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autore

URBAN CATALYST: PHILIPP OSWALT, KLAUS OVERMEYER, PHILIPP MISSELWITZ

 

titolo

THE POWER OF TEMPORARY USE

 

editore

DOM PUBLISHERS

 

luogo

BERLINO

 

anno

2013

 

 

 

 

lingua

INGLESE

 

 

 

 

Titolo originale: PHILIPP OSWALT, KLAUS OVERMEYER, PHILIPP MISSELWITZ, URBAN CATALYST THE POWER OF TEMPORARY USE, 2013

 

 

 

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

 

Questo libro è il frutto di una ricerca condotta dal gruppo Urban Catalyst. Il loro studio si è occupato di capire come funzionano i “temporary use” (usi temporanei) degli spazi inutilizzati all’interno delle città. L’argomento è trattato in maniera molto concreta, non vi sono riferimenti alla composizione architettonica, bensì si parla di economia, leggi e politica. Il processo di nascita e sviluppo dei Temporary use è descritto con accuratezza e occhio critico. Vengono individuate diverse strategie per attuare un temporary use ed esse vengono supportate da numerosissimi esempi in diverse città europee. Dal terreno vuoto all’ex stabilimento industriale, alla sede istituzionale dismessa, ci sono esempi di ogni genere tutti accumunati dalla spontaneità e dalla volontà di mettere in gioco le proprie idee.

 

  

Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Arianna Cernuschi

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

 

 

Urban Catalyst è un gruppo di ricerca che si è occupato di studiare i risvolti del “non progettato”, le attività che nascono spontaneamente in luoghi abbandonati. La loro ricerca è durata diversi anni ed è stata condotta in cinque Stati europei. La loro ricerca ha portato ad analizzare i modi in cui la progettazione urbana può includere questi processi informali, loro stessi hanno partecipato attivamente ad alcuni di questi.

 

 

 

 

Phillip Oswalt – è un architetto e scrittore, è uno dei promotori e coordinatori del progetto di ricerca Urban Catalyst. È il direttore della fondazione Bauhaus-Dessau ed è professore all’università di Kassel.

 

Klaus Overmeyer – è un architetto paesaggista, promotore e coordinatore del progetto di ricerca Urban Catalyst, fondatore dello studio UC/Klaus Overmeyer, diventato nel 2012 Urban Catalyst Studio. È professore all’università di Wuppertal.

 

Phillip Misselwitz – è un architetto e coordinatore della ricerca Urban Catalyst. È professore all’università di Stuttgart e dal 2012 è un membro di Urban Catalyst Studio.

 

 

 

 

 

Contenuto

La prima parte del libro riassume i diversi modi in cui si può sviluppare un temporary use e le conseguenze che ne conseguono. Definisce i ruoli che entrano in gioco all’inizio del processo e le difficoltà che si devono affrontare, specialmente quelle legate alla regolarizzazione dell’iniziativa.

Nella seconda parte il team affronta l’argomento dell’economia di nicchia e degli inevitabili scontri con la legalità attraverso brevi saggi e interviste.

La terza parte riassume sei strategie adottate per la creazione di temporary use e propone alcuni esempi in città come Vienna, Londra, Berlino, Roma ed Amsterdam.

 

CAPITOLI

Introduzione

Dopo la caduta del muro di Berlino vennero attuati numerosi piani urbanistici per rinnovare la città. Dopo un breve periodo di ricostruzione nella prima metà degli anni ‘90, l’euforia del momento si spense e con essa la realizzazione dei piani. Nonostante questa situazione, la città continuò a svilupparsi come mai prima d’ora. Sorsero numerosi bar e club nelle aree abbandonate tra gli edifici, venivano organizzate feste negli ex edifici industriali. Spesso gli affitti erano bassi e ciò ha notevolmente contribuito a far diventare Berlino una città per giovani.

Da un lato vi era un surplus di piani di ricostruzione, dall’altra un’abbondante quantità di spazi indefiniti che rispondevano alla necessità di accogliere usi temporanei di ogni genere. Il contrasto tra formal urban planning and informal urban use” è l’ambito di ricerca su cui si sviluppa questo libro.

A questo punto gli autori si pongono alcune domande: l’uso temporaneo è un importante fattore per lo sviluppo urbano? Come può essere incorporato nei piani urbanistici? Può il non progetto essere progettato e l’informale essere formalizzato?

