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Descrizione: 9788806206635g

autore

WALTER BENJAMIN

 

titolo

L’OPERA D’ARTE NELLA SUA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA

 

editore

EINAUDI SAGGI

 

luogo

TORINO

 

anno

2011

 

 

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

 

 

Con introduzione di Massimo Cacciari

 

Titolo originale: Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Descrizione: 9788806206635g

Durante la sua vita Walter Benjamin ha a lungo riflettuto sul linguaggio, inteso come elemento centrale in campo letterario, filosofico e artistico. Benjamin elabora in questo modo una teoria dell'interpretazione basata sul concetto di un'unica e divina lingua originaria, che è andata persa nel tempo, costituita da   segni e convenzioni che diventano in tal modo uno strumento per comunicare. Compie quindi numerosi studi che riguardano fenomeni di movimenti (di cui fa parte in gioventù) politici e artistici sempre incentrati sul rapporto con la società di massa. Vi è quindi la perdita del "quid" o aura, elemento definito “sacrale e misterioso” che era un tempo fondamento dell’arte, ormai diventata oggetto di consumo per le masse.

 

  

Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Elisabetta Doria

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2014/2015

 

 

Descrizione: Walter Benjamin_0

 

Autore Walter Benjamin

Walter Bendix Schoenflies Benjamin (15 luglio 1892 –26 settembre 1940) nasce nel quartiere di Charlottenburg, Berlino, in una famiglia ebraica dell’alta borghesia.  Dal 1905 per due anni si reca al Friedrich-Wilhelm Gymnasium, dove è soggetto al nuovo modello di educazione di Gustav Wyneken, teorico tedesco della Jugendbewegung, ovvero del movimento giovanile in cui Benjamin avrà ruolo attivo fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Nel 1912, dopo gli studi secondari, inizia la sua attività come scrittore per la rivista "Der Anfang", sempre ispirata alle idee di Gustav Wyneken. Per motivi di salute riesce a evitare di arruolarsi durante la guerra ma nel frattempo si distacca dalle idee di Wyneken che aveva accolto in modo entusiasta l’idea di aderire alla guerra in corso. Frequenta l’università di Berlino, ma nel 1915 si trasferisce a Monaco dove incontra Gerschom Scholem, con il quale inizia un profondo rapporto di amicizia che durerà per tutta la vita. In questa università, oltre alla matematica e alla filosofia, si avvicina anche allo studio dell’ebraismo. Nel 1916 incontra Dora Kellner che  sposerà l’anno successivo; dall’unione nasce il loro unico figlio, Stefan. Il 27 giugno del 1919 si laurea summa cum laude nella facoltà di filosofia con una tesi su Il concetto di critica nel primo romanticismo tedesco. Nel 1925, non riuscendo a realizzare il suo sogno accademico, poiché non viene accettato dall'università di Francoforte, continua l’attività di critico e di traduttore (soprattutto di Proust e Baudelaire). Nel 1933 avviene il suo definitivo allontanamento dalla Germania. Si trasferisce a Parigi come rifugiato, ma riesce a continuare i viaggi che avevano caratterizzato il periodo precedente della sua vita. Nel 1936 pubblica, per Zeitschrift für Sozialforschung, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, ma economicamente non riesce ad essere autosufficiente e  vive facendosi ospitare da amici. L’inizio della Seconda Guerra Mondiale lo spinge a scrivere un altro testo, il suo ultimo, Tesi sul concetto di storia. Infatti poco dopo viene catturato e internato nel campo di prigionia di Nevers, ma, poiché era ancora cittadino tedesco, ottiene di essere rilasciato e cerca di compiere il suo ultimo viaggio verso gli Stati Uniti. Bloccato però dalla polizia spagnola prima della partenza, il 26 settembre del 1940 si toglie la vita con un’overdose di morfina. Il giorno successivo sarà concesso agli altri viaggiatori, per motivi slegati al suo gesto, di partire e lasciare l’Europa.

