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autori |
GUIDO
CANELLA, MARIO COPPA, VITTORIO GREGOTTI, ALDO ROSSI, ALBERTO SAMONA’,
GABRIELE SCIMENI, LUCIANO SEMERANI, MANFREDO TAFURI introduzione
di GIUSEPPE SAMONA’ |
titolo |
TEORIA DELLA PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA |
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editore |
DEDALO |
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luogo |
BARI |
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anno |
I EDIZIONE 1968 RISTAMPA 1985 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: Teoria della progettazione architettonica |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Opera contenente
otto saggi nati come lezioni universitarie. Ampia panoramica
sulle idee e sui punti di vista di otto giovani studiosi. Studio critico che
in ogni tema si prefigge di rispondere alla domanda sulla possibilità di
istituzionalizzare le diverse espressioni del processo di progettazione
architettonica. Contenuti
diversificati ma sempre riferiti alle caratteristiche concettuali
dell’architettura. I singoli temi aprono una problematica dell’architettura
nel suo farsi descrivendo gli elementi delle varie fasi della progettazione. |
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Giudizio
Complessivo: 7 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: De Grazia Rossella |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3
a.a.2014/2015 |
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Autore Samonà, Giuseppe.
Architetto e urbanista (Palermo
1898 - Roma 1983).
Laureatosi in ingegneria a Palermo (1922), affiancò
all'attività progettuale un intenso impegno didattico, presso le università
di Messina (1926-30), di Napoli (1931-36) e soprattutto di Venezia (1936-71), dove come direttore (dal 1945) riuscì in modo innovativo a far convergere
nell'Istituto di architettura esponenti di rilievo da campi eterogenei quali
quello storico, critico e progettuale. La sua attività professionale si
estese dall'edificio singolo alla pianificazione urbanistica. Alla
particolare adesione al razionalismo fece seguito, nel secondo dopoguerra,
una produzione oscillante tra le poetiche dell'architettura organica e la
ricerca compositiva di segni geometrici o di elementi allusivi alla
morfologia del contesto urbano: ufficio postale del quartiere Appio a Roma (1933-36); nuova palazzata di Messina (1938-40; 1953-58); edificio per uffici INAIL a Venezia (1952-56); sede della Banca d'Italia a Padova (1968-74); Centro civico di Gibellina (1970-80) e Teatro popolare a Sciacca (1974-85), con il figlio Alberto. Sono
ancora da ricordare alcuni importanti progetti (centro direzionale di Torino, 1962; area del Tronchetto a Venezia, 1965;
nuova ala della Camera dei deputati a Roma, 1967;
università di Cagliari,
1972) e una vasta attività di saggista. |
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Giuseppe Samonà |
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Contenuto |
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Il libro è una raccolta
di otto lezioni di giovani allievi delle scuole di Milano e Venezia tenute
all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia tra il 1965 e il 1966 e
promosse da Giuseppe Samonà. I saggi sono
riflessioni e posizioni culturali con cui si confronterà l’impostazione
didattica delle scuole di architettura di Milano e Venezia e delle molte
facoltà ad esse culturalmente collegate diffuse sul territorio italiano.