Il mondo aveva cambiato mentalità, dopo la caduta del Muro era diventato flessibile, dinamico e precario. Come conseguenza si diffuse, e oggi più di prima,  la cultura del temporaneo (car sharing, social network).

Il gruppo critica l’architettura perché “pigra”, non adatta a soddisfare queste nuove esigenze.

Il temporary use crea spazi pubblici che funzionano come poli magnetici per la popolazione, anche se sono indirizzati solo a una piccola nicchia di utenti.

Affermano che adesso l’ambiente costruito non sia più l’obiettivo, ma il punto di partenza. Gli spazi aperti alla città, quelli non definiti, che non hanno una destinazione futura, gli spazi del “no longer or not yet, possono essere la nuova chiave di lettura per la città.

 

  

Parte I – Patterns of the unplanned

In questo capitolo gli autori individuano nove strategie attraverso le quali viene avviato un temporary use con relativi esempi.

 

STAND IN: sfrutta il gap tra l’uso precedente e l’uso successivo

 

FREE-FLOW: la funzione continua ma viene spostata in nuove zone a seconda delle opportunità

 

IMPULSE: nuovo uso di uno spazio che ne determina una nuova caratterizzazione

 

CONSOLIDATION: l’uso temporaneo diventa a tempo illimitato e viene regolarizzato con permessi

 

CO-EXISTENCE: due usi differenti coesistono perché uno di essi rimane di nicchia

 

PARASITE: l’uso temporaneo dimostra la possibilità di un uso a tempo indeterminato

 

PIONEER: un luogo utilizzato viene usato in modo transitorio per un’altra attività, ma questa ha successo e viene quindi portata avanti nel tempo

 

SUBVERSION: l’uso temporaneo si instaura strategicamente negli spazi di un uso continuo e lo sovverte

 

DISPLACEMENT: l’uso permanente viene momentaneamente spostato un un altro luogo e poi ricollocato. Questo cambiamento genera un impulso di rinnovo dell’attività

 

Successivamente spiega come funziona un temporary use, che spazi vengono scelti e chi vi partecipa:

gli spazi vuoti si possono rivelare una risorsa possono essere l’avvio per tante attività. Coloro che normalmente sfruttano questi spazi, i “temporary users”, sono giovani pronti a investire in una nuova idea, persone che vogliono dare spazio a una loro passione oppure nomadi e senza fissa dimora che si installano in uno spazio vuoto.

Qualunque edificio dismesso o luogo indefinito può essere usato per l’uso temporaneo, ma a ciascuno di essi si adatta meglio una funzione rispetto ad un’altra.

 

Vengono proposti altri esempi che hanno avuto un forte successo:

CLAIMING A NO MAN’S LAND: ARIZONA IN BOSNIA: esempio di mercato nero fiorito in una zona di confine tra Bosnia e Serbia nel 1996. Per molti anni fu oltre a un luogo di riferimento per la popolazione, anche una sorta di mediatore di pace. Venne stabilizzato e legalizzato nel 2002.

 

START-UP INCUBATOR: THE HAUS DES LEHRERS: edificio storico di Berlino di proprietà del comune, situato vicino ad Alexander Platz. Tramite i contatti tra il comune e i possibili utenti vennero organizzati feste ed eventi ed in seguito numerosi artisti si stabilirono nell’edificio prendendo in affitto gli spazi. Col passare del tempo il gruppo spontaneo ed eterogeneo diventò un gruppo di professionisti con una forte identità.

 

URBAN CENTER RELOADED: SUBCULTURE IN MANCHESTER’S CITY CENTER: edificio abbandonato e fortemente degradato all’interno del centro di Manchester. Tutta la zona alla fine degli anni ’70 era totalmente in rovina. Negli anni ’80 venne promosso una trasformazione radicale della zona con ristrutturazioni e costruzioni di nuove case. Nel 1982 venne inaugurata l’Hacienda, uno studio di registrazione che ha fortemente caratterizzato la zona.

L’idea alla base di un temporary use può anche non essere chiara fin dal principio, anzi spesso è un insieme vago di circostanze. L’importante è andare avanti.

 

Non si sa se nasce prima il luogo o prima l’idea. In ogni caso, le zone sono sempre in trasformazione, versatili e flessibili. L’utilizzatore deve essere “tattico”, deve essere sempre pronto a trovare nuove opportunità.

