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autore |
SIEGFRIED GIEDION |
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titolo |
LE TRE CONCEZIONI DELLO SPAZIO IN
ARCHITETTURA |
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editore |
DARIO FLACCOVIO EDITORE |
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luogo |
PALERMO |
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anno |
1998 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: Architektur
und das Phaenimen des Wandels Die drei raumkonzeptionen in der architektur |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Giedion
considera l’architettura come fenomeno-mutamento, il cui presente è correlato
con lo sviluppo storico del passato, ed enuncia tre concezioni dello spazio. Da Spazio, Tempo e Architettura (1941) a L’eterno presente: le origini dell’architettura (1964)
fino al saggio qui considerato Architettura
e il fenomeno del mutamento. Le tre concezioni dello spazio in architettura (1969) l’assunto filosofico della triade spaziale
prende corpo e volume architettonico. E’ corporeo lo spazio dell’architettura
greca, plasticamente concepito; è compatto e chiuso lo spazio interno
dell’architettura romana; è organicamente sintetica nell’architettura moderna
e contemporanea la risultante dell’incrocio della prima e della seconda
concezione di spazio. |
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Giudizio Complessivo: 8 |
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Scheda compilata da: Luca Cavanna |
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Corso di Architettura e
Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015 |
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Autore: Siegfried Giedion |
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Sigfried Giedion (Praga, 14 aprile
1888 – Zurigo, 10 aprile
1968) è stato uno
storico e critico dell'architettura. Si laureò in ingegneria a Vienna nel 1913. Studiò poi
storia dell'arte a Monaco di Baviera con Heinrich Wölfflin. Fu
tra i fondatori dei CIAM, dei quali
fu anche segretario generale. Insegnò al MIT ed all'Università di Harvard dove diventò preside
della Scuola di Design. I suoi numerosi libri hanno avuto una grande
influenza, in particolare Spazio tempo e
architettura pubblicato nel 1941. Ha pubblicato Spätbarocker und romantischer Klassizismus,
München 1922, Space,
Time and Architecture 1941
(trad. it. Spazio
tempo e architettura, lo sviluppo
di una nuova tradizione, Hoepli, Milano
(1954), Mechanization
takes Command, A Contribution to Anonymous History,
Oxford 1948, Walter Gropius, Zürich 1954, Breviario
di Architettura, 1958, H. Labrouste, Paris 1960, The Work of E. A. Reidy, Teufen 1960, Architektur und das Phänomen
Wandels. Die drei Raumkonzeptionem
in der Architektur, Tübingen 1969. |
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Siegfried Giedion |
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Contenuto |
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Dal testo si evince il processo di formazione-trasformazione
quasi organica dello spazio ghidioniano: si riconosce
nella prima fase nell’architettura plastica, corporea, tattile del mondo
greco; si declina nella sua seconda fase in quella chiusa, interna e
funzionale del mondo romano, per evolversi infine nella sintesi organica di
spazio plastico e di spazio interno della terza concezione. Quando le grandi mura delle cattedrali romaniche si
arricchiranno nell’impasse gotico dell’elemento variabile della luce, quando
nelle cupole barocche sopravvivrà oltre al sistema dei costoloni anche
l’ispirazione di andare sempre più in alto, quando nelle architetture
contemporanee Wright riprenderà il linguaggio della curvatura dei muri romani
riproponendo nel moderno principi antichi allora potremmo concludere con
Giedion: “… nel nostro periodo l’intreccio della seconda concezione dello
spazio con la prima è ciò che chiameremo – Ganzheitswandel – ovvero evoluzione organica.” Si adottano principi che caratterizzavano periodi precedenti
applicandoli con nuovi significati… Il rapporto tra passato, presente e futuro è un processo
continuo che caratterizza tutti i periodi. Nel nostro, che piu di
qualsiasi altro periodo sente di essere legato a tutta la storia
dell’umanità, il fenomeno di transizione tra passato, presente e futuro
acquista sempre più importanza. |
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CAPITOLI |
