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autore

BERNARD TSCHUMI

titolo

ARCHITETTURA E DISGIUNZIONE

editore

PENDRAGON

luogo

BOLOGNA

anno

2005

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Prima edizione

 

 

 

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Argomento e tematiche affrontate

 

Architettura e disgiunzione è la raccolta dei saggi più significativi scritti da Tschumi. Il libro, pubblicato negli Stati Uniti nel 1996 dalla MIT Press, ha avuto ben quattro ristampe, ponendosi come pietra miliare della moderna letteratura architettonica. Il volume è diviso in tre sezioni che raccolgono i saggi scritti rispettivamente tra il 1975 e il 1976, tra il 1981 e il 1983 e tra il 1984 e il 1991 e che rispecchiano tre fasi di elaborazione del pensiero tschumiano. La prima sezione è dedicata alla nozione di Spazio e a una sua strategica ridefinizione. Sono gli anni in cui Tschumi riflette soprattutto attorno alle strutture politiche e sociali dell’ architettura e le letture filosofiche giocano un ruolo centrale nel suo fare intellettuale. Quella successiva, Programma, raccoglie scritti che testimoniano il passaggio definitivo al progetto di architettura. Benchè la teoria continui ad avere un ruolo importante per l’ autore, il tono della scrittura cambia: Tschumi si sta trasformando sempre di più in un architetto teso alla costruzione. La terza sezione, Disgiunzione, è in qualche modo la risultante delle prime due, rappresentando un possibile sbocco dell’approccio tschumiano a cavallo tra le riflessioni teoriche più libere e le sperimentazioni architettoniche concrete. Trovando la forma del libro, questi scritti solidificano un pensiero e dimostrano un’ unitarietà intellettuale che i singoli saggi avevano soltanto fatto intravedere. In questo sta uno dei maggiori meriti di questo importante volume, che evidenzia come alcuni apparenti giochi e provocazioni siano in realtà un corpo molto solido di un’ opera complessa. Non sono giochi quelli di Tschumi, così come lui stesso non è quel provocatore avanguardista che viene spesso dipinto. Quella di Tschumi è un’opera che non solo ha creato slogan di successo, ma ha collaborato attivamente a una decisivo spostamento di prospettive disciplinari che sono alla base della cultura architettonica del nostro tempo.

 

Giudizio Complessivo: 7

Scheda compilata da: Alessandro Nieddu

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

 

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Autore

 

Tschumi Bernard. - Architetto svizzero ( Losanna 1944) con doppia nazionalità (svizzera e francese). Tra i maggiori interpreti del decostruttivismo, è uno dei punti di riferimento dell'architettura internazionale. Il suo linguaggio eclettico, ispirato al costruttivismo russo, è reso attuale da personali interpretazioni di tematiche della contemporaneità. Tra le opere: Centro multifunzionale ZinithRouen (1998-2000).

Bernard Tschumi

 

CONTENUTI

 

I saggi raccolti sotto il titolo di “Architettura e disgiunzione” sono il risultato del lavoro teorico, quasi un controprogetto, realizzato da Bernard Tschumi negli anni passati all’Architectural Association School di Londra e a Princeton. Retaggio dei corsi sul planning, sulla teoria e il linguaggio, questi scritti trovano la loro manifestazione nelle proposte rivoluzionarie di un’architettura pensata per l’azione. Pubblicati su “Oppositions” oltre che su ”Architectural Design”, forniscono tutte le motivazioni per il concetto di dis-giunzione.

I saggi sono qui suddivisi per sequenze temporali: la prima, quella dal 1975 al 1976, in cui analizzare il concetto di spazio, la seconda dal 1981 al 1983, in cui il concorso per il Parco della Villette di Parigi offre l’aggancio al tema del programma. Infine gli anni dal 1984 al 1991, in cui Bernard Tschumi affianca alla pratica il processo teorico formalizzando il concetto di disgiunzione.

Numerosi gli agganci con le avanguardie storiche, da Dada al Surrealismo ma anche il Situazionismo e il suo “appropriamento indebito di spazio”, la body-art di Vito Acconci, intere azioni disgiunte dal sistema arte. E ancora, Superstudio, Archizoom e il cinema di Godard. Cambiano gli strumenti dell’architetto, piante e planimetrie lasciano il posto a collage e microchip.

 

CAPITOLI

Capitolo 1 : SPAZI

 

La prima parte di “Architettura e disgiunzione”, la quale riporta i saggi scritti tra il 1975 e il 1976, è dedicata alla nozione di Spazio e a una sua strategica ridefinizione.

