logica costruttiva dell’architettura.    

Capitolo III – Strumenti, tecniche, metodi

3.1. I ferri del mestiere

Tecnica e strumenti sono risorse interne ai processi di progettazione e rappresentazione che strutturano, orientano e verificano il processo. Nell’architettura ne esiste una vasta gamma con molteplici significati. Lo strumento è parte integrante del processo, che permane nella memoria e allo stato virtuale poiché lascia delle tracce. Strumenti diversi portano ad esiti formali diversi.

3.2. Procedimenti e oggetti

Ogni strumento ha una modalità d’uso e una sequenza operativa. Una componente temporale traspare come datazione storica dello strumento, ma anche come traccia del gesto produttivo. Il disegno si riferisce all’architettura nel tracciarne la spazialità, può anche avere valore artistico ed essere anche un modo di agire, un metodo. La rappresentazione governa il processo produttivo architettonico. Esiste uno stretto rapporto tra concetti, strumenti, tecniche e procedimenti. Gli strumenti istruiscono il processo conoscitivo che avrà come esito la forma dell’opera e la sua rappresentazione.    

Capitolo IV- Le forme della rappresentazione

4.1. La rappresentazione come forma

L’immagine è un dato percettivo. La forma è una struttura che va oltre il visibile e riassume l’aspetto spaziale e storico dell’architettura. La rappresentazione ha il compito di riprodurla, ma può anch’essa stessa essere forma poiché possiede un senso preciso. La forma può anche essere intesa come idea: “modello astratto del contingente che permette di vedere con gli occhi dell’intelletto”. La tradizione greca distingue la forma in:

·       Skéhma: dati strutturali e proprietà specifiche

·       Plàsis: azione del plasmare e il suo prodotto

La forma non usa la mìmesis come mezzo, ma la produce con mezzi diversi. La prospettiva può essere definita simbolica poiché riassume concezioni spaziali, modi di pensiero e valori culturali che la generano. Esiste una corrispondenza concettuale tra le diverse maniere di rappresentare e le culture che le hanno elaborate e prese come riferimento principale nei loro modi espressivi. Le forme della rappresentazione non sono solo tecniche per documentare, ma sono forme del pensiero spaziale, ognuna con una storicità e con riferimenti architettonici e culturali. Le forme proiettive sono generate e tendono alla mìmesis figurativa e affidano alla geometria il compito di modellizzare e razionalizzare le percezioni visive.

4.2. Le proiezioni prospettive

Gli elementi fondamentali della prospettiva sono: i punti dell’oggetto, il centro di proiezione e il piano su cui si proietta. La corrispondenza mimetica tra la realtà e la sua rappresentazione consente di prefigurarsi progettualmente l’edificio. Il disegno imita l’immagine dell’edificio e lo traduce in un modello grafico fedele alla realtà. Tra realtà e rappresentazione si instaura un rapporto di identità visiva e di corrispondenza proiettiva. Concetto, strumento e processo, rispettivamente theoria, tékhne e pòiesis, sono inseparabili al fine della mìmesis. La prospettiva nasce come risposta tecnica alle esigenze di mìmesis. Essa si fonda su leggi di ordine geometrico che aspirano all’universalità. La prospettiva rende possibile la conoscenza e progettazione del mondo perché permette di misurarlo e lo rapporta all’individuo che ne vuole costruire un modello. Dal modello ottico-empirico si passa a quello geometrico. La prospettiva assume due valori:

·       Simbolico: in termini di connessione e rinvio all’oggetto concreto

·       Diabolico: in termini di frattura e distaccamento

Nella cultura rinascimentale la conoscenza scientifica è resa possibile tramite un distacco dall’oggetto. La prospettiva rinascimentale permette di rappresentare l’infinito, che esce dall’immaginario e diventa concreto operatore nelle costruzioni grafiche. La rappresentazione va ai limiti del pensabile. Il modello geometrico del mondo è un insieme ordinato e spazialmente misurabile di punti, linee e superfici. La posizione spaziale esatta e l’estensione degli enti geometrici sono rappresentate tramite la prospettiva. Il centro della proiezione, cioè il punto di vista, è una presenza virtuale, ma ben determinata, che polarizza la struttura prospettica e invita a occupare il posto dell’osservatore. Lo sguardo istituisce corrispondenze biunivoche.

