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Descrizione: imperfect_health_g

autore

GIOVANNA BORASI e MIRKO ZARDINI

 

titolo

IMPERFECT HEALTH-The medicalization of architecture

 

editore

LARS MÜLLER PUBLISHERS

 

luogo

CANADIAN CENTRE FOR ARCHITECTURE

 

anno

2012

 

 

 

 

lingua

INGLESE

 

 

 

 

Titolo originale: IMPERFECT HEALTH-The medicalization of architecture

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: imperfect_health_g

 

Questo libro tratta un tema molto delicato, che riguarda in particolar modo la società odierna. Come si può intuire dal titolo “Imperfect health” si parla di salute imperfetta, una salute che diviene preoccupazione principale, che si trova ad essere costantemente minacciata da tutto ciò che la circonda e che influenza un discorso sia sociale che politico oltre che architettonico.

I problemi della vita quotidiana tendono ad essere trattati sempre più come problemi medici, ed è attraverso il sottotitolo “The medicalization of architecture” che comprendiamo come anche l’architettura si trovi a rispondere a questo problema proprio medicalizzando se stessa affinché possa servire come scudo dai problemi e dalle minacce dell’ambiente esterno (ad esempio proteggendo le utenze che si trovano a svolgere attività all’interno di edifici resi immuni dall’inquinamento esterno) e come soluzione per migliorare la qualità della vita urbana (ad esempio creando delle facciate-filtro con la capacità di purificare l’aria).

 

  

Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Fabiana Murgia

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015

 

 

Descrizione: mirko-zardini-bioDescrizione: borasi-giovanna-5668 

 

 

Autore

 

L’architetto Giovanna Borasi, laureata al Politecnico di Milano, è stata redattrice della rivista Lotus international dal 1998 al 2005, vice direttrice della rivista Abitare dal 2012 al 2013, curatrice di architettura contemporanea presso il Canadian centre for architecture dal 2005 al 2013 e attualmente capo curatrice presso il Centre canadien d’architecture dal 2014.

 

L'architetto Mirko Zardini ha prodotto negli anni ricerche, scritti e progetti sul rapporto tra architettura e città contemporanea, e sulle trasformazioni delle infrastrutture e del paesaggio. E' stato redattore di riviste come Casabella e Lotus international. Ha insegnato alle università di Harvard e Zurigo, prima di approdare al Centre Canadien d'Architecture di Montréal del quale è il responsabile della selezione delle opere italiane in mostra quest'anno.

Giovanna Borasi & Mirko Zardini

 

CAPITOLI

DEMEDICALIZE ARCHITECTURE

In questo primo capitolo si analizzano gli aspetti della realtà in cui viviamo, caratterizzata da uno stato d’ansia che ci accompagna costantemente. Il nostro corpo è percepito come se fosse costantemente esposto a rischio contaminazione o a possibili malattie. La conseguenza che scaturisce da tutto ciò è l’ossessione per la salute e per il benessere che sta innescando un inevitabile processo di medicalizzazione. La città viene ora percepita come un insieme di organi funzionali e questi organi possono identificarsi, per esempio, con spazi verdi, quali parchi, che assumono la funzione di polmoni verdi per la città. Il verde viene percepito come una sorta di unguento per le superfici urbane, ma così come la natura porta benessere può anche causare danni alle persone (per esempio sotto forma di allergie); è per questo motivo che la selezione delle specie vegetali da inserire all’interno del contesto urbano è cruciale.

Il processo di distruzione della terra ha portato spesso alla creazione di quella che chiamiamo “seconda natura”; la città è vista come un corpo malato che necessita di cure e ha bisogno di guarire, ma per guarire una città devono essere guariti a loro volta gli abitanti della città stessa, spronandoli ad esempio a camminare anziché servirsi delle auto, utilizzando biciclette e coltivando negli orti o attraverso l’agricoltura verticale.

Anche gli edifici come le persone e la città devono essere sani e per raggiungere questo obiettivo è necessario progettare con materiali adatti, con espedienti che permettano un consumo sostenibile dell’energia e con interesse rivolto alla luce naturale, al ricambio d’aria, all’acqua e alla natura.

ALLERGIC LANDSCAPE, BUILT ENVIRONMENTS AND HUMAN HEALTH

Negli ultimi quarant’anni è cresciuto considerevolmente il numero di persone con allergie nei centri in via di sviluppo.