Elaborazioni teoriche della progettazione scaturiscono da precise nozioni di
architettura. Le trattazioni, pur
partendo da interessi ideologici comuni, si diversificano nella forma
metodologica con cui l’argomento viene affrontato e sviluppato. I loro contributi
sono sintesi autonome ma collegate, una parallela ma individuale elaborazione
generazionale di diverse definizioni di architettura. |
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LEZIONI |
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Lezione 1 M. Tafuri – Le strutture del linguaggio nella storia dell’architettura moderna |
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La sua trattazione ha un fondamento storiocritico. Mette a rilievo gli aspetti
significativi dei diversi periodi della storia dell’architettura e ne
specifica il processo formativo con un metodo critico basato sulla formazione
di parametri di controllo derivanti da aspetti significativi. Tali parametri
sono utilizzati per definire e misurare le relazioni fra situazioni storiche
e architettura secondo un processo di sintesi soggetto-oggetto. La progettazione, afferma, è un processo che non ammette altro che campi
diversi di applicazione affrontabili tramite un’unica metodologia, oggettiva
perché modellata su un modo comune di percezione ipotizzato come immune da
ogni condizionamento storico. Dopo aver svolto considerazioni critiche sull’architettura dei diversi
periodi storici, compreso il Movimento Moderno dei primi trenta anni del
Novecento, tratta i problemi allora attuali dell’architettura in una futura
promozione di finalità e di forme. |
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Lezione 2 G. Scimeni – Il ruolo delle teorie nell’urbanistica |
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Scimeni afferma che la teoria occupa un posto basiliare nella
problematica urbanistica, l’aspeto teorico, inteso come simmetrico
dell’aspetto pratico, accompagna ogni processo di determinazione volontaria
della morfologia urbana. Elemento essenziale nella costruzione di una teoria
è la formulazione di principi fondamentali dai quali dedurre conseguenze per
via logica. Se tali sono i “principi primi” allora la teoria tende a
identificarsi con una filosofia generale. L’urbanista dell’epoca necessitava
di una teoria generale di supporto. Scimeni distingue due categorie di
persone che si occupano del problema della città: gli urbanologi che
lo affrontano in termini analitici, speculativi, critici e gli urbanisti,
che invece vi si applicano con intenti operativi. Viene fatta una specie di
classificazione, per categorie, di varie teorie della città, e,
parallelamente, di diverse teorie urbanistiche. L’approccio empirico, l’evoluzionismo urbano e
l’atteggiamento tecnico: è un approccio basato sul procedimento statistico;
vengono messe in evidenza determinate caratteristiche delle città generale e
di esaminare eventuali correlazioni con altre caratterizzazioni. L’orientamento economico e il metodo
econometrico: è un orientamento scientifico caratterizzato dal portare avanti
l’analisi individuale dei fatti di localizzazione e di raggiungere il livello
di spiegazione motivazionale delle scelte ubicative e dimensionali di ogni
componente dell’insediamento. L’approccio estetico e la tendenza
macroarchitettonica: gruppo di ricerche basate sulla considerazione della
città come fatto estetico. Le metodologie di intervento risultano
singolarmente distaccate di scala rispetto a quelle contemporanee di analisi.
Questa caratteristica del distacco, vicino al superameto e all’evasione, si
ritrova in molti dei progetti ragruppati sotto la categoria di
macroarchitettura. Utopia: diversa realtà, immaginaria,
organicamente concepita, verificabile a livello architettonico, economico e
sociologico. Appare così lecita una distinzione tra l’attegiamento
globalmente innovatore e riformatore e l’attegiamento degli inventori di
nuove formule architettoniche urbanistiche, per i quali la trasformazione
della struttura sociale si riduce a fatto pretestuale o a condizione
strumentale di realizzabilità del progetto. Scimeni non vuole introdurre una teoria personale, né sulla città né
sull’urbanistica, per evitare il rischio di imbattersi in un approccio
soggettivo e parziale. |
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Lezione 3 M.Coppa – Il
modulo nella storia degli insediamenti urbani e rurali |
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Coppa illustra gli eventi storici delle città nel periodo formativo
degli insediamenti in Italia e in Sicilia. Si sofferma in particolare a
spiegare le relazioni tra le genti italiche e la Grecia. Occasione per la formazione
delle città è il delinearsi dell’arte attraverso gli eventi commerciali dei
navigatori e della vita civile. Mileto invera i principi della
zonizzazione, rigore nella modulazione ma possibilità di comporre organismi
architettonici e spazi urbani, levando dalla griglia le unità necessarie per
il proporzionamento degli edifici e degli spazi pubblici. Esempio di un primo
piano regolatore è dato dalla città eolica di Smyrna, nelle dimensioni
dell’isolato e, nell’accostamento delle cellule edilizie, si legge il
principio che sarà poi adottato da Mileto. A Smyrna è attribuito il primo