4.3. Le proiezioni assonometriche

Nella prospettiva i valori metrici e quelli angolari sono alterati; la lunghezza è proporzionale alla distanza dal centro di proiezione. Nell’assonometria il centro è improprio, le rette proiettanti sono parallele e l’angolo visuale è nullo. In questo caso vale la scala di riduzione, perciò i segmenti che hanno uguale misura e orientamento hanno angolo di riduzione pari a zero. Il parallelismo è rispettato. L’assonometria lavora nella dimensione dell’infinito, rappresentandolo con obiettività e senza deformazioni. Gli oggetti prendono come riferimento una terna assiale i cui assi hanno la stessa origine. Essa è proiettata sul piano perpendicolare o obliquo, perciò i rapporti sono precisi e costanti e garantiscono la misurabilità dell’oggetto. Non c’è completa biunivocità. L’infinito distanziamento, l’abbandono della percezione e la rinuncia alla mìmesis permettono all’assonometria di privilegiare da una parte la concezione scientifica, dall’altra la forma rispetto all’immagine. Cartesio utilizzava gli assi cartesiani per rappresentare lo spazio. L’assonometria mostra la struttura costruttiva dell’oggetto. La logica formale e i processi costruttivi sono simultaneamente espressi, permettendo una facile ricostruzione mentale dell’oggetto.

4.4. Le doppie proiezioni ortogonali

La riduzione planimetrica dei volumi viene espressa tramite indicazioni numeriche e unità di misura, rappresentata tramite piani quotati e proiezioni ortogonali sul piano. Nella cartografia si usano le curve di livello. Le proiezioni di Monge proiettano da due centri diversi su due piani distinti e correlati permettendo la corrispondenza biunivoca. La planarità descrittiva della volumetria porta alla descrittività completa e alla costruzione di un modello scientifico. Le proiezioni ortogonali possono essere prospetti, piante e sezioni. Nella pianta compaiono i dati quantitativi per dimensionare il manufatto, l’organizzazione e l’impianto distributivo. Nel razionalismo e nel funzionalismo è alla base della progettazione. La pianta assume il carattere di rifiuto dell’architettura fondata solo sull’immagine visiva e sulla facciata, ma anche quello di forma che può essere codificata tramite la nozione di tipo e i rapporti che intrattiene con la morfologia esterna. Il tipo, in greco tùpos, è un principio riconoscibile che dà luogo al processo produttivo e permane nella struttura. È approssimato dallo skhema, forma caratteristica e caratterizzante.

4.5. Rappresentazioni non proiettive

Sono definite non proiettive le rappresentazioni che non si sviluppano su uno spazio definito dalla geometria proiettiva e dalle sue regole, ma in una spazialità più estesa e con una geometria meno vincolata. Queste rappresentazioni riguardano la dimensione qualitativa e topologica, sono caratterizzate dal tratto grafico, dalla tecnica e dai dati che esprimono il luogo. Il tipo mantiene costanti la forma e l’articolazione dello spazio. La forma di rappresentazione è lo schema, esso si distanzia dall’aspetto visivo, non è un’immagine proiettiva, ma rappresenta una struttura tipologicamente analoga. Esso ha una propria autonomia e assume il ruolo di mediatore tra pensare e costruire. La poiesis permette di passare dallo schema alla messa in opera. Un’altra forma non-proiettiva è il modello plastico. Esso offre una soluzione alla mìmesis poiché mantiene l’analogia percettiva e la tridimensionalità. La scala e la materialità del modello sono alcune differenze riscontrabili dalla realtà. Inoltre il modello, nonostante il ruolo sperimentale che riveste, non permette l’esperienza fisica e topologica. Altre forme di rappresentazione non-proiettiva sono: i simboli esemplificativi, i diagrammi, i rapporti e i processi grafici nel computer. Le forme della rappresentazione non sono mai solo strumentali, ma sono anche e soprattutto forme della conoscenza e della rappresentazione.     

Capitolo V– Il rilevamento architettonico

5.1. Figura e misura

La rappresentazione ha scopi, tecniche, procedimenti e rapporti con l’edificato diversi, nonostante l’unità concettuale che la caratterizza. Alla base del rilievo c’è la volontà di rendere la fisicità e la materialità attraverso l’immagine e la misura. Il rilievo tocca tre temi:

·       Il rilievo come “inverso” del progetto

·       Il rapporto tra la neutralità del rilievo e la sua ermeneutica

·       Il rapporto tra l’universalità, la neutralità e i fini del rilievo

L’operazione di “inverso” del progetto indica la ricostruzione a posteriori che, però, non restituisce la documentazione originaria, né l’autenticità. L’opera è l’oggetto centrale dell’analisi, insieme ai rapporti che intrattiene con il momento in cui è stata realizzata e con il momento storico e culturale in cui la si analizza. La ricostruzione filologica e grafica esprime l’esigenza del rilievo di avere il massimo valore documentario. In ogni caso rimarrà sempre una traccia del rilevatore e degli strumenti che ha utilizzato. Si cerca di conciliare la componente ermeneutica con la neutralità e l’obiettività della scienza. Finalizzare il rilievo significa considerarlo strumentale e basarlo solo sulla tecnica. Esso, invece, può anche avere come scopo la conoscenza e la documentazione ed essere usato per interessi diversi. Per questo motivo è possibile distinguere tra:

