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autore |
CARLO DE CARLI |
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titolo |
ARCHITETTURA SPAZIO
PRIMARIO |
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editore |
HOEPLI |
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luogo |
MILANO |
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anno |
1982 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: Carlo De
Carli, Architettura Spazio Primario, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1982 |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Il libro racconta le vicende dell'architettura contemporanea
attraverso le memorie, i pensieri, le esperienze, le opere di un
protagonista. Il libro si presenta come una raccolta di opere, saggi,
progetti, trascrizioni di lezioni, relazioni tecniche di progetti dei
principali esponenti dell’architettura italiana, compreso l’autore, dagli
anni ’30 agli anni ‘70, raccolti da De Carli e
presentate non in ordine cronologico, e in certa parte prive di giudizi
critici o note esplicative, il tutto corredato da più di 1400 illustrazioni. Nella prefazione De Carli scrive che: “Le pagine saranno bene e male aderenti
a quanto ho annotato: faranno anche nomi di persone: dei nomi meritevoli di
chi non ho citato, desidero dire che non è questione di selezione: sarebbe
almeno cosa di cattivo gusto che non mi permetterei mai di fare: è questione
di tempo con limiti e complessità riconoscibili. Del resto quelli che hanno
lavorato per la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano sono,
naturalmente, nella storia di queste pagine e, non certo, comodamente. […] Il
mio parere è quello di un uomo di studio, bene compreso e male compreso: non
importa; ma è fermo e sicuro in se stesso: e anche pieno di
dubbi come forse è già apparso e apparirà” |
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Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10) |
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Scheda
compilata da: Davide Dujany |
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Corso di
Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015 |
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Autore: Carlo De
Carli |
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Carlo De Carli (Milano, 1910-1999) è stato un
architetto e designer italiano. Si è laureato presso la Facoltà di Architettura
del Politecnico di Milano nel 1934, e per un anno ha svolto il primo periodo
della sua attività professionale presso lo studio dell’architetto Gio Ponti.
Dal dopoguerra all’inizio degli anni settanta ha dato vita alla maggior parte
dei suoi progetti di architettura e
design. Tra le sue realizzazioni più importanti la casa per abitazioni e
uffici in via dei Giardini 7 a Milano, all’interno del basamento della quale
ha progettato il piccolo teatro Sant’Erasmo, nel 1953 e la chiesa di
Sant’Ildefonso a Milano. Nel 1954 ha vinto il premio Compasso d’Oro con la
sedia Mod. 683 per il brand Cassina. La figura di De Carli
si distingue per la sua capacità di oltrepassare l’attività professionale,
spaziando dal settore dell’insegnamento universitario, con le relative elaborazioni
teoriche, a quello della produzione industriale, a quello della
pubblicistica. Dal 1962 ha ricoperto la cattedra di Docente di Architettura
degli Interni, Arredamento e Decorazione presso il Politecnico di Milano,
dove dal 1965 al 1968 è stato preside della Facoltà di Architettura. Nel
campo della pubblicistica tra il 1957 e il 1960 ha diretto “Il Mobile
Italiano”, mentre tra 1967 e il 1971 è stato direttore di “Interni”. Ha
inoltre avuto un ruolo attivo nella Triennale di Milano, presso la quale è
stato membro di giunta nelle edizioni X e XI, e membro del Consiglio di
Amministrazione dalla XII alla XV edizione. Di Carlo De Carli, Gio Ponti ha
scritto la seguente nota: “La sua
