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Descrizione: copertina libro

autore

Carlos Martì Arìs

 

titolo

Le variazioni dell’identità - Il tipo in architettura

 

editore

CittàStudi

 

luogo

Barcellona

 

anno

1996

 

 

 

 

lingua

Italiano

 

 

 

 

Titolo originale: Le variazioni dell’identità - Il tipo in architettura

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: copertina libro

Il libro affronta il difficile tema del Tipo in architettura.

Brevemente, il tipo non viene inteso come un semplice meccanismo di riproduzione, bensì come una struttura della forma capace di molteplici sviluppi. La volontà di ampliare una costruzione teorica concorda con una concezione più generale dell’attività conoscitiva secondo la quale solo il collegamento con l’esperienza precedente crea possibilità di progresso.

 

  

Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Riccardo Delogu

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

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Autore Carlos Martì Arìs

Carlos Martì Arìs è nato a Barcellona nel 1948. È un architetto i cui interessi spaziano dalle arti figurative, alla musica e alla letteratura. Svolge attività didattica e lavorativa presso la sua città natale, dove prende la cattedra di Composizione presso la Escuela de Arquitectura de Barcelona.

È stato vicedirettore della rivista 2C Construccione la Ciudad dal momento della sua fondazione e adesso è Direttore della collana Arquithesis.

Ha sviluppato un’ampia riflessione teorica attraverso numerosi articoli e conferenze ed è autore di vari libri. I suoi progetti, invece, elaborati con l’architetto Antonio Armesto, sono stati pubblicati in numerose riviste spagnole e internazionali.

Carlos Martì Arìs

 

Contenuto

Partendo dall’idea base di tipo in architettura, l’autore va delineando tutti gli aspetti da prendere in considerazione per dare una propria definizione.

Il miglior modo per farlo è associare il tipo con l’idea di forma strutturale e grazie a questa contestualizzarlo nei vari campi per finire sempre a quello artistico.

Per l’autore il tipo sta nella riproduzione variata di un determinato schema progettuale e per definire ciò si basa su più riferimenti dalla storia dell’architettura accumunati da un determinato tipo, sino a giungere al periodo moderno, dove la concezione del tipo viene vista in maniera differente rispetto al passato.

 

CAPITOLI

Capitolo I – L’idea di tipo come fondamento epistemologico dell’architettura

Un enunciato logico sulla forma

La definizione di tipo è solo un nucleo che contiene innumerevoli linee di sviluppo; non ha quindi un carattere finale o conclusivo, ma al contrario iniziale o esplorativo.

Un tipo architettonico è un enunciato che descrive una struttura formale:

-        è di natura concettuale, non ogettuale;

-        comporta una descrizione attraverso la quale è possibile riconoscere gli oggetti che lo costituiscono;

-        si riferisce alla struttura formale: parliamo di tipi dal momento in cui riconosciamo l’esistenza delle similitudini strutturali tra oggetti architettonici.

 

Tipo e storicità

Se il tipo preesiste alle opere nelle quali si manifesta, da dove sorge? Se è soltanto qualcosa che deriva a posteriori dall’esperienza di queste opere, com’è possibile attribuirgli un ruolo decisivo nella costruzione dell’architettura?

 

La dimensione conoscitiva dell’architettura

Si riconoscono tre grandi categorie di concetti universali riferiti all’architettura:

-        gli elementi o parti dell’edificio intesi come elementi materiali che implicano un procedimento costruttivo mediante la cui combinazione o assemblaggio si forma l’edificio;

-        le relazioni formali tra questi elementi o parti, cioè concetti che appartengono ad una disciplina più ampia che possiamo denominare morfologia;

-        i tipi architettonici, cioè tutti quei concetti che alludono ad una struttura, ad un’idea organizzativa della forma che riporta gli elementi dell’architettura verso un ordine riconoscibile.

  

Capitolo II - Permanenza e trasformazione dei tipi

Incroci tipologici

I tipi non si chiudono in compartimenti stagni, ma si intrecciano tra di loro favorendo la proliferazione degli oggetti.

L’analisi tipologica non deve limitarsi a quegli esempi canonici che forniscono la rappresentazione dell’idea di tipo, bensì deve includere tutta la gamma di varianti e di combinazioni in cui diverse idee tipologiche si confrontano e si intrecciano.

Un esempio è Santa Sofia, felice risultato della sovrapposizione e della mutua fecondazione di due tipi differenti, rappresentati dalla basilica di Massenzio e dal Pantheon di Adriano. Tutto in questo edificio sembra essere il riflesso di un gioco dialettico di idee contrapposte che, con la loro azione simultanea, compongono una sorta di polifonia, in cui diversi motivi si sviluppano in una autonomia controllata, ordendo una trama di influenze di diversa intensità e di effetti contrapposti che procedono articolandosi per ricomporsi infine in un’armonia superiore.

