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autore

FLORIAN HERTWECK E SEBASTIEN MAROT

titolo

THE CITY IN THE CITY

editore

LARS MULLER PUBLISHERS

luogo

anno

1977

 

 

lingua

INGLESE

 

 

Titolo originale: The city in the city, Berlin: A green archipelago

 

Contenuto

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“The city in the city” è un manifesto scritto da Rem Koolhaas, scrittore di “Delirious in New York”. 

Il libro descrive il manifesto creato nel 1977 da Rem Koolhaas sulla città di Berlino che sviluppava un nuovo modo di pensare alla pianificazione urbana. Il libro, inoltre, racconta la storia che ha portato al manifesto, le successive modifiche da parte di Oswald Mathias Ungers, le interviste a Peter Riemann, Hans Kollhoff e Arthur Ovaska, co-autori del manifesto, e a Rem Koolhaas.

Il Testo presenta all’inizio la versione originale del manifesto di Koolhaas, successivamente racconta le esperienze di vita, degli autori, che hanno portato a tale pensiero, la versione modificata di Ungers e le interviste finali.

  

Giudizio Complessivo: 9 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Michael Albanese

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

 

 

 

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“Berlin: A green archipelago” (R.Koolhaas 1977)

 

Questa è la prima versione del manifesto e spiega come Berlino fosse una città in caduta, siamo nel 1977 e la seconda guerra mondiale ha distrutto gran parte della città portandosi via anche gran parte della popolazione. Il manifesto delinea un nuovo piano per la città in contrasto con la più popolare ricostruzione europea. Il titolo scelto da Koolhaas è Berlin: a green archipelago. Il piano creava una città policentrica che aveva come obiettivi:

·       Selezionare le aree pià dense e preservarle

·       Bilanciare la densità, creando aree verdi nelle aree più dense e contenitori urbani (edifici molto densi) nelle aree meno dense

·       Creare una griglia verde con al centro delle “isole” le fabbriche in disuso, in modo da preservare la città ecologicamente

·       Griglia verde come parco con servizi comuni, flussi  d’aria e come casa “mobile”, infatti la griglia aveva il compito di spingere gli abitanti a vivere nel nomadismo.

·       I nuovi centri doveveano prendere spunto da modelli urbani già realizzati o comuque modelli validi

La genesi del “mostro”

 

Il pensiero e lo studio dietro al manifesto è stato principalmente di Koolhaas e di Ungers.

Il libro traccia le loro esperienze, la loro vita e l’evoluzione del loro pensiero fino ad arrivare al manifesto.

Il libro racconta di O.M.Ungers e spiega come i suoi lavori affondino le radici nella storia dell’archiettura, nella ricerca della ricchezza del linguaggio e nel disegno. Ungers rigetta il funzionalismo e rivendica l’archiettura come arte che sta tra ambiente e individuo. I suoi studi e i suoi progetti sono concentrati sulla larga scala, anticipando la “bigness”. Dopo aver insegnato in Germania, va alla Cornell University dove con alcuni studenti si dedica allo studio di nuove morfologie urbane, che daranno vita al manifesto.

Koolhaas invece spiega come già da giovane entra in contatto con l’arcipelago dell’Indonesia che gli mostra come l’arcipelago sia il simbolo della “separazione”. Durante l’adolescenza ha interessi differenti dall’archietttura ( cinema, scrittura ) fino all’intervista per L’ Haagse Post che lo inizia alla materia. L’esperienza a Londra con i modelli utopici e poi Berlino con il muro lo indirizzeranno verso lo studio di modelli urbani. Koolhaas capisce che l’architettura non è risolvere problemi, ma è arte capace di uscire dalla realtà. Dopo l’esperienza a Londra con L’Architectural Association parte per l’America, dove incontra Colin Rowe e Oswald Mathias Ungers, professori dellla Cornell University. Alla fine dei suoi studi alla Cornell si lega a Ungers e insieme studiano e portano avanti pensieri sui modelli urbani.

Berlino viene raccontata come città in declino, come la maggiorparte delle città europee di quegli anni. Due erano le strade per una pianificazione urbana, l’approccio “riparatore” e quello “pianificatore”. Ungers e Koolhaas capiscono, vedendo le città americane, che le città in declino sono una grandissima opportunità creare nuovi profili delle città.

