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 | autore | GIULIO CARLO ARGAN | 
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| titolo | PROGETTO E DESTINO | 
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| editore | IL SAGGIATORE | 
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| luogo | MILANO | 
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| anno | 1965 | 
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| lingua | ITALIANO | 
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| Argomento e tematiche affrontate | |||
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 | Argan scrive un libro per un pubblico ampio, non parla
  esclusivamente ad un pubblico costituito da architetti e critici
  dell’architettura. Per Argan progettare non è un verbo, non è un'azione
  riservata a pochi ma un senso di responsabilità: “si progetta contro la
  pressione di un passato immodificabile affinché la sua forza sia spinta e non
  peso, senso di responsabilità e non colpa..non si pianifica la vittoria ma il
  comportamento che ci si propone di tenere nella lotta ”. È all’interno di
  questa etica della responsabilità che il progettare in quanto atto
  intenzionale è inscindibile dal concetto di responsabilità, mentre per contro
  l’essere progettati, il farsi progettare, come accettazione di uno stato di
  fatto non voluto, spinge verso forme di deresponsabilizzazione che oggi, non
  solo in architettura, costituiscono il vero rischio del nostro tempo. | ||
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| Giudizio Complessivo: 7 (scala
  1-10) | |||
| Scheda compilata da: Vittorio Andrea Sellaro | |||
| Corso di Architettura e Composizione Architettonica 3 a.a.2014/2015 | |||
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 | Autore Giulio Carlo Argan | ||
| Giulio
  Carlo Argan (Torino 1909 – Roma 1992) è stato uno dei maggiori critici d’arte
  del Novecento. Eletto a Roma come indipendente nelle liste del Partito
  comunista, è stato sindaco della città dal 1976 al 1979 e senatore della
  Repubblica (1983-92). Studioso di fama internazionale, professore
  universitario dal 1956, ha insegnato (1959-79) storia dell'arte moderna
  all'università di Roma. È stato redattore del Dizionario enciclopedico
  italiano e consulente dell'Enciclopedia del Novecento. Ha fondato (1969) e
  diretto la rivista Storia dell'arte. Nel 1979-83 ha ricoperto la carica di
  presidente del Comité international
  d'histoire de l'art (CIHA). | |||
| Giulio Carlo Argan | |||
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| Contenuto | |||
| Giulio Carlo Argan, come storico dell'arte specialmente
  interessato ai problemi dell'architettura ha seguito per circa trenta anni la
  vicenda spesso drammatica dell'impegno etico e sociale dell'architettura moderna;
  e non di rado, negli anni, è intervenuto nel vivo della polemica. Progetto e
  destino è una raccolta di suoi scritti sull'argomento: dai più antichi degli
  anni 30 fino a quelli risalenti all'inizio degli anni 60. | |||
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| SCRITTI
  PRINCIPALI | |||
| Progetto e destino – Politica/
  Progetto/ Architettura | |||
| L’industriale
  non fa politica perché ha l’alibi della tecnica (opposto dell’ideologia), il
  consumatore non fa politica perché l’informazione paralizza la capacità di scelta
  ideologica: la politica è qualcosa di obsoleto. Il progetto è struttura
  poiché traccia le linee maestre secondo cui si svolgerà l’esistenza della
  società e, nello stesso tempo, nega che queste linee siano rigidamente
  prefissate. Esprime delle possibilità, è la orma delle intenzionalità. Non si
  progetta mai “per” ma sempre “contro” qualcosa o qualcuno: contro la
  speculazione immobiliare, contro il disordine, il destino.. Non si
  progetta per ciò che sarà dopo la rivoluzione, ma per la rivoluzione contro
  ogni tipo di conservazione. La tecnica
  e la metodologia progettuale sono rigorose perché ideologicamente  intenzionate. La