attività extrascolastica è notevolissima e degna di elogio. Membro di
numerose Commissioni nazionali e internazionali, egli opera fortemente con
azione continua ben coordinata al fine di giungere al miglioramento del
prodotto nazionale e internazionale. La sua produzione di libero
professionista è riconosciuta in Italia e all’estero come di livello
superiore ed è documentata dalle pubblicazioni specializzate con vivi ed
espliciti riconoscimenti”. |
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Carlo De
Carli |
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Contenuto |
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Il libro è composto
da una serie di capitoli molto eterogenei tra loro, ordinati non in ordine
cronologico, né geografico, né di autore (opere di più autori sono presentate
in punti diversi del libro), caratterizzati da una forte assimetria tra testo
e imagini, a tutto favore di quest’ultime; in certi capitoli vi è addirittura
assenza totale di un testo esplicativo, al di fuori di brevi didascalie. Si riporta di seguito la lista di
alcuni degli argomenti trattati: Spazio
primario; documenti di una tendenza artistica (Lucio Fontana); programma del
corso di Architettura degli interni, arredamento e decorazione; relazione
sulla chiesa di Sant’Ildefonso; chiesa dell’Autostrada del Sole: incontro con
Michelucci; opera e lavoro di Franz Teodoro Sartori; gli studi: l’arredamento
è architettura; continuità; Giacomo Zanga: Giornalista; opere di Giovanni
Muzio; nota su Gio Ponti; Alberto Rosselli; opere di Luciano Baldessari; il
civismo democratico di un architetto: Gigiotti Zanini; i manuali e il nuovo
modo di intenderli, oggi; comportamento dell’Architettura; disegni del
pittore Nastasio; un intervallo: animali e uomini; ricerca e didattica;
momenti di valore dell’Architettura nella dialettica tra Architettura e
Politica; i segni dell’Architettura; Essenzialità e Continuità; l’opera di
Terragni; Giuseppe Terragni: discorso di Le Corbusier; centenario del
Politecnico di Milano: cerimonia della Facoltà di Architettura in onore dei
suoi laureati “honoris causa”: Alvar Aalto, Louis I. Kahn e Kenzo Tange;
Ernest N. Rogers; relazione sulla casa; Paolo Portoghesi; Bottoni:
quarant’anni di battaglie per l’architettura; Natura e Architettura; verso lo
Spazio Primario e le Unità Singolari; Studiare Architettura e fare
Architettura: metodologie; Franco Albini; Ludovico Barbiano di Belgiojoso;
BBPR; Note su Ignazio Gardella; Carlo de Carli: progettazione architettonica;
Guido Cannella; nota su Vittoriano Viganò; nota su Marco Zanuso; opere di giovani Docenti; relazioni scritte
da Docenti e Ricercatori della Facoltà; dall’addobbo all’etica industriale; i
segni dell’Architettura; Bernardo Secchi; il gioco dei bambini in una grande
città industriale; il lavoro e il ruolo dell’architetto; la casa abitata. |
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Di seguito
si presentano le opere progettate da De Carli, e presentate nel suo libro, come
le più esemplificative del suo modo di intendere il ruolo dell Architettura e
il processo progettuale, e come concretizzazoine del suo pensiero
teorico. |
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Edificio per
abitazioni e uffici in Via dei Giardini 7
La
struttura portante, in cemento armato, è arretrata, consentendo così di
risolvere la facciata con una serie di logge aggettanti, continue e
sovrapposte, comprese entro un telaio ortogonale che avvolge l’intero
edificio. Il raccordo dei balconi con le membrature d’angolo è arrotondato e
si presenta senza soluzione di continuità, grazie al rivestimento uniforme in
intonaco di cemento con granuli lapidei. La fascia orizzontale dei
serramenti, interrotta soltanto dalla sequenza dei pilastri, e le balaustre
in cristallo dei balconi, rette da montanti di alluminio anodizzato,
costituiscono un doppio diaframma trasparente tra interno ed esterno, che
riflette il cielo.
