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autore

MIRKO ZARDINI

con i saggi di: Wolfang Schivelbusch, Norman Pressman, Emily Thomson, Constance Classen, David Howes

titolo

IL SENSO DELLA CITTA’. UN APPROCCIO ALTERNATIVO ALL’URBANISTICA

editore

LARS MULLER PUBLISHERS

luogo

CANADIAN CENTRE FOR ARCHITECTURE

anno

2005

 

 

lingua

INGLESE

 

 

Titolo originale: Mirko Zardini, Sense of the city. An alternate approach to urbanism.

 

 

 

Descrizione: http://www.lars-mueller-publishers.com/media/catalog/product/cache/4/image/448x/e5c3f25dbe2a3021345b55270d5894a1/1/2/121_aa.jpg

Argomento e tematiche affrontate

Questo libro rappresenta un approccio diverso all’architettura e all’urbanistica analizzando i vari aspetti di un paesaggio cittadino filtrato attraverso i diversi sensi. L’autore espone quelle che sono le qualità sensoriali dell’ambiente urbano, e mette in evidenza la nostra percezione di questo fenomeno in termini di luminosità e oscurità, stagione e clima, odore e aria, materiali superficiali delle città e  suoni. Attraverso i saggi di diversi autori, Mirko Zardini ricostruisce quelli che sono i vari percorsi perseguiti nel tempo riguardo a queste tematiche sensoriali. In questo modo rende chiaro quale sia il processo che ci ha portati ad avere delle città che egli stesso chiama “igenizzate” e in cui il senso della vista è predominante. Le tematiche affrontate mettono dunque in luce modi differenti di leggere la città. Questo dovrebbe essere il punto di partenza per una nuova architettura che prende in considerazione la multisensorialità come punto cruciale della progettazione. Mirko Zardini argomenta persuasivamente che questa modalità di sperimentare l’ambiente urbano, largamente assente dalle città odierne, ci permette di scrutare l’ambiente da un punto di vista innovativo e che l’ambiente urbano così progettato non rischia di essere monotono e sensorialmente sterile. L’autore punta molto su questo aspetto perché una città multisensoriale è una città che esprime la propria essenza e l’essenza di chi la abita e critica le metodologie applicate dall’urbanistica moderna che a suo parere ha prodotto città in cui è presente un grande ordine formale e una segregazione funzionale a discapito di un impoverimento sensoriale che crea un ambiente monotono. Attraverso questo libro Mirko Zardini vuole recuperare l’importanza della sensorialità anche in architettura e proprone un nuovo approccio alla progettazione dello spazio urbano. Egli porta alla luce un ambiente inesplorato di ricerca interdisciplinare che analizza i momenti cruciali in cui i fattori tecnologici e sociali hanno portato alla separazione nell’uso della percezione dell’ ambiente urbano. Zardini abilmente cerca di invertire la tendenza delle città odierne mostrandoci come la vasta gamma di fenomeni sensoriali qui affrontati  hanno determinato e continuano a determinare la vita urbana.

  

Giudizio Complessivo: 8

Scheda compilata da: Mattia Moretti

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

  

 

Descrizione: http://designobserver.com/media/images/authors/mirko-zardini-bio.jpg

Autore

Architetto, si è occupato attraverso ricerche, scritti e progetti del rapporto tra architettura e città contemporanea, e delle trasformazioni delle infrastrutture e del paesaggio. E' stato redattore della rivista Casabella dal 1983 al 1988 e della rivista Lotus International dal 1988 al 1999. Lavora come architetto insieme con Lukas Meyer, con studio a Lugano e a Milano.
Ha insegnato in diverse università italiane e straniere come Visiting Professor (Genova, Venezia, Ferrara, Syracuse University, SCI ARC, University of Miami, Harvard University, Politecnico Federale di Zurigo, Politecnico Federale di Losanna). Dal maggio 2005 è direttore del Canadian Centre for Architecture (CCA). Tra i suoi libri Multiplicity (Zurigo 1995), Paesaggi ibridi (Skira 1996 e 2000), The Dense-city (Milano 1999), Back from the Burbs (Losanna 2000), Annähernd Perfekte Peripherie (Basel, Boston, Berlin 2001). Mirko Zardini è il curatore di “Sense of the City”, una grande mostra al Canadian Centre for Architecture di Montréal dedicata al tema dei fenomeni urbani e alle percezioni che tradizionalmente sono state ignorate, represse o disapprovate.