I due cominciano cosi a lavorare su Berlino, che per loro è la città ideale su cui lavorare perché molto policentrica e diversificata all’interno. Inoltre Schinkel, architetto molto studiato da Ungers è la chiave per tale progetto, ma vengono studiati anche i modelli di Scharoun e Krier.

 

 

 

 

 

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“Die stadt in der stadt   (O.M.Ungers 1977)

 

Ungers nell’estate del 1976 crea alla Cornell University la prima summer school (the Urban Block), dove si studiano i modelli delle città americane a blocco come New York. Ne seguiranno altre due (“The Urban Villa” nel 1977 e “The Urban Garden” nel 1978);  insieme formano una trilogia che aiuterà a sviluppare il progetto per Berlino. Tutto il materiale raccolto viene sistemato e unito al manifesto di Koolhaas, ne uscirà un nuovo manifesto dal titolo “the city in the city”.

Le summer school danno nuovi contenuti al manifesto utilizzando i risultati ottenuti dagli studenti; cosi, Ungers, modifica il manifesto precedente, dandogli un nuovo layout ed evidenziando le caratteristiche di Berlino che portavano a delle conclusioni in termini progettuali a livello urbano, anche pianificando il progetto nel futuro. Inoltre corregge gli errori ortografici, da nuovi spunti e notevoli immagini di riferimento, create apposta da peter Riemann per la summer school, e  soprattutto cambia titolo al manifesto da “Berlin: a green archipelago”, a “die stadt in der stadt” (the city in the city)

 

 

                                                                                                            

 

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Interviste

 

La sezione finale del libro è dedicata alle interviste ai co-autori del manifesto e a Rem Koolhaas.

La prima intervista è proprio quella all’architetto olandese che spiega come l’educazione e i principi dei genitori siano stati fondamentali per i suoi successivi sviluppi. Koolhaas spiega come entra in contatto con il mondo di Ungers e di come sia affascinato dai suoi lavori a Francoforte, parlando anche del rapporto instaurato tra i due.

La seconda intervista è a Arthur Ovaska, il quale racconta che conosce Ungers alla Cornell University e che lavorerà con lui ad alcuni concorsi e per la summer school.

La terza è ad Hans Kollhoff architetto che si è formato più sul lavoro che all’università di Karlsruhe. Una volta laureato va alla Cornell e lavora nello studio di Ungers dove apprende un approccio al lavoro diverso, più morfologico. Hans fa considerazioni sul manifesto e sulla fattibilità di tale progetto. Parla anche del dualismo che c’era all’epoca tra Colin Rowe e Ungers, entrambi prosessori alla Cornell.

L’ultima intervista è a Peter Riemann, assistente di Ungers che lo aiuta a progettare per concorsi come quello a Buffalo del 1976; spiega il metodo di progettazione che c’era nello studio di Ungers e le difficoltà incontrate. Anche lui partecipa alla summer school come assistente e aiuta Ungers disegnando i modelli da far inserire agli studenti all’interno della città di Berlino.

 

GLOSSARIO

Archipelago – Simbolo della separazione, è un sistema largo, separato e chiuso. 

Architettura (Ungers) – è un arte creata tra l’individuo e l’ambiente.

Architettura (Koolhaas) l’architettura non è risolvere problemi, ma è arte coltivata con una serie di precedenti concetti, forme, figure, capace di uscire dalla realtà.

Genius Loci – si manifesta quando ciò che creiamo si confronta e si integra appieno con ciò che già esiste accentuandolo e amplificandolo

Villa urbana – è un organismo capace di sintetizzare il gene dell’urbanità, in dialettico contrasto tra città e campagna.

Città nella città (Ungers) – Sono micro-città nella città basate su modelli già esistenti.

Città nella città (Krier) – Distretti autosufficienti collegati con dei boulevard ad una distanza tra loro basata su misure pedonali.

Muro – è un elemento che ha la capacità di annullare con più efficienza, flessibilità e delicatezza che nessun altro oggetto può fare.