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autore |
WALTER BENJAMIN |
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titolo |
L’OPERA D’ARTE NELLA SUA RIPRODUCIBILITÀ
TECNICA |
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editore |
EINAUDI SAGGI |
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luogo |
TORINO |
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anno |
2011 |
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lingua |
ITALIANO |
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Con introduzione di Massimo Cacciari Titolo originale: Das
Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Durante la
sua vita Walter Benjamin ha a lungo riflettuto sul linguaggio, inteso come
elemento centrale in campo letterario, filosofico e artistico. Benjamin
elabora in questo modo una teoria dell'interpretazione basata sul concetto di
un'unica e divina lingua originaria, che è andata persa nel tempo, costituita
da segni e convenzioni che diventano
in tal modo uno strumento per comunicare. Compie quindi numerosi studi che riguardano fenomeni di movimenti (di cui
fa parte in gioventù) politici e artistici sempre incentrati sul rapporto con
la società di massa. Vi è quindi la perdita del "quid" o aura,
elemento definito “sacrale e misterioso” che era un tempo fondamento
dell’arte, ormai diventata oggetto di consumo per le masse. |
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Giudizio Complessivo: 8 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: Elisabetta
Doria |
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Corso di Architettura e
Composizione Architettonica 2 a.a.2014/2015 |
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Autore Walter Benjamin |
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Walter Bendix Schoenflies Benjamin (15 luglio 1892 –26 settembre 1940) nasce
nel quartiere di Charlottenburg,
Berlino, in una famiglia ebraica dell’alta
borghesia. Dal 1905 per due anni si reca al Friedrich-Wilhelm
Gymnasium, dove è soggetto al
nuovo modello di educazione di Gustav Wyneken,
teorico tedesco della Jugendbewegung, ovvero del
movimento giovanile in cui Benjamin avrà ruolo attivo fino allo scoppio della
Prima Guerra Mondiale. Nel 1912, dopo gli studi secondari, inizia la sua
attività come scrittore per la rivista "Der Anfang", sempre ispirata alle idee di Gustav Wyneken. Per motivi di salute riesce a evitare di
arruolarsi durante la guerra ma nel frattempo si distacca dalle idee di Wyneken che aveva accolto in modo entusiasta l’idea di
aderire alla guerra in corso. Frequenta l’università di Berlino, ma nel 1915
si trasferisce a Monaco dove incontra Gerschom Scholem, con il quale inizia un profondo rapporto di
amicizia che durerà per tutta la vita. In questa università, oltre alla
matematica e alla filosofia, si avvicina anche allo studio dell’ebraismo. Nel
1916 incontra Dora Kellner che sposerà l’anno successivo; dall’unione
nasce il loro unico figlio, Stefan. Il 27 giugno del 1919 si laurea summa
cum laude nella facoltà di filosofia con
una tesi su Il concetto di critica nel primo romanticismo tedesco.