 

La forma e la sua utilità

Il senso della forma non si esaurisce nel soddisfacimento di una funzione, ma la ingloba e la supera, acquistando una sua propria autonomia.

La forma che costituisce il tipo non è astratta, asettica, estranea ai problemi pratici o libera dalla contaminazione con la realtà, bensì lo studio tipologico, rivolgendosi alle forme ricorrendi dell’architettura, la considera manifestazioni dei modi di vita e della relazione dell’uomo con il suo ambiente; vale a dire che analizza la forma architettonica nella sua autonomia, cercando nello stesso tempo di comprendere i legami che questa stabilisce con la società e la cultura intese in senso lato.

Aldo Rossi mette in discussione quella concezione del funzionalismo secondo cui le funzioni riassumono la forma e costituiscono univocamente il fatto urbano e l’architettura. Un tale concetto di funzione, improntato sulla fisiologia, assimila la forma a un organo per cui le funzioni sono quelle che giustificano la sua formazione e il suo sviluppo e le alterazioni della funzione implicano un’alterazione della forma.

Il senso affidato alla parola forma è più vicino a quello che essa assume nella metafisica, dove si oppone alla materia, essendo questa ciò con cui si costruiscono le cose e la forma ciò che determina la materia affinchè le cose siano quelle che sono.

 

Tipo e luogo

Senza ripetizione è difficile parlare di tipo, ma questo non può generare ripetizioni senza differenza.

Yago Bonet affermava che “ogni luogo è sacro perché è unico in rapporto all’universo”. Così l’architettura, quando intraprende la costruzione di un luogo, deduce da esso u suoi caratteri specifici.

  

Capitolo III – Tipo e struttura

Critica all’approccio semiotico

Carlos Martì Arìs formula l’ipotesi che tipo e struttura sono termini equivalenti sul piano epistemologico, ma nota, tuttavia, che la maggior parte dei tentativi di approccio all’analisi architettonica hanno preso le mosse di studi attintenti alla semiotica, percorrendo traiettorie che non presentano alcun punto di contatto con gli studi tipologici.

La semiotica può essere definita come la scienza generale di tutti i sistemi di comunicazione. Pertanto la pretesa di apllicare a qualsiasi fenomeno sociale e culturale gli strumenti metodologici della semiotica deve fondarsi sul carattere comunicativo di detti fenomeni, che, in molti casi, è lungi dall’essere dimostrato.

L’errore di fondo in cui l’apptoccio semiotico è spesso caduto consiste nel postulare che tutta la realtà strutturata sia tale in quanto trasmette un significato, mentre esistono realtà che presentano invece una struttura prevalentemente sintattica, che mancano perciò di una componente semantica vera e propria.

 

Il concetto di trasformazione in architettura

La struttura è una totalità non riducibile alla somma delle sue componenti. Parliamo di struttura in riferimento a un insieme di elementi che non sono indipendenti tra loro, bensì relazionati secondo forme diverse di articolazione, compenetrazione, solidarietà, grazie alle quali l’insieme cessa di essere una mera somma disgregata di parti e acquisisce una specifica coesione interna.

Jean Piaget ha definito la struttura come “un sistema di trasformazioni che comporta delle leggi in quanto sistema e che conserva o si arricchisce grazie al gioco stesso delle sue trasformazioni, senza che queste conducano fuori dalle sue frontiere o facciano appello a elementi esterni.

Parlando di sistema di trasformazioni si sottolinea il fatto che la struttura non è qualcosa di statico, inerte, chiuso in se stesso, ma in realtà in perpetua formazione interessata da processi generativi capaci di incorporare nella struttura nuove componenti, che la arricchiscono e la ampliano. Affermare che queste trasformazioni non conducono la struttura fuori dalle sue frontiere equivale a dire che nella struttura è in atto un meccanismo di autoregolazione che assicura il mantenimento delle leggi e delle proprietà che la caratterizzano.

 

Gli elementi e il tutto

Jean-Nicolas-Louis Durand pone l’accento sulla composizionecome strumento del progetto, aprendo la strada alla possibilità di una progettazione meno precostituita, che non obbedisca al determinismo del modello, ma risulti dalla combinazione adeguata delle parti e degli elementi che compongono il repertorio dell’architettura.

Durand si propone la definizione di un metodo che consenta di elaborare con facilità e con successo il progetto di qualsiasi edificio. Questo consiste in:

-        scelta adeguata degli elementi;

-        formazione delle diverse parti dell’edificio mediante la connessione degli elementi;

-        combinazione di dette parti.

