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autore |
HELIO
PINON |
titolo |
TEORIA
DEL PROGETTO |
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editore |
MAGGIOLI
EDITORE |
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luogo |
VALENCIA |
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anno |
2003 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: Teoria do projeto |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Il libro tratta di come lo stesso Helio Pinon sia in contrasto
con il giudizio e l’interpretazione fatta dai critici nei confronti del Movimento
Moderno. L’autore evidenzia come questo errore
contribuisca a un errato utilizzo e impiego del movimento all’interno
dell’architettura che si ripercuote anche all’interno dell’insegnamento,
dovute anche a una mancanza di conoscenza e praticità. Nella
Teoria del progetto è raccolta la sua attività di ricerca progettuale degli
ultimi anni e l’insieme delle riflessioni sulla modernità maturate
dall’inizio della sua carriera ad oggi. A partire da come intende il rapporto
tra l’uomo-architetto e il mondo si può comprendere che la sua prima
preoccupazione è la forma: il fatto estetico che comunque non può prescindere
dalla costruzione e dai materiali. Egli è fermamente convinto che non può
esserci architettura senza materia L’argomentazione di ogni suo capitolo
evidenzia questo suo contrasto specificando ogni passaggio della
progettazione come sia mutata nel tempo, confrontando l’attualità con la
storicità Pinon in questo suo libro giunge alla conclusione che
l’atto di creare e di ordinare le forme del bello passi dallo sguardo
decidendo di non descrivere i progetti, ma piuttosto di essere colti con lo
“sguardo” alternando le pagine di testo con quelle delle immagini delle
opere senza che esse siano in alcun
modo affrontate. |
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Giudizio
Complessivo: 5 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: Valerio Quaini |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2
a.a.2012/2013 |
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Autore |
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Helio Pinon
nasce nel 1942 a Onda (Castellon) in Spagna. Nel
1966 si laurea in Architettura e nel 1976 consegue il dottorato alla Escola Tecnica Superior d’Arquitectura di Barcellona ( ETSAB) dove agli inizi degli
anni Settanta intraprende l’attività di docente. Si forma come architetto collaborando con Albert Viaplana
nel periodo che va dal 1967 al 1997. E’ stato membro fondatore della rivista Arquitectura
Bis e, dal 1979, è professore ordinario di Proyectos
de Arquitectura. Ha scritto numerosi libri sul tema del senso estetico e della vigenza
dell’architettura moderna ed è anche autore di numerosi articoli pubblicati
su riviste specializzate spagnole e straniere. |
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Helio Pinon |
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CAPITOLI |
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Capitolo 1 – Modernità e progetto |
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Sulla nozione di teoria: Il progetto assume il ruolo centrale e ci
obbliga a comprenderlo come modo specifico di ottenere la forma in ogni caso e
non come semplice strategia di gestione di soluzioni che diano
verosimiglianza al prodotto risultante. I concetti basilari dell’architettura
moderna si rapportano direttamente con il progetto, nella misura in cui
stabiliscono l’ambito dei giudizi sopra i quali si va a costruire la sintesi
della forma . La teoria della modernità architettonica è
un insieme coerente di risposte a domande essenziali capaci di spiegarla come
sistema estetico. Si presterà particolare attenzione ai materiali del
progetto, agli elementi e ai criteri che la storia mette a disposizione di
chi progetta, dinanzi l’architettura e dinanzi agli altri; in definitiva
davanti alla storia. Volendo individuare il problema
fondamentale con cui noi architetti ci confrontiamo non c’è dubbio che la maggiore inquietudine la
costituisca il non avere criteri al momento di decidere. Non si tratta di apprendere una tecnica che
possa garantire la qualità del prodotto, ma di essere capaci di identificare
la qualità. Non è una questione di sicurezza, ma di convinzione. -Movimento moderno, International Style o
semplicemente architettura? L’architettura sarebbe solamente una
conseguenza di una passione più generale per il moderno, di cui la manifestazione
collettiva avrebbe acquisito gli attributi di un autentico movimento. La
maggior parte dei trattati (che secondo Pinon
inappropriati) si impegnò a proporre spiegazioni più profonde benché ciò
comportasse la rinuncia a delimitare il profilo della nuova architettura, a
definire gli attributi che l’identificano come sistema estetico. La modernità architettonica istituisce un