Ne “Il paradosso dell’architettura”, Tschumi sostiene che chi si occupa di architettura prova una sorta di disillusione e disagio per il fatto che nessuno degli ideali utopici del ventesimo secolo si sia materializzato e nessuna delle sue finalità sociali sia stata portata a compimento. La frattura tra la realtà sociale e il sogno utopico appare ora totale. Allo stesso tempo appare una nuova frattura che è il segno di un problema fondamentale che va rintracciato nella natura propria dell’architettura e del suo elemento essenziale, vale a dire lo “spazio”. Vengono esaminate anche quelle tendenze che considerano l’architettura come una cosa della mente e come una disciplina dematerializzata o concettuale, con le proprie variazioni linguistiche o morfologiche (“LA PIRAMIDE”); in secondo luogo la ricerca empirica dell’architettura che si concentra sui sensi e sull’esperienza dello spazio cosl come sulla relazione tra spazio e azione (“IL LABIRINTO”). Tschumi sostiene che l’architettura della piramide sia quella che fa dell’intelletto il suo strumento principale. Il risultato inesorabile è quello di lunghi monologhi dell’architettura e sull’architettura, come pur esserlo l’architettura razionale di Aldo Rossi la cui estrema sintesi potrebbe realizzarsi nel silenzio.

In “Questioni di spazio” l’autore pone varie domande senza dare risposta. In una specie di “matriosca delle definizioni”, travestite da punto interrogativo si legge: “l’esperienza dello spazio determina lo spazio dell’esperienza?”.

Nel saggio “Architettura e trasgressione” lo scrittore tenta di dimostrare che la trasgressione non è una totalità, di cui le regole architettoniche sono solo una parte. Sottolinea il fatto che prima di occuparci della trasgressione è necessario ricordare la relazione paradossale tra l’architettura come prodotto della mente, come disciplina concettuale e smaterializzata, e l’architettura come esperienza sensoriale dello spazio e come prassi spaziale. Questo saggio offre inoltre un aggancio alla teoria di Georges Bataille. Saranno alcuni posters realizzati dallo stesso Tschumi durante gli anni settanta a svelare l’erotismo di un’architettura che trova il proprio “maximum” nel piacere dell’eccesso. La trasgressione che si nasconde sotto le vesti dellarchitettura è allora quella di una Ville Savoye fotografata in uno stato evidente di decomposizione.

“Il piacere dell’architettura” si compone di undici frammenti in cui viene dimostrato che oggi il piacere dell’architettura pur stare al di fuori e all’interno delle varie opposizioni presenti in quest’arte, nella dialettica e nella disintegrazione della dialettica. Viene citato Roland Barthes e il suo “Il piacere del testo”nel quale ci si inoltra nella struttura dell’architettura, nella scrittura bianca.

 

Capitolo 2 : PROGRAMMA

 

Nella seconda parte di “Architettura e disgiunzione”, nella quale vengono raccolti gli scritti dal 1981 al 1983, viene affrontato il concetto di “programma” che funge da filo conduttore del discorso. L’autore ci dice che un programma architettonico consiste in una lista di necessità di cui è richiesto l’adempimento; esso indica le loro relazioni, ma non suggerisce la loro combinazione la loro proporzione. Affrontare la nozione di programma significa oggi addentarsi in un’area proibita, la quale è stata bandita per decenni dalle ideologie architettoniche. Le questioni programmatiche sono state liquidate come residui dell’umanesimo e come tentativi morbosi di far risorgere dottrine funzionaliste ormai obsolete.

Nel saggio successivo “La violenza dell’architettura” l’autore afferma che non c’è architettura senza azione, senza eventi, senza programma; per estensione non c’è architettura senza violenza. La prima di queste affermazioni va contro corrente rispetto al pensiero prevalente in architettura, in quanto rifiuta di privilegiare lo spazio a discapito dell’azione. La seconda affermazione sostiene che nonostante la logica degli oggetti e quella dell’uomo siano indipendenti nelle rispettive relazioni con il mondo, esse inevitabilmente si fronteggiano in un aspro confronto. Tutte le relazioni che intercorrono tra una costruzione e chi se ne serve sono improntate alla violenza, poichè l’uso implica l’intrusione di un corpo umano in un dato spazio, l’intrusione di un ordine all’interno di un altro. Viene poi precisato che col termine “violenza” ci si riferisce ad una metafora dell’intensa relazione tra gli individui e gli spazi che li circondano. L’argomentazione insomma non ha nulla a che fare con questioni stilistiche.

Nelle “sequenze” viene trattato il tema della sequenza architettonica la quale include o implica almeno tre relazioni. Per prima cosa, una relazione interna che ha a che fare con il metodo di lavoro; quindi due relazioni esterne concernenti l’una la giusta apposizione degli spazi effettivi, l’altra il programma (avvenimenti o eventi). La prima relazione, o “sequenza trasformazionale” può essere descritta anche come un meccanismo, una procedura. La seconda sequenza, quella “spaziale” è costante nel corso della storia, i suoi precedenti tipologici abbondano e le sue variazioni morfologiche sono infinite. La terza relazione è caratterizzata da implicazioni sociali e simboliche che le hanno conferito il titolo di “sequenza programmatica”.

