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autore

FRANCO PURINI

 

titolo

COMPORRE L’ARCHITETTURA

 

editore

EDITORI LATERZA

 

luogo

MACERATA

 

anno

2005

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

Titolo originale: Franco Purini, Comporre l’architettura, Editori Laterza 2000

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Cambiamenti e permanenze all’interno della composizione architettonica: le recenti trasformazioni in essa indotte dalla tecnologia digitale, da una cultura dell’immagine sempre più totale e pervasiva e da una globalizzazione che produce la crisi delle identità locali, si confrontano con quanto continua a restare sostanzialmente invariato in un’attività la cui durata coincide con quella della storia umana.

  

Giudizio Complessivo: 9 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Lucrezia Castagnoli

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

 

 

 

Autore Franco Purini

Ha studiato architettura a Roma con Ludovico Quaroni laureandosi nel 1971 e frequentando assiduamente gli ambienti degli artisti Franco Libertucci, Achille Perilli e Lorenzo Taiuti. Dopo un primo periodo di lavoro con Maurizio Sacripanti e Vittorio Gregotti, dal 1969, principalmente presso le università di Firenze e di Cosenza, Purini ha partecipato al laboratorio di progettazione "Belice '80" e, dopo un breve periodo di insegnamento a Reggio Calabria e a Roma, è diventato docente presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Dal 2003 insegna presso la Facoltà di Architettura della Sapienza di Roma. Per i meriti conseguiti nell'ambito della sua attività professionale e teorica, è stato eletto Accademico Corrispondente dall'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.                                            Data al 1966 l'inizio di una lunga collaborazione a Roma con la moglie Laura Thermes, con cui parteciperà sia alla Biennale di Venezia che alla Triennale di Milano. Nel 1980 è infatti uno degli architetti chiamati da Paolo Portoghesi alla Biennale di Venezia per partecipare all'installazione "Strada Novissima", che diverrà manifesto dell'Architettura postmoderna.                  I suoi progetti sono densi di linee, rimandi, campiture, e le sue strutture riecheggiano di razionalismo e tradizione classica, con chiare citazioni di Maurizio Sacripanti e Giovan Battista Piranesi, che rimandano a suggestioni di carattere metafisico[1].

 

Contenuto

Comporre architetture significa gestire un sistema complesso di variabili funzionali, simboliche, rappresentative e produttive. Dato il suo carattere composito, non è possibile parlare di regole per la composizione. Si potrebbe parlare piuttosto di scelte, ma è meglio parlare di idee-strumento a metà tra il concettuale e l'operativo, tra teoria e pratica. Questo libro affronta tutte le questioni legate all'esercizio compositivo: dai vincoli funzionali di un edificio alle intenzioni formali di chi progetta, dalle richieste della committenza al rispetto degli ordinamenti legislativi.

 

CAPITOLI

Capitoli 1-4– Costatazioni

Oggi è molto più facile che nel passato, anche quello recente, conoscere le architetture. L’architetto contemporaneo, sulla base di ciò che ha visto di persona, può costruirsi un personale, ideale museo. Un museo costituito da edifici d’affezione dei quali ha potuto apprezzare da vicino la loro capacità di costruire il luogo e di costituirsi come sequenza significativa di materiali e di spazi.

L’esperiena diretta di una pluralità di edifici può sembrare erroneamente sostitutiva di uno studio della loro struttura; inoltre l’eccesso di informazione, unito alla velocità con la quale si susseguono le novità, può annulare quella distanza critica che chi compone deve interporre sempre tra il suo lavoro e gli eventi che in qualche modo lo coinvolgono. L’esito è alla fine la rinuncia a continuare nella comprensione di eventi che si succedono. C’è inoltre da aggiungere che questa vastissima informazione non riguarda in realtà tutto i contesti culturali ma quelli più forti, con il risultato che l’opera di grandi architetti, è conosciuta molto meno di quanto meriterebbe, c’è comunque da riconoscere che questa informazione ampia e tempestiva costituisce un nuovo universalismo architettonico.

