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autore |
EDOARDO NARNE, ANGELO
BERTOLAZZI |
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titolo |
ABITARE INTORNO A UN VUOTO |
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editore |
MARSILIO EDITORI |
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luogo |
VENEZIA |
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anno |
2012 |
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lingua |
ITALIANO |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Il libro propone
un viaggio all’interno della storia dell’architettura della casa e in
particolar modo pone la sua attenzione sulla residenza a patio, su come si è sviluppata
e su come i vari progettisti abbiano interpretato questa tipologia. Si tratta
di un percorso che analizza sia l’ambito italiano che quello internazionale
mostrandone anche le differenze. |
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Giudizio
Complessivo: 8 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: Miriam Dellagiovanna |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2
a.a.2015/2016 |
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Autore Edoardo Narne e Angelo Bertolazzi |
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Edoardo Narne: nato a Padova nel 1970. Ricercatore di Composizione Architettonica presso l’Università di Padova ( DAUR). Dal 1966 al 1999 lavora presso gli studi professionali a Berlino, Madrid e Venezia. Nel 1998-99 segue il dottorato di ricerca presso l’ETSAM di Madrid. Professore invitato all’UAX di Madrid nel 2002 e ai workshop dello IUAV di Venezia nel 2001. ANGELO BERTOLAZZI: nato nel 1978. Svolge attività di
ricerca presso l’università di Padova. Attualmente è dottorando di ricerca
presso l’università di Bologna e l’Université
Paris-Est. Tra le sue recenti pubblicazioni vi è “Tettoniche murarie. Il gobierno cvil di Terragona” 1957-64 e “Architettura di Cava”. |
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Edoardo Narne |
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CAPITOLI |
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Capitolo I– Abitare intorno a un vuoto |
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In questo
libro l’autore vuole mostrare come è nata e come si è sviluppata la tipologia
a patio. Si tratta di uno sviluppo sia a livello temporale che a livello
spaziale in quanto non tutti i territori a causa delle loro caratteristiche
hanno permesso uno sviluppo di questa tipologia. Per rendere più incisiva
questa analisi l’autore ha utilizzato molti esempi, tanto che l’ultimo
capitolo è dedicato solo a schede descrittive di progetti realizzati di
residenze a patio. PERMANENZA NELLA STORIA DELLA
TIPOLOGIA RESIDENZIALE A PATIO La casa a patio ha origine fin dai
tempi dei romani. Infatti i romani con l’avanzamento del loro esercito
riquadravano il territorio partendo dal riconoscimento dello spazio per la
piazza e poi impostando gli assi principali i quali s’intersecavano in questa
piazza centrale. In questo modo si venivano a generare tessuti urbani ben
definiti e la residenza che ben si accompagnava a questa ordinata
disposizione della città era la casa a patio. Il patio romano viene poi
rielaborato dalla cultura islamica. In questo caso si integra l’idea del
vuoto che erode il pieno, in modo che le stanze possano stabilire una
relazione diretta con i patii su cui gravitano, con lo schema a quattro Iwan (quattro ambienti a nicchia). La scuola coranica
sunnita prevedeva lo studio di quattro scuole giuridiche religiose e da qui
deriva l’idea di far gravitare quattro ambienti attorno a un vuoto. Lo sviluppo di questa tipologia
avviene prevalentemente nell’area mediterranea in cui non si devono
affrontare temperature troppo climatiche. Per quanto riguarda le regioni più
nordiche con temperature più rigide l’architetto si trova a progettare
edifici come “scatole” completamente chiuse, contrapponendosi al patio che
invece crea un continuum fra dentro e fuori. I MAESTRI DEL PRIMO DOPOGUERRA: LE
CORBUSIER, MIES VAN DER ROHE, WIRGHT E AALTO · Le Corbusier,
“Immeuble Villa”: si tratta della combinazione
delle case dei monaci certosini con le case a patio pompeiane e con il blocco
residenziale per poter rispondere all’alta domanda abitativa). · Mies van der Rohe: vuole indagare in maniera più stratta le potenzialità
del vivere attorno a un vuoto presentando un progetto di urbanizzazione con