  possibilità di una relazione tra arte e industria rimane, malgrado tutto,
  aperta. Una relazione non tra due tecniche, ma tra due modi di progettare. Da
  un lato una progettazione come computo esatto di dati merceologici,
  tecnologici, di mercato; dall’altro, una progettazione come esame critico di
  situazioni storiche, pianificazione
  dell’esistenza. Nell’era
  moderna la pratica architettonica ha intrapreso tre direzioni distinte: - la pianificazione urbanistica - lo
  strumentalismo tecnico - la
  ricerca stilistica formale Le prime
  due sono sostanzialmente solidali: declinano ogni ambizione estetica, si
  presentano come ricerca tecnica pura. Ma è una tecnica molto diversa da
  quella industriale, cerca perfino una giustificazione storica. La ricerca
  stilistica formale, che ha ripreso fiato dopo
  la crisi del Razionalismo, ripropone la validità dell’edificio
  in sé. Cerca una forma plastica unitaria e chiusa come realtà e simbolo. Tra le due
  posizioni c'è relazione e antagonismo e, in alcuni casi, punti di
  convergenza: ad esempio L’Unitè d’habitation di Le Corbusier mira
  a far rientrare l’urbanistica nell’architettura, comprimendo una intera città
  in un solo edificio ma bloccando così lo
  sviluppo storico di una comunità. La progettazione traccia il programma
  tecnico per realizzare un modo di vita dato a priori come ottimo (utopia). | |||
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| Sul concetto di tipologia - Tipo | |||
| Quatremére de Quincy fornisce una definizione precisa di Tipo: “La parola
  Tipo non rappresenta tanto l’immagine di una cosa da copiare quanto l’idea di
  un elemento che deve servire di regola al modello”. Il Tipo è
  sempre il prodotto dello studio di una serie di esemplari non è mai formulato
  a priori. Il Tipo è
  sempre dedotto dall’esperienza della storia: è la relazione della creazione
  artistica con l’esperienza storica. La presenza dello schema nel processo
  ideativo dell’artista è dovuto alla possibilità di liberarsi dall’influenza condizionante di una determinata forma;
  così facendo la neutralizza: assume il passato come un fatto compiuto e
  quindi non più suscettibile di sviluppo. | |||
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| Architettura e ideologia - Ideologia | |||
| Gli architetti
  razionalisti influenzarono la storia con l’impegno dell’arte e della
  architettura nella lotta politica, rinunciando spontaneamente al diritto
  d’immunità che pareva essere proprio dell’arte. Il
  tentativo di depoliticizzare l’arte e in particolare l’architettura è
  rapportabile alla drammatica situazione storica alla quale cercò di reagire e
  non solo al progresso tecnico e industriale. Il
  fondamento geometrico della forma costruttiva è un argomento comune a
  Classicismo e Razionalismo; la distinzione tra le due correnti di pensiero a
  riguardo è data dal concetto di natura della geometria: per il classicismo la
  geometria è la forma naturale per eccellenza, per i razionalisti è invece
  innaturale, rappresenta la struttura logica della coscienza. L’architettura
  Organica è fenomeno parallelo e non successivo all’architettura Razionale. Il
  ritorno a una società “naturale” non è meno utopistico dell’ideale di una
  società “razionale”. Sono entrambe proposte e tentativi di reazione alla
  crisi della società. | |||
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| Modulo - Modulo-misura e modulo-oggetto | |||
| Il modulo
  è un principio di progettazione. In
  Vitruvio, il modulo è solo un principio metrico: mira esclusivamente a
  garantire un’armonia visiva. Solo nel Rinascimento che il modulo si svilupperà
  in un sistema proporzionale articolato, assunto come rappresentativo dello
  spazio. L’architettura
  moderna è nata da un impulso morale, dal disgusto di una scandalosa menzogna
  sociale. A questo scopo di riforma sociale non serviva, evidentemente,
  riprendere in esame antichi concetti di forma e spazio. Il tema fondamentale
