BIBLIOTECA CONDIVISA   

> ELENCO LIBRI

 

 

 

Descrizione: 41akhwMD6nL

 

autore

ANTONIO MONESTIROLI

 

titolo

LA METOPA E IL TRIGLIFO – NOVE LEZIONI DI ARCITETTURA

 

editore

EDITORI LATERZA

 

luogo

BARI

 

anno

2002

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

Titolo originale: Antonio Monestiroli, La Metopa e il Triglifo – nove lezioni di architettura, Edizioni Laterza, 2002

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: 41akhwMD6nL

Il libro si compone come raccolta di nove saggi che trattano di argomenti legati alla definizione di una teoria dell’architettura. Le diverse lezioni si propongono di trattare tematiche fondamentali quali l’esperienza classica, la definizione di architettura, il rapporto tra decorazione e ornamento, la questione del metodo, la forma della città e lo stile passando attraverso l’esempio di importanti esponenti dell’architettura moderna e dell’esperienza dell’autore stesso.

 

  

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Gabriella Bolognesi

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2014/2015

 

 

Descrizione: Antonio_Monestiroli

Autore Antonio Molestiroli

 

Antonio Monestiroli, nato a Milano nel 1940, si è laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 1965 con Franco Albini. Inizia la professione con Paolo Rizzatto che diventerà uno dei più importanti designer italiani. Dal 1968 al 1972 è stato assistente e collaboratore di Aldo Rossi. Dal 1970 ha insegnato Composizione architettonica alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e dal 1997 alla facoltà di Architettura Civile. Ha insegnato alla Facoltà di Architettura dell'Università "G. d'Annunzio" di Chieti/Pescara e allo all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV). Nel 1979 è stato Visiting Professor alla Syracuse University a New York, nel 2004 al Dipartimento di Architettura della Delft University of Techology. Dal 1988 al 1994 è stato Direttore del Dipartimento di Progettazione dell'Architettura del Politecnico di Milano. Dal 1987 è membro del Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in Composizione architettonica con sede allo IUAV di Venezia. Dal 2000 al 2008 è stato Preside della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Dal 2007 insegna Teorie dell’architettura contemporanea presso la stessa Facoltà. Dal 1999 è Accademico di San Luca. Nel 2010 gli è stata conferita la Laurea Honoris Causa dal Politecnico di Cracovia. Dal 2011 è Professore Emerito di Composizione Architettonica al Politecnico di Milano.

Antonio Monestiroli

 

Contenuto

Il libro si divide in nove capitoli, ognuno dei quali fa riferimento a lezioni tenute in diversi corsi di architettura. Gli argomenti trattati sono distinti, ma complementari per la definizione di una teoria dell’architettura. Partendo da lezioni più generali riguardo il significato dell’architettura e le definizioni che diversi autori ne hanno dato nel corso del tempo approfondisce nei capitoli successivi il discorso del metodo. Ogni lezione è dedicata ad un tema: dalla definizione dello stile, al dibattito tra storicisti e tecnicisti, alla costruzione della città, fino alla distinzione tra due concetti spesso confusi, l’ornamento e il decoro.

 

CAPITOLI

Lezione 1 – Continuità dell’esperienza classica

L’autore introduce l’esperienza classica come punto di partenza per la definizione di una teoria della progettazione.

Non è mai stato costruito un sistema teorico alternativo all’esperienza classica, ci si è limitati a contestarla o rinnovarne gli assunti nel corso del tempo. L’architettura classica è sempre realista, in quanto si basa sulla rappresentazione del reale, e ha come obiettivo l’intelligibilità delle forme, su cui definisce un sistema di norme.

Le norme dell’architettura classica riguardamo : il rapporto tra città e architettura e la questione della tipologia edilizia, la questione della costruzione, le regole del linguaggio.

L’aspirazione al tipo riconosce ad ogni genere di edificio una propria identità rappresentata con elementi fissi e ripetuti, appunto tipizzati:

La questione della costruzione definisce le regole del buon costruire;

Le regole del linguaggio si basano sulla ricerca della forma appropriata alla costruzione e a tutti i suoi elementi.

