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Descrizione: Descrizione: Descrizione: Cop_Severino

autore

EMANUELE SEVERINO

 

titolo

TECNICA E ARCHITETTURA

 

editore

RAFFAELLO CORTINA EDITORE

 

luogo

MILANO

 

anno

2003

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: Descrizione: Descrizione: Cop_Severino

 

 

Il libro tratta l’importanza del dialogo tra diversi campi del sapere, dunque l’ Architettura guarda alla filosofia in quanto alla filosofia appartiene il pensiero, aspira alla conoscenza delle forme autentichedel pensiero, la forma architettonica riflette il senso che la filosofia attribuisce al mondo.

Lungo la millenaria storia dell’ occidente le “ figure “ che l’architetto conferisce allo spazio sono determinate dal contenuto eterno dell’ Episteme filosofica, ma con l’avvento della tecnica e il tramonto della tradizione epistemica la “ figura cessa di essere regola immutabile.

L'architettura affidandosi alla filosofia e non alla tecnica moderna aspira alla conoscenza delle forme autentiche del pensiero.

  

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Ibrahim Aliu

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2015/2016

 

 

 

 

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Autore Emanuele Severino

 

Emanuele severino ( Brescia, 26 febbraio 1929 ) è un filosofo italiano, uno tra i migliori pensatori contemporanei. Si laurea all’ Università di pavia nel 1950, dal 1954 al 1969 insegna filosofia teoretica all’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Severino ha spesso criticato capitalismo e comunismo in quanto espressioni di “dominio della tecnica”. Nei suoi scritti tratta tematiche come il Nichilismo, Dio e il superdio, la Gloria.

Tra gli scritti piu’ importanti, tradotti in varie lingue nel mondo, vi sono, Essenza del nichlismo (1972), Legge e caso (1979), La tendenza fondamentale del nostro tempo (1988), Declino del capitalismo (1993), Pensieri sul cristianesimo (1995), Destino della tecnica (1998), La gloria (2001).

Emanule Severino

 

Contenuto

Il libro inizia con un nota del curatore, Renato Rizzi, nel quale introduce il rapporto fra Architettura e Filosofia,   l’Architettura guarda alla filosofia in quanto alla filosofia appartiene il pensiero, la filosofia aspira alla conoscenza della forma autentica del pensiero.

 

CAPITOLI

Capitolo 0 – L’ inconsapevolezza: forma della dimenticanza ( Renato Rizzi )

L’autore introduce il problema della cultura architettonica contemporanea, in quanto essa soffre di una particolare forma di schizzofrenia, quella di tipo storico, essa rifiuta ogni theoria ontologica nel nome di una indiscutibile forma di libertà espressiva. Nella theroia ontologica vi scorge la forma tirannica dell’ oppressione.

Il pensiero architettonico moderno crede in quell’ agire definito come “reale” al quale sottomettere ogni principio

“estetico”. L’Architettura passa cosi dall’evoluzione della forma alla rivoluzione dell’informe.

L’ Arcitettura contemporanea è l’esempio piu’ concretamente efficace e meduseo, sostituisce nelle cose la vita con la morte, del nichilismo occidentale.

In questa prospettiva si inscrive il pensiero di Severino, il quale ha il grande merito di aver istituito il rapporto con il nichilismo, di averne contemporaneamente delimitato il fenomeno e aver riportato la filosofia ad essere il centro di ogni sapere.

Per l’Architettura contemporanea lo strumento della tecnica e il principio del divenire rappresentano i presupposti sui quali appoggia l’intera impalcatura teorica e pratica.

  

Capitolo I – Verità e Tecnica

“Verità” e “Tecnica” stanno al fondamento dei nostri interessi immediati.

Per l’uomo il dolore esiste soltanto se egli ne è cosciente, ma se non si vuole soccombere alla follia provocata dal dolore è la mente a doversi trasformare, con la potenza guidata dalla verità.