Mirko Zardini

  

Contenuto

Questo testo espone una nuova metodologia di approccio all’architettura e all’urbanistica che si basa sulla sensorialità. Per questo motivo l’autore ribadisce quanto sia importante la presenza di elementi che stimolino tutti i sensi umani all’interno della città. Questo, tuttavia, non avviene nelle nostre città. Attraverso diversi saggi vengono delineati i vari percorsi che ci hanno portato a questa situazione di impoverimento sensoriale. Per prima cosa, analizza la vista e mette in evidenza come la città viene percepita in maniera totalmente differente durante la notte. Questo oggi non è più possibile perché le strade sono molto illuminate e per questo motivo grazie al saggio di  Wolfang Schivelbusch espone il percorso storico che ha portato all’illuminazione cittadina moderna. Successivamente, mette in evidenza l’impatto che il clima ha sulla città e nel saggio di Norman Pressman viene esposto il problema delle città “invernali”. Queste città, che si trovano in una fascia climatica fredda, sembrano voler negare il clima invernale che le caratterizza per uniformarsi alle tipologie urbane dei paesi più caldi a discapito della propria individualità culturale. Vengono, quindi, proposte delle metodologie urbane per una città che sia in conformità con il proprio clima. Viene anche analizzato il tema del suono all’interno delle città grazie al saggio di Emily Thomson, la quale racconta l’evoluzione del rumore nei centri urbani e i vari provvedimenti presi nella storia per regolamentarlo. Un altro aspetto è quello del suolo della città che Mirko Zardini tratta nel proprio saggio. Egli racconta l’evoluzione che ci ha portato dalle strade in terra battuta o pietra al manto asfaltato e i benefici che ne conseguono. Successivamente con il saggio di Constance Classen viene anche considerato l’aspetto olfattivo nelle città e il suo percorso nella storia. Viene infatti riportata la situazione nei vari periodi storici e i vari provvedimenti adottati per risolvere il problema della puzza nelle città. In fine, il saggio di David Howes fa un po’ un resoconto dei vari aspetti sensoriali all’interno di situazioni concrete come quella della Russia postsovietica e della piazza centrale di Hong Kong.                                                                                  

  

CAPITOLI

Capitolo 1 – La città notturna

Saggio di  Wolfang Schivelbusch – La paura del crepuscolo in strada

In molte culture la notte è il simbolo del caos, del reame dei sogni e dei demoni.                                                      Durante il medioevo la gente si preparava al tramonto barricandosi dentro casa perché la notte era per tutti un momento spaventoso e ricco di pericoli. A Parigi, ad esempio, nel 1380 venne redatto un decreto secondo il quale tutte le case durante la notte dovevano essere chiuse a chiave, mentre nel 1467 fu un decreto inglese impediva di aggirarsi per le strade dopo le nove di sera. Il primo esempio di illuminazione notturna comparve nel 16° sec. quando a Parigi fu reso obbligatorio segnalare ogni abitazione con una lanterna che doveva essere appesa dal mese di novembre al mese di dicembre al livello del primo piano. Verso la fine del 17° sec. le lanterne vennero fissate sulle pareti delle case e un decreto reale del 1667 introdusse il modello di lanterna standard per la città di Parigi. All’inizio del 18° sec. le luci vennero spostate dalle pareti delle case al centro della strada come dei piccoli soli simboleggianti re Luigi XIV. L’illuminazione stradale divenne quindi un servizio semipubblico finanziato dalle tasse pagate da ogni possessore di immobili. Fino al 19° sec. gli orari di illuminazione erano dettati dalla luce naturale; infatti, in base al periodo dell’anno, venivano installate candele di dimensioni differenti. Dal 1840 furono introdotte le lampade “reverberes” a olio con riflettore emisferico. Questo permise di aumentare la distanza tra le  lampade che in alcuni punti giunse anche a 60m lasciando però grandi isole di oscurità. Con l’avvento della produzione industriale le strade vennero finalmente illuminate in senso moderno. Il 21° sec. è l’era dell’illuminazione urbana che ha il duplice compito di controllo sociale e di definizione di urbanità. 