 

Pensare a lungo serve aorganizzare i dati funzionali e le intenzioni formali in sintesi efficaci. Il disegno, che consentirà alle scelte architettoniche di manifestarsi pienamente, superando l’allusività che esse presentano nel puro pensiero e nel discorso verbale, interverrà subito dopo, e il suo ruolo sarà determinante. Solo se si impara a restringere il campo tematico, lavorando per anni sugli stessi problemi, è possibile ottenere risultati di una certa validità. Per questo il talento naturale è spesso un ostacolo. Chi per fortuna ne è dotato deve in qualche modo rifiutarlo, anzi distruggerlo. Se si osserva con attenzione la parabola creativa dei grandi sovveritori degli ordini compositivi dominanti, è facile costatare come essi abbiano agito lasciando pochissimo spazio all’improvvisazione anche quando le loro soluzioni appaiono essere nate di getto, già del tutto compiute. Molto spesso si rivolge alla pratica compositiva degli architetti l’accusa di albitrarietà. In verità l’arbitrio sembra rispondere a una sua profonda esigenza solo quando esso cerca non l’inconsueto, lo sconcertanteo il bizzaro quanto il brutto. Il brutto è un messaggero del nuovo.

L’architettura è un’arte difficile fatta di elementi facili. E’ difficile perché il suo argomento è l’intero mondo dell’abitare, vale a dire , il sistema delle relazioni che l’uomo stabilisce con la terra.

L’architettura è facile perché:

·       Ciascuna persona, in quanto abitante, è naturalmente architetto

·       Gli strumenti che costituiscono il mestiere dell’architetto sono pochi e di uso relativamente agevole

·       Nel suo lavoro l’architetto è guidato, e in molti casi fin troppo condizionato, dalla committenza e dagli ordinamenti legislativi

 

Epoca dopo epoca emergono nuovi valori che a volte si sommano a quelli in precedenza individuati, a volte li contraddicono, a volte ancora li sostituiscono. Questa vita dell’opera d’arte va contro una sua visione storicistica che la ancori in modo definitivo al periodo in cui vide la luce e all’aspetto che essa doveva avere allora. Ovviamente l’architettura partecipa in maniera integrale di questa condizione dinamica dell’arte, ponendo a chiunque la interroghi deomande sempre diverse.

Componendo un’architettura occorre tener presente che questa ha tre livelli di significato:

·       Piano della referzialità diretta, esprime i contenuti più evidenti dell’opera, dalla sua funzione, dalla sua conformazione generale e dall’apparato dei suoi particolari costruttivi e decorativi.

·       Piano allegorico simbolico, gli elementi della composizione non sono presenti solo come tali, ma sono il tramite di contenuti altri, esprimendo i sentimenti permanenti che l’abitare suscita e anche le nuove aspettative da esso generate.

·       Piano autonomo, in architettura i valori puramente formali riguardano la luce, i volumi, le tessiture metriche, le proporzioni, gli spazi esterni interni.

L’architetto non ha bisogno di cercare la profondità del significato perchiè gli elementi che entrano nella composizione anche quando sembrano del tutto nuovi, sono portatori di valori.

 

  

Capitoli 5-6 – L’idea di progetto, la modernità, le prospettive attuali

La componente utopistica e modellistica dell’architettura moderna, è stata neutralizzata a favore di atteggiamenti più circonstanziati e specifici; categorie centrali come quelle di morfologia, di tecnologia, di tipologia si sono disarticolate in una disseminazione tematica diventando più ipotetiche, accettando in qualche misura la contraddizione, cercando il proprio limite. Le coppie antagoniste città-campagna, centro-periferia hanno visto sovrapporsi i due termini in una reciproca compenetrazione di entità concettuali e di procedure istruttive.                   

Il progetto del corpo si configura come un campo sperimentale estremo nel quale la genetica, la medicina l’elettronica e l’arte propongono scenari radicali che per la prima volta esautorano convinzioni valide da millenni.

