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autore

PETER RICE

 

titolo

L’IMMAGINAZIONE COSTRUTTIVA

 

editore

CHRISTIAN MARINOTTI EDIZIONI

 

luogo

MILANO

 

anno

1994 (prima edizione)

 

 

2012 (seconda edizione)

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

Titolo originale:  Peter Rice, An Engineer Imagines, Sylvia Rice, 1994

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: cop

Il libro, attraverso i progetti, i dettagli, le foto e i ricordi, sottolinea l’importanza di alcuni aspetti che hanno caratterizzato il lavoro dell’autore durante la sua vita: l’attenzione ai materiali, la potenzialità della tecnologia e il suo uso.

A partire dalle vele dell’Opera House di Sydney fino alla copertura dello stadio di Bari, l’autore ha voluto “comunicare le potenzialità illimitate che un ingegnere può avere nell’abbattere ogni frontiera nel mondo delle costruzioni”.

 

  

Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Francesca Galasso

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2012/2013

 

 

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Autore: Peter Rice

 

Peter Rice (Dublino, 16 giugno 1935 – Londra, 25 ottobre 1992) è stato un ingegnere strutturista irlandese.

Dopo aver frequentato la Queen's University a Belfast, si è perfezionato all'Imperial College di Londra.  Attivo a Londra presso lo studio Ove Arup and partners (dal 1956), ne assunse la direzione nel 1984.

In questo periodo ha lavorato a numerose opere con grandi architetti (tra cui Piano&Rogers, Norman Foster, Jorn Utzon e molti altri) utilizzando e sperimentando sempre nuovi materiali e nuove tipologie di strutture.

 

Peter Rice

 

Contenuto

Il libro comincia subito con la descrizione di uno dei progetti più importanti dell’autore: il Beaubourg. A partire da questo, insieme a molti altri progetti, si analizzano e si descrivono svariati aspetti fondamentali come i materiali e la struttura. Questi progetti sono accompagnati da svariati ricordi delle persone che hanno contribuito e con i quali l’autore aveva stretto una particolare amicizia, non solo dal punto di vista professionale.

Dopodiché si passa a descrivere accuratamente alcuni dei materiali che hanno contribuito a creare degli spunti di riflessione sul progetto, sulla definizione della forma, oltre che essere alla base di alcuni importanti progetti dell’autore: vetro, policarbonato, tessite tecnico, acciaio, pietra.

 

CAPITOLI

Capitolo 1 – Il Beaubourg

In questo primo capitolo, l’autore racconta tutti i fatti, le persone e le idee che hanno ruotato intorno al progetto del Beaubourg, chiamato oggi “Centre Pompidou”, in ricordo del presidente francese deceduto nel 1974, durante la realizzazione del progetto.

Aspetto fondamentale del progetto è l’utilizzo di un materiale inusule: l’acciaio fuso. Grazie alle sue proprietà, l’acciaio sembrava il modo migliore per spezzare la standardizzazione dei materiali. Proprio per questo motivo, gli elementi principali che compongono la stuttura ( in particolare la gerberette, elemento centrale di tutto il progetto) sono studiati in modo tale che ogni elemento sia indipendente da un altro, ma, allo stesso tempo, collaborino tra loro per fornire prestazioni elevate. L’obiettivo dei progettisti era quello di “creare un palazzo popolare della cultura in cui la gente comune non dovesse sentirti intimidita”.

  

Capitolo 2 – Gli anni verdi

Capitolo basato sui ricordi dell’autore della sua giovinezza. In una Irlanda della Seconda Guerra Mondiale, l’autore ricorda gli episodi che lo hanno portato a scegliere una strada diversa da quella dei suoi coetanei, la strada verso la professione dell’ingegnere. Ciò che lo ha spinto in particolar modo era quello di riuscire ad avere un pensiero culturale diverso da quello che lo circondava, in cui “la Chiesa […] era fonte di ogni idealismo e di ogni credenza”, in cui la matematica era fonte di timore e ignoranza. Partendo da questo presupposto, l’autore si lascia tutto alle spalle e decide di proseguire sulla sua strada.

  

Capitolo 3 - Sydney

Il capitolo racconta in particolar modo la definizione della forma della copertura che caratterizza la Sydney Opera House. A fianco di Jorn Utzon, spiega il graduale sviluppo delle soluzioni adottate per le volte a guscio.