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Capitolo I – Le tre concezioni dello spazio in
architettura |
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Nella storia dell’architettura troviamo tre concezioni dello
spazio: a parte le differenze fondamentali esse hanno un aspetto in comune
ovvero il predominio della verticale. Le concezioni storiche e prearchitettoniche dello spazio
non conoscono il predominio della verticale: nelle pitture preistoriche gli
animali non sono disposti lungo una linea orizzontale ben precisa. Strettamente collegato con l’avvento dell’architetura è
l’introduzione della verticale che comporta anche la presenza
dell’orizzontale. -
La prima concezione di spazio è
l’architettura come espressione plastica ed è strettamente collegata alla più
evoluta tra le prime civiltà: l’architettura greca; infatti per quanto
concerne le forme espressive, l’architettura greca appartiene alla prima
concezione dello spazio: l’architettura intesa come scultura. -
La seconda concezione dello spazio è
l’architettura come spazio interno. Si può
affermare che l’antichità romana, il Medioevo, il Rinascimento e il Barocco
condividono la stessa concezione dello spazio nonostante le diversità
stilistiche e formali. L’interesse
della seconda concezione dello spazio è rivolta allo spazio interno, alla sua
escavazione per ricavarne maggior volume e alla sua apertura mediante
l’introduzione di finestre: dal Phanteon romano fino al secolo XVIII gli
spazi interni subiscono un continuo processo di perfezionamento, dalle grandi
finestre delle terme romane, alle alte e colorate vetrate del periodo gotico,
e infine le facciate continue in vetro del nostro periodo testimoniano la
continua ricerca della luminosità. -
La terza concezione dello spazio è
l’architettura come espressione plastica e come spazio interno. Il XX
secolo porta avanti il processo tecnologico e lo introduce nel contesto
umano, simile a ciò che si puo notare nella transizione dalla Roma
repubblicana a quella imperiale. Inizialmente
l’architettura della terza concezione dello spazio si basa sul principio di
superficie piana e un esempio dal passaggio dalla fase iniziale a quella
successiva della terza concezione dello spazio è costituito dal Padiglione
svizzero alla Citè Universitaire di Parigi, costruito nel 1930-’32 da Le
Corbusier. Nel
contesto della terza concezione dello spazio ora esaminata sono poche le
costruzioni che rappresentano una vera sintesi tra volume e spazio interno:
ne è un esempio l’Operahouse di Utzon a Sidney iniziata nel 1957 che crea un
gioco di liberi e vivaci rapporti tra interno ed esterno. |
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Capitolo II – Roma e il
Medioevo |
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Il passo da Roma al Rinascimento è più breve di quello che
dalla civiltà romana porta al Medioevo; il Medioevo non segna un percorso
evolutivo rispetto al passato; le sue forme di vita retrocedono ad un livello
più primitivo. L’unico grande progetto edilizio del Medioevo è la
cattedrale ma a causa del livello tecnologico più primitivo la velocità di
esecuzione è diminuita. Alla fine del periodo gotico le grandi cattedrali
rimangono spesso incompiute e solo nel XIX secolo saranno portate a
compimento grazie ad un interesse storico-artistico e con il supporto di tecniche
costruttive più avanzate. Lo stile gotico riduce via via la monumentalità del
complesso murario mettendo in risalto la sola ossatura fatta in pietra; il
calcestruzzo romano che faceva parte dell’opera muraria venne così
abbandonato. Il Nord è il luogo in cui il gotico ha il suo sviluppo
maggiore e qui si raggiungono prima di altrove la snellezza dei sostegni e
l’innalzamento delle volte, ottenendo cosi l’ampia perforazione della parete. Elementi costruttivi dello stile gotico quali i
costoloni della crociera non hanno affatto perso il loro significato
piuttosto saranno stati questi stessi a dare l’avvio all’evoluzione
dell’ossatura in ferro e in cemento armato verso la fine dell’Ottocento e
all’inizio del nostro secolo. |
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Capitolo III – L’evoluzione del
concetto di architettura romana nel rinascimento e nel barocco |
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Dopo il lungo periodo medievale è
l’Occidente ad occuparsi nuovamente dell’architettura romana; infatti i
grandi architetti rinascimentali si recavano a Roma e fino ad oggi ci
serviamo dei loro schizzi ruderi romani per avere un’idea dei reperti allora