case a tre patii. Questo progetto però risulta essere troppo elitario e
troppo poco denso. · Aalto, “Casa sperimentale a Muuratsalo”: si tratta di uno schema ad L recintato sui
due lati liberi con un muro in mattoni a tratti rovinato come per far credere
che sia una rovina. IL SECONDO DOPOGUERRA In questo periodo vediamo esempi
più compiuti di residenze a patio: · Jacobsen, “Bellevue Bugt”
a Copenaghen e Residenze ad Hatfield: si tratta di
un semplice appoggio della copertura sui muri divisori dei lotti creando così
un alternanza di pieni e vuoti che garantisca zone di maggiore e minor
privacy. · Sauer, progetto a Philadelfia:
il suo progetto ha come base una scacchiera a cui vengono sottratte alcune
unità abitative e il tutto viene tagliato da un asse principale posto in
diagonale. Vi è uno sfalsamento in sezione in cui abbiamo case a patio al
piano terra e case con terrazza al piano superiore. · Utzon, complessi a Helsingor
e a Fredensborg: si tratta di un sistema additivo
di singole unità che seguono la morfologia del luogo. Inoltre viene ripreso
la casa a Muuratsalo di Aalto
in quanto anche qui vi è uno schema ad L recintato lungo i lati liberi. ULTIMA GENERAZIONE: RESIDENZE A PATIO
OGGI Una qualità significativa della
tipologia a patio è la sua adattabilità ai vari contesti ambientali. Si
tratta, quindi, di un modello universale che si arricchisce di nuove
soluzioni per accogliere qualsiasi classe sociale. A tal proposito alcuni
esempi sono: · Alvaro Siza,
“Quartiere Mlagueira ad Evoira”:
si tratta di un insediamento popolare nel quale vengono lasciati grandi spazi
di libertà per i futuri abitanti per la personalizzazione della propria
residenza. · Souto de Moura,
“Case a patio a Matosinhos”: progetto costituito da
10 unità abitative e in cui le dimensioni del lotto permettono grandi
spazialità dilatate e generose. · Rem Koolhaas,
“Progetto per il Nexus World di Fukuoka”: aggiorna
in chiave orientale le soluzioni adottate da Le Corbusier
alzando in quota la dimensione privata del patio. PROPOSTE PER IL PROSSIMO MILLENNIO La tipologia più diffusa in Italia
è la casa a schiera mentre il mondo attorno ci mostra che un’ottima
alternativa sarebbe la casa a patio. Non si tratta semplicemente di
sostituire le case a schiera con i patii, ma si tratta di riproporre città
orizzontali preferibili a quelle verticali. I vantaggi del patio sono: la sua
grande fessibilità; la possibilità di creare pezzi
di città o città intere grazie all’aggregazione dei patii; grande attrazione
che crea il vuoto del patio. |
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Capitolo II – Tra modernità e tradizione |
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Il tema della casa mediterranea,
come tipologia architettonica è diventata la base di confronto per la nuova architettura
del Movimento Moderno, ma anche per l’architettura più tradizionale che
deriva dal classicismo. L’architettura classicista si è quindi trovata a
ricercare le proprie radici messe in discussione dalle nuove tecniche
costruttive e dai nuovi materiali. Si svolge un dibattito fra
l’architettura moderna e quella tradizionale e l’analisi di questa
contrapposizione viene svolta dall’autore tramite le riviste di architettura
di quel tempo. Cominciano a comparire articoli che gravitano attorno
l’architettura vernacolare mediterranea e la Domus Pompeiana a patio. Un elemento distintivo fra le due
correnti è la “sincerità costruttiva”: la “falsità” delle moderne tecniche
costruttive combinate ai nuovi sistemi costruttivi in cemento armato e con i
laterizi prodotti in serie, viene contrapposta alla sincerità delle
costruzioni rurali in cui forma e struttura coincidono. Pagano critica il movimento moderno
per l’eliminazione della decorazione che non sia originata dalla decorazione
perché temeva che tutta questa attenzione “nell’estetizzazione
dell’architettura moderna” distogliesse l’attenzione dal vero nucleo del
movimento moderno, cioè dal contenuto sociale dell’architettura. Dal punto di vista progettuale per
la “casa all’italiana” ebbe molta importanza la “Mostra dell’Abitare”
organizzata a Milano per la V Triennale del 1933. Questa esposizione aveva il
compito di mostrare i progressi fatti in Italia nel tema dell’abitazione e
per confrontarla con il resto del mondo. L’esposizione era composta da 25
abitazioni sia collettive che individuali, anche se era stata privilegiata la
tipologia di casa o villa singola rispetto all’edilizia sociale collettiva.
