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Descrizione: cop

 

 

autore

JACQUES GUBLER

 

titolo

Motion, émotions      Architettura, movimento e percezione

 

editore

CHRISTIAN MARINOTTI

 

luogo

MILANO

 

anno

2014

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: cop

Il libro definisce i vari aspetti che riguardano la percezione dell’architettura in movimento. Partendo dalla camminata, mezzo proprio dell’uomo, viene descritta l’architettura per come è sempre stata concepita. Si passa a parlare dei nuovi mezzi come il treno e l’aereo, e del modo in cui hanno influenzato la progettazione architettonica negli ultimi duecento anni. Non mancano digressioni su aspetti storici, economici e sociali che hanno determinato la storia dell’uomo e dell’edilizia sin dalle origini dell’architettura, nonché riferimenti ai grandi pensatori e filosofi, testimoni dei cambiamenti che hanno portato alla società odierna.

 

 

  

Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Ferdinando Aprile

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

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Autore Jacques Gubler

 

Jacques Gubler (Nyon, 1940), storico dell’arte, è stato allievo e assistente di Enrico Castelnuovo. Dottorato all’Università di Losanna, studia all’University of Pennsylvania e al Politecnico di Zurigo. È professore emerito al Politecnico di Losanna e all’Accademia di Architettura di Mendrisio. Studioso delle avanguardie internazionali, con sguardo acuto e mai scontato sulla modernità e non solo, si è principalmente occupato di architettura attraverso articoli, cataloghi e monografie sull’architettura di Viollet-le-Duc, Sartoris, De Kninck, Tschumi e Baines, sulla storia urbana di La Chaux-de-Fonds, Aranchon, Newark e sulla storia del cemento armato in Svizzera.

Jacques Gubler

 

CAPITOLI

Capitolo INote sulle camminata e l’architettura del suolo

Come influisce lo spostamento a piedi sulla percezione dell’architettura? Isoliamo due sistemi complementari: i meccanismi percettivi e l’architettura.

La camminata

Secondo Kant coesistono i mondi della camminata e della Ragione; sempre secondo il filosofo, uno studioso non può astenersi dallo stare da solo, e il miglior modo per dedicarsi al pensiero in solitudine è la camminata, in modo da non distrarsi ponendo l’attenzione su singoli oggetti. Anche Rousseau esalta i vantaggi dell’attività fisica: conoscere il proprio corpo vuol dire istituire unità di misura per lo più universali (la lunghezza di un passo, l’ampiezza di un palmo) grazie alle quali comprendere il mondo.

Il corpo come veicolo

Distinguiamo il tema del voyage da quello della camminata. Come dice Sterne, non c’è nulla di più sgradito ad un viaggiatore di un’immensa pianura davanti a sé, di cui puoi solo dire che è incantevole e nient’altro. Anche all’interno del voyage distinguiamo più predisposizioni d’animo: Goethe le chiama autopsie architettoniche, ovvero le impressioni. Nel suo libro la critica alle ville barocche di Bagheria è durissima, mentre Giplin, ne Il viaggio pittoresco, associa il viaggio all’amusement, il divertimento, e per lui le ville siciliane sono motivo di gioia.

I wanderjahre di Sullivan e Wright

I giochi di infanzia dei due architetti non sono altro che metafore del loro modo di intendere l’architettura. Come in un romanzo, Wright ci descrive uno zio che insegna a suo nipote a passeggiare in campagna. In un primo momento il bambino segue lo zio mano nella mano. Successivamente, meravigliato da ciò che ha intorno, sfila la mano dal guanto e dalla presa dello zio e comincia a correre a zig zag per i campi. È il distacco da “accademismi”, l’inizio del periodo organico, l’esaltazione della Prateria.

La memoria collezionistica di Le Corbusier

Charles-Edouard Jeanneret-Gris (Le Corbusier) nel 1911 scrive Carnets du voyage d’Orient, in cui annota ciò che osserva in viaggio: sono per lo più schizzi veloci e didascalie concise. Dopo la visita ad Atene, e lo schizzo della salita d’accesso all’acropoli, scrive che la pendenza di una città ci permette di associarla ad altre, come se i piedi rappresentassero la memoria del camminatore.