Per progettare la città si deve tener conto che essa è sempre in movimento, cambia continuamente e le condizioni prefissate non si ottengono quasi mai. Occorre inoltre dare ascolto all’opinione del singolo, fare attenzione alle utenze, cosa che spesso non accade soprattutto quando si tratta di grandi progetti. È inoltre necessario capire quando la situazione sarà economicamente favorevole.

 

  

Parte II – Potentials of the informal

In questa parte vengono descritte le caratteristiche dei temporary use e dei luoghi che li ospitano. L’auspicio degli autori è che un giorno vengano abolite alcune regole ed assunte alcune pratiche “informali”.

 

CULTURAL GENERATOR: viene qui descritta la “creative city”, il risultato dell’innovazione culturale, economica e sociale della città. I suoi cittadini inventano costantemente nuove soluzioni. La differenziazione, la vicinanza e i numerosi contatti sono tutte qualità dell’urbanizzazione e vengono sfruttate al meglio nella “Innovative city”, la città dove per mezzo della cooperazione tra diverse culture viene prodotto lavoro.

 

ART WITHIN THE URBAN REALM: storia di come si sono sviluppate le associazioni artistiche nel quartiere di Manhattan. Con l’ausilio del governo, gli artisti crearono un’organizzazione esente da tasse al fine di esibire i loro lavori ed aprire le gallerie. Viene riportato l’esempio di un grande centro commerciale abbandonato nel quartiere di Soho che divenne un centro d’arte ed un nuovo punto di riferimento per il quartiere.

 

EVERYDAY URBANISM: viene descritto il “terzo spazio” (“everyday space”), il tessuto connettore che lega insieme le vite di tutti. È uno spazio quasi impossibile da percepire, invisibile. È un luogo a metà strada tra lo spazio materiale e lo spazio rappresentativo.

 

OPEN PLANNING: in questo capitolo vengono spiegati diversi modi di agire per creare un temporary use. Sono azioni spontanee che e realizzate spesso autonomamente: step by step, do it yourself construction, do it yourself planning, growing structures, building onward, acupuncture, (de)regulation, circumvention, vagueness, open framework.

 

DIGITAL URBANITY: descrive l’uso delle tecnologie multimediali nella vita reale e il rapporto che intercorre tra essi, ad esempio il fatto che a volte le ambientazioni dei giochi siano tratte dalla realtà. Collegare spazio reale e virtuale può rafforzare la coesistenza di due differenti modi di leggere lo spazio fisico.

 

  

Parte III Coultivating temporary use

In questa ultima parte sono prese in esame le strategie progettuali che si dovrebbero attuare per creare un temporary use. In seguito alle definizioni vengono presentati diversi esempi sia di successo, sia di insuccesso che sono stati realizzati in città come Berlino, Londra, Vienna, Roma e Amsterdam.

 

WHAT AS TO BE DONE? : il progettista non è più colui che prende le decisioni, ma è colui che attiva e mette in comunicazione gli altri partecipanti all’iniziativa. Gli utenti diventano così creatori dello spazio.

 

STRATEGIES FOR ACTION: sei strategie utilizzate nelle città europee sopracitate

 

1.     ENABLE: intensificare la pubblicità, l’accesso alla struttura e le comunicazioni tra proprietà e utenza. Con questa strategia l’obiettivo è quello di ridare vita a una parte di città per mezzo di tante piccole attività private. Si crea così uno spazio dinamico e un programma aperto per il futuro.

 

EINFACH MEHRFACH, VIENNA

Vienna soffre di una carenza di spazi aperti perché molti di quelli presenti sono privati oppure non adeguatamente attrezzati. L’obiettivo è creare uno spazio culturale e ricreativo per mezzo del doppio uso degli spazi. La decisione è stata quella di rendere usufruibili i giardini selle scuole durante gli orari di chiusura.

 

2.     INITIATE: spazi troppo ampi per attuare un temporary use singolo. L’obiettivo è rivitalizzare il luogo e accrescere il suo valore per mezzo di diverse attività culturali.

 

SPITALFIELDS MARKET, LONDON

Tra il 1992 e il 1999 vennero creati diversi temporary use all’interno di un ex mercato coperto nel centro di Londra. Il comune aveva intenzione di utilizzarlo come edificio per uffici, ma intervennero i privati che investirono nelle attività temporanee. All’inizio crearono un campo da cricket e un pub per attrarre giovani lavoratori, quando si affermarono all’interno del quartiere vi insediarono molte altre attività riguardanti sport, spettacoli e cultura. Alla fine deli anni ’90 il comune voleva attuare il progetto degli uffici, ma la comunità si oppose, così continuò il temporary use. La presenza di queste nuove attività ha ridato vita alla zona diventando un polo attrattore. Attorno ad esso negli anni si svilupparono diverse attività legate al commercio e agli affari.

