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autore |
PETER ZUMTHOR |
titolo |
PENSARE ARCHITETTURA |
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editore |
MONDATORI ELECTA |
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luogo |
MILANO |
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anno |
2003 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: Peter Zumthor,
Pensare architettura, Peter Zumthor e Lars Muller
Publisher, 1998, Baden (svizzera) |
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Argomento e tematiche affrontate |
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“Pensare Architettura" è un libro di pensieri,
riflessioni, commenti, descrizioni. La sua organizzazione è pensata in capitoli
a loro volta suddivisi in paragrafi che sembrano essere occasione per
scandire e precisare le esperienze sensoriali vissute dall'autore. Tutte
frutto della quotidiana esistenza: la lettura di una poesia, l'osservazione
di alcune immagini, i suoni percepiti e ascoltati. L’autore vuole comunicare
il significato dell’architettura, che non sta solo nel costruire un edificio,
ma nella sensazione che questo edificio genera in chi lo visita e al contempo
comunica il suo processo progettuale. Il libro contiene solo poche foto che
rappresentano le architetture di Zumthor non nella loro interezza, ma
immagini di alcuni particolari. “Pensare Architettura” è la capacità di
cogliere un carattere, una proprietà intrinseca all'oggetto osservato che,
attraverso una elaborazione, anche inconsapevole, diviene sensazione e quindi
immagine. |
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Giudizio
Complessivo: 8 |
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Scheda compilata da: Giacomo Carena |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2
a.a.2012/2013 |
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Autore |
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Figlio di un ebanista, Peter Zumthor (Basilea 1943)
imparò falegnameria fin da piccolo. Negli anni sessanta ha studiato al Pratt
Institute di New York. Tra i vari riconoscimenti internazionali conseguiti,
Zumthor ha ricevuto nel 1989 la medaglia d’oro Heinrich Tessenow dalla
Heinrich-Tessenow-Gesellschaft e.V., nel 1996 la Thomas Jefferson Medal in
Architecture, nel 1998 il Carlsberg Architecture Prize per il progetto del museo
di Bregenz (Austria) e per i bagni termali a Vals nel Canton Grigioni
(Svizzera). Prima di essere insignito nel 2009 del Premio Pritzker, ha anche
ricevuto nel 2008 il Premio Imperiale dall'imperatore del Giappone.
Ha insegnato al "Southern California Institute of
Architecture" di Los Angeles, alla "Technische Universität" di
Monaco, alla "Harvard Graduate School of Design" e
all'"Accademia di Architettura" di Mendrisio. Il suo lavoro scritto pubblicato è
principalmente di tipo narrativo e fenomenologico. Attualmente lavora nel suo
atelier, Architeckturbüro Peter Zumthor, fondato nel 1979 a Haldenstein. La sua architettura si caratterizza per
la qualità materica delle superfici, la ricerca di una definizione quasi
artigianale delle stesse e la massività, oltre che per la predilezione per
l'uso di materiali naturali lasciati a vista. |
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Peter Zumthor |
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CAPITOLI |
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Capitolo 1 – Un modo di vedere le cose |
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Il libro si apre con una riflessione su quei piccoli gesti
spontanei, semplici, come aprire una porta, che però se analizzati non sono
così banali perché provocano emozioni, sensazioni, rimangono impressi nella
mente. Zumthor parte dai propri ricordi personali di architetture da lui
vissute ma sconosciute perché ne comunica solo la sensazione, la percezione
delle spazio, dei materiali, per descrivere quello che è il suo processo
progettuale nel quale il tipo di spazio e il modo in cui verrà vissuto a
livello emozionale da chi ne farà uso sono gli obiettivi a cui punta con la
sua architettura. Zumthor rivela quindi alcuni suoi edifici con un paio di
foto per ciascuno, visioni personali, senza descrivere a pieno l’edificio ma
solo la sensazione comunicando immagini al lettore senza che questi le veda. |
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Cappella di San Benedetg, Somvix, Grigioni, 1987-88 |
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Capitolo 2 –
Il nocciolo duro della bellezza |
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Partendo dalle
riflessioni di alcuni artisti (William Carlos Williams, Italo Calvino,
Giacomo Leopardi) sul concetto di bellezza analizza la propria visione di
bellezza e il modo in cui cerca di interpretarla. Bellezza e matericità come quella del cemento, della pietra. Accosta
al concetto di bellezza quello di unità, perché nel suo pensiero ciò è
fondamentale perché ci sia architettura, se vi è un accostamento senza unione
non si crea architettura. Il discorso si concretizza e viene applicato ad uno
dei suoi più famosi lavori, Le Terme di Vals che ben si accostano al titolo
per la loro riconosciuta bellezza e al tempo stesso durezza e matericità. A partire da un’analisi del luogo arriva alla
definizione di una via da seguire dove le parole “luogo” e “scopo” sono la
risposta alla realtà che si va cercando nell’architettura. Fa proprio il
saggio di Martin Heidegger “Costruire Abitare
Pensare” nel quale dice “…il rapporto dell’uomo con i luoghi e attraverso i