tentativo di formazione di un programma urbano sui principi della modulazione
e sulla ricerca di un centro civico. Alle aree orientali è però da attribuire
la pianificazione territoriale, attraverso l’unità modulare del comprensorio
ridotto comunale, la precisazione delle aree a sviluppo primario, il
controllo delle produzioni e il censimento delle entrate-uscite, la
definizione dei centri civivi e religiosi, l’affermarsi della cellula
edilizia con le sue associazioni e gli impianti tecnici lungo l’ambitus. In Italia, la ricerca sugli insediamenti urbani e rurali ha avuto la
disavventura di incorrere nella formulazione di teorie che hanno limitato,
per anni, il contributo italico e la sua inserzione nell’elaborazione della
cultura urbanistica antica. Necessariamente il passaggio della cultura urbana
attraversa l’archeologia. Il momento principale italico è quello che segue la
caduta di Micene e che vede l’incontro con gli Egei, questo riccamente
documentato. Le prime ricerche di ripartizione urbana, con specifiche
destinazioni, sono associabili alle città di Matera e Herdonia. La prospettiva italica apre nuovi orizzonti di ricerca, da quello
territoriale a quello più sommesso della modulazione. |
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Lezione 4 L. Semerani – Razionabilità della progettazione architettonica |
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I monumenti nella città rappresentano per Semerani
un’epoca storica, delineano la forma urbana che, attraverso loro, può essere
leggibile in ogni punto. Solamente grazie ai monumenti è possibile
riscattarsi dalla banalità senza storia riservatoci dal processo di sviluppo
urbano. Elabora interessanti osservazioni sul rapporto tra realtà passata e
futura, fra città in cui viviamo, densa del passato, e città del futuro verso
cui dovremmo andare incontro. Polemizza contro l’idea di architettura aperta, in
contrasto con la forma chiusa, l’unica invece che ha per lui significato ed è propria delle
opere monumentali. Ritiene che stabilire un senso e una dignità per le
forme e i simboli della vita civile, per l’architettura e per la città,
deriva da un’esigenza morale ed ideologica di riconoscere un senso alla
nostra partecipazione alla realtà. Devono essere riconosciute le diverse
scale degli interventi per evitare di escludere elementi fondamentali. Le
tecniche della progettazione dipendono infatti dalle diverse scale, dalla
gerarchizzazione, dal riconoscimento di costanti e variabili. Si possono
considerare come invarianti quegli
elementi con durata abbastanza ampia. Ne individua tre diversi tipi : -
costanti relative al campo -
costanti di carattere
tecnologico -
costanti di carattere iconico La loro natura e quella delle relazioni scaturisce dai
rapporti già esistenti e in tutti e tre i casi si possono escludere delle
componenti. Ed è proprio l’organizzazione delle relazioni secondo la loro
natura a definire la scala della progettazione la quale non corrisponde a
dimensioni fisiche del campo in cui interveniamo. La diversa natura delle
relazioni è la ragione per poter supporre l’esistenza di diverse scale di
progettazione. Si dovrebbe fare in modo che, come negli organismi vegetali e
animali, ad ogni modificazione dimensionale e funzionale di una parte
corrisponda una modificazione armonica dall’altra. Le permanenze hanno senso solo se rientrano in un ciclo
di conservazione e produzione di monumenti. La riduzione dei fenomeni
culturali a fenomeni economici è uno schematismo. La storia culturale e la
storia economica sono due aspetti astratti di un unico processo. La posizione progettuale non muta al mutare della scala
dei problemi ma assume un diverso soggetto nella proposizione iniziale. In
riferimento a una progettazione di relazioni secondo invarianti strutturali,
l’antitesi tra progettazione di forme definite e progettazione di forme
indefinite, può avvalersi di una vocazione monumentale dell’architettura,
nella definizione delle relazioni tra le diverse parti della città,
rivalutando costanti extratemporali. Non esiste una città nuova in alternativa a quella
reale, è solo possibile contrapporre una parte della realtà ad un’altra parte
di essa. La progettazione è pensiero e, poiché si considera tale,
può svolgersi solo in termini critici e gli elementi passivi della storia
sono quelli determinati e determinabili. La progettazione richiede un atto di
determinazione che è precisa negazione. La creatività è un intervento nel
processo dialettico della realtà. |
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Lezione 5 G.Canella – Dal laboratorio della composizione |
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Trattazione teorica e rigorosamente tecnica. Si pone con immediatezza
nell’ambito della progettazione. Il suo contributo didattico è anche nel
liberare l’allievo dale sovrastrutture accumulate attraverso diverse conoscenze
ed orientarlo verso la composizione di un’architettura. La frontiera che
l’architetto deve conquistare è quella conoscitiva. Canella assume invarianti nella progettazione. Esse sono punti
immobili nel procedere della storia di un’epoca e in base al loro carattere
egli cerca di approfondire il rapporto tra morfologia e tipologia.
