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autore

STEEN EILER RASMUSSEN

titolo

ARCHITETTURA COME ESPERIENZA

editore

PENDRAGON

luogo

BOLOGNA

anno

2006

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Titolo originale: OM AT OPLEVE ARKITEKTUR

 

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

ARCHITETTURA E MUSICA

ARCHITETTO = COMPOSITORE

ARTIGIANI = MUSICISTI

 

CORPI SOLIDI (cap.2-3)

SPAZI CAVI (cap.2-3)

Ognuno è in grado di

suonare note diverse

 

 
COLORE (cap.4-9)

PROPORZIONE (cap.5)      = STRUMENTI:

RITMO (cap.6)

MATERIALI (cap.7)

LUCE (cap.8)

FORMA (cap.10)

 

ARCHITETTURA = MELODIA

ASCOLTATORI = GENTE COMUNE: vivono l’esperienza

 

OBIETTIVO: fare in modo che ognuno di noi si fermi e ascolti dal vivo e tocchi con ogni senso ogni nota di ogni strumento che l’architettura ci suona davanti agli occhi, alle orecchie, alle mani.

 

Giudizio Complessivo: 8,5 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Erica Bianchi

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

  

 

 

 

Autore

Steen Eiler Rasmussen (Copenaghen, 9 febbraio 1898 1990) è stato uno scrittore e architetto danese. Docente alla Royal Danish Academy of Fine Arts, è conosciuto come autore di testi, fra cui sono noti "London: the Unique city" e “Nordische Baukunst”, “Towns and Buildings” ed “Experiencing Architecture”("Achitettura come esperienza", nell'edizione italiana).

Dopo aver fatto pratica sul campo dell’arte del costruire, dal 1916 al 1918 frequentò la Royal Danish Academy of Fine Arts e nel 1919 iniziò la sua attività come architetto. Nel 1936 diventò professore alla stessa scuola. La sua fama è dovuta principalmente alla sua attività di urbanista; faceva parte della Danish Urban Planning Laboratory e dal 1942 al 1948 fu a capo del consiglio accademico. Prese parte ad un importante piano per lo sviluppo della periferia di Copenhagen.

Tra premi e diversi riconoscimenti, nel 1947 venne nominato Royal Designer for Industry dalla British Royal Society of Arts.

 

Nella presentazione di Nicola Braghieri, Steen Eiler Rasmussen appare come un uomo elegante, erudito, mite, grande viaggiatore e non amante delle polemiche; questo suo carattere si riscontra leggendo il testo, efficace e chiaro, con un linguaggio diretto e semplice. Infatti il suo obiettivo, dice, era di renderlo comprensibile ad un adolescente curioso, non tanto perché si aspetti che la categoria di lettori sia quella, ma se un quattordicenne potrà comprenderlo, qualcuno di più anziano sarà sicuramente in grado di fare lo stesso.

Stein Eileer Rasmussen

 

CAPITOLI

Capitolo 1 - L’ESPERIENZA

L’architettura è un’arte operativa alla cui base sta l’utilità, poiché risolve problemi pratici, come avere un tetto sopra la testa, e costituisce la scenografia per la vita in cui ogni essere umano recita. Di conseguenza, se gli uomini non vivono l’architettura, l’architettura non vive e non può acquistare una propria personalità.

Non è perciò sufficiente che un’architettura venga spiegata e vista come frutto dello sviluppo di un progetto, ma è in realtà definita dall’esperienza di chi la vive in quanto è capace di suscitare sensazioni.

Bisogna perciò viverla come esperienza, che è definita come scoperta diretta della realtà attraverso i nostri sensi; ognuno potrà così costruirsi un bagaglio di conoscenze individuali, essere in grado di percepire differenze e dare giudizi personali.

Capitolo 2, Capitolo 3 - CORPI SOLIDI E SPAZI CAVI IN ARCHITETTURA

CAMBI DI PERCEZIONE (bidimensionali):

Posso considerare il nero come la figura di un vaso dipinta su sfondo bianco

Posso considerare il bianco come la figura di due volti di profilo proiettati su uno sfondo nero.