·       Rilievo “assoluto”: registrazione di tutte le informazioni per una conoscenza completa e senza differenze con l’originale

·       Rilievo a livello critico: tematizzazione

Tematizzare il rilievo significa porre il tema come finalità interna che guida il progetto. È possibile distinguere quattro punti nel rilievo:

·       Lo scopo: la conoscenza critica e scientifica

·       L’esito: un modello tematizzato della realtà

·       Le nozioni critiche fondamentali: mìmesis e métresis

·       Il processo e i contenuti: il tema che guida il processo

Le operazioni del rilevamento possono essere divise in due grandi classi generali:

·       Il “visibile”: restituzione grafica di dati quantificati

·       Il “non visibile”: restituzione grafica di elementi non visibili, come la pianta, le sezioni, o di aspetti della realtà non direttamente percepibili.

La verità del modello è data dalla determinazione metrica e dalla restituzione dei modi di esistenza dello spazio nella sua complessità. Esistono tre tipologie di rilievo:

·       Formale

·       Tecnica

·       Tema

La storia misura il rilievo, in quanto sistema di relazioni che legano le azioni dell’uomo ai modi del pensiero, alla valutazione e alla memoria. Anche il tipo può configurarsi come unità di misura cui rapportarsi. La misurazione avviene a partire dal giudizio preventivo dell’oggetto e dalla struttura proiettiva spaziale in cui è inserito. Ciò comporta l’interazione tra l’oggetto e il rilevatore che sceglie gli strumenti e determina il processo da seguire. Il rilievo può essere:

·       Totale: ma è impossibile ottenerlo perché coinciderebbe con l’originale

·       Finalizzato: strumentale e quindi con poco valore critico

·       Tematizzato: permette di sviluppare le potenzialità della disciplina

5.2. Trilaterazioni e triangolazioni

Il rilevamento presuppone un progetto preliminare: identificare il tema, il contesto qualitativo e dimensionale, il modello geometrico e la scelta tecnica e strumentale. Il modello geometrico presuppone la misurazione. La posizione dei punti può essere determinata come vertice del triangolo in cui siano noti gli altri due vertici. Se si conoscono le lunghezze del triangolo si parla di trilaterazione, se si conoscono gli angolo si parla di triangolazione. Il primo metodo è ad accessibilità diretta, mentre il secondo si basa sulla misurazione a distanza. Il modello geometrico è ridotto ad un sistema reticolare continuo di triangoli connessi ai vertici.

5.3. Fotografia metrica

L’immagine fotografica è assimilabile a quella prospettica; essa mostra il reale con continuità e senza il filtro del modello geometrico. La fotografia è uno strumento del rilievo che registra l’immagine, ma manca di informazioni metriche obiettive. Dunque bisogna ricostruire la prospettiva all’inverso per comprendere la struttura spaziale e passare dal modello ottico a quello geometrico. I procedimenti fotogrammetrici si fondano su un sistema che valuta due immagini ottenute proiettando da due centri diversi, ma conosciuti. Il rilievo diventa tecnologico e si distanzia sempre di più dall’oggetto. Il rilevatore deve restituire la materialità dell’oggetto.

5.4. Il documento

Gli elaborati frutto del rilievo hanno valore documentario e di testimonianza. Essi sono oggetto di studio, ma anche di analisi da parte dello storico che ne verifica la veridicità e la storicità. Il documento è accertato, datato, confrontato, classificato e ordinato. Il rilievo diventa un documento per insegnare, perciò tende al monumento.   

Capitolo VI – La nozione di modello

Il modello è parte integrante della rappresentazione e dell’architettura come disciplina

6.1. Singolare/plurale

Al singolare l’architettura è intesa come disciplina. Quando se ne parla al plurale, ci si riferisce alla pluralità delle opere edificate o a sistemi che sono in analogia strutturale con le opere edificate, in qualità di metafora. Singolare significa anche eccezionale, perciò ogni architettura sarà singolare, originale, unica nel suo statuto e nella storia. Le opere sono confrontabili tra loro in basi a classi tipologiche e principi di generalità concettuale. La mediazione tra singolarità e pluralità avviene tramite una struttura che garantisce legittimità scientifica e possibilità di valutazione delle differenze: il modello.