Descrizione: IMG_0943

Paul Morand, Paris de nuit, 1933

  

Capitolo 2 – La città stagionale

Saggio di Norman Pressman – L’idea dell’inverno: abbracciando il ghiaccio e la neve                                                                                               

L’urbanistica dovrebbe operare come specchio dei valori culturali del luogo. Questa teoria però non è sempre applicata e questo è evidente nelle “città invernali”. Un clima invernale presenta alcuni caratteri ricorrenti tra cui le temperature molto basse, la presenza della neve, poche ore di luce nell’arco della giornata e le variazioni stagionali. Nella cultura generale l’inverno è il periodo dell’oscurità, dell’isolamento e del silenzio.                                   Nel 1955 a Québec city viene celebrato per la prima volta l’inverno con feste e spettacoli con il ghiaccio durante il “winter carnival” che fu poi ripreso in altri stati come la Finlandia, la Cina, la Russia e la Svizzera. Tuttavia i canadesi hanno una mentalità estiva, cioè tentano di negare l’inverno ed hanno un immaginario idealizzato dei posti più caldi. Questo determina uno scollamento dalla vita invernale che li porta ad avere, ad esempio, centri commerciali che all’interno sembrano essere ai tropici, con laghi artificiali e spiagge di sabbia. La città del nord non dovrebbe ricreare le condizioni estive ma al contrario dovrebbe approfittare dell’ambiente invernale nella sua bellezza e varietà per creare una propria identità. In questo caso sarebbe opportuno abbandonare l’urban design internazionale per lasciare spazio all’urbanistica bioclimatica che tiene conto della temperatura, della vegetazione, dell’orientamento, dei materiali degli edifici e dei colori delle superfici. L’obiettivo è quello di creare una città per tutte le stagioni e questo è possibile attraverso alcuni passaggi: promuovere una visione positiva dell’inverno anche attraverso i carnevali invernali, cercare soluzioni energeticamente efficienti, inserire attività scolastiche che abbiano come materia prima la neve e il ghiaccio, creare un sistema di trasporti pubblici confortevoli e accessibili, definire uno spazio urbano che sia esposto al sole ma protetto dal vento. La città deve promuovere un alto livello di stimolazione sensoriale con  negozi e ristoranti e  rivalutare la vita d’inverno con l’aiuto di questionari tecnici per la popolazione. I fattori climatici sono stati ignorati per troppo tempo e questo ha causato la distruzione delle tradizioni culturali e del regionalismo nel design. Oggi si tende a diminuire l’impatto dell’inverno sulla città ma un approccio “invernale” può aiutare a creare spazi sostenibili che riflettono i valori e i modi di vivere delle varie città invernali.

Descrizione: WINTER CITY

Montreal, 1900-1905

  

Capitolo 3 – Il suono della città

Saggio di Emily Thomson – Il rumore e l’abbattimento del rumore nella città moderna                                                                                              