Vi parteciparono tanti dei principali progettisti italiani, dai razionalisti
più convinti ai progettisti più vicini alla tradizione e le differenti scelte
tipologiche e progettuali rispecchiano l’eterogeneità della cultura
architettonica italiana. Un esempio è il riferimento alla tradizione
mediterranea del patio e tre furono i progetti riguardanti questa tipologia
presentati alla mostra e furono: · “la villa-studio per un artista” di
Figini e Pollini: la scelta spaziale aperta e quella dei materiali rimandano
a una trasparenza che ricorda Mier van der Rohe. Utilizza quindi degli
elementi “filtro” che creano una mediazione fra luce ed ombra. · “la casa sul Golfo” di gruppo
Canino, Ceas, Chiaramonti e Sommariva: qui è
riconoscibile il modello pompeiano nelle grandi ali porticate che racchiudono
il giardino senza delimitarlo completamente. · “Casa Coloniale” di Piccinato: riprende il carattere di chiusura verso
l’esterno delle case libiche e tutta la composizione si articola attorno alla
corte interna con vasca circondata da un portico |
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Capitolo III- Atlante delle architetture a patio |
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All’interno di questo atlante si
analizza lo sviluppo della tipologia a patio attraverso a una serie di esempi
che ricoprono un vasto periodo di tempo, più precisamente dal 700 a.C. fino
al 1977. Tra gli esempi più significativi: · “Padiglione per l’Esprit Nouveau” di Le Corbusier
(Parigi, 1925): si tratta di un padiglione progettato per l’Exposition Internationale des Arts Decoratifs del 1925. Il
progetto vuole essere una risposta alle esigenze di abitazione di massa a
basso costo. Ogni unità abitativa ha un impianto ad L e si sviluppa su due
livelli. Rappresenta un prototipo che può essere ripetuto in serie. Per
quanto riguarda gli interni, la ricchezza non è garantita dalle decorazioni o
dai materiali, ma dalle soluzioni spaziali permesse dalla struttura a telaio
in cemento armato. · “Casa a tre corti, studio” di Mies van der Rohe (Berlino, 1934): la casa è definita da un muro
continuo in mattoni che s’interrompe in corrispondenza dell’ingresso. La
suddivisione della corte risulta essere asimmetrica in quanto lo spazio del
vuoto misura un modulo in più rispetto allo spazio occupato dal pieno. Le due
corti secondarie sono trattate come stanze all’aperto. Qui ogni dettaglio
viene studiato accuratamente tanto che la griglia del pavimento è in
relazione diretta con la struttura perché i pilastri cruciformi in acciaio
sono posti all’incrocio delle lastre con una luce di 6m. · “Complesso residenziale a Helsingor” di Utzon (Helsingor, 1956): in questo progetto vengono approfonditi
gli studi sull’aggregazione di alloggi individuali distribuiti ciascuno
attorno a un patio e adattabili ai bisogni delle singole famiglie. Nel
progetto sono comprese 63 abitazioni disposte seguendo la topografia
irregolare del luogo dando origine a un nastro sinuoso. Il modulo base è un
recinto quadrato in mattoni e su due dei quattro lati vi sono i vani
dell’abitazione. Queste due ali vanno quindi a definire il patio interno che
a seconda dell’esigenze ognuno gli dà un significato diverso. |