Nel 1925, non riuscendo a realizzare il suo sogno accademico, poiché non
viene accettato dall'università di Francoforte, continua l’attività di
critico e di traduttore (soprattutto di Proust e Baudelaire). Nel 1933
avviene il suo definitivo allontanamento dalla Germania. Si trasferisce a
Parigi come rifugiato, ma riesce a continuare i viaggi che avevano
caratterizzato il periodo precedente della sua vita. Nel 1936 pubblica, per Zeitschrift für Sozialforschung, L'opera d'arte nell'epoca della sua
riproducibilità tecnica, ma economicamente non riesce ad essere
autosufficiente e vive facendosi
ospitare da amici. L’inizio della Seconda Guerra Mondiale lo spinge a
scrivere un altro testo, il suo ultimo, Tesi
sul concetto di storia. Infatti
poco dopo viene catturato e internato nel campo di prigionia di Nevers, ma,
poiché era ancora cittadino tedesco, ottiene di essere rilasciato e cerca di
compiere il suo ultimo viaggio verso gli Stati Uniti. Bloccato però dalla
polizia spagnola prima della partenza, il 26 settembre del 1940 si toglie la
vita con un’overdose di morfina. Il giorno successivo sarà concesso agli
altri viaggiatori, per motivi slegati al suo gesto, di partire e lasciare
l’Europa. |
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Walter Benjamin |
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Contenuto |
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Benjamin attribuiva una grande importanza ai saggi
riguardanti L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità
tecnica, composta da varie parti, diverse tra loro in base alle riflessioni
svolte in momenti precisi della sua vita. Questo risulta evidente in una
lettera, scritta da Benjamin a Kraft del dicembre del 1935, nella quale
afferma di aver fissato l’"ora del destino" ormai scoccata per
l'arte. Questo non può dipendere esclusivamente dallo sviluppo di nuove
tendenze nel campo di ricerca o dal rivoluzionario modo di pensare introdotto
dalla società di massa, così come non può essere attribuito solo alla nascita
di nuove arti come cinema e fotografia. L’autore cerca di comprendere la crisi dell’arte, intesa
come perdita di Aura; illustra quindi “una filosofia della
crisi dell'arte” che porterà poi a parlare di una vera filosofia
legata alla storia e agli influssi che lo sviluppo dell’uomo ha su di essa,
tema molto caro a Benjamin. |
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CAPITOLI |
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Premessa di Massimo Cacciari |
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Analisi del saggio di Walter Benjamin nel suo aspetto
tecnico e storico. Non è la tecnica, secondo l’analisi del saggio di Benjamin
da parte di Cacciari, che produce la rivoluzione, ma è la rivoluzione tecnica
che matura perché la spiritualità dell’arte lo permette. La perdita di aura
non è il prodotto dell’invenzione di nuove arti come la fotografia, ma le
nuove arti mai avrebbero raggiunto la funzione che hanno assunto nel campo
dell’espressione artistica se questa non fosse giunta nell’ora del tramonto
dell’arte. Quando il valore culturale si rifugia nell’aura è già al tramonto.
Il tema artistico e culturale è solo un’introduzione per arrivare al tema
principale del pensiero di Benjamin, ovvero quello politico, legato anche
alla teoria marxiana. Il movimento rivoluzionario o è immanente al dispiegarsi
delle forze produttive, esaltandone l’energia innovativa, o si rovescia al
suo opposto. La teoria dell’arte proposta da Benjamin è inutilizzabile ai
fini della teoria fascista del controllo dlle masse e considera
inutilizzabili anche le nuove forme di espressione che cintrastano con il
valore tradzionale; infatti senza l’aura sacrale non possono essere
utilizzati per suscitare passioni. L’idea alla base di questi saggi è di
collocare “l’angelo” della rivoluzione all’altezza dello sviluppo delle forze
produttive. |
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Premessa dell’autore |
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Partendo dalle analisi di Marx, riguardanti il mondo
capitalistico, orientate in modo da poter assumere un valore di prognosi, ci
si poteva aspettare un futuro del capitalismo sempre più presente nella
società relativamente allo sfruttamento del proletariato; ciò avrebbe potuto
suscitare ribellioni che avrebbero portato alla soppressione del capitalismo
stesso. Il modo in cui questo è avventuo ci è noto solo oggi, quindi possiamo
prendere queste teorie come un elemento prognostico. Le odierne condizioni di
produzione sopprimono un gran numero di concetti tradizionali come la
creatività, portando a una elaborazione in senso fascista di ciò che è
avvenuto e avviene. Quanto espresso dall’autore nei saggi successivi non sarà
utilizzabile al fine del fascismo, ma solo per istanze rivoluzionarie legate
al campo “dell’arte politica”. |
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Parte I – L’opera d’arte
è sempre stata riproducibile. |
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L’unica riproducibilità che ha intensità crescente,
precedentemente non rilevata, è quella legata alla tecnica dell’opera d’arte.