 

3.     CLAIM: creare nuovi spazi pubblici che generino nuovi impulsi sociali e culturali.

 

ZWISCHENPALAST-NUTZUNG, BERLIN

L’obiettivo era creare uno spazio culturale e preservare l’antico palazzo della repubblica che era rimasto chiuso per 12 anni a causa di problemi di assestamento del terreno. A questa iniziativa partecipò direttamente il gruppo Urban Catalyst.

Come conseguenza delle enormi dimensioni della struttura venne deciso di installarvi numerose attività culturali tra cui uno spazio per esibizioni e un teatro. All’inizio il governo si oppose all’iniziativa perché ritenuta troppo onerosa. Gli organizzatori decisero allora di pubblicizzare l’iniziativa per mettere sotto pressione il governo ed allestirono un’esposizione di tre giorni nelle vicinanze del palazzo. Il governo alla fine accolse la richiesta e attuò i lavori. Grazie a questo uso temporaneo vennero portate avanti molte manifestazioni culturali, ma purtroppo nel 2006 venne deciso di demolirlo. Le diverse attività culturali vennero trasferite in una nuova art gallery, che però non ottenne il successo del passato.

 

4.     COACH: l’obiettivo non è dare una forma, ma creare una rete di connessioni tra le persone.

 

CAMPO BOARIO, ROMA

La zona del Campo Boario era stata tagliata fuori dagli sviluppi urbanistici della città perché separata dalla linea ferroviaria. Divenne per anni un punto di ritrovo per molte comunità straniere. Grazie all’intervento del gruppo di architetti “Stalker” viene creata una rete di comunicazione tra i diversi gruppi etnici. Questa comunità multietnica diede l’avvio a numerosi eventi ai quali potè accedere l0intera città.

 

5.     FORMALIZE: stabilire un temporary use costruendo o rendendo l’attività a tempo indeterminato. Spesso questa strategia porta a un fallimento.

 

ARENA, BERLIN

L’area di questo intervento è una ex stazione degli autobus. L’obiettivo era creare un centro culturale autofinanziato all’interno dell’edificio dell’amministrazione. In pochi anni un gruppo di artisti si stabilì al suo interno e successivamente l’attore Falk Walter nel 1995 fondò insieme ad alcuni suoi colleghi una associazione no profit per promuovere manifestazioni e spettacoli all’interno dell’edificio. Visto il successo ottenuto il comune diede in affitto l’area all’associazione per 35 anni. In breve tempo diventa un polo commerciale di grande importanza per il quartiere. Al suo interno vengono creati negozi, una piscina, un teatro, ristoranti e club. Inizia anche ad apparire sulle guide turistiche e ciò provoca un aumento dei visitatori. A causa della crisi degli ultimi anni l’Arena ha subito un forte declino e non si sa se resterà aperta ancora a lungo.

 

6.     EXPLOIT: pubblicizzare numerosi eventi negli spazi adibiti a temporary use per trovare un affittuario.

 

NDSM, AMSTERDAM

Vengono realizzate alcune attività temporanee all’interno di una zona dismessa del porto. Per promuovere maggiormente l’iniziativa viene attivata una rete di traghetti che mette in collegamento l’area con le principali stazioni della città. Inizialmente, le nuove attività hanno molto successo, ma successivamente, a causa di conflitti tra i temporary users, la zona ha perso forza ed interesse.

 

 

 

 

   Conclusioni

L’uso temporaneo permette a gruppi di persone con capitali insufficienti di ridisegnare la città. L’attenzione ora non è più sul progetto della città, ma sull’uso che se ne fa. L’incompletezza, la transitorietà, i vago diventano iparte del paesaggio urbano.

L’uso temporaneo può costituire l’impeto per uno processo di sviluppo urbano connesso alla riqualificazione delle aree dismesse.

I temporary uses vengono spesso utilizzati in periodo di crisi. Questa soluzione potrebbe, in questo momento, rivelarsi vincente per ridare vita alle aree dismesse e ricreare attività commerciali. Lo sviluppo organico e spontaneo delle città potrà diventare un nuovo prototipo di urbanizzazione.