Definisce la prima come il susseguirsi di eventi configurati in una data
unità spaziale, in cui la tipologia è l’invarianza della morfologia. Ne
deriva l’idea di funzionalità come fisicità, in cui l’invarianza è la
localizzazione della funzionalità di un certo periodo storico. Si crea così
un particolare legame forma-funzione. Lo studio sistematico delle invarianti
può essere il criterio per la fondazione di un nuovo concetto di tipologia
architettonica, utilizzabile in fase analitica ma anche come organizzazione
della conoscenza, intenzionata a scoprire le invarianti in atto nell’attuale
fase tecnologica. L’ambiente fisico, attraverso le sue modificazioni, costituisce base
attendibile degli eventi generali che hanno coinvolto la società. Compito della storia dell’architettura è
mostrare, induttivamente e dialetticamente, le invarianti fondamentali che
caratterizzano il processo storico tra epoca ed epoca o tra struttura e struttura.
È la considerazione delle proprietà caratteristiche dell’ambiente fisico, nel
quale è sempre presente il rapporto tra tipologia e morfologia. Le
invarianti, i criteri secondo i quali classificare e, quindi, controllare gli
attuali processi architettonici, appaiono a lui come il consolidamento e
l’integrazione. Il consolidamento delle funzioni e dei tipi architettoni è un
processo di rafforzamento funzionale, di dilatazione e di qualificazione
delle superfici e degli spazi interessati. Da questo derivano l’ingrandimento
delle occupazioni spaziali e il rafforzamento di altre funzioni. L’Unitè
d’Habitation ha consentito l’inserimento di una Rue marchande du
raviteillement su cui si affaciano servizi e negozi di prima necessità.
Queste presenze costituiscono un esempio di consolidamento del problema
residenziale. L’integrazione delle funzioni e, quindi, dei tipi architettonici,
è il processo di assimilazione di una o più funzioni da parte di un’altra
funzione. È l’assimilazione di una o più parti caratteristiche di superficie
e di spazio da parte di una superficie o di uno spazio caratteristico dato.