Si dice che nel 1920 il governatore del Giappone in visita a New York rimase colpito dal rumore di quella città e associò il rumore alla civilizzazione. Il rumore rappresentava all’epoca la vita moderna ma c’era chi lo celebrava e chi lo voleva eliminare. Già nei dipinti di Pompei si potevano vedere scritte che indicavano di non fare rumore. Nel 18° sec. i rumori delle grandi città come Londra erano prodotti da persone e animali, ma a partire dal 19° sec. si aggiunsero il fischio del vapore, le rotaie, le fabbriche ecc. anche se i rumori tradizionali rimasero comunque prevalenti. Nel 1896 il dottore J.H.Girdner catalogò le piaghe della città e tra queste menzionò i carri dei cavalli, i veicoli, i musici, gli animali e i venditori ambulanti. In trent’anni questi furono sostituiti da auto, aerei e metropolitane. Nel 20° sec. gli americani celebravano il ronzio delle industrie come segno ambivalente del progresso ma attorno al 1920 si cominciò a capire che i rumori eccessivi potevano essere molto dannosi per la salute dei lavoratori e ne causavano l’inefficienza. Già nel 1907 a New York Mrs. Trice creò un movimento cittadino per ottenere un regolamento del rumore cittadino, la “società per la soppressione del rumore non necessario”                  ( SSUN ). Vari ingegneri dedicarono la loro vita per cercare di rendere scientifico il rumore e la sua soglia accettabile. In questi anni la polizia di New York emanò svariate leggi riguardanti il rumore cittadino. Inizialmente fu bandito l’uso dei megafoni e  i musicisti di strada; poi vennero create delle zone di silenzio nella città a seconda delle diverse funzioni sociali. Nel 1929 il commissario della salute di New York formò la commissione del rumore composta da scienziati, ingegneri, dottori e avvocati con lo scopo di studiare le cause e gli effetti del rumore. Attraverso alcuni questionari scoprirono che la maggior parte del rumore era dato dalle tecnologie moderne. Venne introdotto il decibel come nuova unità di misura per il suono. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale il problema del rumore divenne di importanza primaria perché si era sviluppata una grande attenzione verso l’ambiente, quindi venne rilanciata la battaglia contro il rumore non più in termini di efficienza dell’ambiente ma in termini di qualità della vita. Oggi, sebbene i rumori cittadini siano molto inferiori, è possibile isolarsi da questi scegliendo individualmente cosa si vuole ascoltare grazie alle nuove invenzioni come l’Ipod.

Descrizione: MUSICISTI

Musicisti di strada

  

Capitolo 4 – La superficie della città

Saggio di Mirko Zardini – Il suolo della città moderna e la preponderanza dell’asfalto                                                                                             

L’asfalto comparve negli anni 20 dell’ 800 per la prima volta in Europa e in America e il suo primo utilizzo fu quello di rivestimento per i maricapiedi. Oggi la maggior parte del suolo cittadino è coperto da asfalto. Esso è una miscela di bitume associata a materiali inerti come sabbia e pietre sminuzzate. Per la sua stesura viene prima spianata l’area e vengono tolte le eventuali pietre presenti. In passato il bitume veniva usato tra le pietre delle strade babilonesi e solo successivamente venne mischiato con gli inerti. Nel 18° sec. venne proposto di ricoprire le strade con un materiale che fosse uniforme, impermeabile e semplice da pulire e queste qualità furono trovate proprio nell’asfalto. Apparve per la prima volta per facilitare il transito ai pedoni di Parigi dove fu utilizzato nel 1835 per Place de la Concorde e poco dopo anche ad Oxford Street a Londra. Dopo il 1850 fu usato largamente anche per le strade di Parigi, Berlino e Londra. Con l’industrializzazione i costi contiuarono a diminuire e l’asfalto di diffuse sempre più velocemente. Questo materiale ebbe un grande successo perché prima di esso le strade in  terra battuta erano quasi impraticabili sia per i pedoni che per i mezzi di trasporto in quanto con la pioggia si creavano pozzanghere e fango mentre con un clima più asciutto generava una grande quantità di polvere che impregnava i vestiti della gente. Grazie a questo nuovo materiale dal 19°sec. le strade divennero anche un luogo di socializzazione e non più solo dei collegamenti viari. Con il tempo l’asfalto assunse una connotazione negativa perché venne associato alle auto ed al traffico e questo portò ad un processo inverso: la “depavimentazione”. In molti stati come la California vennero rimosse grandi superfici asfaltate per lasciar spazio a parchi pubblici.

Descrizione: PRIMA DELL'ASFALTO

Londra, 1925, un uomo bagna la strada per eliminare la polvere

 

Capitolo 5 – L’aria della città

Saggio di Constance Classen – La città de odorizzata: combattendo il fetore urbano nel 19° secolo