A fronte della caduta delle certezze teoriche e programmatiche che hanno sostenuto la cultura moderna del progetto si pone da più parti il problema di una nuova eticità dell’architettura. Alcuni pensano che questa rinnovata coscienza morale debba riposare sulla capacità dell’architetto di interpretare e spesso anticipare la domanda sociale a favore di una superiore oggettività della scrittura in grado di fare propria l’impersonalità trasformando l’anonimato in valore.

Ciò che conta non è più la fisicità degli oggetti, la concretezza dei fatti, quanto il loro significato.

L’architettura è parte delle profonde mutazioni del pianeta. Essa non può limitarsi ad assecondarle, dando loro una forma architettonica. Deve fare di più, anticipando per quanto è possibile le trasformazioni economiche, sociali e cultuali che si stanno avvicendando con velocità sempre maggiore.

 

Capitoli  7-12- Conoscere per comporre

Per pensare, disegnare, costruire l’architettura occorre conoscerla, conoscerla significa prima di tutto abitarla percorrerla per cogliere il dipanarsi delle sue trame spaziali nel loro dilatarsi o comprimersi, per apprezzare i valori visivo/tattili dei suoi materiali.

Senza uno studio dell’edificio per mezzo delle piante, delle sezioni, l’architetto non potrà mai pervenire a quella sapienza metrica  che è una delle basi del suo mestiere. Ciò che per lui è invece necessario comprendere in termini compositivi è la natura dei temi che compaiono in forma diversa in tutte le epoche dell’architettura proponendosi in arie e differenti declinazioni. Sapere che tutto è stato già fatto non è un limite all’invenzione ma una sua fondamentale premessa. Conoscere molti edifici obbliga a una sfida, vale a dire costringe a riscrivere in modo totalmente rinnovato quelle che sono per certi versi strutture permanenti del significato.

 

La storia ha cosparso il pianeta di opere millenarie e secolari ma oggi l’equazione architettura-lunga durata non è più valida. La vocazione all’effimero si pone in evidente e drammatica contraddizione con la sostanza moderna dell’idea di progetto, emblema di una leggendaria stabilità concettuale. Rendersi conto di questa opposizione e soprattutto darvi una forma è una delle più ambite poste in gioco dell’esercizio compositivo.

 

Sarebbe sicuramente errato sostenere che l’analisi non sia essenziale, ma è altrettanto sbagliato presumere che il momento analitico sia separato dalla fase ideativa e che debba precederla con una sua mitizzata e spesso complicata procedura. In verità nel processo compositivo niente precede qualcosa: tutto è simultaneo.

 

Il problema centrale dell’architettura è quello di convogliare tutte le motivazioni che la fano necessaria, tutti i materiali che essa coinvolge nel suo farsi e tutti gli strumenti che la producono sul tema della costruzione. Ma costruire non significa costruire tanto per costuire né solo costruire bene, quanto dare al costruire un snso che lo trascenda in un atto non solo tecnico ma eminentemente artistico. Un muro senza una modanatura, un segno, un’accensione materica non è architettura.

 

Architettura è arte della ripetizione. Per comprensibili ragioni di economia una costruzione è infatti caratterizzata dall’impiego di caratteri seriali. Dovendosi replicare più volte lo stesso oggetto, questo non può essere troppo autonomo rispetto agli altri, in quanto parte di un sistema.In altre parole l’individualità di una parte componente deve subordinarsi all’insieme, ovvero all’individualità del tutto. Per questo motivo nessun elemento può essere super disegnato, se è seriale, a meno che non si voglia proprio esprimere attraverso il contrasto la sua ribellione nei confronti degli altri componenti.

Nella modernità la via del contrasto si è affermata come uno degli strumenti compositivi più efficaci. Le coppie dialettiche pesante/leggero, opaco/trasarente, retto/curvo segnano la scrittura architettonica moderna.