Da questa deriva la perdita di omogeneità funzionale da parte
dell’architettura e, quindi, la promiscuità di superfici e spazi che devono
trovare particolari modi di coesione avendo diverse destinazioni. E sempre
riferendoci alla Rue marchande du raviteillement essa è considerabile un
embrione di integrazione in quanto, in una destinazione prevalente, quella
residenziale con alloggi duplex, si sono adattate particolari destinazioni. Un caso che spiega simultaneamente i processi di consolidamento e
integrazione è quello delle stazioni della Metropolitana milanese. Dal punto
di vista del consolidamento nel passaggio dal salvagente, che caratterizza le
fermate del sistema tramviario, ad una serie di vani ampi e articolati. Dal
punto di vista dell’integrazione nell’insediarsi, all’interno delle stazioni,
di una serie di esercizi commerciali che tende a complementarizzarne
l’attività. Canella conclude con alcune considerazioni: compito dell’architetto è anche quello di studiare e controllare i
processi di consolidamento e di integrazione funzionali e fisici, così da
equilibrare, con ipotesi di progetto, il livello tecnologico dei vari
sistemi; le invarianti sono tendenze funzionali e fisiche latenti da sempre
nell’architettura, fenomeni di consolidamento e integrazione sono
rintracciabili nel passato così come nel presente; i processi di consolidamento e integrazione sono invarianti, colui che
progetta non deve subire passivamente gli aspetti del processo. Il concetto
di invariante non comporta caratteri positivi o negativi ma fattori tipici di
una data civiltà. Là dove però l’architetto ha assunto gli invarianti come
suggestioni, come quantità e qualità impenetrabili, il consolidamento ha dato
luogo al fenomeno del gigantismo architettonico mentre l’integrazione ha
generato i contenitori, oggetti neutrali, rappresentativi del puro stato
tecnologico; riaffiorano nell’architettura dell’epoca alcuni caratteri significativi:
il soggettivo architettonico ovvero la responsabilità e la
consapevolezza trasmesse dall’autore all’opera; il funzionale
architettonico, invenzione dipendente dall’occasione tipologica del
momento; il vasto architettonico come immagine ottenuta con la
ripetizione di una figura base legata a una tipologia scontata; il grandioso
architettonico ovvero il conferimento all’edificio di aulicità che non
perverrebbe dalle limitate dimensioni. Infine, accennando a un futuro per la composizione architettonica, indica
come questo vada ricercato in un complesso chiarimento interno al suo
ambito. |
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Lezione 6 A. Samonà - Le scale di progettazione e
l’unità nel metodo |
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Samonà esamina empiricamente il momento della progettazione, calandosi all’interno
delle varie fasi e illustrandolo con analisi precise e centrate nel coglierne
i momenti più significativi. Il suo tentativo consiste nel voler mediare fra
realtà empirica e schemi logici. Il concetto di progettazione subisce in quegli anni un ampliamento
inteso come rinnovato interesse per nuovi indirizzi politici, economici,
amministrativi e sociali; questo porta a una moltiplicazione delle scale
della progettazione, a un interesse globale della città e del territorio. Il
concetto di progettazione è inoltre ristretto nell’attribuire maggior peso
all’atto creativo in sé, alle scelte di carettere figurativo, in posizione
nettamente prevalente rispetto alle parti sociali, tecnologiche, economiche e
funzionali. In seguito a queste due diverse posizioni, Samonà dichiara come
la progettazione sia in piena crisi. Si cerca quindi di adottare metodi
diversi per i differenti tipi di composizione architettonica. È con l’unità
nel metodo che si possono ottenere semilavorati sui quali poi agire in
maniera specifica e per settori. Questa, intesa come maniera di approccio al
tema dato, può svilupparsi fino a divenire conoscenza stessa del tema. Unità
nel metodo significa modo di avvicinamento ai temi e ai diversi problemi
che si presentano nella progettazione, unificandoli nella conoscenza e nella
coscienza di operare in nuove dimensioni, nuove non solo per quantità ma
soprattutto per qualità, perché generatrici di un dinamismo di relazioni
ricollegabili a rapporti equilibrati. Le scale di progettazione non sono più intese come mezzo per
ottenere quanto prefissato, la trasformazione fisica della città e del
territorio, ma diventano il fine ottenuto il quale rimane l’incertezza su ciò
che si andrà a delineare. La grande quantità di temi offre nuovi caratteri,
scoprirli significa comprendere il valore di tutti i nuovi interessi che si
propongono alla collettività. Questa operazione non si può fare raccogliendo
diversi elementi da ogni disciplina, per poi riunirli dando loro una forma e
non può essere fatta dando a priori dei gradi, degli ambiti, delle scale per
la cui determinazione non possiamo avere una conoscenza limitata. Samonà attribuisce alla lettura dell’opera di Le Corbusier una chiara
dimostrazione del significato di unità del processo creativo. Compito primo
della ricerca architettonica di progettazione è il trovare ed isolare gli
