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Descrizione: 51nElo1tBIL

autore

CARLO DE CARLI

 

titolo

ARCHITETTURA SPAZIO PRIMARIO

 

editore

HOEPLI

 

luogo

MILANO

 

anno

1982

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

Titolo originale: Carlo De Carli, Architettura Spazio Primario, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1982

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: 51nElo1tBIL

Il libro racconta le vicende dell'architettura contemporanea attraverso le memorie, i pensieri, le esperienze, le opere di un protagonista. Il libro si presenta come una raccolta di opere, saggi, progetti, trascrizioni di lezioni, relazioni tecniche di progetti dei principali esponenti dell’architettura italiana, compreso l’autore, dagli anni ’30 agli anni ‘70, raccolti da De Carli e presentate non in ordine cronologico, e in certa parte prive di giudizi critici o note esplicative, il tutto corredato da più di 1400 illustrazioni.

Nella prefazione De Carli scrive che: “Le pagine saranno bene e male aderenti a quanto ho annotato: faranno anche nomi di persone: dei nomi meritevoli di chi non ho citato, desidero dire che non è questione di selezione: sarebbe almeno cosa di cattivo gusto che non mi permetterei mai di fare: è questione di tempo con limiti e complessità riconoscibili. Del resto quelli che hanno lavorato per la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano sono, naturalmente, nella storia di queste pagine e, non certo, comodamente. […] Il mio parere è quello di un uomo di studio, bene compreso e male compreso: non importa;­­­­ ma è fermo e sicuro in se stesso: e anche pieno di dubbi come forse è già apparso e apparirà”

  

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Davide Dujany

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

Descrizione: 5

Autore: Carlo De Carli

Carlo De Carli (Milano, 1910-1999) è stato un architetto e designer italiano. Si è laureato presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nel 1934, e per un anno ha svolto il primo periodo della sua attività professionale presso lo studio dell’architetto Gio Ponti. Dal dopoguerra all’inizio degli anni settanta ha dato vita alla maggior parte dei  suoi progetti di architettura e design. Tra le sue realizzazioni più importanti la casa per abitazioni e uffici in via dei Giardini 7 a Milano, all’interno del basamento della quale ha progettato il piccolo teatro Sant’Erasmo, nel 1953 e la chiesa di Sant’Ildefonso a Milano. Nel 1954 ha vinto il premio Compasso d’Oro con la sedia Mod. 683 per il brand Cassina. La figura di De Carli si distingue per la sua capacità di oltrepassare l’attività professionale, spaziando dal settore dell’insegnamento universitario, con le relative elaborazioni teoriche, a quello della produzione industriale, a quello della pubblicistica. Dal 1962 ha ricoperto la cattedra di Docente di Architettura degli Interni, Arredamento e Decorazione presso il Politecnico di Milano, dove dal 1965 al 1968 è stato preside della Facoltà di Architettura. Nel campo della pubblicistica tra il 1957 e il 1960 ha diretto “Il Mobile Italiano”, mentre tra 1967 e il 1971 è stato direttore di “Interni”. Ha inoltre avuto un ruolo attivo nella Triennale di Milano, presso la quale è stato membro di giunta nelle edizioni X e XI, e membro del Consiglio di Amministrazione dalla XII alla XV edizione. Di Carlo De Carli, Gio Ponti ha scritto la seguente nota: “La sua attività extrascolastica è notevolissima e degna di elogio. Membro di numerose Commissioni nazionali e internazionali, egli opera fortemente con azione continua ben coordinata al fine di giungere al miglioramento del prodotto nazionale e internazionale. La sua produzione di libero professionista è riconosciuta in Italia e all’estero come di livello superiore ed è documentata dalle pubblicazioni specializzate con vivi ed espliciti riconoscimenti”.

Carlo De Carli

 

Contenuto

Il libro è composto da una serie di capitoli molto eterogenei tra loro, ordinati non in ordine cronologico, né geografico, né di autore (opere di più autori sono presentate in punti diversi del libro), caratterizzati da una forte assimetria tra testo e imagini, a tutto favore di quest’ultime; in certi capitoli vi è addirittura assenza totale di un testo esplicativo, al di fuori di brevi didascalie.