A partire da una sola sfera, si definiscono le forme delle varie “vele” e il materiale per il loro rivestimento.

In particolare l’autore si rende conto che “sono i particolari che suscitano l’attenzione delle persone” e lavorare sui particolari è il principio della Sydney Opera House.

  

Capitolo 4 – L’uomo Ove Arup

Nel capitolo si racconta di Ove Arup, grandissimo ingegnere, che è diventato il personaggio centrale della vita dell’autore. In particolare si parla del suo pensiero, attraverso delle citazioni che puntano a definire la responsabilità dell’ingegnere (“[…] L’uomo ha vinto la battaglia contro la natura. Che ci piaccia o no, ora dobbiamo assumerci l’onere di amministrare questo territorio conquistato. […]”). Egli infatti, avendo la conoscenza adeguata riguardo alle tecnologie, dovrebbe essere il primo a sentirsi in dovere di “avvisarci di tutte le conseguenze dannose provocate delle nostre azioni”.

  

Capitolo 5 – Il ruolo dell’ingegnere

Capitolo principale di tutto il libro, espone con chiarezza le idee dell’autore.

Partendo dalla differenza che c’è tra un ingegnere e un architetto, in cui l’architetto risolverà i problemi di un progetto tramite delle considerazioni personali e l’ingegnere trasporterà quel problema in una scala oggettiva, comprende che ciò che distingue in particolar modo i due professionisti siano i concetti di “creazione e invenzione”. Per l’opinione pubblica, l’ingegnere non concepisce tali concetti e quindi non potrà mai produrre nulla di innovativo.

Ovviamente questa concezione è sbagliata, ma questo sottolinea il fatto che gli ingegneri non hanno una loro identità e non vengono riconosciuti come “responsabili di quelli che hanno progettato”.

Come far emergere il ruolo dell’ingegnere? Attraverso l’utilizzo delle sue conoscenze sui materiali e sulle strutture, l’ingegnere può aiutare l’architetto a trovare delle soluzioni per ottenere “una maggiore qualità dell’opera che si vuole costruire”. La conoscenza dei materiali dovrà essere alla base della sua educazione in modo tale che egli possa diventare innovativo.

Da qui, prendono piede i tre concetti principali alla base del pensiero dell’autore: invenzione, innovazione e creatività. L’ingegnere deve puntare a essere innovativo e anche creativo, in modo tale che non sia solo quello che “fa stare in piedi le case”, ma che diventi un punto di riferimento e che il suo ruolo sia finalmente riconosciuto.

 

   

Capitolo 6 – Jean Prouvè

Un altro capitolo in cui compare un personaggio molto importante per l’autore: Jean Prouvè. Il suo pensiero è alla base di quello dell’autore. Infatti Rice, riprende alcuni dei concetti vissti nei capitoli precedenti (il ruolo dell’ingengere, la sua responsabilità, i particolari costruttivi, la semplicità) e fa capire come i loro due pensieri siano molto vicini.

“[…] sono tutti aspetti che mettono in evidenza quanto il pensiero progettuale dell’ingegnere sia libero da ogni pregiudizio e quanto sia capace di analizzare i problemi nella loro concretezza e, nello stesso tempo, di inventare una soluzione semplice quanto ovvia“.

   

Capitolo 7 – Menil

Il progetto descritto in questo capitolo riguarda un lavoro fatto con Renzo Piano per il progetto del museo Menil.

In particolare viene preso in considerazione il problema della luce. L’intento era quello di creare una copertura che non andasse a oscurare le opere d’arte presenti all’interno del museo, ma che ne esaltasse la bellezza. Così la soluzione di creare una copertura a “persiane” (chiamate successivamente “foglie”) in ferrocemento, con elementi separati da utilizzare come parte inferiore di una trave a traliccio in modo tale che funzionassero come dei frangisole. Tramite metodi computerizzati, si definì una giusta forma cosicchè l’ambiente interno avesse una giusta intensità luminosa.

Ancora in questo capitolo si sottolineano l’importanza dei particolari costruttivi, che esaltano l’elemento stesso.

 

Capitolo 8 – Il tessile tecnico

Primo capitolo che parla dei materiali con i quali l’autore ha lavorato.