Walter Benjamin

 

Contenuto

Benjamin attribuiva una grande importanza ai saggi riguardanti L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, composta da varie parti, diverse tra loro in base alle riflessioni svolte in momenti precisi della sua vita. Questo risulta evidente in una lettera, scritta da Benjamin a Kraft del dicembre del 1935, nella quale afferma di aver fissato l’"ora del destino" ormai scoccata per l'arte. Questo non può dipendere esclusivamente dallo sviluppo di nuove tendenze nel campo di ricerca o dal rivoluzionario modo di pensare introdotto dalla società di massa, così come non può essere attribuito solo alla nascita di nuove arti come cinema e fotografia.

L’autore cerca di comprendere la crisi dell’arte, intesa come perdita di Aura; illustra quindi “una filosofia della crisi dell'arte” che porterà poi a parlare di una vera filosofia legata alla storia e agli influssi che lo sviluppo dell’uomo ha su di essa, tema molto caro a Benjamin.

 

CAPITOLI

Premessa di Massimo Cacciari

Analisi del saggio di Walter Benjamin nel suo aspetto tecnico e storico.

Non è la tecnica, secondo l’analisi del saggio di Benjamin da parte di Cacciari, che produce la rivoluzione, ma è la rivoluzione tecnica che matura perché la spiritualità dell’arte lo permette. La perdita di aura non è il prodotto dell’invenzione di nuove arti come la fotografia, ma le nuove arti mai avrebbero raggiunto la funzione che hanno assunto nel campo dell’espressione artistica se questa non fosse giunta nell’ora del tramonto dell’arte. Quando il valore culturale si rifugia nell’aura è già al tramonto. Il tema artistico e culturale è solo un’introduzione per arrivare al tema principale del pensiero di Benjamin, ovvero quello politico, legato anche alla teoria marxiana.

Il movimento rivoluzionario o è immanente al dispiegarsi delle forze produttive, esaltandone l’energia innovativa, o si rovescia al suo opposto. La teoria dell’arte proposta da Benjamin è inutilizzabile ai fini della teoria fascista del controllo dlle masse e considera inutilizzabili anche le nuove forme di espressione che cintrastano con il valore tradzionale; infatti senza l’aura sacrale non possono essere utilizzati per suscitare passioni. L’idea alla base di questi saggi è di collocare “l’angelo” della rivoluzione all’altezza dello sviluppo delle forze produttive.

 

Premessa dell’autore

Partendo dalle analisi di Marx, riguardanti il mondo capitalistico, orientate in modo da poter assumere un valore di prognosi, ci si poteva aspettare un futuro del capitalismo sempre più presente nella società relativamente allo sfruttamento del proletariato; ciò avrebbe potuto suscitare ribellioni che avrebbero portato alla soppressione del capitalismo stesso. Il modo in cui questo è avventuo ci è noto solo oggi, quindi possiamo prendere queste teorie come un elemento prognostico. Le odierne condizioni di produzione sopprimono un gran numero di concetti tradizionali come la creatività, portando a una elaborazione in senso fascista di ciò che è avvenuto e avviene. Quanto espresso dall’autore nei saggi successivi non sarà utilizzabile al fine del fascismo, ma solo per istanze rivoluzionarie legate al campo “dell’arte politica”.

  

Parte I – L’opera d’arte è sempre stata riproducibile.

L’unica riproducibilità che ha intensità crescente, precedentemente non rilevata, è quella legata alla tecnica dell’opera d’arte. La grafica diventa riproducibile per la prima volta con la Xilografia e con la stampa diventa riproducibile anche la scrittura. Attraverso la litografia la grafica può accompagnare la parola stampata. Per la prima volta furono introdotti sul mercato prodotti, sia in grande quantità che in configurazioni nuove, ogni giorno mediante la grafica dei quotidiani. Con la fotografia l’occhio diventa l’unico oggetto delle incombenze artistiche.