 

Si riporta di seguito la lista di alcuni degli argomenti trattati:

Spazio primario; documenti di una tendenza artistica (Lucio Fontana); programma del corso di Architettura degli interni, arredamento e decorazione; relazione sulla chiesa di Sant’Ildefonso; chiesa dell’Autostrada del Sole: incontro con Michelucci; opera e lavoro di Franz Teodoro Sartori; gli studi: l’arredamento è architettura; continuità; Giacomo Zanga: Giornalista; opere di Giovanni Muzio; nota su Gio Ponti; Alberto Rosselli; opere di Luciano Baldessari; il civismo democratico di un architetto: Gigiotti Zanini; i manuali e il nuovo modo di intenderli, oggi; comportamento dell’Architettura; disegni del pittore Nastasio; un intervallo: animali e uomini; ricerca e didattica; momenti di valore dell’Architettura nella dialettica tra Architettura e Politica; i segni dell’Architettura; Essenzialità e Continuità; l’opera di Terragni; Giuseppe Terragni: discorso di Le Corbusier; centenario del Politecnico di Milano: cerimonia della Facoltà di Architettura in onore dei suoi laureati “honoris causa”: Alvar Aalto, Louis I. Kahn e Kenzo Tange; Ernest N. Rogers; relazione sulla casa; Paolo Portoghesi; Bottoni: quarant’anni di battaglie per l’architettura; Natura e Architettura; verso lo Spazio Primario e le Unità Singolari; Studiare Architettura e fare Architettura: metodologie; Franco Albini; Ludovico Barbiano di Belgiojoso; BBPR; Note su Ignazio Gardella; Carlo de Carli: progettazione architettonica; Guido Cannella; nota su Vittoriano Viganò; nota su Marco Zanuso;  opere di giovani Docenti; relazioni scritte da Docenti e Ricercatori della Facoltà; dall’addobbo all’etica industriale; i segni dell’Architettura; Bernardo Secchi; il gioco dei bambini in una grande città industriale; il lavoro e il ruolo dell’architetto; la casa abitata.

Di seguito si presentano le opere progettate da De Carli, e presentate nel suo libro, come le più esemplificative del suo modo di intendere il ruolo dell Architettura e il processo progettuale, e come concretizzazoine del suo pensiero teorico. 

Edificio per abitazioni e uffici in Via dei Giardini 7

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-16-28-03-07.jpgL’edificio per abitazioni e uffici, progettato da Carlo De Carli insieme ad Antonio Carminati con la consulenza tecnica dell’ingegnere Ernesto Saliva, è una delle prime opere realizzate dall’architetto. È una costruzione di sei piani, adibita ad abitazioni e uffici, caratterizzata da una planimetria irregolare che asseconda la sagoma composita del lotto d’angolo tra la via dei Giardini, leggermente arcuata, e la piazzetta Sant’Erasmo, dove si ergono alcune arcate di un antico chiostro.

 

La struttura portante, in cemento armato, è arretrata, consentendo così di risolvere la facciata con una serie di logge aggettanti, continue e sovrapposte, comprese entro un telaio ortogonale che avvolge l’intero edificio. Il raccordo dei balconi con le membrature d’angolo è arrotondato e si presenta senza soluzione di continuità, grazie al rivestimento uniforme in intonaco di cemento con granuli lapidei. La fascia orizzontale dei serramenti, interrotta soltanto dalla sequenza dei pilastri, e le balaustre in cristallo dei balconi, rette da montanti di alluminio anodizzato, costituiscono un doppio diaframma trasparente tra interno ed esterno, che riflette il cielo.

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-11-18-18-33-03.jpgGli ultimi due piani, progressivamente arretrati, erano previsti come un’unica “villa pensile” schermata dall’ultimo loggiato aperto verso l’alto (oggi coperto), concepito a sua volta per inquadrare porzioni di cielo nella composizione architettonica. Si stabiliva così un rapporto di continuità tra l’elemento naturale principale e l’architettura, che è uno dei temi fondanti del pensiero progettuale di De Carli.