nuovo modo di creare in cui, paradossalmente, la nozione di stile, sprovvista
dei tratti basilari degli stili storici, può agire come entità mediatrice tra
la necessaria identità dell’oggetto e l’universalità essenziale dei valori su
cui si basa la sua struttura formale. Uno stile inteso come un modo di
creare, nel quale l’esperienza collettiva non si trasmette attraverso il
tipo, come succedeva nell’architettura di discendenza classica, ma è assunta
dall’autore , in funzione della sua attitudine dinanzi ai materiali
architettonici. |
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Capitolo 2 – La forma moderna |
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- Forma e stile La concezione moderna cerca uno specifico
criterio formale, basato su criteri irriducibili a sistemi o regole di
carattere generale. In questo senso, si nega la nozione tradizionale di
stile. Se lo stile si intende come un modo di creare, appoggiato su valori
che generano criteri spaziali e formali, ha senso parlare di International
Style. L’architetto agisce liberamente, senza
nessun altro condizionamento che quello di procurare la condizione di forma
ad una struttura organizzativa che dia identità all’opera. La modernità
architettonica nell’abbandonare la convenzione tipologica accentua la
dimensione formale delle opere. La modernità è un modo di intensificare la
costruzione della forma: libera dalla costruzione dei compositivi
classicisti, ma senza minimamente rinunciare alla precisione e consistenza
della struttura formale dell’oggetto. Più che interrogarsi sulla forma di un
edificio che può indurre a semplificazioni indesiderabili, è conveniente
essere capaci di distinguere il formale, dallo stilistico e dal figurativo. -Forma e funzione L’architettura moderna è funzionale quando
trova nel programma lo stimolo basilare per la sua costituzione, senza che
quello significhi che la verifica della qualità del manufatto si possa
ridurre ad un accertamento del grado di soddisfazione funzionale che si
propone. In questo senso si può parlare del funzionalismo come la
determinazione funzionale della forma Spostando
l’interesse del progetto dall’ambito della forma a quello dell’immagine, e a quello
della “espressione” di valori ed abitudini in altri, si determina un
cambiamento di competenza: il programma non è più uno stimolo per la
creazione perché non si tratta più di creare in senso stretto di generare un
manufatto genuino dotato di identità propria,bensì di gestire alcune immagini
riferite alla storia o alla tecnica di cui la verosimiglianza architettonica
dipende da come riescano a portare a termine il programma. Questo
abbandono dell’attenzione per il programma come stimolo ed elemento di
identità del progetto si deve alla perdita di capacità di astrazione da parte
degli architetti: benché possa sembrare un controsenso, la capacità di
pensiero visuale favorisce l’applicazione del programma, mentre la perdita
della condizione visuale che determinò l’abbandono dei criteri moderni
provocò l’incapacità di svolgerlo come meriterebbe. - Forma e identità L’idea di forma moderna come quella
classica si basa su un insieme di relazioni interne all’oggetto, ma a
differenza di quest’ultima non è determinata da nessun sistema o regola.
Questa struttura propria di ogni manufatto gli conferisce un’identità
concreta: lo fa essere qualcosa senza necessità pertanto di somigliare a
nient’altro. La peculiarità che caratterizza la falsa architettura moderna è
che si pone col proposito di essere come un’altra architettura, considerata
come modello, impostando il progetto come costruzione genuina. L’idea
moderna di forma conta sulla capacità del progettista di portare alla luce
oggetti o episodi architettonici che acquisiscano un’identità precisa in
funzione delle condizioni della loro genesi rispondendo a criteri di
universalità, in ciò risiede la grandezza della creazione moderna ed è anche
questa la difficoltà principale a cui si espone chi l’affronta |
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Capitolo 3 – Idea e forma |
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Originale o genuino? La
nozione di originalità a proposito dell’architettura moderna sorge dalla
condizione basilare della modernità: la rinuncia all’imitazione. Le opere
dell’architettura moderna sono originali non sono copie di niente.
L’originalità è un attributo essenziale dell’architettura moderna che si
concepisce senza rifarsi a modelli. E’
preferibile accettare semplicemente che nel mondo dell’architettura ci siano
architetti che si appoggiano maggiormente sulla forma ed altri che si
impegnano ad esacerbare l’espressività della loro opera, dipendendo tanto
dalla loro struttura psicologica come dal modo di assumerne la storicità. L’architetto
esprime mediante gesti il suo stato d’animo, esprime se stesso e questo
trascende il giudizio sugli strumenti e sui criteri che utilizza per farlo.