esistenti. Il lato creativo del Rinascimento
sta nel fatto di aver adottato elementi preesistenti oltre a creare un
proprio stile di vita. Le facciate a segmenti concavi della
Roma antica hanno visto una loro evoluzione in età barocca reggiungendo
l’apice nel colonnato di Bernini nella Piazza Obliqua davanti a San Pietro: i
due bracci concavi del gigantesco colonnato spingono le forze verso il centro
abbracciando la folla radunata. Il culto cristiano, basato sulla
comunità necessitava di spazi; spazi che trovava nella forma basilicale. Pertanto il primo Medioevo, il
Romanico e il Gotico hanno attinto nella costruzione delle chiese dal modello
a tre navate della basilica romana. Dovette passare molto tempo prima che si
cominciasse a costruire chiese prive di colonne o pilastri, con le sole
cappelle laterali. Gian Lorenzo Bernini: Piazza Obliqua di S. Pietro a Roma Le opere di due grandi architetti
che nel contempo furono anche teorici, Leon Battista Alberti (1404-1472) e
Giacomo Vignola (1507-1573) dimostrano quante fossero le perplessità nel
periodo rinascimentale e anche successivamente nel gotico. Entrambi avevano studiato
attentamente l’antichità da cui si evinceva che gli edifici nobili dei Romani
avevano una sola navata; per il Rinascimento fonte di ispirazione saranno
state le pesanti volte a botte della Roma antica. La tendenza a creare uno spazio unico è inarrestabile e
trova il suo culmine nelle sintesi
spaziali del Barocco, nate nel Sud quanto nel Nord dall’esperienza delle
forme spaziali romane. |
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Capitolo IV – Fenomeni di
transizione |
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Interrogandoci sui
requisiti costruttivi che hanno aperto la strada alla terza concezione dello
spazio, bisogna tornare ad analizzare le condizioni di base che dovevano
essere scoperte e sperimentate prima che il senso artistico dell’architetto
potesse conferire loro una forma spaziale. I lavori di messa a punto erano
affidati agli ingegneri, agli scienziati e all’industria. I primi passi ci
riportano al XVIII secolo, lo sviluppo e il perfezionamento al XIX secolo,
mentre risale al XX secolo la loro traduzione in forme artistiche. -
Il calcestruzzo: i Romani impiegavano il
calcestruzzo che veniva protetto da rivestimenti in laterizio. Quando Roma
venne distrutta dai barbari, si perdette l’arte di lavorare il calcestruzzo
quanto l’abilità di ricorrere al lavoro di gruppo nella costruzione edilizia.
Nell’Inghilterra del XVIII secolo si riscopre il calcestruzzo e il suo
impiego, e nello stesso periodo studiosi dell’antichità, primo fra tutti
Winckelmann, analizzano il calcestruzzo degli edific antichi. -
Il ferro: fu l’introduzione di nuovi materiali costruttivi a
gettare le basi per la terza concezione dello spazio. C’era molta strada da
fare prima di giungere al suo impiego. I Romani non hanno mai
superato la loro diffidenza verso l’impiego
del ferro come materiale edilizio e nel Medioevo l’impiego del ferro era
molto ridotto. -
Il ferrocemento: come la ghisa anche questo
materiale trovò il suo primo impiego nella costruzione dei ponti. Il primo impiego in
ambito architettonico, avvenne nel 1894 nella costruzione di una chiesa dallo
stile goticizzante a St. Jean de Montmartre. -
La ghisa nel ‘700 e ’800: la ghisa segna
l’inizio dell’industrializzazione; nel Settecento è soprattutto in
Inghilterra e in Scozia che spuntano le ferriere per la produzione di ghisa
industriale. Documentabile è un suo primo impiego nel parco di Versaille
(1664-’86) dove venne utilizzata per costruire delle condutture d’acqua che
tuttoggi sono in uso. In seguito nella prima
metà dell’Ottocento essa venne impiegata nella costruzione di ponti. Dall’affinamento della
ghisa acquistano maggiore importanza la produzione e l’impiego di acciaio
colorato, di ferro battuto e infine di acciaio per la produzione di oggetti
ornamentali: un primo esempio è costituito dalla struttura portante del tetto
del Thèatre Francais di Parigi ad opera di Victor Louis (1786), eseguita in
ferro battuto al posto della struttura in legno, materiale infiammabile. Nei laminati si
cominciò a perfezionare la tecnica della produzione di travi e portanti, il
cui impiego si estese rapidamente. La piena applicazione delle opportunità
costruttive offerte dall’acciaio trovò la sua realizzazione nella Tour Eiffel
e nella Galleria delle Macchine nell’Esposizione del 1889.