strumenti adatti a risolvere i problemi della città, integrandoli con la
realtà territoriale. Esistono particolari nessi tra l’informazione, la conoscenza di un tema
e la sua realizzazione. I rapporti tra informazione e creazione costituiscono
il valore delle azioni compiute come architetti. Nella contemporaneità, nella
nuova complessità della realtà, il rapporto tra informazione e creazione
tende ad essere completamente trasformato, quasi annullato se inteso come
scambio diretto. È quasi convinzione comune che i problemi della
progettazione non sono risolvibili con il solo praticare la progettazione,
elaborando ragionamenti e studiandone gli aspetti più importanti. Si è
cercato di riportare nelle scuole il problema della forma urbana e
territoriale per interpretarne i possibili valori. L’impossibilità didattica
di comprendere un momento più propriamente urbanistico sfocia nel cosiddetto Town
Design, momento autonomo di un più complesso processo. Dopo aver
esaminato tale fenomeno torna a riflettere sul senso della progettazaione
contemporanea. Si ricorre a forzature formali, attraverso le quali si
vogliono recuperare i valori d’ordine che si credono persi nel passaggio
dalla conoscenza alla creazione. Nascono così diversi modi di ricerca
progettuale, differenti tipi di progettazione ai quali si attribuiscono scale
opportune. Il problema non è più nella corrispondenza forma-funzione ma si colloca
in quei parametri derivanti da una ricerca analitica, tesa alla verifica
formale e concreta delle espressioni interpretative dei fenomeni sociali,
politici ed economici, ricerca che si arrichisce di questi fino a tradurne le
espressioni in architettura della città. |
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Lezione 7 A. Rossi – Architettura per i musei |
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Rossi ricerca una spiegazione razionale del fare architettonico, con
argomenti che esprimono giudizi e concetti per una definizione di
architettura come essenza costituita da fatti stabili, assoluti e immutabili
nel tempo. Per lui la città è un fatto corale di cui l’architettura è una
manifestazione collettiva e soggettiva. L’elemento soggettivo ha un’enorme
importanza nell’architettura. Pensa che l’individuo sia inseribile nella
città, con tutta la sua apertura morale e spirituale. L’individuo inserisce
nel discorso architettonico la sua potenza espressiva e si confonde con la
città. Rossi afferma che per parlare di una teoria della progettazione
architettonica definirà in primo luogo il significato di architettura, in
seguito ne darà sue definizioni, elencherà i criteri a cui deve ispirarsi una
progettazione architettonica e quali sono i suoi rapporti con la storia
dell’architettura. Considera come termini
concreti dell’architettura la città, la storia, i monumenti. Egli intende l’architettura in senso positivo, come una creazione
inscindibile della vita e della società in cui si manifesta, essa è un fatto
collettivo, è connaturata al formarsi della civiltà ed è un fatto permanente,
necessario e universale. Essa si costituisce con la città e con la città si
costituiscono nel tempo le abitazioni e i monumenti. Questi, i fatti privati
e quelli collettivi, sono i termini di riferimento per lo studio della città. I principi dell’architettura, in quanto fondamenti, non hanno storia,
sono fissi e immutabili ma continuamente diverse sono le risposte, quelle che
gli architetti danno a qestioni concrete. Si deve distinguere tra la città e l’architettura della città come
manufatto collettivo e larchitettura in sé, come tecnica e come arte che si
ordina e si tramanda razionalmente. L’architettura si presenta come una
meditazione sulle cose: i principi sono pochi e immutabili, ma molte sono le
risposte concrete che l’architetto e la società danno ai problemi che sorgono
nel tempo. Come scrisse Le Corbusier, architettura significa formulare con
chiarezza i problemi. Riferendosi però alla storia dell’ultima architettura, e di quella
italiana in particolare, sostiene come sia possibile parlare di miseria
dell’architettura. Con questa definizione allude al rivolgersi a qualcosa
di estraneo dall’esperienza reale che si compie, un segno di debolezza e di
fragilità culturale. A costituire gran parte di tale miseria è l’invenzione
e, l’applicazione, di qualche teoria, presa da una disciplina estranea con
l’intento di estrarne un enunciato che possa essere una chiara spiegazione
del fatto architettonico. Passando alla teoria della progettazione ne esplicita i punti
fondamentali: la lettura dei monumenti, il discorso sulla forma
dell’architettura e del mondo fisico, la lettura della città ovvero la
concezione dell’architettura urbana. Con studio dei monumenti si
riferisce alla formazione dell’architetto con la meditazione sui fatti
architettonici, al rilievo architettonico, l’unico modo per appropiarsi delle
caratteristiche di una certa architettura. Rossi guarda con occhio
archeologico le città moderne. Intende poi la forma come un segno preciso collocabile nella
realtà e come misura di un processo di trasformazione. La forma
architettonica è qualcosa di chiuso e compiuto, legato a un enunciato logico.