La fotografia e il cinema permettono alla parola di seguire in tempo reale le azioni, cosa che con la stampa non poteva succedere. Nel 1900 la riproduzione diventa un vero e proprio procedimento artistico.

  

Parte II- Hic et nunc

Anche nel caso di una riproduzione perfezionata l’Hic et nunc, inteso come irripetibilità rimane elemento mancante. Per quanto riguarda la struttura fisica, può essere reperita solo mediante analisi, invece per i rapporti di proprietà bisogna ricostruire a partire dalla sede originale. L’ Hic et nunc dell’originale costituisce il concetto alla base dell’autenticità, e questo ambito è quello che si sottrae alla riproducibilità.

L’autentico però perde di autorità nella riproducibilità tecnica (non in quella manuale); può infatti rivelare caratteristiche accessibili solo a un mezzo tecnico ed è regolabile. Inoltre per quanto riguarda fotografia o musica permette di andare incontro al fruitore smettendo di essere inaccessibile alla totalità.

Ciò che viene a mancare si può riassumere nel concetto di AURA. La riproduzione elimina l’evento unico e favorisce la quantità, toglie il particolare.

Il cinema, anche nel suo esempio più positivo, rappresenta l’aspetto distruttivo, sconvolgendo ciò che viene tramandato e legandosi fortemente a una società di massa.

  

Parte III – Medium

Nei lunghi periodi storici si modificano le percezioni sensoriali dei modi e dei generi; il senso storico, infatti, insieme al senso naturale condiziona la percezione, il medium in cui essa ha luogo. Per quanto riguarda il presente le modificazioni del medium della percezione possono essere definite come decadenza di quello che è già stato definito come aura.

Nel caso di oggetti naturali e non storici, l’aura viene definita come apparizione unica di una lontananza (catene montuose ecc.) ed è fortemente in grado di condizionare l’uomo.

Infatti “avvicinare le cose spazialmente e umanamente è un’esigenza vivissima delle masse attuali” così come lo è la ricerca del superamento dell’unicità o autenticità tramite la creazione di una riproduzione.  Viviamo quindi in un’adeguamento sempre maggiore della realtà alle masse e viceversa.

  

Parte IV- Valore di unicità dell’opera d’arte

L’unicità di un’opera d’arte, come una statua greca, si identifica fortemente con la sua integrazione nel contesto della tradizione. Le prime opere d’arte sono nate per servire un rituale, quindi l’esistenza aurica di un’opera non può essere divisa dalla sua funzione sacrale.  “Il valore di unicità dell’opera d’arte autentica ha una sua fondazione nel rituale, nell’ambito del quale ha avuto il suo primo e originario valore d’uso.” Con la nascita della fotografia, primo mezzo di riproduzione rivoluzionario, inizia a svilupparsi l’idea di arte che rifiuta qualsiasi funzione sociale, ovvero la dottrina dell’arte per l’arte o “arte pura”. Con la pellicola l’opera d’arte riprodotta diventa sempre più la riproduzione di un’opera riproducibile, quindi perde significato la questione della stampa autentica. Quando però manca questo criterio si trasforma anche la funzione sociale che ha l’arte, non vi è più un rituale, ma inizia a fondarsi sul sociale e sulla politica assumendo nuovi significati.

   

Parte V– Valore e ricezione

La ricezione di opere si basa su un valore culturale e sul valore espositivo dell’opera. Il valore culturale è centrato sulla spiritualità; l’importante è che l’opera esista e non deve essere obbligatoriamente sempre visibile (ne sono esempio alcune statue sacre mostrate ai fedeli solo in particolari avvenimenti). Con l’emancipazione dei lavori artistici dal campo del rituale è possibile creare opere con maggiori occasione di visibilità (un quadro rispetto a un affresco), ma si perde la dimora permanente dell’arte e ogni opera può essere traslata ed esposta. L’opera d’arte oggi ha funzioni completamente nuove, fra le quali quella artistica sembra diventare la più marginale.