La grafica diventa riproducibile per la prima volta con la Xilografia e con
la stampa diventa riproducibile anche la scrittura. Attraverso la litografia
la grafica può accompagnare la parola stampata. Per la prima volta furono
introdotti sul mercato prodotti, sia in grande quantità che in configurazioni
nuove, ogni giorno mediante la grafica dei quotidiani. Con la fotografia
l’occhio diventa l’unico oggetto delle incombenze artistiche. La fotografia e il cinema permettono alla parola di
seguire in tempo reale le azioni, cosa che con la stampa non poteva
succedere. Nel 1900 la riproduzione diventa un vero e proprio procedimento
artistico. |
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Parte II- Hic et nunc |
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Anche nel caso di una riproduzione perfezionata l’Hic et
nunc, inteso come irripetibilità rimane elemento mancante. Per quanto
riguarda la struttura fisica, può essere reperita solo mediante analisi,
invece per i rapporti di proprietà bisogna ricostruire a partire dalla sede
originale. L’ Hic et nunc dell’originale costituisce il concetto alla base
dell’autenticità, e questo ambito è quello che si sottrae alla
riproducibilità. L’autentico però perde di autorità nella riproducibilità
tecnica (non in quella manuale); può infatti rivelare caratteristiche
accessibili solo a un mezzo tecnico ed è regolabile. Inoltre per quanto
riguarda fotografia o musica permette di andare incontro al fruitore
smettendo di essere inaccessibile alla totalità. Ciò che viene a mancare si può riassumere nel concetto
di AURA. La riproduzione elimina l’evento unico e favorisce la quantità,
toglie il particolare. Il cinema, anche nel suo esempio più positivo,
rappresenta l’aspetto distruttivo, sconvolgendo ciò che viene tramandato e legandosi
fortemente a una società di massa. |
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Parte III – Medium |
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Nei lunghi
periodi storici si modificano le percezioni sensoriali dei modi e dei generi;
il senso storico, infatti, insieme al senso naturale condiziona la percezione,
il medium in cui essa ha luogo. Per quanto riguarda il presente le
modificazioni del medium della percezione possono essere definite come
decadenza di quello che è già stato definito come aura. Nel caso di
oggetti naturali e non storici, l’aura viene definita come apparizione unica
di una lontananza (catene montuose ecc.) ed è fortemente in grado di
condizionare l’uomo. Infatti
“avvicinare le cose spazialmente e umanamente è un’esigenza vivissima delle
masse attuali” così come lo è la ricerca del superamento dell’unicità o
autenticità tramite la creazione di una riproduzione. Viviamo quindi in un’adeguamento sempre
maggiore della realtà alle masse e viceversa. |
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Parte IV- Valore di unicità dell’opera
d’arte |
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L’unicità di un’opera
d’arte, come una statua greca, si identifica fortemente con la sua
integrazione nel contesto della tradizione. Le prime opere d’arte sono nate
per servire un rituale, quindi l’esistenza aurica di un’opera non può essere
divisa dalla sua funzione sacrale. “Il
valore di unicità dell’opera d’arte autentica ha una sua fondazione nel
rituale, nell’ambito del quale ha avuto il suo primo e originario valore
d’uso.” Con la nascita della fotografia, primo mezzo di riproduzione
rivoluzionario, inizia a svilupparsi l’idea di arte che rifiuta qualsiasi
funzione sociale, ovvero la dottrina dell’arte per l’arte o “arte pura”. Con
la pellicola l’opera d’arte riprodotta diventa sempre più la riproduzione di
un’opera riproducibile, quindi perde significato la questione della stampa
autentica. Quando però manca questo criterio si trasforma anche la funzione
