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autore

ERNESTO N. ROGERS

titolo

GLI ELEMENTI DEL FENOMENO ARCHITETTONICO

editore

MARINOTTI

luogo

MILANO

anno

2012

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Prima edizione:  Milano, 1963

 


 

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Argomento e tematiche affrontate

Di manuali di storia dell'architettura ce ne sono molti, è difficile reperire invece quei testi che possono indirizzare lo studioso e soprattutto lo studente verso i problemi del "fare" architettura. Rogers ha avuto l'ambizione in tutta la sua attività di studioso, di docente e di architetto di coltivare con trasporto questo interesse. Lo fece con la sapienza di un autentico maestro, condizionato dalla lezione di Gropius, ma ben consapevole della crisi che aveva colpito, nel secondo dopoguerra, anche la rinomata scuola del Bauhaus. Questo testo mette in evidenza tutte le difficoltà legate alla progettazione: attività che Rogers considera una vera e propria missione per dotare l'uomo di una casa, di un ambiente in generale, che sia organico alle esigenze del nostro tempo. L’autore passa gran parte della sua vita alla ricerca dei canoni e delle regole dell’insegnamento, che diventa a dir suo, un dialogo tra docente e discente.

 

Giudizio Complessivo: 6 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Davide Scrivani

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

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Autore

Ernesto Nathan Rogers nasce da una famiglia della colta borghesia nel 1909 a Trieste, dove è sepolto, e muore nel 1969. Il padre è un cittadino inglese ma Ernesto, formatosi alla cultura italiana, rinuncia alla cittadinanza britannica. Dopo aver completato gli studi di architettura al Politecnico di Milano, nel 1932 insieme con Gianluigi Banfi, Lodovico Belgiojoso ed Enrico Peressutti costituisce lo studio di architettura BBPR, simbolo di un metodo e di una logica professionale basta sulla discussione e il coinvolgimento collettivo ed inizia la sua attività nella stessa Milano.

L’opera architettonica di Rogers è molteplice e dislocata in Italia e all’estero, basti ricordare la celebre Torre Velasca di Milano, la sistemazione dei musei del castello sforzesco e la chase Manhattan Bank, sempre a Milano ed inoltre la sede dell’Olivetti a Barcellona.

Personalità di grande prestigio, E. N. Rogers nel dopoguerra diventa uno dei protagonisti del dibattito architettonico internazionale.

La sua curiosità intellettuale e il piacere della divulgazione della sua disciplina lo portano ad avere una grande influenza teorica sulla cultura architettonica italiana del tempo, anche come direttore delle riviste “Domus” e “Casabella”. Un impegno che integra armonicamente il suo compito di docente universitario ,con il quale acquisisce, nei fatti, il carisma di vero “maestro”.

Ernesto Nathan Rogers

 

Contenuto

L’autore tratta con grande trasporto temi pedagogici relativi alla formazione di giovani architetti. Questo saggio indirizza il lettore su una lunghezza d’onda ben precisa, insegnandogli a guardare indietro nel modo corretto e saper scegliere attentamente una dialettica di progetto consistente e con ampie basi. Rogers cita quelli che secondo lui sono portatori di conoscenza e razionalità e discute le loro idee in modo quasi dialogico, sottolineando tanto le assonanze con il suo pensiero, tanto le frizioni.

 