L’obiettivo principale dell’utilizzo del materiale tessile era quello di definire i fattori che permettevano di ottenere efficienti forme strutturali. Attraverso l’uso di software adeguati, questo problema non fu mai considerato tale. Attraverso lo studio di uno dei suoi progetti (l’ingresso al giardino dell’officina Schlumberger, a Montrouge), l’autore spiega come siano fondamentali alcuni accorgimenti nell’uso di un materiale come quello tessile e che questo non deve essere pensato come materiale di copertura, ma come vero e proprio materiale da costruzione, solo così si può comprendere la bellezza e la funzionalità.

   

Capitolo 9 – Vetro e policarbonato

Attraverso la spiegazione di due progetti (le Grandes Serres al parco de La Villette, a Parigi e il padiglione itinerante IBM) l’autore vuole esaltare le caratteristiche di due materiali che esaltano la “non materialità” della struttura: il vetro per il primo progetto, il policarbonato per il secondo.

L’uso di questi materiali, non derivava solamente da un concept progettuale, ma anche dalle loro proprietà meccaniche e fisiche.

  

Capitolo 10 – I particolari costruttivi: acciaio al Beaubourg, cemento armato ai Loyd’s

Il capitolo è incentrato sulla descrizione dei particolari costruttivi e delle caratteristiche dei materiali alla base di due importanti progetti: l’acciaio del Beaubourg a Parigi e il cemento armato nei Loyd’s a Londra. Nonostante le differenze che ci sono tra i due materiali (non solo dal punto di vista delle loro proprietà meccaniche, ma anche visive) l’autore evidenzia come essi “fanno la stessa cosa in due modi differenti”.

Entrambi gli edifici lavorano sulla “enfatizzazione dei giunti” e sulla “distinzione degli elementi”: nel Beaubourg attraverso la colonna e la gerberette e nei Loyd’s attraverso la colonna e una mensola. La differenza sostanziale tra i due particolari costruttivi sta nella loro realizzazione: nella prima gli elementi sono fabbricati in modo distinto e poi messi in opera attraverso dei giunti, nella seconda, gli elementi sono gettati in opera, a più riprese,  ponendo il problema del “controllo della qualità”.

   

Capitolo 11 – La pietra: il padiglione del futuro a Siviglia

Ultimo capitolo che descrive i materiali, l’autore racconta i fatti avvenuti per la progettazione e la realizzazione del Padiglione del Futuro a Siviglia, per l’Expo del 1992. In particolare, Rice descrive tutto le fasi della progettazione: dalla definizione dell’idea di base, alla scelta del materiale, alla definizione della forma e dei dettagli costruttivi, fino alla messa in opera.

L’idea alla base è quella di voler creare un “paravento”, che si rifacesse alle rovine di un acquedotto, motivo fondante la scelta della pietra (in particolare granito) come materiale di base. Attraverso lo studio delle proprietà del granito, la messa a punto di una struttura solida ed efficiente e la definizione di particolari costruttivi “innovativi”, l’autore procede alla messa in opera del padiglione, sottolineando che questa innovazione non è altro che “lo sviluppo di idee esistenti, e nasceva dal fatto che tali idee fossero pertinenti e applicabili alle strutture” che stavano studiando.

Importante riflessione è quella sul coraggio: “Ma il coraggio di iniziare è essenziale, com’è essenziale la fiducia incrollabile nella propria capacità di risolvere ogni nuovo problema che si dovesse presentare.”

  

Capitolo 12 – Il critico e il fotografo

Il capitolo parla della fotografia per la rappresentazione delle opere. Senza tralasciare la fotografia “come forma d’arte e come mezzo per esplorare la reatà”, Rice mette in discussione il suo ruolo in quanto essa sopprime la natura tridimensionale dell’opera e dei suoi materiali. Secondo l’autore la fotografia è una “forma di tirannia” nei confronti dell’archiettura, in quanto essa può rappresentare uno speciale punto di vista, che non rende giustizia all’edificio e ai suoi dettagli.

Una tale riflessione deve essere tenuta in considerazione dal “critico” di architettura, che ha la responsabilità di raccontare il progetto al pubblico e di far vedere con più chiarezza la “realtà delle costruzioni”.

 

Capitolo 13 – Lavorare con l’industria

Piccolo capitolo che parla del ruolo dell’industria nella società e come essa influenzi non sono l’ambito delle costruzioni, ma tutto ciò che ci circonda. L’importanza del settore industriale sta nella produzione di elementi prefabbricati e nell’utilizzo di macchinari sempre più sofisticati nella produzione dell’opera. Tutto questo annulla il contributo alla costruzioni degli edifici dell’artigiano, che ormai è quasi del tutto sparito.