 

La struttura portante in cemento armato, consente ai vari piani la massima flessibilità distributiva. La parte di edificio su piazza Sant’Erasmo comprende una colonna di ambienti molto vasti (circa 400 mq), senza sostegni intermedi, la cui struttura è costituita da grandi solai retti da telai multipli a travi di cemento armato incrociate. Ciò ha permesso, tra il 1951 e il 1953, di collocare nel seminterrato il piccolo Teatro Sant’Erasmo (vedi sotto)

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-11-18-18-33-01-viadeigiardini-rialzato.jpg

 

 

  

Teatro Sant’Erasmo

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/resize/copy/209/20140221190452-4_s-erasmo_col.jpgIl teatro Sant’Erasmo, demolito nel 1969, era stato realizzato nell’interrato della casa di via dei Giardini 7 con un ardito intervento strutturale che interrompeva l’ingombro del corpo ascensori al piano terra. Si trattava di una piccola sala a scena centrale che poneva gli attori nello “spazio primario” di un diretto contatto con il pubblico.   

 

Carlo De Carli, presentando il progetto su Domus, scriveva che: “la soluzione del teatro vorrebbe dimostrare come sia possibile risolvere un problema di architettura anche in un seminterrato (dove le strutture già esistenti non sono state composte in rapporti architettonici per esigenze del luogo), quando la soluzione del problema, che all’inizio è impostato per intuizione, sia poi condotta dalla rete di una geometria precisa che leghi fermamente gli elementi di composizione, tali da rompere il volume chiuso di una scatola, che avrebbe fatto pesare le limitate misure della sua forma impura, e da originare così una composizione  che si disancori dalle dimensioni costrette ed entri in rapporto libero con lo spazio”.

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-15-20-03-04.jpg 

L’ottagono  della pista-palcoscenico diviene il centro dello spazio e va a generare tutto l’intorno: le gradonate  con le sedute in metallo e velluto blu sono piegate lungo i raggi, determinando da ciascun posto una diversa visuale della sala. La modulazione sfaccettata delle pareti, rivestite in legno e panno rosso, si lega al disegno del soffitto, in pannelli di gesso che includono i proiettori. C’è un uso rigoroso della geometria intesa non tanto come elemento generatore della pianta, già predeterminata, ma come strumento di controllo e di verifica dell’intera composizione spaziale.        

 

L’architettura diviene parte integrante e indivisibile dell’azione teatrale  e non più semplice quinta all’interno della quale si agisce la rappresentazione. In seguito De Carli scriverà: “nei tempi felici, ho trovato una cantina, ho progettato un piccolo teatro: avevo messo in un cortile (si chiamava tecnologicamente pista) uomini a recitare i racconti del vivere ad altri che ascoltavano tutti insieme […] Nel teatro stesso, la rappresentazione è portata all’essenzialità e l’opera teatrale, massimamente valorizzata. L’attore, pur nella più insistente misura umana, annulla il suo peso fisico soltanto per mezzo di una trasfigurazione interiore che avviene nell’isolatissimo spazio della pista, vorrei dire nell’unità della pista, e tanto è “presente” da trascinare lo spettatore nel gioco dell’azione con l’efficacia di una partecipazione diretta. Così nasce un piccolo teatro, la cui forma è la proiezione dello stesso moto che anima gli attori.”

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-15-24-22-S_ER03.jpg

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-20-12-56-37-008-28-3-2010_ST_800x600.jpgEdificio residenziale in Via dei Giardini 16

L’edificio, immerso nel verde, sorge su una porzione di terreno adiacente a via dei Giardini, originariamente compresa nel parco privato di Palazzo Borromeo d’Adda in via Manzoni e ceduta al Comune di Milano.

Il progetto, le cui prime soluzioni risalgono al 1952, è impostato su uno schema planimetrico che si estende entro un perimetro rigidamente fissato da una convenzione privata tra il Comune di Milano e i conti Borromeo d’Adda risalente al 1940, che stabiliva che su tale area era possibile costruire “soltanto una villa costituita da un piano semi interrato regolamentare, da un piano terreno e da altri due piani, fino a raggiungere l’altezza complessiva insuperabile di m. 13”. Sulla base di tale accordo venne definita la soluzione realizzata.