sociale che ha l’arte, non vi è più un rituale, ma inizia a fondarsi sul
sociale e sulla politica assumendo nuovi significati. |
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Parte V– Valore e ricezione |
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La ricezione di opere si
basa su un valore culturale e sul valore espositivo dell’opera. Il valore
culturale è centrato sulla spiritualità; l’importante è che l’opera esista e
non deve essere obbligatoriamente sempre visibile (ne sono esempio alcune
statue sacre mostrate ai fedeli solo in particolari avvenimenti). Con
l’emancipazione dei lavori artistici dal campo del rituale è possibile creare
opere con maggiori occasione di visibilità (un quadro rispetto a un
affresco), ma si perde la dimora permanente dell’arte e ogni opera può essere
traslata ed esposta. L’opera d’arte oggi ha funzioni completamente nuove, fra
le quali quella artistica sembra diventare la più marginale. |
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Parte VI – La fotografia |
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La fotografia è la prima tipologia di arte in cui il
valore di esponibilità supera il valore culturale. Il valore culturale cerca
di prevalere sul nuovo come tema; infatti i principali soggetti delle prime
fotografie sono le persone, i volti. Nel culto e ricordo dei cari il valore culturale rimane
forte e trova nelle fotografie un rifugio. La persona emana nelle fotografie
l’aura che possiede. Il valore espositivo prevale quando l’uomo non è più
soggetto delle fotografie. Nel 1900, con Atget, nasce l’uso nella fotografia come
prova del processo storico. Nei giornali accanto alle foto compare la
didascalia, diversa dal titolo perche è una vera direttiva, una chiave di
lettura di ciò che la persona sta guardando. |
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Parte VII – La fotografia è davvero arte? |
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Questa domanda, che divenne
ben presto una disputa, era il sintomo di un cambiamento storico mondiale,
non consapevole; la riproducibilità tecnica aveva ormai svincolato l’arte dal
fondamento cuturale. Ma la domanda era stata posta nel modo sbagliato;
sarebbe stato corretto chiedersi se la scoperta della fotografia avesse in
qualche modo cambiato il carattere complessivo dell’arte. La domanda rimase
senza risposta perché l’ingresso del cinema mutò ancora più fortemente la
concezione dell’arte. La considerazione del cinema come forma d’arte spinge
numerosi teorici a ricercare in esso gli elementi culturali che erano stati
fondanti fino a quel momento. |
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Parte VIII IX – Cinema e teatro |
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Le due tipologie di attori si pongono in maniera
sostanzialmente diversa al pubblico, l’attore cinematofrafico attraverso un
mezzo e l’attore teatrale direttamente dal palco. L’apparecchiatura cinematografica
non coglie la totalità della scena, si concentra su dettagli e inquadrature
specifiche. Inoltre l’attore cinematografico perde la capacità di adattare la
prestazione alla risposta del pubblico, che assume il ruolo di “perito
estraneo senza contatti con l’interprete”. Il pubblico non si immedesima con
l’attore, ma con l’immagine di esso che passa attraverso l’apparecchiatura.
Pirandello descrive l’attore cinematografico come un uomo in esilio sia dal
palcoscenico che da se stesso, deve solo rappresentare un’immagine davanti
alla “macchinetta”. Per la prima volta l’uomo agisce con un’intera persona
vivente, ma rinuncia all’aura. Secondo studi specializzati sullo spettacolo
cinematografico i risultati migliori si ottengono quando non vi è recitazione,
quando l’attore è considerato un attrezzo da collocare nel posto giusto.