  dei vari  Loos
  e Van De Velde è il richiamo alla schiettezza delle
  forme, alla sincerità e chiarezza dei procedimenti tecnici:  la lotta per l’oggetto autentico contro il
  falso. Questa è
  la polemica dell’architettura moderna e, come polemica dell’oggetto, coincide
  con quella del Cubismo. Questa
  architettura si propone di insegnare il buon senso ad una società che si
  crede pratica e avveduta, ed è invece schiava di convenzioni assurde e
  pregiudizi. Le Corbusier con la sua architettura non consegna alla
  storia della architettura una nuova teoria o concezione dello spazio, ma una
  nuova e stimolante concezione dell’oggetto architettonico il quale ha nella definizione della funzione il suo essere. Lo
  Standard non è un tipo di forma, ma un tipo di oggetto: utensile, macchina,
  casa e si vuole città. La
  sostituzione del “Modulo-Oggetto” al “Modulo-Misura” è il punto di partenza
  di una nuova (ma a posteriori) concezione dello spazio. | |||
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| Roma - Il "terzo sacco" | |||
| Il miglior
  modo di salvare la bellezza di Roma è di considerarla una città da abitare e
  non solo da vedere. Non giova alla conservazione delle opere d’arte separarle
  dalla vita e sradicarle dalla coscienza degli uomini. Si sta
  progressivamente distruggendo la Roma Barocca, impregnata di fascino, il
  fascino della sorpresa, dell’imprevisto aprirsi e mutare delle prospettive:
  una bellezza artistica e paesistica, che varia con l’ora del giorno e gli
  umori del cielo. Dopo il
  1870 Roma non si è sviluppata: è gonfiata. Ha
  subito il processo di sovrappopolazione delle grandi città manifatturiere
  europee e americane, senza però nessuna attività produttiva a giustificare
  l’aumento della popolazione. Tutti
  hanno speculato in terreni e costruzioni, compresa la Santa Sede. Non
  diversamente accadde durante il Fascismo. Protagonista della speculazione fu
  allora un’altra classe, la borghesia, che al fascismo faceva da piedistallo. Dopo la seconda
  guerra mondiale, salvo per la retorica della romanità, la situazione non è
  cambiata. Un’altra e più sfacciata ondata di speculazione si è abbattuta
  sulla città. L’edilizia riprende ma soltanto per chi può comprare
  appartamenti di lusso. | |||
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| Industria – Il
  disegno industriale | |||
| La
  ripetizione è l’arresto dell’esperienza, e l'esperienza è vita e l'invenzione
  è il momento supremo del fare umano. L'industria si propone di ripetere non
  di inventare. La  rivoluzione 
  industriale  è  consistita 
  tanto  in un rovesciamento delle
  gerarchie dei valori più che nell’introduzione  di nuove fonti di energia. L’artigianato
  poneva al più alto livello di valore il pezzo unico e irripetibile (l’opera
  d’arte), l’industria la serie, l’essere infinitamente
  ripetibile e ripetuto. La quantità prende, nella gerarchia dei valori, il
  posto della qualità. | |||
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| La società - Rapporto arte-società | |||
| All’arte
  “pura” è stato generalmente riconosciuto un grado di valore più elevato
  dell’arte “applicata”. Con la
  rivoluzione industriale quell’ordine di valori si è invertito: l’antico
  ideale estetico scadeva a inutile accademismo. La tecnica
  e la pratica implicano un fare e quindi l’idea del bello si connette al fare e
  non più al contemplare. Nella contemplazione l’uomo è solo, soggetto
  distaccato dall’oggetto. Nel fare, l’uomo non è mai solo: le sue azioni sono
  sempre rivolte verso un prossimo. Il
  rapporto arte-società si sviluppa su due piani: -       
  Tecnico -       
  Ideologico L’arte
  deve partecipare agendo come stimolo ad un progresso sociale. L’obiettivo
  della corrente costruttivista è di dare alla produzione industriale
  creatività e qualità (design). Poichè l’industria
  non mira a produrre valori di qualità ma soltanto economici gli artisti non
  sono riusciti a inserirsi nel sistema produttivo e il design è diventato uno