CAPITOLI

Capitolo 1 – Gli Elementi del Fenomeno Architettonico

Come già accennato l’autore affronta con particolare sensibilità e rigore il tema dell’insegnamento; visto sotto forma di dialogo è un processo che porta chi spiega a mettere a disposizione la sua esperienza e le sue meditazioni, che tuttavia non sono in grado di fornire passaggi mentali “standard” che risolvano le ansie e i dubbi di chi ascolta. Riprende la teoria della Majeutica Socratica: un concetto che consiste nel riuscire a riportare a galla le qualità recondite di coloro che possono essere classificati come allievi; Rogers sostiene che il questo deve essere il fine ultimo di chi si propone di insegnare; condanna e classifica come stagnanti quei processi che fissano l’obbiettivo finale e mirano al suo raggiungimento attraverso un percorso programmato. L’autore parla poi degli elementi dell’architettura e del rilievo architettonico come due tematiche da affrontare per prepararsi all’atto della composizione; il rilievo appunto è visto come un processo di ricerca storica dal quale non si può prescindere. Un altro ambito affrontato da Rogers è quello del disegno, sia soggettivo e quindi collegato al rilievo, sia quello strumentale che fornisce secondo lui un’interpretazione oggettiva degli elementi che compongono l’oggetto disegnato. Un’opera architettonica non è sostituibile da un opera successiva poiché ciascuna è simbolo del periodo storico nella quale si inserisce; consegue che ogni tecnica è possibile purchè acquisti un significato e collabori anch’essa a significare. Ciò vale sia per la realizzazione di un’opera architettonica sia per la sua rappresentazione tramite il disegno. L’autore ci vuole comunicare che ogni elemento di un oggetto architettonico concorre attraverso la fusione con gli altri alla rappresentazione della totalità cui tenderà l’opera ultimata, è importante perciò che la scuola sensibilizzi lo studente alla cura e alla coesione di ogni singolo elemento nei confronti degli altri e del tutto. Una scuola democratica deve sapersi indirizzare anche agli allievi meno dotati e trovare il modo di elevare ciascuno, sicchè tutti riescano a raggiungere il loro meglio. La scuola ha un ruolo decisivo nell’insegnamento del disegno: secondo Rogers il disegno porta ad alcuni compromessi; quando un idea prende forma fa riferimento a caratteristiche particolari che prendono forma nella testa. La forza sta nel riuscire a trasmettere i caratteri che sono visti come dominanti, come espressivi; a tal fine è appunto possibile scegliere di rappresentare meo rigorosamente elementi che non occupano una posizione privilegiata nel progetto. L’istituzione scuola ha l’obbligo di criticare quando fosse necessario l’operato di uno studente; questo processo stimola un dibattito dialettico tra le parti che porta a migliorare entrambi i partecipanti al dialogo.

Torre Velasca

 

Capitolo 2 – La Società come Elemento del Fenomeno Architettonico

il capitolo inizia con una considerazione sull’importanza della società, vista come contesto all’interno del quale un opera sorge. C’è la necessità che l’architetto conosca la società entro cui opera e che la incorpori quindi nel processo creativo. All’interno di questo contesto vi sono quattro elementi principali: l’artista, l’opera, il critico, il pubblico. Leonardo, una figura a cui nessuno può ambire ma con cui tutti devono cercare di concorrere, è stato secondo Rogers l’unico che è riuscito ad estrapolare la sintesi dei quattro sopra citati ambiti ed a progettare tenendo conto delle influenze di ognuno. Il libro parla poi del dramma dell’oggettività. La cultura tecnicistica ha operato in due direzioni altrettanto disgreganti: ha moltiplicato le categorie, perdendo sempre di più la capacità di comprensione dei fenomeni, ha isolato ogni uomo come ente, senza potenziarne la comprensione delle sue responsabilità. Un concetto chiave è quello di sintesi, sintesi intesa come penetrazione dei maggiori autori di riferimento. Essa conduce ad una chiarificazione delle immagini e della dialettica che si instaura tra ogni elemento dell’oggetto architettonico. Questo processo deve essere palesato, deve essere reso comprensibile anche ai profani; solo cosi un opera entra nel contesto della società con largo consenso e approvazione di chi ci convive. Un’opera architettonica diventa valida se, attraverso il processo dei mezzi tecnici necessari per attuarla, diventerà espressione tangibile di tutti i fattori intenzionali di una società. Gli architetti sono prima di tutto uomini e la formazione del loro carattere è un'altra mansione che l’istituzione scuola non deve sottovalutare, essa deve cogliere gli aspetti psicologici su cui lavorare ed impostare una giusta considerazione dei concetti di individualità e collettività, con la consapevolezza che ogni uomo è tanto più libero quanto si rapporta alle libertà della collettività. Rogers cita poi nuovamente la scuola, assegnandole il ruolo di demiurgo: l’unica entità in grado di produrre la catalisi tra il mondo delle idee ed il mondo dell’architettura costruita, l’istituzione in grado di plasmare l’architetto moderno, dotto nelle tecniche ed in grado di tradurle in figuratività. Subentra qua l’interpretazione dell’autore del concetto di storia. Egli parla della “storia come utilità” sostenendo che essa non è nient’altro che una successione di interpretazioni diverse di un’idea supposta come vera, la quale diventa effettivamente vera in conseguenza della fiducia conferitale dagli uomini. L’importante è che un’idea sia stata utile all’evoluzione della costituzione umana e che gli uomini siano rimasti fedeli a certi principi esistenziali. Un altro interrogativo fondamentale per il Rogers maestro era quello di stabilire come insegnare l’arte del disegno e della rappresentazione. Due sono, secondo lui, le ragioni per le quali un architetto deve essere in grado di esprimersi tramite il disegno: per prima cosa per estrarre da se le immagini corrispondenti all’intenzionalità essenziale dell’opera che sta per compiere, in secondo luogo per chiarificare a chi poi dovrà operativamente costruire ogni elemento, l’esatta concezione del tutto che alberga nella sua testa. La tematica del disegno consente a Rogers di allacciarsi al rapporto che c’è tra creatori ed esecutori: la teoria dell’autore sostiene che tra queste due figure, la prima sia quella con maggiori responsabilità; il creatore deve infatti provvedere a studiare un sistema di comunicazione che faciliti e renda comprensibile la sua idea in tutte le sue parti.