Si riferisce all’architettura della città come studio e
costruzione della città stessa, alla sua forma e considerandola come
manufatto. Da una parte vi è il problema della costruzione della città nuova
, della comprensione dell’antica, dei fondamenti dell’architettura,
dall’altra abbiamo i problemi dell’ambiente e della conservazione. La città
diventa un fatto con cui confrontarsi quotidianamente. Da tutta la sua
riflessione nasce l’idea di città in cui i monumenti rappresentano
punti fissi della creazione umana, segni tangibili dell’azione della ragione
e della memoria collettiva; la residenza diventa problema concreto
dell’abitare. La struttura urbana si dispone così in modi diversi ma con
questi elementi sempre fissi: la casa, gli elementi primari, i monumenti.
Queste diversificazioni non sono solo funzionali ma corrispondono a fatti
urbani di diversa natura e sono quindi concepiti in diverso modo. La concezione funzionalista è rovesciata, la funzione altro non è che
strumento di fronte all’esperienza dell’architettura. La lezione si conclude con alcune considerazioni sull’elemento
soggettivo, l’autobiografia dell’artista. Ritiene impossibile che nel
fare architettura non si voglia esprimere qualcosa di proprio e personale. La
qualità soggettiva di un’opera appartiene a una qualità umana. È molto
difficile valutare semplicemente la componente psicologica di un’architettura
o che una componente si esprime con un certo stile e una certa tecnica. L’architettura,
nata dalla necessità, è ora autonoma, nella sua forma più alta crea pezzi da
Museo a cui si rifanno i tecnici, per trasformarli e adattarli alle
molteplici funzioni ed esigenze. |
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Lezione 8 V. Gregotti – I materiali della progettazione |
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Gregotti parte dal concetto che il problema di progettare
architettonicamente si fonda su considerazioni di carattere edonistico, un
processo che parte dal desiderio per raggiungere l’appagamento. Il progetto
è il modo con cui tentiamo di mettere in atto la soddisfazione di un nostro
desiderio. La relazione fra desiderio
e appagamento deve essere approfondità nella variabilità e dipende per lo più
dalla distanza tra il desiderio di fare un progetto e la difficoltà di
appagarlo avendolo realizzato. Esiste un processo di progettazione, fatto di
eventi, il cui insieme è un metodo di progettazione che nel caso
dell’architettura consiste nel portar ordine nel suo processo. L’architetto
opera in un campo in cui uomo e natura hanno impresso segni inconfondibili.
Al nostro intervento, le parti assumono un senso nuovo dato dall’ordine da
noi imposto. Nell’abitare vede la compresenza di economicità, socialità e
tutto ciò che deriva dall’architettura. L’architettura è quindi per lui
risoluzione poetica e cosciente dell’abitare. Essa è punto di riferimento di
tutte le scale e di tutte le relazioni. La sua idea di progetto è fondata sulla nozione di materiale. Idea questa ampia e dal significato non
convenzionale. Essa comprende l’intera materialità del mondo esistente, le
sue convinzioni, nozioni, ideologie riguardate dal punto di vista
dell’abitare umano. La specificità dell’operare architettonico consiste nel
connettere i materiali esistenti, secondo relazioni comunicative in grado di
dare un senso alla forma dell’ambiente fisico. Il progetto, dal punto
di vista architettonico, è il modo con cui sono organizzati e fissati gli
elementi di un dato problema. Il progetto architettonico non è
architettura ma solo un insieme di simboli con i quali noi vogliamo fissare e
comunicare la nostra intenzione architettonica. La progettazione dovrà farsi sempre più precisa e razionale, collocarsi
in anticipo nel processo di produzione in vista del un futuro. Le tecniche di razionalizzazione, derivanti dalle esperienze
industriali, devono aiutare a capire il problema dell’esecuzione edilizia
attraverso le proposte settoriali derivanti dall’organizzazione industriale
della progettazione. Il rapporto tra progetto architettonico e ricerca
scientifia ha aspetti: la razionalizzazione dei metodi di produzione
progettuale da una parte, la scientifizzazione delle connessioni interne ed
esterne al progetto dall’altra. Si afferma così il concetto di modello.