 

Comporre un edificio comporta sempre un dialogo  serrato e prolungato, che acquista a volte i caratteri di un confronto antagonistico con una serie di preesistenze che entrano nella composizione determinandone in maniera sensibile gli esiti. Il nuvo che incorpora il preesistente e questo che quasi aveva previsto gli interventi successivi generano una terza entità. Si tratta di un’ibridazione delle due prime che retroagendo su di esse forma un triangolo semantico.

Il progetto di architettura avviene in tre fasi:

·       Riconoscere l’esistente

·       Appropiarsi di esso tramite un processo empatico

·       Produzione di differenze, ovvero nel conferire all’esistente riconosciuto e fatto prorpio il segno di una nuova identità

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Capitoli  13-17 - Progetto

Qualsiasi impresa umana necessità di un progetto. Perché un progetto sia realizzato occorre che in questo arco temporale le domande alle quali esso deve rispondere non mutino, e infine che il consenso intorno agli obbiettivi del progetto rimanga invariato.

 

Il progetto, assieme ai disegni che lo compongono, può assumere un valore autonomo di opera, a volte di opera d’arte, inidpendentemente dalla sua realizzazione. Esiste dunque un significato del progetto che non viene messo in crisi se al progetto stesso non segue la sua realizzazione. Questa inoltre, non è in alcun modo la verifica della sua validità, ma un elemento indipendente dalla qualità con la quale esso è formulato. Si determina così una contraddizione- essere il prgetto e insieme opera compiuta- che attraversa positivamente, ma in qualche caso drammaticamente, l’intera storia dell’architettura.

 

Alla domanda se sia possibile costuire sena un progetto occore rispondere di si. S può costruire ricollegandosi ad una tradizione tecnica, identificando l’azione costruttiva con una funzione biologica associata la flusso esistenziale.

Le connesioni tra le parti sono precarie e l’effetto finale è quello di un elenco di componenti.

In conclusione la necessità del progetto non può essere negata né superata. I fautori dell’architettura senza architetti vedono nel progetto uno strumento sostanzialmente auoritario, ma questa visione pecca di un estremismo populistico e di eccessiva propensione per il pittoresco, per l’anarchia espressiva, per una romantica inclinazione al difforme e all’irregolare.

 

 

 

 

 

A partire dall’inizio del segmento, i primi due centimetri costituiranno il tempo che va dalla prima idea alla stesura del progetto. Il quinto centimetro coinciderà con il completamento della costuzione. Segue poi l’ingresso del maufatto nella sua vita piena. Da quella fase in poi si succederanno una serie di modificazioni che cambieranno, a volte sostanzialmente, la struttura e a volte anche l’impianto linguistico del manufatto, questo periodo va dai 5 centimentri almeno ai novanta. Dai novanta centimetri ai 100 l’edificio ha ormai esaurito il suo ruolo attivo ma non il suo ciclo biologico. Questo si compirà solo quando, alla fine del segmento, esso sarà ridotto ad una rovina.

 

Il progetto è destinato a permanere nell’opera come il suo visibile modello ideale, una sua forma concettuale assoluta che, rispetto alla singolarità della realizzazione, indicherà sempre la derivazione dell’edificio da una proiezione più chiara che lo trascende, e di cui l’edificio stesso è solo una delle possibili manifestazioni. Il progetto non si estingue nell’opera ma vuole proporsi soprattutto come la chiave interpretativa dell’architettura cui ha dato luogo, come il suo paradigma, il suo schema di comportamento, il suo segreto.

 

 

Capitolo 18-22- La specificità del costruire in architettura

Non è  l’aspetto costruttivo in senso assoluto che connota l’architettura la quale, come si è già detto, è costruzione. La categoria che sembra rendere tale l’architettura è piuttosto il radicamento nella terra costruzione stessa, la sua fissità in un punto preciso dello spazio.

Una costruzione ben progettata è un piccolo universo-molto spesso è proprio un modello dell’universo- governato da un principio di superiore e conomia e caratterizzato da una dipendenza reciproca degli elementi che lo costituiscono.