Ma poi compare, nella storia dell’ occidente, il pensiero filosofico del nostro tempo,  la negazione dell’ esistenza perentoria di ogni verità assoluta, la negazione dell’ esistenza di ogni limite che alla tecnica sia impossibile oltrepassare in linea di principio. Il pensiero filosofico del nostro tempo mostra alla tecnica l’infinità della potenza di cui essa può disporre. Oggi ogni strumento pratico ha potenza solo in quanto funziona all’interno della razionalità e dell’ operitività scientifico- tecnologica. La Tecnica è lo strumento per eccellenza, di cui ognuna delle forze che dominano il mondo si serve per prevalere sulle altre. Il rapporto tra le forze che intendono servirisi della tecnica è conflittuale , ognuna di esse per prevalere sulle altre è costretta a evitare che la propria struttura e i propri principi, abbiano a impedire o indebolire il funzionamento ottimale dello strumento tecnologico di cui ognuna di esse si serve. Ognuna di esse è costretta a rinunciare a qualcosa di se stessa.

  

Capitolo II- L’ Uomo e la Tecnica

E’ ormai dominante la convinzione che il capitalismo sia la potenza suprema oggi esistente sulla terra, si sottoindente che la tecnica appartenga alla struttura essenziale del capitalismo, si finisce cosi per attribuire al capitalismo quella dominazione planetaria e quella suprema potenza che, appartengono all’ essenza della tecnica. Oggi si riconosce l’ indispensabilità della tecnica senza conoscerne il senso autentico, il problema dello sviluppo del capitalismo è destinato a trasformarsi nel problema dello sviuppo della tecnica. La tecnica guidata dalla scienza moderna sta ormai al centro dell’ esistenza dell’ uomo. Per Heidegger, inquietante non è il dominio della tecnica ma l’impreparazione dell’ uomo di fronte al radicale cambiamento del mondo prodotto da tale dominio.

La tecnica del nostro tempo consente la trasformazione più profonda del mondo che sia mai stata sperimentata sulla terra, la volontà che il divenir altro delle cose, procede come se il divenir altro delle cose non avesse limite, ma la conoscenza di tali limiti determina l’ agire  concreto della tecnica.

Nella misura in cui la tecnica, guidata dalla scienza moderna,  rinuncia alla filosofia, volta le spalle alla configuraziane spaziale e terrena in cui essa è destinata a muoversi e petanto volte le spalle alle condizioni della propria potenza reale. Il carattere matematico della tecnica moderna è il mezzo primario di cui l’apparato scientifico-tecnologico si serve, è quindi qualcosa di derivato rispetto all’essenza della tecnica. La tecnica nell’apparato scientifico-tecnologico tende ad avere come scopo l’incremento indefinito della capacità di realizzare scopi. Nella sua essenza dunque la tecnica non ha come scopo il profitto capitalistico, ma è volontà che vuole diventare sempre più potente, oltreppassare ogni limite, ridurre ogni impotenza.

Ma quando i modi tradizionali dell’ esser uomo assumono come scopo la tecnica e il suo potenziamento, vanno incontro alla trasformazione più radicale, la subordinazione dell’ uomo tradizionale alla tecnica è la morte di quest’uomo; ossia di ciò che si illudeva essere la verità dell’essere uomo. La subordinazione dell’uomo alla tecnica è inevitabile, nella misura in cui al fondamento di questo processo agiscano, da un lato la volontà di servirsi della tecnica per salvare un senso assuloto dell’uomo e, dall’ altro, la crescente consapevolezza della non-verità di ciò che si vuole salvare: quanto voleva essere verità si dimostra soltanto una fede.

 

  

Capitolo III - Raumgestaltung

A partire dalla del secolo scorso, il concetto di raumgestaltung – configurazione dello spazio – conserva una posizione centrale sul significato dell’architettura, avverte che la configurazione dello spazio non è una variabile indipendete, ma si costituisce in relazione agli scopi dell’uomo. Si può dire che la prima raumgestaltung sia lo spazio luminoso dischiuso e delimitato dal fuoco attorno al quale ci si stringe, le pareti luminose innalzate dal fuoco tengono lonana l’oscurità, sono già una configurazione di spazio.