  

Lezione 2 – Otto definizioni di architettura

La definizione di architettura è legata all’idea di architettura e ne contiene una teoria: comprende i suoi obiettivi e i suoi metod e ne definisce i mezzi propri.

L’autore propone la definizione di architettura data da importanti autori:

Vitruvio definisce l’architettura una scienza divisa tra pratica e teoria, quest’ultima si basa su principi che regolano i caratteri distributivi degi edifici e i rapporti tra forma e destinazione, inoltre l’edificio deve essere rappresentativo della sua identità,

per Boullèe è portare una costruzione qualsiasi alla sua perfezione. La forma, definita dal rapporto tra le parti, è rappresentativa del carattere degli edifici, a sua volta riferito alla loro destinazione;

per Le Corbusier il fine dell’architettura è commuovere, si tratta quindi di un arte di cui il volume è la forma elementare “… il gioco sapiente, corretto, magnifico dei volumi sotto la luce del sole”;

Adolf Loos nell’architettura la forma deve essere rappresentativa della sua destinazione, così come riconosciamo la sepoltura di un uomo in un tumulo di determinate proporzioni;

Schelling, Hegel e Lukacs riconducono l’architettura al rapporto tra la forma e il suo significato, inoltre Schelling definisce l’architettura come metafora della costruzione, rappresentazione dell’atto costruttivo;

per Mies Van Der Rohe si tratta di chiarezza costruttiva portata alla sua espressione esatta.

  

Capitolo 3 – Questioni di metodo

L’architettura non è scindibile dalla cultura del tempo e contribuisce ad ampliarla.

L’autore individua 5 punti fondamentali sul metodo:

 

-        La conoscenza del tema: l’architettura deve conoscere la cultura cui appartiene;

-        Rapporto con il luogo: l’architettura si deve inserire in un luogo dato a  priori con cui instaurerà un rapporto, si può trattare di un luogo naturale o urbano;

-        Tipo edilizio: deriva dall’aspirazione alla generalità e ripetibilità di caratteri determinati, dalla volontà di definire relazioni stabili tra le parti di un edificio che contengano e rivelino un valore duraturo per una determinata cultura dell’abitare; si basa sul tema e sui caratteri del luogo;

-        Atto costruttivo: legato al carattere dell’edificio, nella modernità l’avanzamento tecnologico ha spesso costituito un limite all’architettura  causa della confusione tra le forme tecniche che assolvono una mera funzione pratica, con il valore dell’opera;

-        Decoro: ricerca delle forme convenienti in grado di tradurre le forme tecniche in forme architettoniche.

  

Capitolo 4 – Le forme e il tempo. L’esempio di Mies

L’obiettivo cui Mies rivolge la sua attenzione è la definizione di un architettura propria del suo tempo.

La funzione determina il passaggio dalla vita alle forme, quanto più questa sarà considerata in generale quanto più ci si avvicinerà alla conoscenza cui dobbiamo dare una forma e di cui la forma sarà evocativa.

La questione principale viene individuata nella conoscenza della città e della natura e del rapporto che instaurano con la costruzione.

Mies indivisua tre tipi principali: la casa bassa, la casa alta e l’aula che assolvono a funzioni differenti e si distinguono per il diverso rapporto con il suolo.

Gli elementi di cui si compone la casa sono il tetto e il recinto, attraverso di essi si instaura il rapporto con il pasaggio e si definisce la loro identità.

Gli edifici pubblici vengono realizzati secondo un tipo ad aula perché rappresentatvo della funzione collettiva.

Lezione 5 – Costruire la città

La città può essere intesa come opera d’arte in quanto rappresentativa di una cultura dell’abitare, non è l’apposizione di infrastrutture tecnologiche redivanti da necessità, ma luogo di relazione.

Alla fine dell’ottocento, attraverso i saggi di Sitte, Howard e Stubben, viene rivendicato il valore estetico dei luoghi urbani, definendo una’alterntiva alla città ottocentesca.