L’arte è sfuggita al regno della bella apparenza; nel cinema i registi
ricorrono spesso a espedienti non possibili nel campo naturale quando si ha
un contatto diretto con il pubblico per favorire l’effetto finale. |
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Parte X – Il mercato |
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L’interprete sa che alla
fine avrà contatto con il pubblico, che diventa mercato. Il cinema però
sostituisce la decadenza dell’aura con la creazione della personality, quello
oggi chiamato star system, il culto della star. Il cinema può avere dei punti
di collegamento con la stampa; come essa ha dato possibilità a tantissime
persone di scrivere e diventare protagonisti anche in modo temporaneo, anche
il cinema offre questa possibilità, quella di diventare comparsa. Oggi il
lettore è sempre pronto a diventare scrittore, in quanto competente di
qualcosa tramite le sue esperienze quotidiane di vita e lavoro. Nell’Europa
occidentale lo sfruttamento capitalistico del cinema impedisce di prendere in
considerazione la legittima volontà di tutti di comparire, l’industria
cinematografica ha grandi interessi nel cercare di legare a se con illusioni
e speculazioni la partecipazione delle masse. |
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Parte XI - Ripresa e operatore |
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Una delle fondamentali differenze tra teatro e cinema è
quella fondata sul punto di osservazione. Nel cinema è fisso e tutto si
svolge in modo da essere valorizzato se visto da quella prospettiva. Nel teatro
non vi è un unico punto di osservazione e tutto deve essere calibrato su
diverse direzioni. Per quanto riguarda la pittura invece vi è un
comportamento ancora diverso; il pittore nel suo lavoro osserva a distanza
ciò che deve rappresentare, l’operatore invece scruta dall’interno della
scena. Il pittore ha un’immagine totale, l’operatore frammentata. La
rappresentazione filmica è più vicina all’uomo moderno perché non fa
percepire direttamente la presenza dell’apparecchiatura, offre un aspetto
libero dai mezzi che l’uomo moderno considera elemento legittimante
dell’opera d’arte. |
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Parte XII – Rapporto uomo e arte |
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La riproducibilità tecnica
dell’arte varia totalmente il rapporto esistente delle masse con l’arte. Più l’arte
perde il suo significato sociale e più diventa importante l’atteggiamento dei
critici e la visibilità da parte delle persone. Il cinema è l’unico ambiente dove il
giudizio critico e quello delle masse coincidono; infatti la somma dei
singoli viene condizionata fin dal principio. La pittura invece non è in
grado di proporsi a una visione simultanea di più persone, cosa che invece
risulta ovvia per l’architettura, come un tempo era per l’epopea e come oggi
lo è per il cinema. La pittura viene posta in confronto con le masse e in
quel momento inizia la vera crisi di quest’arte; la pittura, anche a parete,
è stata ormai coinvolta in questa crisi artistica a causa della
riproducibilità tecnica del quadro. |
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Parte XIII – Percezione |
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Il cinema si caratterizza per la maniera in cui l’uomo
si rappresenta e anche per il modo in cui esso rappresenta il mondo
circostante. Ha arricchito quello che possiamo definire “il nostro mondo dei
sogni”; infatti quello che un tempo non sarebbe stato notato durante una
conversazione, un lapsus, oggi è analizzabile anche se fluisce
innavertitamente nel flusso del percepito. Il cinema è riuscito a cogliere
questa sensibilità. Rappresenta degli eventi e prestazioni che si prestano ad
essere analizzati in maniera molto più vasta e approfondita di quello che può
suggerire un dipinto. Il cinema ha la funzione rivoluzionaria di riuscire a
far apprezzare al pubblico due aspetti diversi della fotografia: l’utilizzo
prettamente artistico e quello scientifico analitico. Mediante le riprese,
svolte in modo diverso, lo spazio e il tempo sono soggetti a dilatazione e
contrazione, che non appaiono mutati, ma volutamente e propriamente
“sovrannaturali”. |
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Parte XIV – Dadaismo |
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Il Dadaismo era quello che oggi per noi è il cinema in
termini di percezioni ed effetti; cercava, infatti, di ottenere con i mezzi
della pittura e della letteratura ciò che noi ricerchiamo nelle sale
cinematografiche. Il Dadaismo sacrificava i valori di mercato alla ricerca di
qualcosa di maggiore significato; infatti i dadaisti attribuivano all’uso
mercantile delle loro opere un peso inferiore rispetto a quello che avrebbero
avuto come oggetti contemplativi. Vi era una degradazione del materiale; come
nelle loro poesie e nelle loro opere pittoriche, annientavano drasticamente
l’aura di ciò che producevano. L’opera d’arte diventava scandalo e dava la
possibilità di una distrazione forte, aveva l’esigenza di produrre
indignazione. Il dadaismo realizzava opere come proiettili lanciati
sull’osservatore, così come le immagini per il cinema, ma l’opera rimaneva
fissa per creare associazioni nell’osservatore, mentre nel cinema ciò non è
possibile a causa della velocità delle sequenze di immagini: le immagini si dispongono
al posto del pensiero. Per la sua struttura, il cinema perde lo choc fisico
che invece nel Dadaismo è mantenuto mediante le opere. |
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Parte XV - |
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La quantità si è ribaltata in qualità: le masse sempre più
vaste hanno determinato un modo diverso di partecipazione. Il cinema, da
quando è nato, ha ricevuto molte critiche; famosa è stata quella di Duhamel
che lo ha definito un passatempo da iloti e creature incolte. Infatti il
cinema non esige concentrazione e l’unica luce che accende nel cuore è quella
di diventare una star. E’ la vecchia accusa per cui le masse cercano solo la
distrazione, mentre l’arte ha bisogno del raccoglimento da parte delle masse,
ma possiamo considerarlo solo un luogo comune. Possiamo rigirare il concetto,
dicendo che l’osservatore attento penetra nell’opera d’arte mentre la massa
distratta accoglie passivamente l’opera in sé. Gli edifici sono il modo più
evidente in cui questo avviene; infatti hanno sempre fornito il prototipo di un’opera
la cui ricezione avviene nella distrazione. Gli edifici accompagnano l’uomo fin dalla sua nascita.