Non posso vedere contemporaneamente vaso e profili.

L’architetto può lavorare in due modi: dar forma ai materiali con cui lavora (solido) oppure dar forma allo spazio vuoto tra i solidi.

 

Ma in tre dimensioni la cosa si fa più complicata:

A Carli, in India, molti templi sono stati scavati nella roccia; si percepisce la cavità sullo sfondo della solida roccia, però stando nel tempio non si vive solo l’esperienza della cavità, ma anche delle colonne che separano la navata che sono parte solida di roccia non rimossa.

Può accadere anche l’inverso: vedendo una casa in costruzione la si percepisce come una struttura solida di travi e pilastri. Ma una volta terminata, al suo interno si fa esperienza delle stanze come cavità limitate dalle strutture murarie.

 

È chiaro quindi che l’architettura di ogni epoca, dal tempio, alla porta rinascimentale, alla casa, al singolo edificio, alla piazza, alla strada, all’intera città è fatta di vuoti e di pieni. Per percepire insieme cavità e convessità le forme e le loro combinazioni devono indurre l’osservatore ad essere sempre attivo ai cambiamenti, senza perciò distaccarlo da essi. Se c’è giustapposizione di corpi solidi e spazi vuoti, l’osservatore percepisce armonia alla vista e sarà piacevolmente attratto. Così come lo sarà se forme familiari vengono impiegate con effetti sorprendenti, suscitando sensazioni differenti da quelle che sarebbe solito provare.

Capitolo 4 - SUPERFICI DI COLORE

Noi percepiamo la realtà che ci circonda come un’alternativa tra pieni e vuoti, tra masse e cavità;  tuttavia, spesso, oggetti molto lontani ci sembrano completamente piatti, ne vediamo i contorni, ma non abbiamo la sensazione di profondità.

Questi fenomeni accadono per esempio, anche grazie alla presenza di acqua, a Venezia: gli edifici che galleggiano sull’acqua appaiono leggeri, come pannelli colorati accostati. In contrasto con le architetture del passato dimostrarono come fosse possibile dare un’idea di leggerezza o pesantezza in architettura: forme convesse e massive e forme concave e vuote attraverso i colori furono trasformate in superfici piane. Infatti, negli edifici rinascimentali tutto ciò non accadeva: maggiori erano il peso e la decorazione, più grandiosa risultava l’architettura; altri tentativi nella ricerca della leggerezza furono portati avanti nei decenni successivi alla Rivoluzione francese, ma si ricadde ben presto nell’apparente ricchezza di massa. Solo nel XX sec. divenne concreto il desiderio di liberare l’architettura dalla sua massa anche grazie ad un nuovo modo di vivere. La forma venne ripresa dalla pittura cubista dove si creavano non illusioni di pieni e vuoti, ma forme attraverso il contrasto tra superfici di colore. È quanto fece Le Corbusier: le case poggiavano su sottili pilastri interni e non lungo il perimetro dell’edificio, come se galleggiassero nell’aria; i muri non erano portanti, ma sottili schermi che dividevano interno ed esterno. La leggerezza è l'obbiettivo anche di Mies Van der Rohe, ma con una diversa modalità: usa schermi di raffinati materiali (vetro, acciaio, marmo) con peso e spessore percepibili, con cui non definisce una divisione netta tra interno ed esterno. Questi nuovi modi di costruire, e anche di vivere, ricordano quello che in Giappone era tradizione: case fatte di schermi, muri sottili, aperture verso la natura. Tuttavia, se la casa giapponese è un mobile nel giardino, con gambe che la sollevano dal suolo, la casa europea deve essere stabile e duratura.

Capitolo 5 - L’ARMONIA: SCALA E PROPORZIONE

In musica distinguiamo spontaneamente le note dai rumori casuali, le armonie dalle disarmonie. Nel mondo visibile dell’architettura questo non accade: le dissonanze (irregolarità) architettoniche possono essere scoperte solo attraverso attente misurazioni. Esiste, però, una proporzione che interessò Pitagora, i teorici del Rinascimento e Le Corbusier: la sezione aurea.