L’architettura del suolo

Distinguiamo tre relazioni: il rapporto tra solo e sottosuolo, tra suolo e la sua messa in opera, e il suolo come punto di partenza del progetto. Nel primo caso, vediamo come l’infrastruttura impiantistica è lo specchio della distribuzione in superficie. Il secondo è il caso della pavimentazione urbana, che rappresenta il suo problema nell’innesto tra la città antica e quella nuova; per Aldo Van Eyck, la forma del lastricato deve condurre a momenti sensoriali determinati: riconosce i perni della città nei luoghi in cui “i bambini giocano”. Nella terza relazione, il progetto viene visto come trasformazione del suolo e non come invenzione, e non può non relazionarsi alla geologia: la lunga elaborazione di un progetto non deve allontanarsi dall’intuizione iniziale avuta dal primo sopralluogo.

 

  

Capitolo II- Il Partenone di Le Corbusier

Come posso introdurre la storia dell’architettura nel progetto? Cosa ci insegna Le Corbusier nel mestiere dell’architettura? Rogers risponde “cosa sarei io senza il Colosseo?”

La persona di Jeanneret, tracce fotografiche

In questo capitolo vediamo come cambia la figura di Jeanneret dal suo primo viaggio ad Atene a quando, da anziano, ha già assunto il nome di Le Corbusier

Luogo e contaminazione

Contaminare=entrare in contatto, ha un’accezione positiva. Nei secoli le migrazioni hanno determinato la creazione di città come New York con la sua Little Italy, o Cophenagen con il parco Tivoli: questi sono esempi di contaminazione nella connotazione originaria del termine.

Una definizione di architettura

Nel 1923 Le Corbusier definisce, in Verso un’Architettura, “l’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati sotto la luce”. In questo momento Jeanneret ha già assunto il famoso pseudonimo con cui è conosciuto e ha maturato la sua filosofia architettonica.

La tecnica del viaggio

Le Corbusier difende lo schizzo a mano libera e si pone in modo critico nei confronti della fotografia: calcando la matita è possibile far risaltare elementi piuttosto che altri in modo veloce mentre la macchina fotografica, che all’epoca era difficile da maneggiare e richiedeva lunghi tempi di inquadratura, era un mezzo molto meno immediato. Nei suoi schizzi del Partenone il giovane Jeanneret, nel 1911, idealizza il tempio e disegna ciò che ha suscitato in lui: la matita è rossa come la terracotta e i cassettoni diventano simmetrici rispetto alle colonne. Il Partenone sarà sempre esempio di perfezione anche per il Le Corbusier maturo. Qui nasce la sua definizione di architettura che, anche se successiva, è molto aderente già in gioventù: GIOCO=interpretazione personale; RIGOROSO=aggiustamento del pensiero; MAGNIFICO=il gioco è la ginnastica della ragione.

 

  

Capitolo III - Appia: “piedi nudi che salgono una scala”

Il tema della scala

Per tema intendiamo la permanenza della stessa poetica. La scala è un elemento fondamentale ma ci si dimentica spesso che una sua buona progettazione riserva innumerevoli vantaggi, non per niente non per niente dalla scala viene sempre giudicato l’edificio, in quanto oggetto scenografico più di altri elementi architettonici

Il vestibolo del palazzo Rumine a Losanna

Questo ambiente ospita la scala d’onore del palazzo: oltre a distribuire in modo sapiente molteplici spazi, questa si pone come accoglienza al visitatore, posizionata in linea con l’ingresso dalla città.

Le scale di Trachsel

Trachsel discende dalla scuole di pensiero secondo cui la conoscenza della geometria descrittiva è di fondamentale importanza, di fatti le sue opere saranno più di natura tecnica che pratica, fin quando non si dedicherà solamente alle arti figurative. Nell’ Album d’architecture vediamo la rappresentazione di elementi architettonici puri, privi di virtuosismi grafici.