   

Parte VI – La fotografia

La fotografia è la prima tipologia di arte in cui il valore di esponibilità supera il valore culturale. Il valore culturale cerca di prevalere sul nuovo come tema; infatti i principali soggetti delle prime fotografie sono le persone, i volti.

Nel culto e ricordo dei cari il valore culturale rimane forte e trova nelle fotografie un rifugio. La persona emana nelle fotografie l’aura che possiede. Il valore espositivo prevale quando l’uomo non è più soggetto delle fotografie.

Nel 1900, con Atget, nasce l’uso nella fotografia come prova del processo storico. Nei giornali accanto alle foto compare la didascalia, diversa dal titolo perche è una vera direttiva, una chiave di lettura di ciò che la persona sta guardando.

 

Parte  VII – La fotografia è davvero arte?

Questa domanda, che divenne ben presto una disputa, era il sintomo di un cambiamento storico mondiale, non consapevole; la riproducibilità tecnica aveva ormai svincolato l’arte dal fondamento cuturale. Ma la domanda era stata posta nel modo sbagliato; sarebbe stato corretto chiedersi se la scoperta della fotografia avesse in qualche modo cambiato il carattere complessivo dell’arte. La domanda rimase senza risposta perché l’ingresso del cinema mutò ancora più fortemente la concezione dell’arte. La considerazione del cinema come forma d’arte spinge numerosi teorici a ricercare in esso gli elementi culturali che erano stati fondanti fino a quel momento.
Secondo il critico Werfel  “Il cinema non ha ancora colto il suo vero senso […]. Le sue reali possibilità consistono nella sua particolare peculiarità di portare all’espressione con mezzi naturali e con una capacità di convincimento assolutamente incomparabile ciò che è magico, sovrannaturale”.

 

Parte VIII IX – Cinema e teatro

Le due tipologie di attori si pongono in maniera sostanzialmente diversa al pubblico, l’attore cinematofrafico attraverso un mezzo e l’attore teatrale direttamente dal palco. L’apparecchiatura cinematografica non coglie la totalità della scena, si concentra su dettagli e inquadrature specifiche. Inoltre l’attore cinematografico perde la capacità di adattare la prestazione alla risposta del pubblico, che assume il ruolo di “perito estraneo senza contatti con l’interprete”. Il pubblico non si immedesima con l’attore, ma con l’immagine di esso che passa attraverso l’apparecchiatura. Pirandello descrive l’attore cinematografico come un uomo in esilio sia dal palcoscenico che da se stesso, deve solo rappresentare un’immagine davanti alla “macchinetta”. Per la prima volta l’uomo agisce con un’intera persona vivente, ma rinuncia all’aura. Secondo studi specializzati sullo spettacolo cinematografico i risultati migliori si ottengono quando non vi è recitazione, quando l’attore è considerato un attrezzo da collocare nel posto giusto. L’arte è sfuggita al regno della bella apparenza; nel cinema i registi ricorrono spesso a espedienti non possibili nel campo naturale quando si ha un contatto diretto con il pubblico per favorire l’effetto finale.

 

Parte X – Il mercato

L’interprete sa che alla fine avrà contatto con il pubblico, che diventa mercato. Il cinema però sostituisce la decadenza dell’aura con la creazione della personality, quello oggi chiamato star system, il culto della star. Il cinema può avere dei punti di collegamento con la stampa; come essa ha dato possibilità a tantissime persone di scrivere e diventare protagonisti anche in modo temporaneo, anche il cinema offre questa possibilità, quella di diventare comparsa. Oggi il lettore è sempre pronto a diventare scrittore, in quanto competente di qualcosa tramite le sue esperienze quotidiane di vita e lavoro. Nell’Europa occidentale lo sfruttamento capitalistico del cinema impedisce di prendere in considerazione la legittima volontà di tutti di comparire, l’industria cinematografica ha grandi interessi nel cercare di legare a se con illusioni e speculazioni la partecipazione delle masse.