Nella sua carriera di architetto Le Corbusier, basandosi proprio sulla sezione aurea e sullo studio delle proporzioni delle misure umane, arrivò alla definizione di uno strumento utilizzabile dappertutto per soddisfare bellezza e razionalità nelle proporzioni di ogni cosa prodotta dall’uomo: il Modulor.

Per avere il controllo sull'intero progetto, è consigliabile agire alla stessa maniera, lavorando con unità campione semplici e familiari messe in relazione tra loro.

Proporzioni armoniche musicali e proporzioni architettoniche sembrerebbero lavorare allo stesso modo, ma la strada da usare è diversa: unire elementi che da soli risulterebbero inconsistenti nel giusto modo dà impressione di armonia musicale, ma non si tratta dell’armonia delle note musicali come elementi elementari accostati piacevolmente tra loro per il nostro udito. Nell'architettura l’armonia è offerta dalla regolarità, dal ritmo.

Capitolo 6 - IL RITMO IN ARCHITETTURA

Nel mondo dell’architettura si può vivere l’esperienza temporale di variazioni all’interno di una regolarità.

Il termine ritmo si riferisce ad un’esperienza temporale basata sul movimento.

L’architettura in sé è immobile, è il movimento che le scorre attraverso che la anima. Se si ritiene infatti che lo scopo dell’architettura sia quello di fornire una cornice per la vita delle persone, allora gli ambienti degli edifici e le loro relazioni devono essere definiti dal modo in cui vengono vissuti. Nelle chiese gotiche la sensazione è quella di processione, di una costante tensione in avanti, nel Rinascimento lo scopo è la contemplazione statica, nel Barocco un susseguirsi dinamico di spazi, a New York il ritmo è scandito dalle superstrade, solo in auto tieni il tempo, a Pechino è a piedi che tieni il tempo…

L’uomo che dà forma all’architettura ha lavorato altrettanto con il ritmo e risulta difficile esprimere a parole il processo effettuato. Viene infatti automaticamente percepito da chi quel ritmo lo vive. È necessario perciò fare esperienza dell’edificio nella sua funzione, come la chiesa e il palazzo hanno i loro ritmi solenni, ogni edificio possiede il suo ritmo particolare: il ritmo della vita dell’utente è il ritmo vitale dell’edificio.

Capitolo 7 - EFFETTI DI TRAMA

In architettura si hanno due tendenze opposte nel creare effetti di trama dai materiali da costruzione: da un lato si ha la forma ruvida che enfatizza la struttura, dall’altro la forma levigata che la nasconde. In realtà, in alcuni edifici le due tendenze sono impiegate contemporaneamente per creare un contrasto efficace. Si può rendere omogenea una trama superficiale risultato di molti materiali attraverso la pittura, si possono sfruttare materiali onesti (mattone) per costruire dettagli, al cemento armato all’apparenza così amorfo si può conferire struttura vitale – per esempio lasciando a vista l’effetto delle casseforme sulla superficie – molti tipi di malta e di mattoni possono essere combinati in un modo infinito di variabili…

L’unico modo per spiegare il motivo per cui differenze di trama anche piccole disturbano l’occhio umano è farne esperienza, perché le superfici di trama trasmettono sensazioni all’uomo. Non è infatti piacevole quando a un materiale che si suppone formi elementi solidi, per esempio la pietra, si dà un effetto di leggerezza e immaterialità che non le appartiene, così come se si snatura la bellezza di materiali lavorati dal tempo cercando di farli ritornare al loro stato d’origine e conferendogli un effetto fasullo.

In generale bisogna conoscere il materiale, come utilizzarlo, i suoi comportamenti in funzione del tempo, la sua durezza, la sua capacità di trasmettere calore per far sì che la struttura del materiale diventi un tutt’uno con l’oggetto.