Il bisogno di una dimora è permanente, non come quello di opere pittoriche.
L’architettura non ha mai conosciuto nella sua storia delle pause, ha la storia
più duratura di ogni arte. Le costruzioni sono accolte dall’uomo in due modi:
attraverso la percezione e attraverso l’uso. Nei confronti dell’architettura
interviene anche l’abiudine, che determina fortemente anche la percezione
ottica; anche il distratto si abitua. La fruizione nella distrazione che
cresce in tutti i settori dell’arte trova nel cinema lo strumento più adatto
alla sua realizzazione, respinge il valore culturale conducendo il pubblico a
un atteggiamento vautativo, ma che non implica attenzione. Il pubblico rimane
così un “esaminatore distratto”. |
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Postilla |
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Il Fascismo
cerca di organizzare le masse proletarie senza intaccare i rapporti di
proprietà. Esso vede la propria salvezza nel lasciare alle masse il potere di
esprimersi, ma senza che ne vengano riconosciuti i diritti. Il fascismo tende
quindi a un’estetizzazione della vita politica: all’oppressione da parte del
culto di un duce corrisponde l’oppressione da parte di un mezzo o
apparecchiatura che serve per produrre dei valori culturali. Tutti gli sforzi
di questa politica convergono verso un punto, ovvero la guerra. Infatti la
guerra è l’unica entità che permette la mobilitazione delle masse in grandi
proporzioni senza però intaccare i diritti di proprietà. La guerra permette
anche di mobilitare tutti i mezzi tecnici. Con le distruzioni essa fornisce
la prova che la società non era abbastanza matura da gestire e rendere la
tecnica un elemento proprio o che la tecnica non era sufficientemente capace
di dominare le energie della società. Il Fascismo
diceva “Fiat ars pereat mundus” e, come ammette Marinetti, si attende dalla
guerra la soddisfazione artistica della percezione sensoriale modificata
dalla tecnica. L’umanità un tempo era diletto per gli Dei e adesso lo è per
se stessa, la sua autoestraneazione ha raggiunto un livello che le permette
di vivere il proprio annientamente come un godimento artistico. Secondo
Benjamin “Così stanno le cose riguardo all’estetizzazione della politica che
il fascismo persegue. Il comunismo gli risponde con la politicizzazione
dell’arte”. |
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GLOSSARIO |
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Hic et nunc – esistenza irripetibile di un’opera d’arte nel luogo in
cui si trova, costituisce il concetto di originalità e autenticità. |
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Medium – percezione sensoriale umana
condizionata in senso naturale e in senso storico |
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Aura – ciò che viene meno nell’epoca della riproducibilità
tecnica. Unicità e durata sono strettamente legate a questo concetto, vicino
anche al rapporto spirituale delle opere d’arte nella loro forma originale. |
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Unicità dell’opera – il valore di unicità dell’opera
d’arte autentica ha una sua fondazione nel rituale, nell’ambito del quale ha
avuto il suo primo e originario valore d’uso. |