 

L’architettura, facendo parte delle città, cerca essa stessa i suoi osservatori. La sua lettura non è dunque quasi mai frutto di una scelta, avvenendo per di più in una condizione distratta. Appartenendo ad una scena urbana che occupa non richiesta il campo visivo di chi percorre la città, l’architettura è obbligata a non sovrapporre a questa sua naturale invadenza una eccessiva aggressività visiva.

 

Essendo l’architettura un utensile, a rigore solo il suo uso dovrebbe consentirne la comprensione. In realtà esiste un altro piano di lettura di un edificio, il quale non contempla necessariamente l’esperienza delle sue dimensioni funzionali. Un'esperieza però, che è sempre auspicabile e, per il compositore, necessaria. Tale piano di lettura concerne la presa d’atto della organizzazione tettonica, tipologica, spaziale del mannufatto, del manufatto, dei suoi valori materici, della luce che lo descrive e dell’eventuale decorazione che ne commenta le menbrature.

 

Un’opera architettonica si propone come l’oggetto di un’esperienza estetica schematicamente articolata in 3 fasi distinte e successive:

·       La prima riguarda un arco che va dalla relazione dell’edificio con il paesaggio ai valori volumetrici, visivo-tattili, plastico-spaziali, decorativi.

Esistono 3 modi di concepire il significato della luce in architettura:

1.     Il primo si potrebbe ricondurre ad un uso emozionale delle fonti luminose ed è tipico dell’architettura barocca.

2.     Il secondo modo può essere chiamato analitico e concerne la funzione della luce in quanto rivelatrice del ruolo che gli elementi della composizione giocano.

3.     IL terzo modo si può definire ontologico, la luce crea una vera e propria fondazione dell’oggetto che viene quindi non solo rivelato ma costruito, una luce che rende estatico l’estetico.

·       La seconda fase dell’esperienza concerne l’impressione di essere di essere avvolti, di essere contenuti, come se l’ampliarsi e il restringersi dello spazio potessero produrre una condizione di appagamento estetico.

·       La terza fase dell’esperienza estetica di un manufatto è la più vicina alla sua costituzione interna. Poggiarsi è l’atto primario e unico che l’edificio deve compiere, e poggiarsi bene, consapevolmente e durevolmente, anche se la costruzione sopravviverà poco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

Capitoli 23-31 – La forma dell’architettura

La forma architettonica si dà sostanzialmente in due modi, quello apollineo dell’ordine e l’opposto dionisiaco del disordine. Ordine e disordine non comportano scelte progettuali diverse per quanto riguarda le difficoltà compositive. Entrambi richiedono un attento calcolo e una accorta pianificazione delle scelte formali.

Ordine e disordine richiedono entrambi la freddezza del comporre, prevedono tutti e due una distanza dall’effetto immediato, un’azione temperante assidua e illuminata. Nelle forme complesse l’occhio trova due rappresentazioni, quella dell’infinito, di cui è emblema la ripetuta stratificazione dei segni, apparentemente insondabile,e quella del tempo, reso metaforicamente dal tempo di lettura richiesto dalla stessa struttura dell’immagine perchè essa sia percorsa e decifrata. Allo stesso modo bisogna fare in modo che l’occhio non si faccia ingannare dall’apparente facilità con la quale le composizione ordinate si offrono alla visione; esse amano celare sotto un aspetto fermo e composto un gioco di perturbazioni, le quali movimentano la disposizione degli elementi in un insieme nervoso e instabile.

LA PRECISIONE: Quella architettonica è una precisione imprecisa, è in grado di produrre costantemente nuovi significati. Per questo essa non può restringersi negli orizzonti di una precisione scientifica. Questa precisione imprecisa riguarda anche altri aspetti di un edificio, primo fra tutti quello tipologico. In altre parole qualsiasi edificio destinato ad una certa funzione non è mai utilizzabile in realtà solo per quella, ma può accoglliere tutti quegli usi che si rivelano compatibili con la dimensione degli spazi e con la rete dei percorsi verticali e orizzontali di distrubuzione. E’ quindi lecito per queste ragioni parlare di una indifferenza negli usi rispetto ad una determinata configurazione spaziale. Anche questa capacità di oscillazione funzionale fa parte di quella precisione imprecisa di cui si è detto.