Una delle principali cause è riconosciuta nell’ambrosia, una pianta che produce in autunno un grande quantitativo di polline allergenico. Dal 1910 al 1920 asma e allergie sono considerate minacce urbane, per questo chi ne soffre è messo a crescere in quarantena in lotti abbandonati o campi incolti. Per far fronte a queste malattie si attuerà anche un piano di sradicamento delle piante di ambrosia nella città.

Architetti e ufficiali di salute pubblica del diciannovesimo e ventesimo secolo hanno prestato molta attenzione alla ventilazione degli edifici e alla sua importanza per la salute. L’obiettivo è quello di realizzare delle abitazioni sane che siano in grado di filtrare l’aria e ripulirla affinché si possa evitare anche la comparsa di sintomi allergici.

Questa necessità di prevenzione è sottolineata ancora di più dall’introduzione di nuovi materiali sintetici, come laminati e compensati, che applicati alle abitazioni riducono il rischio di allergie in quanto privi di fibre naturali.

Ogni cosa però ha i suoi pro e i suoi contro, infatti queste produzioni sintetiche colpiscono in altro modo la salute dell’uomo a causa di sostanze nocive presenti al loro interno (per esempio coloranti, insetticidi ecc.)

È necessario, quindi, trattare le abitazioni e i luoghi di lavoro in modo da renderli posti sani, sicuri e dotati comfort.

THE THEORY OF POLLUTION FOR ARCHITECTURE

Questa terza parte tratta in particolar modo il tema dell’inquinamento urbano. Gli architetti si esprimono riguardo la brutalità della città affumicata, fuligginosa e polverosa (conseguenze di un marcato sviluppo industriale) e rispondono a questi aspetti negativi attraverso la progettazione di un’architettura moderna, ma allo stesso tempo rapportata all’era preindustriale. L’inquinamento si presenta come uno dei flussi principali della città e gli architetti tentano di contrastarlo e di reindirizzarne la circolazione attraverso l’assorbimento dello stesso. È in questo modo che l’edificio diviene una sorta di dispositivo tecnologico, caratterizzato da una rete di sistemi che eliminano l’inquinamento cittadino. Architetti e ambientalisti si trovano a collaborare per la progettazione di edifici che assorbano l’inquinamento attraverso muri e facciate in grado di filtrare e pulire potenziali tossine.

Questo è possibile, per esempio, attraverso un sistema di facciate verdi, cioè costituite dalla presenza di vegetazione o altre forme di natura ingegnerizzate, che assorbono le tossine attraverso le loro radici.

Questi edifici, oltre a rappresentare una possibilità di liberazione dall’inquinamento degli ambienti interni, suggeriscono anche un nuovo tipo di rifugio per gli abitanti, protetti e isolati dalla città circostante.

La speranza di molti architetti è che questi sistemi possano portare alla scomparsa dell’inquinamento, anche se la scienza ha chiaramente riferito che non esiste via d’uscita.

STRANGE BEDFELLOWS: MODERNISM AND TUBERCOLOSIS

Il rapido sviluppo industriale del XIX-XX secolo ha portato a conseguenze estreme, causando situazioni di disagio e malattie tra la popolazione della classe dei lavoratori, costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento e anti-igiene. Questo stile di vita estremo ha portato alla diffusione della tubercolosi e alla conseguente approvazione di un sistema di quarantena e guarigione che prevedeva l’isolamento dei malati presso stabilimenti situati in regioni alpine le quali avevano dato buoni segni di guarigione grazie all’aria pulita della zona. Dalla seconda metà del XX secolo lo sviluppo della medicina permette la guarigione dalla tubercolosi senza necessità di quarantena e lo sviluppo del social housing permette ai lavoratori di vivere in condizioni dignitose e più igieniche, fattore fondamentale per contrastare la diffusione di malattie. La comparsa del social housing coincide con l’affermazione del modernismo in architettura, che supporta la ricerca e l’utilizzo di nuovi materiali e tecnologie impiegati nella progettazione degli edifici. Il primo architetto che gettò le basi del modernismo fu Le Corbusier, il quale sosteneva che il deterioramento sociale era causato principalmente dai rapidi processi di rinnovamento urbano. Le Corbusier progettava secondo idee che promuovessero una buona salute e una sana moralità urbane.