Tutte le grandi città del 18° e del 19° sec. erano maleodoranti a causa della spazzatura per strada, delle strade usate come bagni pubblici e per la la presenza di macelli e di animali nei centri urbani. Non vi era nessun sistema organizzato di reflusso delle acque e inoltre la gente gettava la spazzatura nei fiumi. Le case dei quartieri poveri avevano i “pozzi neri” che inizialmente venivano  spesso svuotati dai contadini che utilizzavano il contenuto come fertilizzante, ma con la scoperta di fertilizzanti più economici questo avveniva più raramente e quindi il contenuto veniva gettato nei fiumi o nei campi. Nel tempo le case furono connesse con dei condotti che giungevano direttamente al fiume che però divennne così un enorme “pozzo nero”. Inoltre l’acqua potabile giungeva da condotti vicini a quelli di scarico senza metodi di filtraggio e veniva poi raccolta nei pozzi o nelle pompe cittadine. Questa fu la causa del colera. Scoperte le cause vennnero soppressi i pozzi e si iniziò a filtrare l’acqua. Una riforma sanitaria inglese del 19° sec. obbligò i proprietari delle case a connettersi con le nuove fognature realizzate. Anche Parigi era maleodorante e solo con l’intervento del barone Haussmann furono realizzate delle fognature adeguate. Venne poi anche ideato un nuovo modo per trasportare lo sporco urbano che veniva messo in bidoni di latta che venivano regolarmente svuotati dai netturbini. In questo periodo nelle maggiori città cominciarono a comparire le fognature sotterranee e i mattatoi, i cimiteri e le discariche furono spostati fuori città. La deodorazione della città moderna fu un processo molto lento e complicato.

 

Saggio di David Howes – L’architettura dei sensi

Lo studio dei sensi è una rivoluzione che ha portato delle innovazioni anche nel campo dell’architettura. Invece di “leggere” la città la si vive attraverso multiple modalità sensoriali. I diversi sensi producono diverse interpretazioni dello stello luogo. Dunque, il paesaggio è in realtà composto da un paesaggio sonoro e da un paesaggio olfattivo. Durante l’illuminismo la concezione sensoriale della natura fu annullata a causa della razionalizzazione che portò al predominio della vista sugli altri sensi. Oggi l’urban design punta sulla semplicità geometrica e sulla separazione funzionale marginalizzando il modo spontaneo in cui gli uomini creano ordine e danno senso alla città. Spesso questo porta ad una segregazione funzionale a costo di un impoverimento sensoriale.

Un esempio di spazio urbano vissuto sensorialmente è la piazza centrale di Hong Kong. Questo è uno spazio sul quale si affacciano le più importanti banche e uffici del mondo asiatico, ma durante la domenica, quando è chiusa al traffico, si anima di collaboratori domestici filippini che, costretti a stare in casa durante tutta la settimana, vivono questo spazio urbano trasformandolo in spazio di piacere. Per un giorno la piazza diventa una sorta di “casa fuori casa” e la gente si stende sulle panchine e mangia piatti esotici per strada anche se la classe dirigente non è d’accordo.

Un esempio un po’ diverso è quello delle città russe nel periodo della transizione tra totalitarismo e il periodo postsovietico. Sotto il regime totalitario le città erano grigie, monotone e costituite da elementi prefabbricati. Dopo la rivoluzione del 1991 cominciarono a giungere immagini dell’occidente. Nacquero,così, nuovi edifici e piano piano cambiarono stile di vita. Venne modificato sia il vestiario che il regime olfattivo e uditivo russo. Prima per strada vi erano altoparlanti al servizio del potere sovietico e si sentiva odore di diesel e polvere mentre le case sapevano di cavolo e cloro; dopo la rivoluzione arrivarono il rock,il jazz e i ristoranti occidentali. Questo è stato un passaggio irreversibile verso una nuova multisensorialità.

Negli anni ’60 architetti e urbanisti cominciano a sensibilizzarsi al tema dell’architettura dei sensi. Juhani Pallasmaa afferma che l’architettura è l’arte della riconciliazione tra noi stessi e il mondo e questa meditazione avviene attraverso i sensi. L’etnografia sensoriale porta nuovi mezzi agli architetti per immaginare come progettare o riprogettare spazi sensorialmente adatti.

Descrizione: SMELL OF THE CITY

Londra, 1 Dicembre 1952, impiegate coprono la faccia con le sciarpe per proteggersi dallo smog

  

GLOSSARIO

Paesaggio uditivo (Soundscape) – sequenza temporale portata dalla natura all’orecchio                         dell’ascoltatore.

Paesaggio olfattivo (Smellscape) – insieme degli odori, sia naturali che artificiali, che contengono l’essenza del posto.