Così l’edificio sorge come combinazione e sommatoria degli elementi che lo costistuiscono.

La composizione pone nelle mani dell’architetto il processo di produzione dell’architettura, e quest’ultima termina di essere il riflesso di quei tipi lontani ed ideali che popolavano sino allora la mente degli architetti, per divenire il risultato dell’applicazione ai programmi del rigore metodologico.

  

Capitolo IV - La nozione di tipo nell’architettura moderna

Monolitico versus scomponibile
Al carattere monolitico dell’architettura tradizionale si contrappone la dimensione analitica, scomponibile, di quella moderna, in cui il progetto risulta dalla sovrapposizione e dal reciproco coordinamento dei diversi sottosistemi.

Mentre nela villa Malcontenta di Palladio la forma tipologica tende a determinare tutte le componenti sottomettendole ad un ordine statico, nella villa Stein di Le Corbusier la forma tipologica opera come un dispositivo che libera strategie diverse, persino conflittuali, attraverso le quali l’edificio raggiunge un equilibrio dinamico.

 

Mies in chiave tipologica

Nell’opera di Mies l’architettura è vista come un mondo di forme che assorbono in sé ogni questione utilitaria. Mies persegue principalmente l’esattezza e la precisione dell’architettura intesa come costruzione formale, nel presupposto che il soddisfacimento delle esigenze utilitarie scaturisca come conseguenza da quelle.

Per Mies la tecnica ha la funzione di filtrare gli aspetti soggettivi e di indirizzare il progetto verso la soluzione più chiara e congruente, garantendo l’accordo dell’architettura con i suoi principi universali. La tecnica non è per lui un fine in sé, ma un mezzo per ottenerela forma architettonica.

L’architettura di Mies tende sempre alla chiarezza e alla generalità del tipo. Ma questo non è assunto come un a priori a cui obbedire, bensì è il risultato di un lento processo. La sua concezione tipologica lo spinge ad affrontare le questioni particolari con lo stesso atteggiamento conoscitivo con cui affronta quelle generali.

Il suo pensiero tipologico ci insegna che l’equilibrio può essere inteso solo come stato transitorio, come punto di partenza per nuovi tentativi, come base per ulteriori avventure.

 

Il tipo e la sua trasgressione

Una serie tipologica è un insieme di esempi che si riferiscono alla stessa struttura formale e si costituiscono mediante operazioni di trasformazione di esempi precedenti.

Ogni trasgressione ha come referente qualcosa di già prefissato, nel nostro caso una struttura formale, e suppone una trasformazione di questa struttura che non ne metta in discussione l’identità e la riconoscibilità. Altrimenti non si potrebbe parlare di trasgressione, ma, se mai, di scomparsa e di sostituzione. Si nota allora come, paradossalmente, il tipo si conservi proprio grazie alla sua trasgressione.

 

Una risposta alternativa tra storicismo e sperimentalismo

Nei riguardi del materiale storico dell’architettura esistono due atteggiamenti sbagliati: ignorarlo, considerandolo qualcosa di estraneo ai nostri interessi, oppure assumerlo alla lettera, ripetendo meccanicamente i suoi caratteri particolari, che sono precisamente quelli che lo vincolano al passato e lo rimandano a determinate situazioni storiche superate. Il primo atteggiamento induce a separare l’architettura dalla sua propria storia e ad assimilarla a un costante ripartire da zero, tanto arrogante quanto illusorio. Il secondo atteggiamento, riducendo l’architettura alla sua parodia, come se questa fosse una mera scenografia senza connessione con i problemi reali, non serve a illuminarci sul suo significato.

L’approccio tipologico apre le porte della storia all’azione del pensiero analogico, convertendola così in un vasto territorio di referenti, dei quali si nutre il progetto. Questo consiste dunque nella manipolazione e nella trasformazione di questo sistema di referenti che costituisce il materiale di base dell’architettura.

Le opere architettoniche si rimandano le une alle altre e, in questo gioco di corrispondenze, si forma la nozione di tipo. Tuttavia il tipo non si identifica con nessuna delle sue materializzazioni, bensì con il principio logico che le ingloba.

   

GLOSSARIO

Tipo – struttura della forma, capace di sviluppi molteplici.

Tipo architettonico – si definisce per la presenza di un’invariante formale che si manifesta in esempi diversi e si situa a livello della struttura profonda della forma.

Architettura – si assimila a tutte le forme dell’attività umana basate sulla possibilità di comunicare la conoscenza e di esercitare una riflessione sull’esperienza precedente che la prolunghi e la rinnovi.