La configurazione dello spazio, come ogni altra opera, è determinata dal senso del mondo che si presenta nel contenuto eterno dell’episteme filosofica e teologica greco-cristiana. La figura ( gestaltung ) che l’architettura conferisce allo spazio rispecchia rispecchia l’ordinamento eterno che viene mostrato da tale sapienza.

L’ uomo trova un riparo nelle proprie abitazioni non perchè riceva da esse certe prestazioni, ma è perchè è il loro essere simbolo dell’eterno che consente lo loro di offrirle. È perchè chi le costruisce, le fa in modo che siano simbolo dell’eterno così che egli, abitandole, si sente al riparo. Le costruzioni e abitazioni della tradizione occidentale possono essere simboli dell’eterno perchè sono configurazioni geometrico-matematiche dello spazio, ossia perchè in esse lo spazio è configurato e ordinato secondo le categorie dell’episteme geometrico-matematica. Il colonnato geometrico del tempio, la gradinata semicircolare del teatro, e la disposizione regolare degli edifici nella città delimitano e determinano lo spazio vuoto; in cui non ci si può muovere a caso, ma conformemente alla struttura geometrica, ossia secondo un ordine che viene percepito e vissuto come assoluto e immutabile.

La raumgestaltung che nell’architettura della tradizione occidentale è il simbolo dell’eterno epistemico, assorbe e annulla lo spazio che essa dovrebbe configurare; prestabilisce e anticipa, e quindi rende apparente il movimento di coloro che le abitano, i loro movimenti sono già prestabiliti dalla configurazione architettonica dello spazio.

Quando A. Von Schmarsow introduce il concetto di raumgestaltung pensa che la figura che configura lo spazio non possa essere una regola immutabile, ma debba essere conseguenza del divenire della vita. E poichè nella cultura tradizionale la regola assoluta e immutabile coincide con la belllezza nell’architettura moderna, la bellezza della figura non appare più come un valore assoluto, ma come la configurazione che le opere dell’ uomo vengono ad assumere in relazione ai suoi scopi. È il modo in cui si vuol vivere negli spazi interni degli edifici, la funzione, a determinare l’involucro, la forma, il quale dunque diventa una configurazione che lascia liberi gli spazi interni.

Insieme a tale libertà e alle nuove tecniche del cemento armato e dell’acciaio che nasce la progettazione di Adolf Loos e Le Corbusier, che tende a ridurre l’architettura a tecnica e a “ matematica superiore “.

Il Movimento Moderno dell’ architettura esprime, sia pure entro i limiti della prassi e della riflessione architettonica, il passaggio dalla città chiusa alla città aperta. La città non può più essere chiusa in sè, chiusa nella sua cecità senza vedere ciò che accade all’orizzonte, ma si apre volge lo sguardo all’orizzonte dove si estendono infiniti spazi incontrollati. Le strutture in ferro e vetro della città aperta rendo possibile quella elevata permeabilità visiva tra interno ed esterno.

Il classicismo di Louis Kahn è indubbiamente una delle forme più consapevoli della necessità di riferisi alla tradizione e di prendere le distanze dalla progettazione americana in quanto celebrazione dell’architettura come semplice soluzione ingegneristica del problema abitativo.

  

Appendici

 

   

La città e le idee

Anche in seguito alle distruzioni provocate dall’ultimo conflitto mondiale, è venuto in prima piano il problema del rapporto tra il centro storico delle città e il loro sviluppo urbanistico. Si sono scontrate le tesi che il nuovo non deve alterare l’ antico e la tesi secondo la quale è impossibile una crescita urbana che non modifichi l’antico. È inevitabile sacrificare le vecchie abitazioni a cui manchi il requisito che invece è tipico dei monumenti, cioè il loro essere forme somboliche più forti della loro funzione, tesi sostenuta da Aldo Rossi.