I Cambiamenti nella concezione dello spazio urbano, maturati nel corso del novecento riguardano:

-        il rapporto tra città e natura: la natura diventa il contesto di costruzione della città, obbligando ad una teoria degli spazi aperti in cui la natura intesse le relazioni tra gli elementi urbani;

-        nuove parti elementari: all’isolato che si affaccia sulla strada si sostituisce l’idea dell’unità residenziale circondata dalla natua come elemento fondamentale della città;

-        città policentrica: l’espansione incontrollata delle città, mancanti di un adeguato piano di coordinamento di espansione, ha prodotto nel novecento estese periferie in cui è stata condensata una prevalenza di funzioni residenzial, risultando quindi quasi totalmente privatizzate. Contemporaneamente i luoghi di aggregazione e i servizi pubblici sono rimasti nella parte storica della città e questo a prodotto un forte senso di estraniemento all’interno della città stessa. Creando nuoni centri urbani, dotati di funzioni pubbliche e  commerciali nel tessuto quasi totalemente privatizzato della periferia si creano nuove relazioni tra le unità residenziali incrementando la vita collettiva;

-        Le infrastrutture saranno fondamentali nel congiungere i nuovi centri dotati di funzioni collettive e collegheranno inoltre le unità residenziali circondate dal verde;

-        La piazza riassume valore come elemento rappresentativo, si prsenta secondo due modelli: quello dell’agorà, una piazza chiusa e limitata da edifici, e acropoli, il cui spazio è definito dalle relazioni degli edifici prospiscenti e si configura come un luogo natutare all’interno della città.

 

   

Lezione 6 – La metopa e il triglifo. Rapporto tra costruzione e decoro nel progetto di architettura

Il rapporto tra sistema costruzione e carattere dell’edificio ha da sempre costituito un problema: il sistema costruttivo deve infatti stabilire un rapporto tra tipo edilizio e decoro per stabilire una forma architettinica.

Nella storia dell’architettura è sempre stato possibile distinguere tra il decoro, essenziale per definire le forme dell’architettura e l’ornamento, semplice apposizione la cui mancanza non causerebba una mancanza di senso nell’opera.

Nella capanna primitiva si coglie la corrispondenza tra sistema trilitico e tipo edilizio.

La caanna diviene tempio quando è affrontato il problema formale dei suoi elementi costruttivi: la forma prima è una forma tecnica, ovvero priva di una funzione estetica; diventa forma architettonica con l’individuazione degli elementi della costruzione.

Auguste Choisy distingue per analizzare l’architettura antica la suddivide in: tipo, che comprende i caratteri generali, costruzione, che comprende materiali e tecniche, decorazione, ovvero la forma propria degli elementi.

Quatremere de Quincy distingue la decorazione in: ornamentale, se non necessaria e che costituisce un sstema formale secondario (corrisponde in questo caso all’ornamento); allegorica, quando prende il senso di iscrizione con lo scopo di raccontare una storia (simile alla precedente, che però si basava solo sul principio di varietà); analogica, se riferita alla natura della costruzione, coincide in questo caso con la forma di ientificazione degli elementi.

Nell’architettura moderna la semplificazione delle forme porta alla perdita dell’ornamento, a non della decorazione che si ritrova nel proporzionamento delle parti.

Nel confronto tra gli ordini classici si riconosce come la proporzione delle parti determini un diverso carattere degli elementi.

Nel rinascimento prevale il sistema murario cui coincide una ricerca tipologica, la pianta centrale, ma mancano le forme adatte a rappresentare l’atto costruttivo: per questo si ricorre ad una decorazione, che potremmo definire analogica, che consistev nell’apposizione del sistema trilitico a quello murario.

Nell’architettura delle cattedrali si applicano nuove tecniche che si distinguono dai modi di costruire precedenti: si nega la gravità delle murature e la partizione di colonne-trabeazione-arco, il tutto diventa un elemento continuo sagomato secondo la necessità statica dei carichi. In questo caso la’atto costruttivo coincide con la forma rappresentativa, togliendo gli ornamenti l’architettura mantiene la sua perfetta unità.