  

Parte  XI - Ripresa e operatore

Una delle fondamentali differenze tra teatro e cinema è quella fondata sul punto di osservazione. Nel cinema è fisso e tutto si svolge in modo da essere valorizzato se visto da quella prospettiva. Nel teatro non vi è un unico punto di osservazione e tutto deve essere calibrato su diverse direzioni. Per quanto riguarda la pittura invece vi è un comportamento ancora diverso; il pittore nel suo lavoro osserva a distanza ciò che deve rappresentare, l’operatore invece scruta dall’interno della scena. Il pittore ha un’immagine totale, l’operatore frammentata. La rappresentazione filmica è più vicina all’uomo moderno perché non fa percepire direttamente la presenza dell’apparecchiatura, offre un aspetto libero dai mezzi che l’uomo moderno considera elemento legittimante dell’opera d’arte.

 

Parte  XII – Rapporto uomo e arte

La riproducibilità tecnica dell’arte varia totalmente il rapporto esistente delle masse con l’arte. Più l’arte perde il suo significato sociale e più diventa importante l’atteggiamento dei critici e la visibilità da parte delle persone.  Il cinema è l’unico ambiente dove il giudizio critico e quello delle masse coincidono; infatti la somma dei singoli viene condizionata fin dal principio. La pittura invece non è in grado di proporsi a una visione simultanea di più persone, cosa che invece risulta ovvia per l’architettura, come un tempo era per l’epopea e come oggi lo è per il cinema. La pittura viene posta in confronto con le masse e in quel momento inizia la vera crisi di quest’arte; la pittura, anche a parete, è stata ormai coinvolta in questa crisi artistica a causa della riproducibilità tecnica del quadro.

 

Parte XIII – Percezione

Il cinema si caratterizza per la maniera in cui l’uomo si rappresenta e anche per il modo in cui esso rappresenta il mondo circostante. Ha arricchito quello che possiamo definire “il nostro mondo dei sogni”; infatti quello che un tempo non sarebbe stato notato durante una conversazione, un lapsus, oggi è analizzabile anche se fluisce innavertitamente nel flusso del percepito. Il cinema è riuscito a cogliere questa sensibilità. Rappresenta degli eventi e prestazioni che si prestano ad essere analizzati in maniera molto più vasta e approfondita di quello che può suggerire un dipinto. Il cinema ha la funzione rivoluzionaria di riuscire a far apprezzare al pubblico due aspetti diversi della fotografia: l’utilizzo prettamente artistico e quello scientifico analitico. Mediante le riprese, svolte in modo diverso, lo spazio e il tempo sono soggetti a dilatazione e contrazione, che non appaiono mutati, ma volutamente e propriamente “sovrannaturali”.

 

Parte XIV – Dadaismo

Il Dadaismo era quello che oggi per noi è il cinema in termini di percezioni ed effetti; cercava, infatti, di ottenere con i mezzi della pittura e della letteratura ciò che noi ricerchiamo nelle sale cinematografiche. Il Dadaismo sacrificava i valori di mercato alla ricerca di qualcosa di maggiore significato; infatti i dadaisti attribuivano all’uso mercantile delle loro opere un peso inferiore rispetto a quello che avrebbero avuto come oggetti contemplativi. Vi era una degradazione del materiale; come nelle loro poesie e nelle loro opere pittoriche, annientavano drasticamente l’aura di ciò che producevano. L’opera d’arte diventava scandalo e dava la possibilità di una distrazione forte, aveva l’esigenza di produrre indignazione. Il dadaismo realizzava opere come proiettili lanciati sull’osservatore, così come le immagini per il cinema, ma l’opera rimaneva fissa per creare associazioni nell’osservatore, mentre nel cinema ciò non è possibile a causa della velocità delle sequenze di immagini: le immagini si dispongono al posto del pensiero. Per la sua struttura, il cinema perde lo choc fisico che invece nel Dadaismo è mantenuto mediante le opere.