  strumento di cui il capitalismo si serve per vincere la concorrenza. La
  corrente Informale, basta pensare a Pollock, è un’arte tipicamente
  antiprogettistica, nega ogni possibilità di relazione con le tecniche
  industriali, rivendica il diritto all’espressione individuale contro il
  collettivismo del design. L’arte del
  gesto vuole dimostrare che vi possono essere modi operativi che conducono
  alla determinazione del valore e che sono diversi da quelli industriali. Un
  agire umano non condizionato dal razionalismo del progetto ma determinato
  dalle forze organiche dell’essere umano. | |||
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| Architettura moderna - Ruolo | |||
| Ogni crisi
  della società nasce da una crisi dell’individuo. La diagnosi della crisi
  della società era esatta: un’accelerazione improvvisa dei processi produttivi
  con una conseguente lacerazione interna, contraddizioni che, dall’individuo,
  si proiettano amplificati nelle contraddizioni e nei conflitti
  di classi. Sfruttatori
  e sfruttati. Smarrimento del senso della misura umana. In tutta
  questa situazione l'architettura si propone di restituire al mondo la misura
  umana. Non si può
  accusare l'architettura di aver disertato il suo compito estetico per un
  compito sociologico: non si nega il valore dei fatti estetici ma è anche vero
  che gli stessi si avverano in una sfera sociale. Poiché la crisi dell’arte
  non è che un aspetto della crisi della società, quando l’architettura si
  propone di risolvere la crisi dell’arte, si propone anche di modificare
  profondamente la struttura della società. Si propone di tornare ad essere,
  come nell’antica Grecia o nelle comunità medioevali, l’espressione del
  sentimento collettivo, l’immagine plastica della struttura ideologica della
  società. | |||
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| Architettura moderna - Italia | |||
| Già nei
  primi decenni del '900 sorge un senso di intolleranza verso l'accademismo borghese.
  Vi è la necessità di un profondo rinnovamento tecnico in rapporto alla
  necessità di uno stile conforme al ritmo febbrile dell'esistenza: si proclama
  l'esigenza di "diminuire l'importanza delle facciate". Dopo la
  Prima Guerra Mondiale , nell'illusione di un avvenire pacifico, si determina
  in Italia un concreto movimento verso la nuova architettura; ma a
  quell'illusione succede ben presto la reazione fascista, lo stato pretendeva
  dall'architettura una esaltazione della propria potenza  e l'espressione del proprio esasperato
  nazionalismo. Così l'architettura moderna fu pubblicamente condannata come
  "bolscevica" ed "ebraica". L'impossibilità
  di caratterizzare un'architettura italiana nell'ambito dell'architettura
  moderna è la prova della validità degli sforzi degli architetti italiani: ciò
  significa che l'architettura italiana ha raggiunto quel grado di attualità,
  quella pienezza di contenuto storico, che le permette di qualificare i propri
  valori in rapporto a una tradizione internazionale e non più indigena, ad una
  "cultura" invece che a una "natura". | |||
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| Architettura organica | |||
| Oggi il
  termine "organico" è inseparabile dal naturalismo di Wright: un
  naturalismo d'origine ruskiniana: il contatto di coscienza
  e natura diventa urto, antitesi. L'umanità per la quale Wright costruisce non
  è un'umanità innocente e felice, ma una umanità logora ed esasperata che
  deve, per non morire, rituffarsi nella natura e ritrovarvi il proprio
  destino. Al
  principio d’autorità, espressione di potenza e di volontà distruttiva,
  l’architettura organica oppone la creatività mentre l’architettura
  razionalista oppone la lucida, geometrica struttura della coscienza. Ma anche
  Wright lotta per un ideale sociale: la sua poetica è principalmente una
  protesta contro i grattacieli delle ricchissime città americane. | |||
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