La
struttura portante in cemento armato, consente ai vari piani la massima
flessibilità distributiva. La parte di edificio su piazza Sant’Erasmo
comprende una colonna di ambienti molto vasti (circa 400 mq), senza sostegni
intermedi, la cui struttura è costituita da grandi solai retti da telai
multipli a travi di cemento armato incrociate. Ciò ha permesso, tra il 1951 e
il 1953, di collocare nel seminterrato il piccolo Teatro Sant’Erasmo (vedi
sotto) |
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Teatro Sant’Erasmo
Carlo De
Carli, presentando il progetto su Domus, scriveva che: “la soluzione del teatro vorrebbe dimostrare come sia possibile
risolvere un problema di architettura anche in un seminterrato (dove le
strutture già esistenti non sono state composte in rapporti architettonici
per esigenze del luogo), quando la soluzione del problema, che all’inizio è
impostato per intuizione, sia poi condotta dalla rete di una geometria
precisa che leghi fermamente gli elementi di composizione, tali da rompere il
volume chiuso di una scatola, che avrebbe fatto pesare le limitate misure della
sua forma impura, e da originare così una composizione che si disancori
dalle dimensioni costrette ed entri in rapporto libero con lo spazio”.
L’ottagono
della pista-palcoscenico diviene il centro dello spazio e va a generare tutto
l’intorno: le gradonate con le sedute in metallo e velluto blu sono
piegate lungo i raggi, determinando da ciascun posto una diversa visuale
della sala. La modulazione sfaccettata delle pareti, rivestite in legno e
panno rosso, si lega al disegno del soffitto, in pannelli di gesso che
includono i proiettori. C’è un uso rigoroso della geometria intesa non tanto
come elemento generatore della pianta, già predeterminata, ma come strumento
di controllo e di verifica dell’intera composizione spaziale.
L’architettura
diviene parte integrante e indivisibile dell’azione teatrale e non più
semplice quinta all’interno della quale si agisce la rappresentazione. In
seguito De Carli scriverà: “nei tempi
felici, ho trovato una cantina, ho progettato un piccolo teatro: avevo messo
in un cortile (si chiamava tecnologicamente pista) uomini a recitare i
racconti del vivere ad altri che ascoltavano tutti insieme […] Nel teatro
stesso, la rappresentazione è portata all’essenzialità e l’opera teatrale,
massimamente valorizzata. L’attore, pur nella più insistente misura umana,
annulla il suo peso fisico soltanto per mezzo di una trasfigurazione
interiore che avviene nell’isolatissimo spazio della pista, vorrei dire
nell’unità della pista, e tanto è “presente” da trascinare lo spettatore nel
gioco dell’azione con l’efficacia di una partecipazione diretta. Così nasce
un piccolo teatro, la cui forma è la proiezione dello stesso moto che anima
gli attori.” |
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L’edificio,
immerso nel verde, sorge su una porzione di terreno adiacente a via dei
Giardini, originariamente compresa nel parco privato di Palazzo Borromeo
d’Adda in via Manzoni e ceduta al Comune di Milano. Il
progetto, le cui prime soluzioni risalgono al 1952, è impostato su uno schema
planimetrico che si estende entro un perimetro rigidamente fissato da una
convenzione privata tra il Comune di Milano e i conti Borromeo d’Adda
risalente al 1940, che stabiliva che su tale area era possibile costruire
“soltanto una villa costituita da un piano semi interrato regolamentare, da
un piano terreno e da altri due piani, fino a raggiungere l’altezza
complessiva insuperabile di m. 13”. Sulla base di tale accordo venne definita
la soluzione realizzata.