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-22-11-06-49-Archivio_De_Carli_03_800x600.jpgLo schema planimetrico, composto da un rettangolo innestato in un ottagono traslato, è determinato anche dall’intento di valorizzare il rapporto dell’abitazione col verde ed “assume forma irregolare per inchinarsi quasi ad abbracciare, rispettandolo in pieno, un magnifico albero” (A. Danusso, 1952). L’ottagono, corrispondente al corpo dei soggiorni, sporge infatti verso il giardino, creando una concavità attorno al grande platano che ombreggia la casa. La zona notte è invece collocata verso il parco che separa la casa da Palazzo Borromeo. 

La composizione poligonale, scandita orizzontalmente dalle fasce marcapiano, determina una diversa incidenza della luce sui fronti ed è caratterizzata dall’alternarsi delle superfici vetrate, oscurate da imposte scorrevoli esterne in legno, di quelle piene e delle ringhiere dei balconi.

 

A proposito di questa casa, Eugenio Gentili Tedeschi scriveva su Casabella-Continuità: “Qui si poneva il tema di un’abitazione in una situazione eccezionale per Milano: quella cioè di un fabbricato centralissimo immerso nel verde di un parco privato. Si trattava, inoltre, di lavorare entro i contorni di una planimetria già vincolata da una convenzione, risanandone il perimetro fino a trovare una forma che, senza alterare i volumi, risultasse architettonicamente giustificata, una semplice, civilissima Architettura urbana.”

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-22-11-07-56-Archivio_De_Carli_01_800x600.jpgDescrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-22-11-37-43-07.jpg

 

 

 

Chiesa di Sant’Ildefonso

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-15-55-12-03.jpgLa chiesa, inaugurata nel 1956, è dedicata dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini alla memoria del cardinale Ildefonso Schuster. È inserita fra due vie delle sei che convergono nella grande piazza circolare Damiano Chiesa, da cui deriva la giacitura dei due piccoli fabbricati laterali delle opere parrocchiali e delle facciate ad esse rivolte. I due elementi qualificanti dell’edificio sono la pianta poligonale, che è una variazione dello schema centrale – generata da un esagono il cui baricentro coincide con l’altare maggiore e i cui raggi determinano un perimetro stellare con una deformazione concava verso la piazza – e il “ciborio”, castello di pilastri circolari e travi che si innalza fin sopra la copertura a Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-16-00-59-06.jpgfalde variamente piegate, a reggere una lanterna vitrea che consente l’illuminazione zenithale dell’altare. Questa struttura, che sostiene le travi a vista della copertura (il cui disegno è replicato nel pavimento) e il tiburio, è organizzata in cinque livelli di passerelle. Due di esse sono collegate ad altrettanti ordini di balconate che corrono lungo il perimetro dell’edificio. Sono spazi e percorsi originariamente destinati alle operazioni di manutenzione delle vetrate e al posizionamento di opere d’arte e paramenti liturgici; fa eccezione il primo ordine di balconate sovrastante l’altare, destinato al coro. A questi luoghi De Carli attribuisce un valore funzionale ma soprattutto simbolico, come lui stesso spiega nella relazione di progetto: “la possibilità di accedere verticalmente ad ogni quota della chiesa non solo risponde ad una necessità di manutenzione e a una possibilità di decorazione ma porta il senso di un contatto possibile e compiuto con ogni parte della chiesa; il senso di una via che può essere percorsa verso quell’unità che già attraverso l’esagono ha determinato i motivi compositivi”. La griglia strutturale, associata al tamponamento in mattoni a vista che caratterizza esternamente ed internamente l’edificio, è tratto peculiare dell’architettura popolare dell’epoca e di altre architetture di De Carli. Essa scandisce l’edificio in altezza coi due ordini di balconate perimetrali interne ed esternamente con le fasce in calcestruzzo corrispondenti alle loro solette. Si determinano così tre livelli orizzontali cui corrispondono differenti gradi di illuminazione: il livello inferiore, cieco e illuminato solo dalle vetrate intensamente colorate poste nei sopraluce delle porte d’accesso; quello intermedio, bucato da una sequenza di piccoli punti luminosi in vetro di colori pastello disposti al centro di ciascuna campitura; quello superiore percorso da un nastro di serramenti con vetri di colore giallo oro. A queste fonti colorate di luce naturale si aggiunge la luce naturale che scende dalla lanterna in sommità e la poligonale delle sottili lampade tubolari al neon integrata alle solette di tutte le balconate aeree della chiesa, che ricompongono l’unità dell’edificio, sottolineando graficamente il ciborio e la pianta poligonale della chiesa.   