Si ritiene fondamentale per l’ architettura il non essere legata unicovamente alla precisa funzione originaria, si può pertanto dire che l’architetto progettando un edificio, gli infonda una carica vitale più ampia di quel che occore per le immediate necessità.

Lo storico Jacques Le Golf si incammina verso la risposta quando rivela che la città ha due facce: una materiale e l’altra mentale. In generale, l’ uomo agisce e costruisce quindi capanne, tende, case e città adeguandosi alle idee e alla convinzioni fondamentali che di volta in volta guidano la sua vita.

   

La “decorazione” la specializzazione della potenza e il nulla

Anche l’ architettura  appartiene a quella che di volta in volta è l’anima di una certa epoca storica. Anche nelle discipline architettoniche si sostiene che le nuove costruzioni debbano tenere conto delle antiche, a maggior ragione devono tenere conto del modo di vivere della gente.

Come è noto lo skyscraper ha una struttura in cui la decorazione è completamente venuta meno.  D’altra parte, si osserva anche, giustamente che la decorazione non è qualcosa di estrinseco. Nel grattacielo è assente la decorazione per lo stesso motivo per cui esso è l’opposto della cupola. La cupola esprime protezione nei confronti del cielo immutabile, invece il grattacielo trafigge il cielo e la sua immutabilità. La decorazione mostra la dignità dell’ abitazione antica; rende manifesto che essa non è semplicemente chiusa nei suoi confini terreni, ma è in rapporto con il divino, da cui è protteta. Per questo il grattacielo non può avere decoraioni, o se le ha è anche qualcosa di squilibrato che contradice se stesso. La sua forma autentica è una delle forme più tipiche dell’ assalto dell’uomo all’ ordine celeste e divino.

Se il modernismo ha questo significato, il rifiuto del modernismo è destinato a fallire: le città non potranno più mostrare i tratti della città antica e il loro volto non dipenderà dalla libertà della progettazione urbanistica, ma dall’intero processo che sta conducendo il pianeta alle forme della tradizione alla civiltà della tecnica. È ovvio che anche l’architettura è sempre stata una tecnica.

Simone Weil sostiene che una tecnica senza bellezza produce paradossi, supponendo che per Weil sia chiaro il concetto di bellezza, il concetto di una tecnica senza bellezza è il concetto scientistico-tecnicistico e dunque inadeguato della tecnica.

Nella cultura del nostro tempo la bellezza è la potenza che è capace di distruggere ogni ordinamento divino. Dopo la distruzione, è inevitabile che appaia la nullità di tutte le cose della radicale impotenza dell’uomo e della tecnica stessa. Alla fine dell’età della tecnica rimane il canto del “ genio”, cioè la potenza con cui egli canta la nullità del tutto. L’ultima forma di bellezza dell’occidente è la potenza di questo canto disperato.

 

L’arte come scopo

Per Leonardo, trionfante è la pittura, sta al di sopra di ogni altra arte e scienza. E  non ci sono forse tra le opere umane anche la fede e la religione? La fede e la religione ( e la filosofia ) pronunciano il nome di dio e scrivono in qualche luogo il nome di dio. Ma la pittura mostra la figura stessa di dio e ottiene il maggiore e più indiscusso consenso. Il contenuto dell’Ultima cena è certamente sacro, ma lo scopo di questa grande opera d’arte è qualcosa di diverso dal sacro, ossia è la volontà di essere immitatrice di tutte le opere evidenti in natura, manifestazione dell’evidenza più di quanto possa essere qualsiasi altra opera dell’uomo. Resta rovesciato l’originario rapporto tra il sacro e l’elaborazione dei suoni, dei colori, delle figure, dei movimenti, degli spazi- ossia si ciò che in seguito sarà chiamato musica, pittura, scultura, danza, architettura. Questo rovesciamento anticipa il rovesciamento in cui la tecnica diventa lo scopo delle forze che intendono servirsi di essa come di un semplice mezzo.