La
composizione poligonale, scandita orizzontalmente dalle fasce marcapiano,
determina una diversa incidenza della luce sui fronti ed è caratterizzata
dall’alternarsi delle superfici vetrate, oscurate da imposte scorrevoli
esterne in legno, di quelle piene e delle ringhiere dei balconi. A proposito
di questa casa, Eugenio Gentili Tedeschi scriveva su Casabella-Continuità: “Qui si poneva il tema di un’abitazione in
una situazione eccezionale per Milano: quella cioè di un fabbricato
centralissimo immerso nel verde di un parco privato. Si trattava, inoltre, di
lavorare entro i contorni di una planimetria già vincolata da una
convenzione, risanandone il perimetro fino a trovare una forma che, senza
alterare i volumi, risultasse architettonicamente giustificata, una semplice,
civilissima Architettura urbana.” |
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Chiesa di Sant’Ildefonso
L’edificio
è stato oggetto, nel 1981, di un invasivo intervento, consistito
nell’aggiunta di un atrio coperto e di due rampe d’accesso, che hanno
eliminato la scalinata e l’ampio sagrato rialzato e scoperto che era raccolto
fra le due ali degli accessi laterali. A tal proposito De Carli scrive: “Ma devo dire che ogni volta (rara oggi)
ch’io entro in quello spazio, lo immagino come prima lo volevo esprimere:
così mi sembra caro, anche se lungo questi giorni, stanno costruendo e
falsando, con gravissimi errori, presuntuosi e autoritari, quello che sarebbe
necessario fre per giovare agli handicappati. La progettazione
dell’Architettura non è proprietà di una persona; è consiglio e struttura che
vive; il falso e la presunzione sono dannosi soprattutto per una causa
nobile, che purtoppo contraddice l’unità di un risultato precedente”
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GLOSSARIO |
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Spazio Primario – Il pensiero
teorico di Carlo De Carli si rifà all’origine prima del fenomeno architettonico,
là dove lo spazio è il “fare spazio”, cioè il dare forma a un luogo
accogliente e armonioso per l’insediamento e lo svolgersi della vita umana,
che in esso si proietta e riconosce. La separazione fra esterno e interno,
fra grande e piccolo non hanno quindi importanza. A tal proposito scrive che
“L’interno non è contraddizione
dell’esterno; è un intiero temporaneo come ogni altro evento architettonico…
parte, umana, chiuso apparentemente da muri fisici o diaframmi mobili che
rispondono anche alla necessità di proteggere l’uomo nel raccoglimento
necessario e ne definiscono un ambiente fisico persino di limitata
dimensione, già capace di essere completo, seppure come parte; esso non è
contrario al “di fuori” e non ha neppure dimensioni grandi o piccole; è una
continuità che assume aspetti e significati diversi; è una consistenza
singolare di un momento; è una condizione umana del vivere, riferita nel
nostro caso al termine di “cavità architettonica” o semplicemente di
“interno” nell’Architettura; il quale interno non taglia il procedere delle
cose e va per sé stesso considerato, dimensionato, aperto
architettonicamente: perché è aperto come essenza. Lo spazio primario è lo
spazio delle prime relazioni, lo spazio di relazione o anche come il semplice
spazio del gesto, sia di raccoglimento in se stessi che di apertura agli
altri e al mondo. L’Architettura è fare la finestra perché entri aria e luce,
perché l’affacciarsi al mattino, l’aprire, e il chiudere la sera, sia niente
e tutto. L’Architettura è una
concavità che raccoglie l’impronta quando ha premuto la terra fresca ed è
rimasta nel tempo: è preziosa ed emoziona, se una società ha lasciato traccia
di sé da un tempo antichissimo, quasi immagine suggerita da una voce che non
c’è.” De Carli non focalizza l’attenzione sullo
spazio o l’oggetto in quanto tali, ma sul “processo di formazione” di
spazi e oggetti, e della loro reciproca relazione, in cui molteplici fattori
entrano in gioco, con interessi anche conflittuali, che richiedono una
soluzione che li risolva insieme. Lo “spazio
primario” è l’idea centrale del
suo pensiero teorico e pedagogico, ed è posto come principio genetico
dell’intera architettura. Esso è evidente in alcuni progetti dello stesso De
Carli, ad esempio nel Teatro Sant’Erasmo, la chiesa di Sant’Ildefonso.