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-15-49-51-01.jpg             Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-16-00-28-05.jpg

 

L’edificio è stato oggetto, nel 1981, di un invasivo intervento, consistito nell’aggiunta di un atrio coperto e di due rampe d’accesso, che hanno eliminato la scalinata e l’ampio sagrato rialzato e scoperto che era raccolto fra le due ali degli accessi laterali. A tal proposito De Carli scrive: “Ma devo dire che ogni volta (rara oggi) ch’io entro in quello spazio, lo immagino come prima lo volevo esprimere: così mi sembra caro, anche se lungo questi giorni, stanno costruendo e falsando, con gravissimi errori, presuntuosi e autoritari, quello che sarebbe necessario fre per giovare agli handicappati. La progettazione dell’Architettura non è proprietà di una persona; è consiglio e struttura che vive; il falso e la presunzione sono dannosi soprattutto per una causa nobile, che purtoppo contraddice l’unità di un risultato precedente”

 

Descrizione: http://www.ordinearchitetti.mi.it/media/cache/arch_img_big/media/resize/copy/0/43/2011-07-28-15-37-58-PIANTA.jpg                 Descrizione: http://4.bp.blogspot.com/-GtGrDELRnDQ/TrleTTqKxxI/AAAAAAAAAVQ/Up3AKw5ZaGw/s1600/chiesa_san_idelfonso2.jpg

GLOSSARIO

Spazio Primario – Il pensiero teorico di Carlo De Carli si rifà all’origine prima del fenomeno architettonico, là dove lo spazio è il “fare spazio”, cioè il dare forma a un luogo accogliente e armonioso per l’insediamento e lo svolgersi della vita umana, che in esso si proietta e riconosce. La separazione fra esterno e interno, fra grande e piccolo non hanno quindi importanza. A tal proposito scrive che “L’interno non è contraddizione dell’esterno; è un intiero temporaneo come ogni altro evento architettonico… parte, umana, chiuso apparentemente da muri fisici o diaframmi mobili che rispondono anche alla necessità di proteggere l’uomo nel raccoglimento necessario e ne definiscono un ambiente fisico persino di limitata dimensione, già capace di essere completo, seppure come parte; esso non è contrario al “di fuori” e non ha neppure dimensioni grandi o piccole; è una continuità che assume aspetti e significati diversi; è una consistenza singolare di un momento; è una condizione umana del vivere, riferita nel nostro caso al termine di “cavità architettonica” o semplicemente di “interno” nell’Architettura; il quale interno non taglia il procedere delle cose e va per sé stesso considerato, dimensionato, aperto architettonicamente: perché è aperto come essenza. Lo spazio primario è lo spazio delle prime relazioni, lo spazio di relazione o anche come il semplice spazio del gesto, sia di raccoglimento in se stessi che di apertura agli altri e al mondo. L’Architettura è fare la finestra perché entri aria e luce, perché l’affacciarsi al mattino, l’aprire, e il chiudere la sera, sia niente e tutto.  L’Architettura è una concavità che raccoglie l’impronta quando ha premuto la terra fresca ed è rimasta nel tempo: è preziosa ed emoziona, se una società ha lasciato traccia di sé da un tempo antichissimo, quasi immagine suggerita da una voce che non c’è.”