Manifesto Esposizione di Parigi 1889 Tale esposizione
dimostra il progresso compiuto nel corso di pochi decenni in cui si comincia a
padroneggiare l’ossatura dell’acciaio. L’evoluzione successiva si avrà nel
campo dell’applicazione pratica: a cominciare è la Chicago School che,
intorno al 1890, costruisce i suoi primi grattacieli. Fu la prima volta che
le esperienze in ambito industriale vennero applicate su vasta scala nella
realizzazione delle costruzioni ad ossatura d’acciaio e di numerosi piani di
altezza. In tal modo vennero create le condizioni di base per la costruzione
ad ossatura e per l’avvio di una nuova concezione di spazio. |
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Capitolo V- La terza
concezione dello spazio |
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Si potrebbe considerare azzardato
voler identificare il nostro tempo con l’inizio di una nuova concezione dello
spazio visto che la storia dell’architettura conosce solo poche concezioni dello
spazio che abbracciano sempre più archi di tempo. Inizialmente l’architettura della
terza concezione dello spazio si basa sul principio della superficie piana:
furoni i cubisti a riscoprirla per primi e ad essi seguirono le
interpretazioni più radicali di Mondrian e Van Doesburg in Olanda
(neoplasticismo e de stijl), di Le Corbusier e Ozenfant in Francia (purismo)
di Malewitsch ed El Lissitzky in Russia (suprematismo). Per costoro era la
forte accentuazione delle superfici a spingerli verso l’architettura e dalle
loro idee scaturirono i principi che hanno motivato le prime case
unifamiliari e i primi progetti di Le Corbusier, la casa Schroder a Utrecht,
nonché i grattacieli dalle grandi superfici di vetro di Walter Gropius e di
Marcel Breuer. Un esempio di transizione alla fase
successiva della terza concezione dello spazio è costituito dal Padiglione
svizzero alla Citè Universitaire di Parigi costruito nel 1930-1932 da Le
Corbusier. Con il passare del tempo si risveglia
nuovamente la nostra sensibilità per l’effetto spaziale dei volumi che
caratterizza maggiormente l’architettura della prima concezione dello spazio
e ciò avviene sia in campo architettonico che nelle arti plastiche. Il plastico si realizza quando le
figure dinamiche e movimentate di Alberto Giacometti delimitate al massimo
nella loro presenza fisica dello spazio circostante, a loro volta suscitano
la sensazione di spazio. L’architettura si realizza quando
quasi tutte le espressioni architettoniche della terza concezione dello
spazio, dal singolo edificio alla Group Form, si contraddistinguono per la
presenza di volumi che suscitano effetti spaziali. Ciò si ricollega strettamente ad
un’architettura urbanistica che esige la libertà di espressione plastica,
essendo soggetta a continui mutamenti. Soltanto la terza concezione dello
spazio comporta un rapporto nuovo tra volume, spazio interno e la loro
compenetrazione e soltanto l’edificio isolato emana pienamente l’incantesimo
del volume, come si vede nel caso della chiesa di Ste. Marie du Haut,centro
di pellegrinaggio a Ronchamp, eretta da Le Corbusier tra il 1951 e il 1955. La cappella sorge in cima ad una
collina, equilibrata ed autonoma nella sua espressività plastica, dominando
nel suo splendido candore le colline intorno a sé mentre la volta del
soffitto si adagia sulle pareti come un uccello in procinto di posarsi. Nel corso dei duemila anni in cui
si sviluppò la seconda concezione dello spazio, ogni singolo periodo ha
portato ad una specifica soluzione del problema della volta secondo
rispettive esigenze culturali: l’eredità della seconda concezione dello
spazio, cioè scavare lo spazio interno, è stata adottata e sviluppata
ulteriormente dalla nostra epoca. Nuove tecniche costruttive, qualila
volta a forma di guscio paraboloidico iperboloico, permettono nuove
espressività nella definizione dello spazio interno; la leggerezza delle
costruzioni a guscio, la loro adattabilità quasi illimitata, la loro
struttura statica indipendente (tetto pendente) si sono rivelate punto di
partenza di una nuova immaginativa spaziale. Possiamo concludere che se nella
seconda concezione dello spazio e in modo particolare nella sua ultima fase e
cioè nel Barocco, furono gli impianti delle piazze con le loro parti
delimitanti a conferire alla città le accentuazioni spaziali, nella terza
concezione dello spazio il ruolo determinante è identificato nei rapporti
spaziali e plastici tra i volumi. |