luoghi con gli spazi si fonda nell’abitare.” I materiali sono fondamentali
per far scaturire le idee, “non vi sono idee se non nelle cose”. |
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Terme di Vals, Grigioni, 1991-96 |
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Capitolo 3 – Dalla passione per le cose alle cose stesse |
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Zumthor parla delle sua
passione nelle cose, della passione che in modo diverso tutti hanno, passione
che come nel suo caso deriva dalla pratica e non dalla teoria, per cui sente
la necessità di soddisfare nelle sue opere l’immagine che ha in mente, perché
secondo lui quell’oggetto non può essere altrimenti. Questa sua immagine però
è condizionata dalla preesistenza, dalla tradizione, cercando però di non
dialogare soltanto con il passato ma evolvendosi verso il futuro, e questo
equilibrio è dato da un sapiente utilizzo di tecniche e materiali nei quali
fin da giovane come ebanista si trova a doversi confrontare. Da qui iniziano
brevi riflessioni e discorsi con altri amici su luoghi, architetture, bei
ricordi di posti visitati o in cui si è vissuto per capire cosa li renda così
diversi e a modo loro speciali. In questo capitolo le descrizioni
architettoniche iniziano ad essere più vaste, in grado di far comprendere
l’intero edificio e quei particolari luoghi che hanno lasciato una traccia in
Zumthor e non più solo questi ultimi. |
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Museo
d’arte, Bregenz, 1997 |
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Capitolo 4 – Il
corpo dell’architettura |
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Il Corpo dell’architettura altro non è che ciò che emana dall’architettura.
Ciò che si percepisce attraverso il materiale, attraverso la disposizione di
una facciata, attraverso alcuni dettagli e accostamenti, attraverso dei
simboli, attraverso delle assonanze, attraverso l’arte. C’è un’architettura
ovunque, ovunque vi è una regola, bisogna analizzare dall’esterno il contesto
per comprenderla, in seguito sembrerà tutto più chiaro, lineare, omogeneo. Vi
è una descrizione di molti progetti visitati da Zumthor
nei quali racconta il proprio punto di vista di fronte a queste architetture. |
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Capitolo 5 –
Insegnare l’architettura, imparare l’architettura |
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Il titolo del capitolo potrebbe riferirsi a due persone diverse, al
contrario secondo Zumthor anche il professore che insegna
architettura segue sempre lo stesso percorso dello studente perché il
professore non conosce già le risposte ma ne è anch’esso alla ricerca. Tutti
seguiamo questo cammino. Fare architettura significa quindi porre delle
domande anche a se stessi, trovare insieme ad altri (i professori) le
risposte e sempre di nuovo. “La forza di un buon progetto risiede in noi
stessi e nella nostra facoltà di percepire il mondo con il sentimento e la
ragione. Un buon progetto di architettura è sensuale. Un buon progetto di
architettura è saggio.” Tutti fin da piccoli abbiamo fatto la nostra
esperienza di architettura, ciascuno a modo suo si è confrontato con i
paesaggi, con le citta in modo inconscio. Cosa fin da piccoli ci ha colpito
di quell’ambiente, di quello spazio? Zumthor fa
alcuni esempi di esperienze vissute che l’hanno affascinato invitando tutti a
fare altrettanto, a ricordare particolari, materiali, disposizioni. Fa a se
stesso domande sul perché sia rimasto colpito, perché abbia fatto determinate
scelte perché abbia scelto determinate forme. |
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Corpo
sonoro, Padiglione della Svizzera, Expo di Hannover 2000 |
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Capitolo 6 – La bellezza ha una forma? |
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Zumthor si interroga sulla
possibilità di dare una forma alla bellezza, ovvero sulla possibilità che la
bellezza sia creabile con regole come la sezione aurea o la teoria dei
colori. Ma cosi non è pur essendo questi mezzi e metodi meravigliosi, non
sostituiscono il contenuto e non assicurano la magia di un bell’insieme. Per
cui la bellezza la percepiamo ma non abbiamo regole per crearla così, come
per il suo processo di progettazione si può provare facendo un percorso
inverso: come si percepisce la bellezza? La bellezza si percepisce attraverso
la mancanza, è il mancare di qualcosa che rende ciò bello, gioia e dolore
insieme, l’esperienza della forma bella nasce dal sentimento dell’assenza. |
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Museo
d’arte, Bregenz, 1997 |
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GLOSSARIO |
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Materia – Parte concreta su cui si basa l’idea. |
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Movimento e Percezione – Elementi di connessione tra noi e l’architettura. |
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Esperienza – Mezzo fondamentale per comprendere a fondo un’architettura. |
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Unità – L’architettura deve essere un tutt’uno per funzionare, unità come
meta indispensabile del lavoro di progettazione. |
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Luogo e Scopo –
Risposte alla realtà che si va cercando nell’architettura, punti topici della
ricerca. |
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Bellezza – Emozione generata
dal sentimento dell’assenza. |