Durante l’illuminismo si riparte a studiare i metodi costruttivi per determinarne la forma e il proporzionamento più adatto.

Nell’ottocento il dibattito si divide tra storiciti, che utilizzano nuovi sistemi costruttivi utilizzando le forme classiche, e tecnicisti, che non ricercano la forma adatta alle nuove tecniche costruttive facendo coincidere la forma architettonica con quella tecnica.

Grazie alle esperienze di Schinkel, Loos e succcessivi architetti del novecento si è potuto risolvere, almeno in parte, questa dicotomia, arrivando a definire forme più appropriate per i nuovi elementi

Così Le Corbusier ha sperimentato sulle strtture in cemento armato, così Mies Var Der Rohe è arrivato a definire una forma stabile per il pilastro in acciaio dettata da ragioni tecniche ed espressive.

 

 

Lezione 7 – Cinque note sullo stile

Questa lezione non fa riferimento all’architettura, ma all’arte in generale, si pone come obiettivo la definizione dello stile in cinque note:

1.     Stile è la creazione di un ideale in cui si riconosce l’oggetto di imitazione, ma anche la sua idealizzazione;

2.     Lo stile si raggiunge quando ci si accorda sulla forma rispondente, ad esempio la colonna che esplica l’atto del sorreggere;

3.     Lo stile è raggiungibile tramite una forma generale o astratta in cui però la particolarità dei fenomeni si rena riconoscibile;

4.     L’ordine nell’arte è necessario in quanto è condizione di riconoscibilità delle forme. Può essere di due tipi: un ordine esterno alla natura delle cose che crea condizioni alla ricerca, o, al contrario, un ordine che risula dalla conoscenza della natura delle cose e della forma appropriata alla sua rappresentazione;

5.     L’obiettivo  in architettura è lunità tra costruzione, tradizione e natura.

   

Lezione 8 – Il tetto e il recinto. Descrizione di alcuni miei progetti

L’autore pesenta alcuni suoi progetti relativi ad edifici collettiv o  parti di città con cui si propone di presentare un metodo di lavoro.

Tra gli edifici presentati: asilo a Segrate (1972), Teatro di Udine (1974).

Durante i primi passi verso il progetto è risultato importante capire il senso di cui si sta cercando la forma, ovvero definirne l’identità. Per il progetto dell’asilo l’architetto paragona l’asilo ad una casa riprendendo la distinzione degli elementi operata da Mies Van Der Rohe: un tetto e un recinto.

L’achitetto definisce l’architettura un sapere storico e condiviso in cui ogni oggetto si presenta con una form ben definita nella nostra mente  perché appartiene a quella forma storicamente. Tuttavia le forme possono essere assunte solo i una continua rielaborazione tra forma e identità.

  

Lezione 9 – La forma disunita. Sei architetti del Novecento

Nell’architettura classica l’unità dei riferimenti lla atura, alla tecnica e alla storia è forte e inscindibile, tuttavia nel novecento ha perso questa sua unità.

Natura e tecnica sono due mondi che, nel presente, ci consentono di agire sulle forme del passato per modificarle e renderle moderne.

La separazione dei mondi formali di riferimento prende avvio nell’ottocento, quando l’architettura sabilisce un rapporto con le forme tecniche,da una parte e con le forme dell’accademismo classicista, dall’altra. Successivaente Le Corbusier ha studiato le forme naturali e le ha assunte come riferimento alle sue forme plastiche; Mies Van Der Rohe ha prestato grande attenzione alle forme della costruzione, le forme tecniche, Loos ha misurato il suo linguaggio sulle forme storiche dell’architettura.

L’autore propone  come possibile considerare il naturalismo di Frank Gehry il risultato estremo della ricerca aperta da Le Corbusier o le strutture di Norman Foster come la riduzione tecnicista di alcune forme diMies Van Der Rohe, o ancora Aldo Rossi come prosecutore della ricerca di Adolf Loos.