6.2. Elementare/sistematico

Ogni opera, essere vivente o architettura ha un carattere elementare come individualità a cui è attribuito un nome. L’individuo si fonda sulla separatezza tra gli elementi. Le due accezioni principali del termine “elemento” sono:

·       Componente che associata ad altre forma un insieme unitario che se scisso perde identità

·       Principio originario che sintetizza la complessità strutturale, modello a cui ricondurre o da cui scaturisce la molteplicità

Il sistema rappresenta il rapporto tra la molteplicità e l’elemento. Il modello ne permette la comprensione.

6.3. Simbolico/diabolico

Ad ogni sistema corrisponde una dimensione simbolica. Il valore simbolico è espresso tramite le relazioni che si creano tra gli elementi. Simbolico significa connettere insieme, mentre diabolico ha il significato di separare. Il sistema consente la comprensibilità, ma contemporaneamente tende ad isolarsi nella propria autosufficienza. La paleontologia dal frammento cerca di ricostruire il sistema, mentre il rilievo dal sistema isola il particolare. L’edificio rappresenta il distacco diabolico dalla dimensione teorica per diventare concreta. L’immagine riunisce simbolicamente l’architettura e la storia.

6.4. Logico/analogico

Il rapporto tra logico e analogico può essere letto come un’opposizione concettuale. La logica è la razionalità scientifica, mentre l’analogia è la ricerca di sintassi fondata sulla somiglianza tra elementi. I due concetti possono anche essere inclusione l’uno nell’altro come facce della stessa medaglia. La logica rappresenta la verità razionale e il carattere necessario dei rapporti; è una tecnica che conferisce validità ed è un sistema con una rigida e coerente organizzazione. Essa può essere: formale o modale. Il rapporto tra logica e analogia è simile a quello tra trattato e manuale. Il trattato contiene la teoria architettonica con regole fondate su logica ed estetica. Il manuale contiene la teoria della progettazione relativa alle pratiche costruttive. Lo strumento che permette di rappresentare i rapporti logicamente istituiti dall’analogia è il modello.

6.5. Modello

I modelli possono essere: oggetti riferibili al reale o forme del pensiero. Ad esempio la matematica può essere ritenuta una forma di modellizzazione che procede razionalmente per astrazione dal mondo fisico. Nello stesso modo il mito costruisce modelli metafisici. La ricerca scientifica classifica i fenomeni e ne identifica i principi, allora si può parlare di tassonomia, una combinazione di ordine e legge. Anche l’illuminismo produce dei modelli. L’architettura appare come opposizione tra genesi e struttura; senza la forma non c’è la struttura e in ogni opera rimangono sempre tracce della genesi. Il modello diventa un archetipo che esprime l’equilibrio tra l’origine genetico-cronologica e quella strutturale-formale. I modelli architettonici sono rappresentazioni concettuali. L’opera è ridotta ad un modello geometrico elaborato secondo regole logiche. Dunque i modelli sono forme proiettive basate su tre aspetti:

·       L’inclusione di elementi impropri nello spazio

·       La retta come ente individuato da due punti, il piano come individuato da una retta e un punto esterno ad essa

·       L’intersezione come elemento comune ad enti geometrici di grado superiore

L’intersezione tra superfici è usata per rappresentare l’ombra, che permette di alludere alla tridimensionalità della rappresentazione. Il modello proiettivo dello spazio è un sistema di corrispondenze che modellizza e rende operabile il reale. L’obiettivo della rappresentazione architettonica è quello di creare un modello, strumento critico e finalità ultima della rappresentazione. La logica nell’architettura è modale poiché fondata sul possibile, elastica e vicino alla struttura del pensiero. È possibile distinguere cinque livelli di modellizzazione:

·       Il rapporto tra modello e realtà come sostituibilità percettiva con regole proiettive e riferita a parametri visuali e all’immagine

·       L’acquisizione di parametri metrici riferiti al disegno di progetto e di rilievo

·       Il modello come produttore dello skhema formale e strutturale dell’opera, fatto di valori simbolici e metaforici

·       La rappresentazione assume il carattere di generalità critico-espressiva e collega lo skhema alla classe tipologica mostrandone le modalità di appartenenza

·       Il modello grafico come appartenente alla categoria del “non si deve”, che diventa archetipo e sancisce un nuovo modo di esistenza dello spazio

Il modello è, dunque, un processo che porta a scoprire la verità interna nell’opera. esso è fondato sulla geometria e su parametri culturali, come la teoria, la storia, le scelte critiche, le strutture archetipe e simboliche.