Definito come “spazio delle prime tensioni interiori”, ma anche come “spazio
del gesto” e come “spazio di relazione”, lo spazio primario nasce nel momento
in cui l’io si apre agli altri e al mondo in un atto di incontro e di umana
solidarietà: io e tu, io e voi, qui ed ora, in qualsiasi occasione: anche
questa. Non è semplicemente l’atmosfera fisica in cui siamo tutti immersi e
che respiriamo, ma una attribuzione o “donazione di senso” a questo incontro
e, di conseguenza, al luogo in cui esso avviene o può avvenire. Lo spazio
primario non ha, all’inizio, proprietà fisiche o figura o altra
determinazione formale e sta tutto nell’attenzione alla “preziosità” della
persona umana, in un rapporto stringente fra architettura ed etica, e fra
Architettura e Politica, che supera la semplice utilità funzionale per
interpretarne il senso e tradurlo in opera costruita, in “immagine fisica di
rivelazioni spirituali”. Esso infatti “nasce intriso di vissuto di tutta
l’esperienza vissuta”. |
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Continuità, essenzialità, misura: unità di Architettura
– Il nucleo vitale
che genera lo spazio abitabile si traduce naturalmente nella “unità
singolare” di architettura, pensata “come l’albero della foresta fisica”
completo e disponibile per essere vicino ad altri. L’architettura dell’intero
edificio o dell’insediamento si compone di parti minori, finite in se stesse
ma in reciproca relazione. Quest’idea di “unità”, relazionabile ad altre, è
trasferita da De Carli dallo spazio abitato ai suoi stessi elementi
costruttivi. Fra spazio abitabile ed elementi strutturali, l’idea di unità
riguarda anche i mobili, (l’arredameto è architettura) nella loro interezza o
nei moduli spaziali di diversa funzione e misura posti entro una struttura
portante indipendente. In questa
poetica dell’architettura, che si fonde con una poetica del vivere personale
e sociale, De Carli suggerisce alcuni principi fermi del progettare: la
continuità fra architettura e natura, accomunate da uno stesso principio
vitale. A tal proposito De Carli scrive che “Nell’infinito campo naturale, dove esistono le esatte premesse
funzionali, insite nella natura stessa, e, in più, un grande fatto poetico,
che è la vita in movimento, l’architetto può vivere pienamente, spaziare alla
ricerca delle soluzioni più varie, creare quell’Architettura che continua
senza brusche interruzioni l’opera della natura stessa, in perfetta armonia
con ogni forma naturale… Natura e Architettura formano un paesaggio
equilibrato solo quando l’architettura raggiunge la sua misura costruttiva e
gli alberi sono vicino”. L’essenzialità delle forme e delle strutture è
la misura da dare all’architettura come proporzione fra le parti componenti
espressa in rapporti numerici multipli. Su questo particolare aspetto egli
scrive: “L’Architettura non espone le
misure metriche dei suoi elementi di composizione. Cerca l’armonia, rapporti
di misura parziali che cercheranno l’equilibrio reciproco… colti da una
intuizione, da un orecchio musicale... fare architettura con numeri concreti,
capaci di essere aderenti, vitali, partecipi al corso degli avvenimenti…
comporre nuove modulazioni di ritmo che manterranno misura, voce singolare e
progressione verso ciò che è complesso, senza trascurare per problemi di
scala il caso di un solo uomo singolo… numeri in rapporto armonico, quello
che mi è rimasto in testa è il suono del pianoforte di casa”. Questi
principi si ritrovano nell’unità singolare di spazio primario: “un’entità minima può avere vita autonoma
e dare origine a organismi complessi e ampliabili nel tempo… capace di
integrarsi alla natura, come un albero della foresta fisica; saranno
“semplici” unità architettoniche dove poter esprimere i primi segni di
complessa realtà interiore e di incanti umani che si rinnovano.