 

Capitolo 3 : DISGIUNZIONI

 

“Disgiunzioni”, terza parte del libro comprendente i saggi scritti tra il 1984 e il 1991, è costituita da due testi distinti: il primo tratta i concetti di “follia” e “transfert”, il secondo esamina le idee di “combinazione” e “contaminazione”. I due testi sono in relazione reciproca allo stesso modo in cui la scienza si rapporta alla tecnica e l’interpretazione ai fatti, vale a dire come una sgradevole necessità. Data una definizione di follia come l’altra faccia di una medaglia che da un lato mostra la convenzionalità, la “folie” diventa “matrice” nel progetto per il “Parc del la Villette” di Parigi rappresentando l’oscillazione del gusto a metà tra il credo modernista e il classicismo riveduto. Nel processo di transfert, la folie assume invece il ruolo di “stabilizzatore”, in un parco, come quello della Villette, che è stato pensato in contrapposizione alla struttura istituzionale dei parchi urbani, dei musei e dei centri di ritrovo. La combinazione avrà il compito di “collegare” le folies dislocate sulla griglia. Da parte sua, la composizione sarà invece la categoria maior. L’analisi del progetto per il Parc della Villette continua attraverso il concetto di “mediazione astratta e strategica” nel quale viene esposto l’obiettivo principale del progetto: provare che era possibile costruire un complesso architettonico organizzato senza ricorrere alle regole tradizionali di composizione, gerarchia e ordine. Il principio della sovrapposizione di tre sistemi autonomi di punti, linee e superfici è stato sviluppato rifiutando la sintesi totalizzante delle limitazioni oggettive presenti nella maggior parte dei progetti su vasta scala.

Nel saggio “disgiunzioni” Tschumi dà la definizione del concetto di disgiunzione: Il concetto di disgiunzione è

incompatibile con una visione statica, autonoma e strutturale dell’architettura. Tuttavia essa non va

contro l’autonomia o contro la struttura: essa implica semplicemente operazioni costanti e

meccaniche che producono sistematicamente dissociazione nello spazio e nel tempo, dove un

elemento architettonico funziona esclusivamente scontrandosi con un elemento programmatico, con il

movimento delle masse o con qualche altra cosa. In questa maniera la disgiunzione diviene uno

strumento sistematico e teorico del fare architettura;.

In “De-, Dis-, S-“ perveniamo al paradigma di un’architettura che non ha più bisogno di prefissi come

post-, neo o pre-; mentre in “Sei concetti” viene affrontato un breve approfondimento di alcune delle tematiche affrontate da coloro che vengono ora condannati a quella “suprema insipienza” a causa della propria riluttanza a perpetuare la ripresa del vernacolare e del classico. L’autore intende dunque qui esaminare alcuni dei concetti che governano la realizzazione dell’architettura e della città in questo particolare periodo.

 

GLOSSARIO

 

PROGRAMMA: nota descrittiva, emessa preventivamente, di qualsiasi serie formale di atti come la celebrazione di una festa, un corso di studi, ecc. [...], una lista di voci o “numeri” di concerto, ecc., nell’ordine di esecuzione; quindi gli elementi stessi,considerati nel loro insieme, la manifestazione nella sua totalità.

 

SEQUENZA:  successione logica di nuclei legati da una relazione di solidarietà : la sequenza apre quando uno dei suoi termini ha un antecedente non isolato e chiude quando un altro dei suoi termini non ha nessi.

 

RECIPROCITA’: sequenze di spazi e sequenze di eventi possono certo diventare totalmente interdipendenti e condizionarsi reciprocamente in maniera completa, è il caso per esempio delle “machines à habiter” , delle cucine ideali del Werkbund, delle astronavi dell’era spaziale dove ciascuna azione, ciascun movimento è progettato, programmato. Si osserva allora una strategia di reciprocità nella quale ciascuna sequenza di fatto rafforza l’altra - il genere di tautologia architettonica favorita dalle dottrine funzionaliste ( “il pattinatore pattina sulla pista di pattinaggio”).

 

CONFLITTO: sequenze di eventi e sequenze di spazi occasionalmente si scontrano e si contraddicono a vicenda. Si osserva allora una strategia di conflitto nella quale ciascuna sequenza trasgredisce costantemente la logica interna dell’altra ( il battaglione pattina sulla fune ).

 

INDIFFERENZA:  sequenze di eventi e sequenze di spazi possono essere ampiamente indipendenti le une dalle altre - si vedano ad esempio gli assortimenti di stand esotici in mezzo alla regolare pilastratura del Crystal Palace del 1851. Si può allora osservare una strategia di indifferenza nella quale le considerazioni formali non dipendono da quelle utilitaristiche.