Descrizione: image009

Immagine che ci rimanda alla società ai tempi dell’autore - 1930

 

Capitolo 3 – L’elemento della Tradizione

il capitolo si apre con la ripresa dell’indagine delle relazioni che esistono tra la creazioni di nuovi fenomeni e l’osservazione dei fenomeni esistenti. Gli artisti si trovano al centro di un sistema di influenze: il passato si colora secondo la gamma dello spirito dell’artista, ed il presente non può non risentirne. L’operazione creativa viene influenzata da due azioni della memoria: la prima si rivolge al passato, trae alimento cosciente o subcosciente delle esperienze consumate per crearne di nuove, la seconda fa riferimento al concetto di ammonire e di ricordare, questa azione ci proietta in avanti senza farci dimenticare ciò che ci ha toccato. La successione delle nuove invenzioni nei cicli storici è più o meno rapida e più o meno drastica ma non esiste mutazione che non debba tener conto degli antecedenti, come evoluzione oppure come reazione a quelli: ogni passo avanti secondo l’autore dipende dalla strada già tracciata, sia che prosegua, sia che si svolti. Indietro non si torna mai. Questa idea si allaccia alla convinzione che esista sempre e comunque una sorta di influenza dei modelli passati, dai quali dice Rogers bisogna ripartire. L’invenzione non è necessariamente un esplosione, o meglio, l’incarnazione di un idea che nasce compiuta dal genio, ma un idea che si elabora raccogliendo in se le diverse energie dello scibile e le configura in un’unita caratteristica. Da questa concezione ne nasce un’altra, quella di sintesi vitale. L’artista deve essere in grado di concepire un’idea attraverso una sintesi di processi mentali precedenti, deve sapere cosa scartare e cosa tenere, deve riuscire a creare un essere reale, cioè vitale, questa è l’unica legge da considerare. La proporzione tra memoria e invenzione può variare da momento a momento, da artista a artista, da opera ad opera. I momenti rivoluzionari sembrano essere privi di memoria dal momento che tutte le energie sono rivolte al domani, al cambiamento: in realtà si tratta solo di una sospensione della memoria. All’interno di quella che l’autore chiama “intuizione rivoluzionaria” c’è proprio questo principio: la novità non sta nell’aver dimenticato il passato ma nel farne un uso apposto al normale, consapevolezza che nasce dal non cancellare la memoria ma appunto dal sospenderla momentaneamente. Rogers si concentra poi sul concetto di cambiamento e di mutazione. Quando le cose cambiano, spesso, il processo non cambia attraverso l’illuminazione derivante dall’intuizione prima discussa, esso evolve lentamente tramite il lavoro della gente, della società. Egli parla poi dei giovani all’interno di questo ambito, sostenendo che essi siano maggiormente avvezzi a considerare importanti solo i cambiamenti definitivi. Essi dovrebbero imparare a carpire l’essenza di ogni momento in quanto necessario, rendendosi cosi conto che il cambiamento definitivo non è altro che una somma di cambiamenti infinitesimi e spesso impercettibili, ma preziosi in quanto tali. L’attività artistica si è sempre svolta sotto il segno di una particolare interpretazione, seguendo una tendenza storica legata all’ esperienza, quasi uno schema definito a priori. Ragionando circa questo processo l’autore propone due constatazioni: ogni artista inserisce la propria esperienza nella realtà storica dalla quale proviene e al contempo nessuno, intenzionato a relazionarsi con questa operazione può prescindervi. In altre parole, l’azione individuale è relazionata ad un processo di cui essa è parte attiva e di cui ogni altra personalità attiva dovrà fatalmente tener conto. Tornando sul tema della storia, Rogers sostiene che essa non va accettata passivamente, ma studiata e criticata ponendo obbiettivi intenzionali che potrebbero anche azzardare delle modifiche sostanziali di situazioni che potevano sembrare intoccabili. Bisogna ricordare ai giovani che un architetto tanto meglio conosce e domina se stesso, quanto meglio conosce gli altri uomini, quelli del passato ed i suoi contemporanei. Si potrebbe dire, anzi, che il processo creativo è dipeso dal grado diverso in cui il passato e il presente hanno partecipato al divenire della storia e, questo, a prescindere dalla conoscenza scientifica della storia passata, o dalla consapevolezza programmatica del presente.