 

Parte XV -

La quantità si è ribaltata in qualità: le masse sempre più vaste hanno determinato un modo diverso di partecipazione. Il cinema, da quando è nato, ha ricevuto molte critiche; famosa è stata quella di Duhamel che lo ha definito un passatempo da iloti e creature incolte. Infatti il cinema non esige concentrazione e l’unica luce che accende nel cuore è quella di diventare una star. E’ la vecchia accusa per cui le masse cercano solo la distrazione, mentre l’arte ha bisogno del raccoglimento da parte delle masse, ma possiamo considerarlo solo un luogo comune. Possiamo rigirare il concetto, dicendo che l’osservatore attento penetra nell’opera d’arte mentre la massa distratta accoglie passivamente l’opera in sé. Gli edifici sono il modo più evidente in cui questo avviene; infatti hanno sempre fornito il prototipo di un’opera la cui ricezione avviene nella distrazione.

Gli edifici accompagnano l’uomo fin dalla sua nascita. Il bisogno di una dimora è permanente, non come quello di opere pittoriche. L’architettura non ha mai conosciuto nella sua storia delle pause, ha la storia più duratura di ogni arte. Le costruzioni sono accolte dall’uomo in due modi: attraverso la percezione e attraverso l’uso. Nei confronti dell’architettura interviene anche l’abiudine, che determina fortemente anche la percezione ottica; anche il distratto si abitua. La fruizione nella distrazione che cresce in tutti i settori dell’arte trova nel cinema lo strumento più adatto alla sua realizzazione, respinge il valore culturale conducendo il pubblico a un atteggiamento vautativo, ma che non implica attenzione. Il pubblico rimane così un “esaminatore distratto”.

 

Postilla

Il Fascismo cerca di organizzare le masse proletarie senza intaccare i rapporti di proprietà. Esso vede la propria salvezza nel lasciare alle masse il potere di esprimersi, ma senza che ne vengano riconosciuti i diritti. Il fascismo tende quindi a un’estetizzazione della vita politica: all’oppressione da parte del culto di un duce corrisponde l’oppressione da parte di un mezzo o apparecchiatura che serve per produrre dei valori culturali. Tutti gli sforzi di questa politica convergono verso un punto, ovvero la guerra. Infatti la guerra è l’unica entità che permette la mobilitazione delle masse in grandi proporzioni senza però intaccare i diritti di proprietà. La guerra permette anche di mobilitare tutti i mezzi tecnici. Con le distruzioni essa fornisce la prova che la società non era abbastanza matura da gestire e rendere la tecnica un elemento proprio o che la tecnica non era sufficientemente capace di dominare le energie della società.

Il Fascismo diceva “Fiat ars pereat mundus” e, come ammette Marinetti, si attende dalla guerra la soddisfazione artistica della percezione sensoriale modificata dalla tecnica. L’umanità un tempo era diletto per gli Dei e adesso lo è per se stessa, la sua autoestraneazione ha raggiunto un livello che le permette di vivere il proprio annientamente come un godimento artistico.

Secondo Benjamin “Così stanno le cose riguardo all’estetizzazione della politica che il fascismo persegue. Il comunismo gli risponde con la politicizzazione dell’arte”.

GLOSSARIO

Hic et nunc – esistenza irripetibile di un’opera d’arte nel luogo in cui si trova, costituisce il concetto di originalità e autenticità.

Medium – percezione sensoriale umana condizionata in senso naturale e in senso storico

Aura – ciò che viene meno nell’epoca della riproducibilità tecnica. Unicità e durata sono strettamente legate a questo concetto, vicino anche al rapporto spirituale delle opere d’arte nella loro forma originale.

Unicità dell’opera – il valore di unicità dell’opera d’arte autentica ha una sua fondazione nel rituale, nell’ambito del quale ha avuto il suo primo e originario valore d’uso.