Le scale di Appia

Appia, come Trachsel, rifugge ogni pretesa artistica nei suoi disegni che sono di natura tecnica e spesso in prospettiva centrale. Unica nota artistica è lo sfumato, che comincerà ad utilizzare solo in tempi successivi. Appia considera le scale come il campo in cui l’uomo studia il proprio movimento e prende consapevolezza dello spazio.

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Capitolo IV-  Letteratura da stazione: lo choc ferroviario

Vibrazioni ludiche e scoperta dello choc

L’invenzione del treno suscita parere contrastanti: da un lato l’esaltazione  per le potenzialità del nuovo mezzo, dall’altra il disfattismo per la fine del genere umano che perde consapevolezza del proprio movimento. I manifesti ritraevano i passeggeri intenti a leggere il giornale comodamente nelle carrozze. Ma la descrizione più romantica è di Hugo nella lettera alla moglie in cui descrive  le sensazioni, di gusto espressionista, suscitate dal mescolamento del colore dei campi e dalla velocità del mezzo.

Scivere della catastrofe

Gli incidenti in treno sono molto più rari di quelli stradali o degli incendi eppure suscitano molto più terrore nell’opinione pubblica. Con quello che Gubler chiama teorema di Schivelbush ci spiega che “più cresce il livello tecnologico, più aumenta la gravità dell’incidente”, ovvero della sua percezione psicologica.

Esempi svizzeri

Ad esempio di questa tesi, Gubler porta ad esempio l’incidente sulla prima linea ferroviaria svizzera che collega Basilea a Delemont nel 1891. Qui, come in Scozia nel 1879, i giornale riportarono immediatamente stile altissime di vittime, quasi tre volte superiori alle reali poi confermate: la velocità del treno, tanto più affascina, quanto più spaventa e sensibilizza l’opinione pubblica. Dopo questi incidenti le compagnie ferroviarie sostituirono i leggeri ponti in acciaio con più robusti ponti in calcestruzzo, e l’idea di esilità con quella di sicurezza.

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Capitolo V

·       Note sulla scoperta architettonica del paesaggio aereo. L’avventura aerostatica, preludio dell’aviazione?

    Partenza acrobatica ad Arc-et-Senans

Osservando la fotografia di una competizione su mongolfiere nella grande corte delle Saline di Chaux, l’autore si pone due domande: in che modo sarebbe cambiata la percezione della città se si fosse resa necessaria la costruzione di un’aerostazione nel XVIII secolo (epoca della nascita della prima mongolfiera)? In che modo sarebbe stata concepita l’architettura se si fosse stati coscienti che un giorno sarebbe stata possibile la fotografia aerea?

L’avventura aerostatica

L’invenzione della mongolfiera ha interessanti risvolti sociali e scientifici. Tra le testimonianze risalta quella del fisico Benjamin Franklin che, ancora incapace di spiegarsi il funzionamento dell’aerostato, nel 1783 già intuisce le implicazioni che l’uso della mongolfiera potrebbe avere in campo militare. Non è un caso che dieci anni dopo vengano utilizzate dalla Prima Repubblica per divulgare più velocemente messaggi in codice e incutere timore nel nemico (non senza scetticismi da parte di Napoleone). Più facilmente facevano comparsa durante le feste patriottiche. Altri risvolti invece coinvolgono la superstizione come quella secondo cui, nel 1798 si associò la morte di cani randagi avvelenati a Il Cairo col passaggio di un aerostato.

Come mettere per iscritto l’osservazione aerea?

Sono molteplici le percezioni visive aeree, legate all’architettura, all’urbanistica, ai tracciati agricoli e al paesaggio. La vista aerea crea in noi l’idea che la visione dal cielo abbia una natura primordiale. Tuttavia è solo dal 1852 che gli aerostati vengono utilizzati per motivi di osservazione e studio nei campi della fisica e della meteorologia. Con le prime fotografie aeree, circolanti su giornali e non, le viste aeree interesseranno anche il campo civile e l’architettura.