L’Architettura è fatta di parti singolari complete come alberi che si
accostano e integrano reciprocamente. In una ipotesi naturale ogni cosa nasce
singolarmente e sta vicina all’altra ed ha un fondamento come radici nella
terra accanto ad altre radici… una cosa procede al completamento dell’altra e
muore sacrificando in apparenza la sua vitalità, in realtà trasferendola per
equilibrio naturale e si estende e incomincia a crescere entro un lembo di
terra […] E’ utile parlare di
“unità” in Architettura e di “unità” nella vita, dove la singola persona è un
universo in se stesso, un universo sensibile e il primo nucleo di convivenza
in equilibrio e inquietudine, la famiglia, assomiglia all’unità
architettonica di struttura primaria e lo sia (è), nella sua autonomia e
disponibile relazione con le altre, perché il problema è precisamente questo:
il privato non come isolamento, ma come articolazione del pubblico; così il
pubblico è la naturale continuazione della dimensione privata.” Questa
unità, proposta anche come elemento base non rappresenta solo un segno di
comunicazione, è concreta e vive ai fini di una funzione d’uso. |
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Metodi della progettazione – Nessuna forma geometrica o materiale garantisce a priori la realizzazione
dello spazio primario, da cui piuttosto deriva e che per altri versi
prefigura o anticipa; e mai De Carli ha voluto ridurne l'idea a una ricetta
per progettare, e tanto meno a un codice linguistico, preferendo proporre
agli studenti un modo di porsi nella progettazione. “All’inizio del processo, allo spazio primario corrisponde una
immagine di luogo non ancora fisicamente delimitata, sino a che tutti i
fattori non siano stati presenti e partecipi; prime ipotesi dentro un
contorno che non sarà tracciato categoricamente per la necessaria libertà di
moto del processo di formazione dell’oggetto architettonico. Il progettista è
mosso da tensioni verso la rappresentazione fisica di un’idea di forma. Un
primo segno cui seguiranno rappresentazioni sempre più complesse e creative
tanto quanto saranno pervase d’origine. Sino al momento in cui diventeranno
“materia”. Gli elementi strutturali nascono già come una espressione
plastica, immagine fisica di una profonda emozione. […] Secondo l’ideale
processuale dello spazio primario, viene proposto il metodo della ricerca
come fondamento del nostro lavoro, dove la base del lavoro è l’umiltà… La mia
ricerca in Architettura, sorretta dalla fiducia nella forza singolare della
persona umana come principio di ordine morale, propone fra i suoi obbiettivi
quello di operare su un piano illimitato, fra continue relazioni di cose e di
uomini, sforzandosi, con misura, di ricreare ogni volta quello spazio della
nascita di ogni atto umano dove i fattori più vari e opposti hanno la
chiarezza della loro prima origine e si incontrano e si oppongono vitalmente:
integrandosi, cioè completandosi, o nuovamente dividendosi, producendo un
risultato che è aperto alle variazioni, alle costanti, alla continuità. […]
Non vi sono decaloghi in Architettura, non modi di progettazione. Vi è
soltanto, innanzi a ciascuno di noi, la propria vita e la vita degli altri,
che deve essere accolta con amore. Vivendola con amore, un architetto saprà
creare anche una ideale sedia e una casa ideale; ma se non sentirà in se
stesso la rispondenza di ogni altra forma esterna, in continuità,
illimitatamente, è inutile che sforzi il suo cervello per vestire di bei
vestitini la sue personali forme funzionali… Gli “assimilatori” cercano di
trarre il segreto di una essenza negli attributi analitici dell’Architettura,
ma essa è nascosta nel dono misterioso della vita vissuta da un artista, il
valore morale della personalità umana è l’alito della creazione. […] Non si
può indicare un modello “perfetto” da imitare, ma indicare un processo che
sia capace di correggersi. La legge della composizione architettonica non
esiste, esiste il farsi dell’architettura che rifiuta i manuali e i “tipi” e
le “tendenze”, mai la ricerca; occorre una lettura critica della storia,
rilevare le ragioni del processo di formazione dell’architettura, i valori di
“caso” e di “luogo”, essendo ogni intervento diverso per luogo, natura,