LA MISURAZIONE: Come la musica anche l’architettura possiede una metrica. Tali ritmi si definiscono per mezzo della misurazione. La misurazione consente di ottenere un coordinamento dimensionale degli elementi della costruzione. Si invera, al livello più elevato, attraverso quello che Le Corbusier ha chiamato il tracè règulateur.

Si tratta di un reticolo modulare che garantisce una significativa relazione tra le parti e il tutto. La composizione modulare permette di ottenere una notevole corrispondenza metrica tra gli elementi dell’edificio, con il risultato di una percepibile coerenza dell’insieme. Il ricorso a reticoli modulari è uno dei pochi strumenti in grado di educare veramente l’occhio, aiutandolo in qualche modo a divenire un’occhio assoluto capace di misurare a prima vista membrature e superfici. L’economia si tratta di una condizione per la quale gli elementi di una composizione si fanno reciprocamente condizione assoluta per la loro stessa esistenza in una combinazione magnetica di attarazione e di distanziamento, e in una condizione per la quale quel cenrto elemento non può che essere quello e non può che occupare per punto dello spazio.

LA TECNICA: Il fatto che la tecnica possa oggi realizzare tutto non significa che tutto debba essere realizzato. La tecnica non è di per sè etica è etico il suo uso. Allo stesso modo essa non è direttamente estetica, ma nello stesso tempo nessun progetto estetico può esistere senza di essa. La tecnica va sempre chiamata in causa insieme alle altre componenti dell’azione compositiva.

MATERIE E MATERIALI: Nell’architettura non esistono materie ma soo materiali. Essi sono il risultato di un lavoro fatto sulle materie naturali. Di fatto non esiste in natura il vetro, nè il profilato di ferro. Questa artificialità può produrre valori visivo/tattili analoghi a quelli espressi dai materiali naturali, così come può invece orientarsi verso il conferimento alle parti componenti una costruzione di un aspetto totalmente alieno. Si determina così una connessione fondamentale che lega l’aspetto visivo/tattile di una materia al suo comportamento come materiale e alla forma che questo riceverà a seguito della sua trasformazione. I materiali si offrono alla vista attraverso alla loro superficie che può essere trattata in molti modi.

LA RAPPRESENTAZIONE: Rappresentare un progetto significa rendere evidente un’assenza, esso va interrogato e decodificato, perchè è di per sè un’interpretazione e quindi, necessariamente, una distorsione del vero e, forse, una sua falsificazione. Per certi versi la rappresentazione sostituisce una cosa mancante, costituendone un surrogato, proponendosi come una realtà virtuale che mette in scena ciò che dovrà essere costruito, per l’altro è una realtà essa stessa. La rappresentazione comporta la dupplicazione dell’opera di architettura in un’opera autonoma. La rappresentazione istituisce un luogo superiore del significato che conserva e alimenta il valore di un edificio, ponendosi come un atto testimoniale nel quale si consolida e si stabilizza la ragione della sua esistenza.

LO SCAVO: Attraverso la discesa verso gli spessori profondi del suolo l’edificio che sta per sorgere cerca l’energia eterna di ciò che è nascosto, è fermo immutabile. Lo scavo è dunque un attp sacrp che si pone come un evento distruttivoda risarcire, l’impronta visibile di ciò che sta per nascere da esso.

   

Capitoli 32-34 – Il disegno

Gli oggetti vanno rilevati e trasferiti attraverso la notazione grafica, tradotti in un sistema di segni disposti su un supporto bidimensiole gli oggetti diventano in qualche modo più visibili se non addirittura più veri.

La linea è un dispositivo separatore che segna le zone di contatto dei corpi, rappresentandone anche il confine.

I taccuini di Le Corbusier allineano migliaia di disegni che nel loro insieme rappresentano una classificazione del mondo. Il disegno deve interrogarsi sulle cose distinguendole nella loro identità, scomponendole nelle loro parti per poi ricomporla in un nuovo ordine.