Verso la coscienza del paesaggio aereo, dall’aerostazione all’aviazione

Dal 1878, con l’invenzione del pallone frenato, il volo sarà un’esperienza accessibile economicamente a un numero maggiore di persone, non per nulla molti architetti sperimenteranno in prima persona questa esperienza ed è possibile distinguerli da quelli che ne hanno avuto una conoscenza indiretta, attraverso le loro opere. Questa distinzione si esaurisce con l’apertura delle prime tratte civili nel 1918. A questo punto la fotografia aerea è di dominio pubblico e l’architetto deve necessariamente considerarla nello progetto dell’oggetto edilizio: al concorso per il palazzo della Società delle Nazioni Unite a Ginevra non mancarono elaborati che fornivano una assonometria dall’alto delle loro proposte. Abbiamo la risposta alla domanda di inizio capitolo ai giorni nostri: la scoperta aerea della città segna il cardine della modernità architettonica.

Capitolo VI - Viollet-le-Duc. Una casa, storia e contrappunto

La casa dell’architetto è un manifesto

La casa dell’architetto è ermafrodita. Come dal trattato di Filarete in cui il progettista è madre e il committente il padre, la casa dell’architetto non può non venire da un atto di autofecondazione.

La Vedette, la casa di Viollet-le-Duc

Dopo essere stato consultato d’urgenza per il consolidamento della torre della cattedrale di Losanna, Viollet-le-Duc decide di edificare qui una casa-atelier. La distribuzione interna e il posizionamento del vano scala consentirono la netta separazione tra l’atelier (luminosissimo grazie anche alla presenza di un bovindo) e la residenza. La Vedette è stata abbattuta nel 1975 esattamente dopo 100 anni dalla sua costruzione. Come da manifesto dell’architetto, che si professa antiaccademico, questa casa non possedeva alcun carattere monumentale.

La teoria precede la pratica e la pratica rafforza la teoria

Nel suo libro Histoire d’une maison Viollet-le-Duc descrive dettagliatamente la costruzione de La Vedette, già un anno prima della sua edificazione, distinguendo tre principi: la “natura dei materiali”, gli “usi” e l’ “effetto”. Parlando della natura dei materiali, porta ad esempio l’uso della pietra: la scelta del tipo è conseguenza principalmente dei mezzi che si hanno a disposizione per il trasporto del materiale; se non si hanno mezzi di trasporto moderni e resistenti non si può richiedere una pietra troppo resistente e dura poiché viene tagliata in pezzi grandi e pesanti. L’uso non è da confondersi con il metodo (che spesso viene importato da fuori perché considerato alla moda), ma da associare alle scelte che derivano dall’osservazione, ad esempio, del clima della località o dal sistema di lavoro locale. Infine, l’architetto può stabilire l’effetto da ottenersi, tuttavia il risultato finale è subordinato ai primi due principi (l’effetto monumentale non potrà ottenersi se si è in possesso di sole pietre basse e di scarsa resistenza). Ne La Vedette vengono utilizzati tre tipi di materiale lapideo in modo molto netto, come se fosse scritto nel materiale che la pietra di Meillerie fosse per il basamento, l’arenaria verde per le aggettanze e la pietra di Jura per i marcapiani. Sono concetti molto simili a quelli di Wright quando scrisse The Nature of Materials in cui scrive “progetti adatti ad un materiale non si addicevano affatto ad un materiale diverso”.

La casa, individuo-edificio

l’immagine della figura individuo-edificio può essere spiegata in due modi: la casa dell’architetto come autoritratto del committente o come il guscio che una tartaruga porta sulle spalle. La “tenda” che Viollet-le-Duc pianta a Losanna è di pietre e legno, ed è costruita per le sue esigenze: l’atelier, a piano terra, è direttamente raggiungibile senza passare dall’ingresso dell’abitazione, e sempre qui un grosso bovindo è pensato per raccogliere il sole delle prime ore della mattina, quando l’architetto lavorava al tecnigrafo.