tempo, mettendo in luce la vera sostanza continua di risposta ai bisogni
umani”. Il problema
non è di linguaggio, ma di contenuti. Non è un come, ma un che cosa; è
l’espressione dell’aspetto spirituale della realtà… Dalla presa di coscienza
dei problemi l’architetto trarrà l’invenzione di nuove forme, che genereranno
nuovi modi di vita. De Carli scrive che: “Sono
contrario alla concezione esclusivamente artistico-figurativa
dell’Architettura, chiusa nel suo metodo analitico al di fuori di un
chiarimento dei contenuti… Nell’idea di Architettura “da niente” è presente
l’idea di Architettura utile… e persino di ciò che è apparentemente inutile,
ma essenziale in quanto rappresenta l’immagine del sogno dell’uomo…Occorre
veramente “trattare” l’Architettura come una scienza capace di risposta ai problemi di una società che
vive oggi nella prospettiva di un futuro che starà tra bisogni e nuovi
problemi posti innanzi tutto da livelli tecnici diversamente raggiunti nei
diversi paesi, per ragioni di politica e di cultura… Troppo spesso si
trascurano o nascondono i bisogni umani, le ragioni della natura da
rispettare, le ragioni degli uomini e di ogni uomo, da rispettare. Sono
bisogni che vanno messi in luce con attenzione verso chi sopporta il peso di
troppe cose.” |
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Architettura
e Politica - Il mutato clima politico dopo il 1968
(gli “anni di piombo” che De Carli chiama “tempi
difficili”, in analogia al nome di “tempi gravi” che aveva dato al periodo
della II guerra mondiale) si riverbera nella scuola, con un’accentuata
politicizzazione degli studenti e con l’affermarsi ad Architettura di una nuova
linea culturale, quella della “tendenza”. Le parole di De Carli
al proposito sono chiare e coerenti con la sua idea di spazio primario, di
scuola e di rapporti fra ricerca e didattica. Sui rapporti fra Architettura e
Politica, già verificati nel lavoro coi membri di nomina partitica della Triennale di Milano scrive: “Sono totalmente contrario a un’idea di
scuola politica di parte. Non sono un uomo di partito, rispettando i partiti
e ritenendoli necessari purché siano democratici. La mia matrice cattolica
non è mai stata applicata ai furti di quella borghesia che, dopo esser stata protagonista di rivoluzione, è caduta
nel sopore e nella speculazione. […] Le
forze dominanti con l’aggressività di una strapotente base economica bruciano
continuamente le tensioni all’equilibrio. L’autorità che non si decide di prendere atto dei nuovi contenuti
storici e diritti, finisce col perdere legittimità. La protesta delle libere
coscienze allora non è una minaccia disordinata, ma il necessario stimolo al
rinnovarsi degli ordinamenti. L’Architettura partecipa, come Arte, alla
costruzione di un “ordine”, sostenuta dalla sua stessa forza comunicativa e
contenendo in sé stessa, per natura e in perenne confronto, i fattori
ideologici, sociali, politici, tecnici, economici, scientifici e ogni altra
vitalità d’essere. La cultura deve avere la pazienza di aprirsi una via; non
ha problemi di potere, sta con tutti, se l’accolgono, e li raccoglie tutti,
se è entrata egualmente negli uomini e ne è la forza comune. E non ha paura
di niente. Dove sta la rivoluzione? Nella autenticità.” Sulla “tendenza” scrive che: “Mi preoccupano le posizioni così dette di
tendenza, sostenute da una sola ideologia, priva di dubbio, che si arroga il
diritto di guidare senza confronti. La tendenza è contraria ai sensi della
ricerca, perché si pone quasi prioritariamente a trasmettere il suo “verbo”,
chiude gli studenti in una gabbia di pensieri e metodi che diventano ridicoli
perché staccati dal moto del processo e perentori nelle affermazioni e “citazioni”
di libri. […] Mi domando se le
opere artificiali di coloro che hanno coltivato con dignità l’Architettura
siano “di loro” (è il mito) o sono di tutti, della civiltà. Anche senza nome
di autore, falsa nobiltà di un
gruppo di uomini su altri, presuntuosa e violenta. Bisogna vivere in mezzo a
tutti, operare per la partecipazione di tutti alla costruzione utile nella
società dell’Architettura. l’Architettura
è pensiero, quindi rivoluzione, donde nascono opere concrete, è un segno e
uno strumento. I Personaggi-Protagonisti, che disastro!” |