 

La capacità di fornire un’immagine fortemente realistica del risultato del processo compositivo distingue il disegno anche da altre forme di previsione progettuale.

 

Alcuni pensano che la scoperta del disegno digitale possa rappresentare per l’architettura l’analogo di ciò che significò nel 1400 l’invenzione della prospettiva. Esso assicura infatti una rilevante oggettività della rappresentazione, il cui livello di codificazione è elevato, ma nello stesso tempo lascia ampi spazi a un’interpretazione soggettiva che favorisce senza dubbio la ricerca di nuove forme e di nuovi spazi. Occorre comunque ricordare che la rappresentazione computerizzata difficilmente potrà sostituire quel momento iniziale del processo ideativo di un’architettura.

 

Capitoli 35-50- Lo sguardo dell’architetto

Lo sguardo dell’architetto sul mondo si esercita in tre modi:

·       C’è una visione a lunga distanza nella quale l’architettura si dissolve nel paesaggio, solo i grandi tracciati si rendono realmente presenti insieme a qualche infrastruttura notevol.

·       La visione a media distanza è quella che accetta l’umanizzazione della scena nativa

·       Lo sguardo ravvicinato, una modalità di osservazione del mondo in grado di cogliere la totalità dell’oggetto.

 

Disegnare e costruire un edificio significa produrre un’intersezione tra la volontà del manufatto di autodeterminarsi, di crescere libero da qualsiasi condizionamento. In definitiva si può affermare che qualsiasi edificio aspira ad una forma perfetta come risultato naturale; tuttavia accade spesso che questa forma perfetta non possa essere raggiunta a causa delle particolarità dell’area su cui essa deve sorgere.

LA LUCE

Pensando alla luce l’architetto deve tener presente la differenza profonda tra la luce esterna, che modella il volume, e la luce interna, che da vita agli spazi che il volume stesso racchiude. Oltre alla luce naturale esiste da tempo la luce artificiale, con l’utilizzazione dell’energia elettrica il mondo intermedio tra oscurità e luce è somparso. Al suo posto è subentrata una illuminazione forte e ferma, che rivela con esattezza la conformazione e la tessitura degli ambienti.

 

La luce è diretta o indiretta. Chi si aggira in un edificio può vedere la fonte luminosa o trovarsi immerso in un chiarore omogeneo la cui origine è nascosta.

 

La luce è anche oscurità, esclusione, terrore. La luce dunque non solo rivela e costruisce ma esclude e decostruisce.

Il passaggio graduale dalla luce al buio, un trascorrere che tornisce magnificamente i volumi disegnandoli nello spazio con perfetta evidenza plastica, costituisce una delle più convincenti dimostrazioni dell’idea di continuità.

 

LO SPAZIO

 

L’architetto deve sviluppare una sensibilità acuta per la comprensione del sistema dei recinti che organizzano lo spazio.

Gli oggetti architettonici sono nello spazio e contengono lo spazio. Nella composizione il vuoto conta come un pieno, un pieno trasparente composto da volumi virtuali compenetrati.

Dal punto di vista strutturale lo spazio si articola in due modelli contrapposti:

·       Il primo deriva dalla griglia tridimensionale che materializza l’impianto prospettico

·       Il secondo non prevede schemi regolatori ma si basa sulla semplice contrapposizione di volumi autonomi.

 

Se in architettura i modelli strutturali dello spazio sono due, i suoi tipi  possono essere schematicamente ridotti a quattro:

1.     Spazialità panottica consiste in un sistema di volumi, di vuoti e di strutture che si fa attraversare dallo sguardo in ogni punto

2.     Spazialità analitica riguarda sostanzialmente il ruolo logico/tettonico che gli elementi svolgono nella costruzione del volume

3.     Spazialità psichica riguarda il ruolo degli elementi non visivi, ma evocativi e simbolici, che contribuiscono a definire un carattere determinato dello spazio

4.     Spazialità virtuale si esplica sia nell’universo mediatico sottoforma della realtà virtuale sia in quello fisico come plusvalore concettuale espresso dagli elementi che danno vita a un’architettura.