Il tema delle origini raggiunge quello dell’anonimato?

Vi sono due tesi prevalenti sull’origine dell’architettura: Goethe e Hugo la descrivono come “la cattedrale come opera collettiva di un popolo divenuto Nazione”, mentre Baudelaire la vede come opera di “poeti staccati dalla folla in movimento”. Viollet-le-Duc abbraccia la prima ipotesi. Attraverso il Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane, opera di natura antropologica su cui l’architetto divergerà in merito all’ipotesi della diversa stupidità delle razze, Viollet-le-Duc inquadra il primo edificio nel momento in cui si è sviluppata la prima organizzazione tettonica completa, seppur primitiva: in quest’ottica, La Vedette sembra essere costruita secondo le necessità, ad esempio climatiche, del luogo.

 

 

Capitolo VII- Livio Vacchini: la casa dell’architetto, autoritratto spiegato

Jacques Gubler chiede al suo amico Livio, architetto, se crede che la sua casa lo rappresenti, e se si possa definire il suo autoritratto.

Precauzioni liminari

La questione dell’autoritratto in architettura è illusoria. Tante sono le questioni che potrebbero impedire la perfetta realizzazione dell’intento (committenza, programma, tecniche costruttive e messa in opera, connotazioni politiche e interpretazioni simboliche). Dunque se l’opera compiuta non può essere considerata aderente all’intento progettuale, sicuramente questo può essere considerato, viceversa, il carattere autobiografico. Andando a connotare l’architettura come “autoritratto” ci si riferisci ad antropomorfismi ma al genere letterario e pittorico.

Tra Planck, Rossi e Ungers

Nella sua Autobiografia Scientifica Rossi cita Planck (da uno dei suoi scritti riprende anche il titolo) e l’immagine che utilizza per spiegare il principio della conservazione dell’energia: il muratore che porta sulle spalle un grosso blocco fino al suo posizionamento; l’energia utilizzata da questo sembra andar perduta fin quando il blocco si stacca e cade per strada, magari uccidendo un passante. Da questa  figura Rossi riprende la causalità dell’opera dell’architetto e della sua opera: l’autobiografia si pone come critica e continuazione dei propri progetti, spiegazione delle proprie intenzioni. Introduce così la lezione sul tipo, ovvero la necessità del riferisci a proposte di altri, in altri tempi e altrove. In un altro libro, Architettura come tema, Ungers ricorre alla tautologia tema=contenuto=architettura e giunge alla definizione per cui il tema della casa è la casa stessa.

La casa dell’architetto: luce, campata, rete simmetrica

I temi della casa si Vacchini sono la “luce dell’apertura”, la “campata in lunghezza” e la “simmetria”. Questi temi, che si presuppongono l’un l’altro, sono aperti alla sperimentazione, sicché nei progetti di Vacchini si può sempre leggere il riferimento alle sue opere precedenti, come nella sua casa, in nuovi assemblaggi.

Il tema della punta della tecnica

I sistemi costruttivi sono legati all’industria dei materiali, mentre l’informazione tecnica è legata ai campionari e alle fiere. Questa situazione, sviluppata dopo la rivoluzione industriale e in particolare nell’800 dopo le prime esposizioni universali, viene descritta da Marx come la distruzione dei mestieri tradizionali. Aspetti dell’appena nato Capitalismo sono: il progresso sociale, la modernità e la sperimentazione tecnica. Per Vacchini questi tre aspetti camminano insieme senza contraddizioni, come criticava Baudelaire e, anzi si completano mutuamente.

Conclusione

Accettata l’ipotesi secondo cui l’architettura ha un sottofondo autobiografico, ci si chiede quale sia l’utilità di tale ipotesi. Jacques Gubler risponde a se stesso ponendo la questione dell’autoritratto come pretesto che ci porta al fare.

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