Le principali caratteristiche del modernismo erano il tetto piano, il balcone e il terrazzo; elementi che permettevano la realizzazione di edifici in salute, illuminati dalla luce naturale e con un buon ricambio d’aria. Questi elementi erano fondamentali per la guarigione in loco di persone affette da malattie che non dovevano più isolarsi in centri appositi, ma sfruttavano elementi della casa, godendosi giornate all’aria aperta sul balcone o passeggiando sul terrazzo.

EMERGENCY URBANISM AND PREVENTIVE ARCHITECTURE

La storia ci ha mostrato come i periodi più difficili da affrontare siano stati quelli in cui si sono sviluppati e diffusi i focolai di malattie trasmissibili, la cui rapida espansione aveva destabilizzato gli spazi pubblici e le infrastrutture.

In qualsiasi momento è possibile distinguere due tipi di città: la città in salute e la città malata. Non si tratta di una distinzione solo fisica, riconoscibile tra individue in salute e individuo affetto, ma è anche possibile riscontrare ripercussioni della malattia nelle architetture della città e negli spazi pubblici urbani. Le epidemie colpiscono gli edifici, le infrastrutture e il modo di agire di una città, come è successo a causa della diffusione della SARS, che aveva creato uno stato di panico e un conseguente abbandono delle strade e dei luoghi pubblici e infine lo scoppio di una devastante crisi economica.

Questa esperienza ha portato alla creazione di un nuovo programma relativo alla salute, dotando gli spazi cittadini di laboratori destinati alla ricerca, uffici di servizi associati ecc.

                               

YOUR CITY YOURSELF

I luoghi in cui abitiamo possono presentare pericoli per la nostra salute e tra questi pericoli i più significativi sono la cattiva qualità dell’aria, incidenti automobilistici, mancanza di spazi pubblici e pedonali e accessi inadeguati a luoghi di ricreazione sicuri, scarsa assistenza sanitaria ecc.

La mancanza di spazi comuni all’interno della città spinge verso una vita sedentaria favorendo lo sviluppo di obesità e malattie cardiovascolari, diabete e altre forme di cancro. Le malattie infantili risultano essere in aumento e la tendenza ad utilizzare videogiochi anziché uscire all’aria aperta accentua maggiormente disturbi come obesità, stress e depressione infantili. È necessario un progetto per migliorare la città, ma per far sì che questo sia possibile è necessario in primis migliorare se stessi e saper vivere in modo da progettare per la vita.

Il comfort della comunità ci permette di dare fiducia agli altri e a vivere con più serenità; con l’aiuto dell’immaginazione collettiva è possibile produrre buoni risultati e prendersi cura dei progetti realizzati, mentre se dovessimo provare ad applicarci individualmente saremmo frenati dalle insicurezze e dalle limitazioni personali.

La presenza della comunità, quindi, incoraggia tutti ad essere più calmi, più sereni, più produttivi e più saggi.

ARCHITECTURE AS INFRASTRUCTURE FOR INTERACTIVITY: THE NEED FOR DESIRE

Vi è una forte relazione tra l’obesità e l’aspetto degli spazi e della vita che suggerisce ad ogni architetto la necessità di ripensare come la città influisce sulla nostra formazione e come determinate forze e aspetti agiscono sulla formazione della città. È necessario quindi che il design sia in grado di promuovere l’attività fisica, ossia l’architetto deve essere in grado di progettare spazi che incentivino il movimento e l’attività, ad esempio rendendo immediato l’utilizzo delle scale rispetto all’utilizzo dell’ascensore. Le strategie di intervento creano reciprocità tra i sistemi esistenti e i nuovi per costruire un’identità del luogo. Il design è un processo iterativo nel quale connettere i punti tra sistemi differenti che rendono visibili potenziali sinergie. L’azione di camminare nello spazio urbano della città è uguale dappertutto; l’architetto ha il ruolo di realizzare un’infrastruttura quotidiana che enfatizzi l’azione di camminare.

Si potrebbe partire ad esempio dall’immagine del parco, che storicamente veniva visto in modo negativo, per sfruttare i suoi margini affinché da questi si possa partire per la radicale trasformazione di un intorno che spesso appare frammentato e disconnesso e che quindi ostacola i pedoni che vogliono spostarsi da un quartiere a un altro.