 

Guardando un edificio dall’esterno e poi entrando in esso si ha quasi sempre l’impressione che l’inteno sia più grande di quanto ci si sarebbe aspettato. Questa impressione deriva probabilmente dal fatto che l’esterno si dà nello spazio aperto.

 

La decorazione è una delle dimensioni del costruire che trasformano la tettonica in architettura, questo risultato si può ottenere in modi diversi, ad esempio attraverso la luce e il colore, gli elementi costitutivi della costruzione e nell’uso del materiale e nel suo trattamento. Un altro modo per attribuire a una costruzione il necessario decoro va identificato nella sovrapposizione alle sue membrature di superfici rivestitr a mosaico o dipinte.

L’edificio può essere definito come una società di materiali sui quali è stato fatto un lavoro onde predisporli ad un legame stabile.

 

 

   

Capitoli 51-52 –Le idee strumento

·       La prima idea strumento è quella dell’asse. Un sistema di assi si può presentare come un semplice reticolo regolare, equipotenziale, o può assumere una configurazione più articolata e complessa, basata sulla convergenza di più assi in un punto. Lungo le rette già tracciate si innestano altre assialità, con la regola che queste trasversali debbano essere ortogonali, almeno in una percentuale consistente. Solo l’ortogonalità dà infatti l’impressione visiva di un incastro capace di tenuta. Punnti e aree di convergenza vanno intesi come poli. Qualsiasi composizione si configura così come un rapporto tra assi e centri, ovvero tra percorsi e luoghi di arrivo e di sosta.

·       I poli, o luoghi di arrivo e di sosta sono la seconda idea strumento, costituiscono il trasferimento simbolico della casa.

·       La terza è quella di area . Con questo termine si deve intendere sia la porzione del terreno sulla quale sorgerà l’edificio, sia l’insieme delle relazioni che attorno a quella semplice superficie si sono stabilite da tempo. Sono le nozioni di sito, di luogo, di ambiente, di contesto.

Con la parola sito si indica quell’insieme di caratteri geomorfologici, climatici, idrici, vegetazionali che identificano ciascun punto della terra come un’entità unica. Per chi compone l’architettura la comprensione del sito è fondamentale perchè in esso è già potenzialmente inscritta, se si sa leggerla, l’architettura che lo trasformerà in un luogo.

Il luogo, al quale si è affiancato da poco il suo opposto, il non luogo, è il sito più la storia.

Se l’idea di luogo si rivolge ai contenuti identitari di una parte del mondo, ovvero privilegia le differenza che la rendono riconoscibile rispetto ad altre parti della superficie terrestre, quella di ambiente mette in evidenza i caratteri comuni di un sistema abitativo

·       Il contesto riguarda non tanto la costituzione fisica di un intorno quanto le relazioni funzionali, visuali, figurative tra gli elementi che lo compongono.

·       La stanza prospettica vuole indicare la presenza di na composizioen architettonica di un certo numero di cellule tridimensionali. Nel loro susseguirsi queste stanze negano la prospettiva di derivazione rinascimentale, al suo posto una serie di immagine parziali, legate da un percorso.

·       La distanza limite si tratta di quella particolare distanza che separando i corpi entro una certa soglia fa scattare fra di essei un’attrazione magnetica che li rende necessari l’uno all’altro.

·       Territorio delle forme, i volumi non finiscono dove ile superfici che li delimitano incontrano il vuoto. Essi sono circondati da un’aura, ovvero da una vibrazione che si diffonde nello spazio circostante a causa dell’esistenza di questo involucro virtuale.

·       Gerarchia, riguarda le relazioni tra gli elementi della composizione, vuole indicare semplicemente la distinzione dei ruoli assunti dalle varie parti di un sistema formale

·       Regione, si tratta di comprendere che qualsiasi spazio è suddiviso in più regioni e che queste regioni sono delimitate da margini che possono presentare una struttura e un’intensità diverse.