 

Capitolo 4 – Nuovo significato di tradizione

in questo capitolo l’autore vuole comunicare la sua “nuova” concezione del concetto di tradizione. Egli cita quindi una critica che F. L. Wright mosse contro la cupola di San Pietro. Egli sosteneva che fosse stata realizzata non tenendo conto dei principi costruttivi della cupola tradizionale, che quella particolare cupola fosse solo la necessità di etichettare un potere superiore come tale, sacro o profano che fosse. L’autore cita anche Walter Gropius: egli fu il primo a stabilire un concetto di stile inteso come prefigurazione, un’attiva indagine di carattere critico e metodologico. Da essa il fenomeno architettonico si pone come problema aperto e le forme si costituiscono dalla diretta percezione delle essenze insite nella ricerca. La parola chiave è razionalità, una sorta di energia che tende a creare la storia di nuove esistenze: di immedesimarsi in esse per superarle.

 

Conclusione

L’autore ripropone nella conclusione alcune delle convinzioni di figure a suo dire rilevanti in ambito filosofico, pedagogico ed architettonico. cita ad esempio nuovamente Gropius e riprende il discorso affrontato già nei paragrafi precedenti. Gropius credeva che l’esclusione della conoscenza storica, all’inizio della formazione di un architetto, lo pone su basi più larghe e gli evita pericolosi istinti emulativi o di soffrire di intimidazioni di carattere reverenziale. In realtà l’autore si pone in contrasto con questa affermazione; egli infatti crede che il nocciolo della questione, la soluzione al problema, se così possiamo dire, sia una mediazione: la storia va affrontata e studiata per percepire l’essenziale, ed è questo che va insegnato fin dall’inizio, anche attraverso il rilievo dei monumenti. Questo è il solo modo per imparare a relazionarsi con il presente dialogando con chi ci ha preceduti. Il dialogo è la chiave; questo processo ci permette di penetrare integralmente il fenomeno architettonico nei suoi riflessi con l’uomo, che lo vive nell’ambiente nel quale si manifesta.