 De Carli non focalizza l’attenzione sullo spazio o l’oggetto in quanto tali, ma sul “processo di formazione” di spazi e oggetti, e della loro reciproca relazione, in cui molteplici fattori entrano in gioco, con interessi anche conflittuali, che richiedono una soluzione che li risolva insieme.  Lo “spazio primario  è l’idea centrale del suo pensiero teorico e pedagogico, ed è posto come principio genetico dell’intera architettura. Esso è evidente in alcuni progetti dello stesso De Carli, ad esempio nel Teatro Sant’Erasmo, la chiesa di Sant’Ildefonso. Definito come “spazio delle prime tensioni interiori”, ma anche come “spazio del gesto” e come “spazio di relazione”, lo spazio primario nasce nel momento in cui l’io si apre agli altri e al mondo in un atto di incontro e di umana solidarietà: io e tu, io e voi, qui ed ora, in qualsiasi occasione: anche questa. Non è semplicemente l’atmosfera fisica in cui siamo tutti immersi e che respiriamo, ma una attribuzione o “donazione di senso” a questo incontro e, di conseguenza, al luogo in cui esso avviene o può avvenire. Lo spazio primario non ha, all’inizio, proprietà fisiche o figura o altra determinazione formale e sta tutto nell’attenzione alla “preziosità” della persona umana, in un rapporto stringente fra architettura ed etica, e fra Architettura e Politica, che supera la semplice utilità funzionale per interpretarne il senso e tradurlo in opera costruita, in “immagine fisica di rivelazioni spirituali”. Esso infatti “nasce intriso di vissuto di tutta l’esperienza vissuta”.

Continuità, essenzialità, misura: unità di Architettura –  Il nucleo vitale che genera lo spazio abitabile si traduce naturalmente nella “unità singolare” di architettura, pensata “come l’albero della foresta fisica” completo e disponibile per essere vicino ad altri. L’architettura dell’intero edificio o dell’insediamento si compone di parti minori, finite in se stesse ma in reciproca relazione. Quest’idea di “unità”, relazionabile ad altre, è trasferita da De Carli dallo spazio abitato ai suoi stessi elementi costruttivi. Fra spazio abitabile ed elementi strutturali, l’idea di unità riguarda anche i mobili, (l’arredameto è architettura) nella loro interezza o nei moduli spaziali di diversa funzione e misura posti entro una struttura portante indipendente.

In questa poetica dell’architettura, che si fonde con una poetica del vivere personale e sociale, De Carli suggerisce alcuni principi fermi del progettare: la continuità fra architettura e natura, accomunate da uno stesso principio vitale. A tal proposito De Carli scrive che “Nell’infinito campo naturale, dove esistono le esatte premesse funzionali, insite nella natura stessa, e, in più, un grande fatto poetico, che è la vita in movimento, l’architetto può vivere pienamente, spaziare alla ricerca delle soluzioni più varie, creare quell’Architettura che continua senza brusche interruzioni l’opera della natura stessa, in perfetta armonia con ogni forma naturale… Natura e Architettura formano un paesaggio equilibrato solo quando l’architettura raggiunge la sua misura costruttiva e gli alberi sono vicino”. L’essenzialità delle forme e delle strutture è la misura da dare all’architettura come proporzione fra le parti componenti espressa in rapporti numerici multipli. Su questo particolare aspetto egli scrive: “L’Architettura non espone le misure metriche dei suoi elementi di composizione. Cerca l’armonia, rapporti di misura parziali che cercheranno l’equilibrio reciproco… colti da una intuizione, da un orecchio musicale... fare architettura con numeri concreti, capaci di essere aderenti, vitali, partecipi al corso degli avvenimenti… comporre nuove modulazioni di ritmo che manterranno misura, voce singolare e progressione verso ciò che è complesso, senza trascurare per problemi di scala il caso di un solo uomo singolo… numeri in rapporto armonico, quello che mi è rimasto in testa è il suono del pianoforte di casa”.