Un esempio di società basata interamente sulle costruzioni derivanti dall’industria è quella giapponese: “Visitando il Giappone si ha la sensazione che l’industria delle costruzioni non sia soggetta ad alcun controllo e che le costruzioni siano un prodotto della moda […]”.

Capitolo 14 – L’esperienza Fiat

In questo capitolo, Rice racconta la sua esperienza alla Fiat con Renzo Piano.

Anche se per un breve periodo, i due vennero chiamati come supporto esterno per un nuovo prototipo di automobile, nonostante nessuno dei due si fosse mai avvicinato a un progetto simile. Entrambi lavorarono per il miglioramento delle prestazioni dei diversi componenti del prototipo, creando così una nuova tipologia di vettura chiamata dagli ingegneri Fiat “casa sulle ruote”.

Purtroppo questa fu una piccola parentesi, in quanto l’azienda non aveva bisogno di un vero e proprio progetto. Questo atteggiamento difensivo non viene condiviso da Rice, in quanto esso “rende i cambiamenti difficili”, “tali cambiamenti potranno avvenire solo per effetto di nuove regole”, che in realtà non verranno mai introdotte. Tutto questo blocca il processo creativo che dovrebbe essere presente per ogni tipo di elemento fabbricato da un’industria e che, in realtà, per motivi politici ed economici, viene standardizzato.

 

Capitolo 15 – Il comportamento del camaleonte

Secondo capitolo che mette in luce la responsabilità di un ingegnere rispetto al lavoro dell’architetto. Il titolo del capitolo evidenzia il discorso su cui esso è incentrato. L’autore, sempre attraverso la spiegazione di due diversi progetti molto diversi tra loro, analizza come l’ingegnere non cambi il suo approccio ai problemi che gli si pongono.

I due progetti analizzati sono: Les Serres a La Villette (progettato con Adrien Fainsilber) e Les Galeries sempre a La Villette (progettato con Bernard Tschumi). Rice sottolinea i differenti approcci che gli architetti hanno avuto nei confronti dei progetti, come essi richedevaoìno una “capacità inventiva e di innovazione” per l’ingegnere.

 

Capitolo 16 – Il teatro della Luna Piena

Nel capitolo viene spiegato l’ultimo progetto del libro: il Teatro della Luna Piena a Gourgoubès. Questo teatro, illuminato soltanto dai riflessi della luna, è nato dalla voglia degli artisti di allontanarsi dall’inquinamento e dalle tensioni della città. Questo è il motivo che spinge l’autore a progettare un qualcosa che conservi una dimensione naturale, “senza turbare la spiritualità del luogo”. Grazie all’utilizzo di grandi riflettori, costituiti dapprima da legno e vetro riflettente e, successivamente, da un’intelaiatura in acciaio e plastica riflettente, la natura del luogo non venne “manomessa”, anche se molti problemi non sono stati ancora risolti: il vento, prima di tutto, e il movimento dei riflettori stessi. La soluzione a questi problemi è molto difficile da trovare, perché qualcosa di troppo tecnologico entrerebbe in contraddizione con il luogo e questo non può essere assolutamente possibile.

Ma come sottolinea Rice, questo è un progetto “della durata di mille vite”, un progetto che “può andare avanti solo molto lentamente, perché solo così lo si può fare”.

 

Capitolo 17 – Architettura in movimento

Ultimo capitolo del libro, non racconta i dettagli tecnici di edifici o di materiali. Esattamente come nel secondo capitolo “Gli anni verdi”, l’autore racconta di se stesso, di una passione: la corsa dei cavalli. Questo perché egli mette in relazione il movimento che può avere un cavallo durante una corsa, con il dinamismo che si crea durante la costruzione di un edificio. Una metafora che prende forma: i cavalli devono essere guidati con grande sensibilità e consapevolezza e il fantini hanno la capacità di influire sull’andamento del cavallo attraverso la sensibilità delle loro mani. Esattamente come un ingegnere fa con un edificio.

“E’ una grande fortuna essere presente all’arrivo di un grande cavallo. Ed è un gran piacere”.

Epilogo

Il libro si chiude con una poesia di Robert Frost e con una sfida, che assomiglia a una promessa: “Non resta che una sfida da raccogliere, disegnare una macchina flessibile come un cavallo”.