Capitolo 8 - LA LUCE IN ARCHITETTURA

La luce del giorno cambia continuamente di intensità e colore, durante il giorno, da mattina a sera, da un giorno con l’altro. Sfugge al controllo del progettista, ma allo stesso tempo è un fattore fondamentale per il quale se ad una stanza vengono variate dimensione e collocazione delle aperture lo spazio che viene generato è sempre diverso. È ancora una volta l’esperienza dello spazio architettonico a farci rendere conto di cosa si vede e come si vede e come si percepisce lo spazio intorno a noi. La luce del giorno e la sua distribuzione sono strumenti espressivi per il pittore così come per l’architetto.

Dire che una figura è ben illuminata non significa dire che viene inondata da una grande quantità di luce; quello che importa è la qualità e il modo in cui essa cade. Troppa luce annulla la forma, così come troppo buio non permette di vedere la forma; una luce frontale è una luce povera perché l’effetto d’ombra è minimo e l’oggetto e la sua trama (piccole differenze di rilievo) perdono plasticità. La luce ottimale dovrà trasmettere la plasticità dell’oggetto e rendere evidente la sua trama superficiale, senza lasciare punti indefiniti.

Capitolo 9 - IL COLORE IN ARCHITETTURA

Prima di tutto l’arte di costruire ha a che fare con la forma, la divisione e l’articolazione dello spazio; tant’è vero che oggi che gli antichi templi greci, un tempo policromi, non sono altro che nuda pietra sono rimasti una nobile architettura.

Se il colore viene usato correttamente è certamente un potente mezzo espressivo per l’architetto: per far parlare il suo edificio con chi lo sta vivendo, per esprimere il carattere di un edificio, la sua funzione, per accentuare forme, elementi, per rendere più leggero, più pesante, più piccolo, più vicino, più lontano, più freddo o caldo un oggetto o un ambiente, per accentuare o nascondere. Tuttavia, in generale, le mimetizzazioni sono sgradevoli; in architettura, infatti, il colore è usato per enfatizzare. Una buona architettura accentua e non nasconde ciò che la realtà progettuale vuole far apparire. Inoltre la percezione della combinazione luce-colore fa sì che un certo colore in una certa stanza trasmetta determinati stati d’animo, mentre in un’altra altre sensazioni. Se nelle stanze a nord vengono usati colori freddi e in quelle a sud colori caldi, tutti i colori brilleranno nel loro splendore, poiché la loro natura è enfatizzata dalla luce del giorno.

Capitolo 10 – ASCOLTARE L’ARCHITETTURA

Così come non è l’edificio che emette luce, ma siamo noi che vediamo la luce che l’edificio riflette e da essa percepiamo forme e materiali, allo stesso modo ascoltiamo i suoni che l’architettura riverbera e abbiamo un’impressione della sua forma e della sua materia. Anche le orecchie, oltre che gli occhi e gli stati d’animo, ricevono un’impressione della morfologia del luogo: formuliamo le impressioni globali di un edificio da ciò che proviamo, vediamo e ascoltiamo.

Ogni elemento architettonico è uno strumento musicale e, a sua volta, l’intero edificio è uno strumento: la musica è così prodotta dalla forma dell’architettura e dai suoi materiali. Infatti, ripercorrendo storicamente le forme delle chiese ei loro materiali (il legno per esempio assorbe una gran quantità di suono e diminuisce il tempo di riverbero), si nota come fossero studiate a seconda del tipo di canto e dei suoni che si volevano trasmettere ai fedeli ascoltatori.

 

L’architettura è creata, poi ascoltata, vista e vissuta fin dai tempi antichi, ma nonostante ciò non sono ancora state trovate regole universali per giudicarla. Se queste esistessero, essa sarebbe in soggezione davanti a noi e non si lascerebbe leggere per quello che è; noi stessi ne saremmo influenzati e non avremmo orecchie, occhi e mani distesi nei suoi confronti. Gustare un’architettura significa essere aperti alle sensazioni che è capace di trasmettere, ascoltare ciò che ha da dire e lasciare che sveli la sua identità.