Questi principi si ritrovano nell’unità singolare di spazio primario: “un’entità minima può avere vita autonoma e dare origine a organismi complessi e ampliabili nel tempo… capace di integrarsi alla natura, come un albero della foresta fisica; saranno “semplici” unità architettoniche dove poter esprimere i primi segni di complessa realtà interiore e di incanti umani che si rinnovano. L’Architettura è fatta di parti singolari complete come alberi che si accostano e integrano reciprocamente. In una ipotesi naturale ogni cosa nasce singolarmente e sta vicina all’altra ed ha un fondamento come radici nella terra accanto ad altre radici… una cosa procede al completamento dell’altra e muore sacrificando in apparenza la sua vitalità, in realtà trasferendola per equilibrio naturale e si estende e incomincia a crescere entro un lembo di terra […] E’ utile parlare di “unità” in Architettura e di “unità” nella vita, dove la singola persona è un universo in se stesso, un universo sensibile e il primo nucleo di convivenza in equilibrio e inquietudine, la famiglia, assomiglia all’unità architettonica di struttura primaria e lo sia (è), nella sua autonomia e disponibile relazione con le altre, perché il problema è precisamente questo: il privato non come isolamento, ma come articolazione del pubblico; così il pubblico è la naturale continuazione della dimensione privata.” Questa unità, proposta anche come elemento base non rappresenta solo un segno di comunicazione, è concreta e vive ai fini di una funzione d’uso.

Metodi della progettazione – Nessuna forma geometrica o materiale garantisce a priori la realizzazione dello spazio primario, da cui piuttosto deriva e che per altri versi prefigura o anticipa; e mai De Carli ha voluto ridurne l'idea a una ricetta per progettare, e tanto meno a un codice linguistico, preferendo proporre agli studenti un modo di porsi nella progettazione. “All’inizio del processo, allo spazio primario corrisponde una immagine di luogo non ancora fisicamente delimitata, sino a che tutti i fattori non siano stati presenti e partecipi; prime ipotesi dentro un contorno che non sarà tracciato categoricamente per la necessaria libertà di moto del processo di formazione dell’oggetto architettonico. Il progettista è mosso da tensioni verso la rappresentazione fisica di un’idea di forma. Un primo segno cui seguiranno rappresentazioni sempre più complesse e creative tanto quanto saranno pervase d’origine. Sino al momento in cui diventeranno “materia”. Gli elementi strutturali nascono già come una espressione plastica, immagine fisica di una profonda emozione. […] Secondo l’ideale processuale dello spazio primario, viene proposto il metodo della ricerca come fondamento del nostro lavoro, dove la base del lavoro è l’umiltà… La mia ricerca in Architettura, sorretta dalla fiducia nella forza singolare della persona umana come principio di ordine morale, propone fra i suoi obbiettivi quello di operare su un piano illimitato, fra continue relazioni di cose e di uomini, sforzandosi, con misura, di ricreare ogni volta quello spazio della nascita di ogni atto umano dove i fattori più vari e opposti hanno la chiarezza della loro prima origine e si incontrano e si oppongono vitalmente: integrandosi, cioè completandosi, o nuovamente dividendosi, producendo un risultato che è aperto alle variazioni, alle costanti, alla continuità. […] Non vi sono decaloghi in Architettura, non modi di progettazione. Vi è soltanto, innanzi a ciascuno di noi, la propria vita e la vita degli altri, che deve essere accolta con amore. Vivendola con amore, un architetto saprà creare anche una ideale sedia e una casa ideale; ma se non sentirà in se stesso la rispondenza di ogni altra forma esterna, in continuità, illimitatamente, è inutile che sforzi il suo cervello per vestire di bei vestitini la sue personali forme funzionali… Gli “assimilatori” cercano di trarre il segreto di una essenza negli attributi analitici dell’Architettura, ma essa è nascosta nel dono misterioso della vita vissuta da un artista, il valore morale della personalità umana è l’alito della creazione. […] Non si può indicare un modello “perfetto” da imitare, ma indicare un processo che sia capace di correggersi. La legge della composizione architettonica non esiste, esiste il farsi dell’architettura che rifiuta i manuali e i “tipi” e le “tendenze”, mai la ricerca; occorre una lettura critica della storia, rilevare le ragioni del processo di formazione dell’architettura, i valori di “caso” e di “luogo”, essendo ogni intervento diverso per luogo, natura, tempo, mettendo in luce la vera sostanza continua di risposta ai bisogni umani”.