Esso offre l’opportunità di stabilire relazioni finite in un contesto
fenomenico specifico, senza presentarsi come modello generale. Si presenta
come puro strumento progettuale ma ha una propria chiusura espressiva. Oggi
però ha assunto la qualità di comunicazione dell’oggetto formato. Il mezzo di
rappresentazione non è mai indifferente, esso fa parte dell’intenzione
progettuale. La forma architettonica di un fenomeno è il modo in cui le parti
si sono disposte. È a partire dalla figura che è rintracciabile il senso del
fenomeno, ricostruibile la sua totalità e pluralità. Nella coincidenza tra
ideologia e linguaggio nell’opera sta la possibilità di agire come architetti
e trasformare il mondo che ci circonda. Non è possibile rivoluzionare il
mondo solo con l’architettura ma è possibile rivoluzionare l’architettura, ed
è ciò che va fatto. Altro gruppo di problemi, affrontati a partire da un’idea di progetto
fondata sulla nozione di materiale, riguardano la storicità delle materie con
cui opera l’architettura. Tale storicità non sta nei confini delle
preesistenze ambientali. La problematica del materiale è l’unica condizione
possibile di azione concreta: i materiali sono quelli con cui è fatta la
nostra operazione architettonica. La fase progettuale si trasforma in un
processo di elaborazione alla scoperta dei materiali, nella ricerca delle
possibilità d’uso di ognuno di essi, nella scelta di una relazione
particolare che dà nuovi usi e significati alla combinazione di materiali
costituenti l’opera architettonica progettata. Il lavoro dell’architetto si
presenta come un lavoro di tramiti e rimandi, non di gesti diretti, egli
opera per rappresentazioni o convenzioni . Le materie con cui lavora sono
sistemi complessi ma rappresentano il solo modo con cui l’architettura si
realizza. Esiste però una materia generale, primaria, che tutte le comprende
e che può considerarsi la materia essenziale dell’architettura. È quella che
riconosciamo attraverso la sedimentazione storica della nostra disciplina.
Questa materia è definibile come la forma fisica dell’ambiente in funzione
dell’abitare umano. La materia del progettare architettonico può risultare tra tutte le
tecnologie possibili, come la materia materiale del mattone, del solaio e
quella della struttura della città che trascende tutti i fatti economici,
psicologici, sociali per farsi architettura. |
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GLOSSARIO |
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Morfologia
: successione di avvenimenti espressi in un concreto storico
volta a volta definito nello spazio.
(Canella) |
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Tipologia : aspetto categorico desunto da una particolare succesione. È la
sistematica che ricerca l’invariante
nella
morfologia. (Canella) |
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Invarianti
: punti immobili nel procedere della storia di un’epoca,
criteri secondo i quali classificare e, quindi, controllare gli attuali
processi architettonici. |
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Forma : un segno
preciso collocabile nella realtà, misura di un processo di trasformazione.
(Rossi) |
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Monumenti :
punti fissi della creazione umana, segni tangibili dell’azione della
ragione e della memoria collettiva. (Rossi) |
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Progetto : modo con cui
tentiamo di mettere in atto la soddisfazione di un nostro desiderio.
(Gregotti) |
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Modello : strumento
progettuale con una propria chiusura espressiva. (Gregotti) |