Il problema non è di linguaggio, ma di contenuti. Non è un come, ma un che cosa; è l’espressione dell’aspetto spirituale della realtà… Dalla presa di coscienza dei problemi l’architetto trarrà l’invenzione di nuove forme, che genereranno nuovi modi di vita. De Carli scrive che: “Sono contrario alla concezione esclusivamente artistico-figurativa dell’Architettura, chiusa nel suo metodo analitico al di fuori di un chiarimento dei contenuti… Nell’idea di Architettura “da niente” è presente l’idea di Architettura utile… e persino di ciò che è apparentemente inutile, ma essenziale in quanto rappresenta l’immagine del sogno dell’uomo…Occorre veramente “trattare” l’Architettura come una scienza capace  di risposta ai problemi di una società che vive oggi nella prospettiva di un futuro che starà tra bisogni e nuovi problemi posti innanzi tutto da livelli tecnici diversamente raggiunti nei diversi paesi, per ragioni di politica e di cultura… Troppo spesso si trascurano o nascondono i bisogni umani, le ragioni della natura da rispettare, le ragioni degli uomini e di ogni uomo, da rispettare. Sono bisogni che vanno messi in luce con attenzione verso chi sopporta il peso di troppe cose.”

Architettura e Politica - Il mutato clima politico dopo il 1968 (gli “anni di piombo” che De Carli chiama “tempi difficili”, in analogia al nome di “tempi gravi” che aveva dato al periodo della II guerra mondiale) si riverbera nella scuola, con un’accentuata politicizzazione degli studenti e con l’affermarsi ad Architettura di una nuova linea culturale, quella della “tendenza”. Le parole di De Carli al proposito sono chiare e coerenti con la sua idea di spazio primario, di scuola e di rapporti fra ricerca e didattica.

Sui rapporti fra Architettura e Politica, già verificati nel lavoro coi membri di nomina partitica  della Triennale di Milano scrive: “Sono totalmente contrario a un’idea di scuola politica di parte. Non sono un uomo di partito, rispettando i partiti e ritenendoli necessari purché siano democratici. La mia matrice cattolica non è mai stata applicata ai furti di quella borghesia che, dopo esser  stata protagonista di rivoluzione, è caduta nel sopore e nella speculazione. […] Le forze dominanti con l’aggressività di una strapotente base economica bruciano continuamente le tensioni all’equilibrio. L’autorità che non si decide di prendere atto dei nuovi contenuti storici e diritti, finisce col perdere legittimità. La protesta delle libere coscienze allora non è una minaccia disordinata, ma il necessario stimolo al rinnovarsi degli ordinamenti. L’Architettura partecipa, come Arte, alla costruzione di un “ordine”, sostenuta dalla sua stessa forza comunicativa e contenendo in sé stessa, per natura e in perenne confronto, i fattori ideologici, sociali, politici, tecnici, economici, scientifici e ogni altra vitalità d’essere. La cultura deve avere la pazienza di aprirsi una via; non ha problemi di potere, sta con tutti, se l’accolgono, e li raccoglie tutti, se è entrata egualmente negli uomini e ne è la forza comune. E non ha paura di niente. Dove sta la rivoluzione? Nella autenticità.”

Sulla “tendenza” scrive che: “Mi preoccupano le posizioni così dette di tendenza, sostenute da una sola ideologia, priva di dubbio, che si arroga il diritto di guidare senza confronti. La tendenza è contraria ai sensi della ricerca, perché si pone quasi prioritariamente a trasmettere il suo “verbo”, chiude gli studenti in una gabbia di pensieri e metodi che diventano ridicoli perché staccati dal moto del processo e perentori nelle affermazioni e “citazioni” di libri. […] Mi domando se le opere artificiali di coloro che hanno coltivato con dignità l’Architettura siano “di loro” (è il mito) o sono di tutti, della civiltà. Anche senza nome di autore, falsa nobiltà di un gruppo di uomini su altri, presuntuosa e violenta. Bisogna vivere in mezzo a tutti, operare per la partecipazione di tutti alla costruzione utile nella società dell’Architettura. l’Architettura è pensiero, quindi rivoluzione, donde nascono opere concrete, è un segno e uno strumento. I Personaggi-Protagonisti, che disastro!”