Le sue opere saranno apprezzabili per il fatto di essere espressione
autentica dei suoi sentimenti e del suo passato. Abbandonando
il tipo si rinuncia all’esperienza sociale e storica, è ragionevole agire con
la massima attenzione all’esperienza personale, cosa che non implica ripetere
edifici,ad esempio, Mies
e Le corbusier dimostrano esattamente che la
fedeltà alle loro rispettive esperienze non ha omogeneizzato la loro
architettura. Non c’è
dubbio che l’ossessione per l’accezione più banale di originalità è alla base
del discredito di una delle pratiche su cui tradizionalmente si è basato
l’apprendistato: la coppia. La
coppia diventa un’autentica riproduzione,cioè, una corsa a produrre
l’edificio di riferimento, dopo aver conosciuto i criteri che incisero alla
produzione dell’originale. Il
disprezzo della coppia è un fenomeno recente: gli architetti della terza
generazione per le circostanze della loro inclusione al progetto all’inizio
degli anni cinquanta, quando l’architettura moderna incominciava ad acquisire
una certa maturità, fecero della coppia il mezzo di apprendistato essenziale.
Il grado di diffusione e di livello di qualità che raggiunse l’architettura
alla fine di quel decennio è conseguenza diretta della capacità di osservare. - Parole e pregiudizi La
realtà varia a seconda del modo di chiamarla così come non si hanno prime
idee e dopo si cerca la forma più appropriata per esprimerle,ma le idee
sorgono quando gli si da forma verbale L’architettura
non fa eccezione: nello stesso modo in cui l’uso di termini inadeguati
confonde la percezione sensibile dalla realtà materiale dell’architettura, il
trovare le parole giuste per ogni caso facilità la maniera d’affrontare il
progetto e pertanto di trovare la soluzione - Concetto e giudizio L’architettura
ha un’aspirazione all’universalità che si può definire come concettualità senza concetto, prodotto di una serie complessa
di giudizi estetici di carattere intuitivo e visivo. La “concettualità” visuale sarebbe la condizione di un
oggetto costruito mediante concetti visuali che agirebbero come strutture
essenziali concepite dalla visione in interazione con l’immaginazione e
l’intelletto. Il giudizio riconosce la dimensione formale dell’opera; in
altre parole identifica quella concettualità senza
concetto cioè formalità senza gli elementi di cui si compone una struttura
coerente, genuina e consistente gli conferisce identità Il
concettualismo sorse come un prodotto della cattiva coscienza versus la
forma, provocato dalle critiche al presunto stilismo dell’architettura della
seconda metà degli anni cinquanta: si pensò che, dirottando la creazione
verso l’intelletto si sarebbero evitati le tentazioni “formaliste” e risolte
così le interferenze sempre pericolose dei sensi. - Critica all’ideazione del progetto L’abbandono
dei criteri visuale della modernità consumata quaranta anni fa obbligò gli
architetti a ricorrere all’idea, come istanza capace di stimolare il progetto
da un lato e di garantire la sua verifica dall’altra parte. L’architettura
così si allontana dal dominio dell’arte, per collocarsi in quella della
ragione. L’architettura
dell’idea riduce il riconoscimento della sua consistenza formale
all’identificazione del concetto che l’ispira, questo limita l’esperienza
estetica ad un semplice rebus: si direbbe che l’identificazione
dell’argomento sarebbe, in questo caso motivo di piacere. -
Visualità e intuizione Tentando
di identificare e riconoscere gli attributi che garantiscono la qualità
dell’opera, appare come inevitabile la nozione di giudizio estetico: azione
che non deve intendersi come sanzione o qualificazione dell’oggetto da parte
di un’autorità indiscutibile bensì come il riconoscimento degli attributi
formali e culturali che gli conferiscono identità. Avere la capacità di
giudizio esige di riconoscere l’ordine con lo sguardo ed identificare i
valori dell’oggetto in una cornice estetica, agire con coscienza storica. Il
declino della visualità, cioè la perdita di rilevanza della visione come
elemento di giudizio, è uno dei fattori determinanti della decadenza
dell’architettura a cui assistiamo da alcuni decenni: nessuno si fida dello
sguardo perché l’hanno addestrato a fidarsi solamente della ragione. Normalmente
si definisce l’intuizione come una visione diretta ed immediata della realtà,
non si
può assimilare l’intuizione con la percezione, processo nel quale l’uso della
ragione trasforma la pura sensazione in conoscenza. - Realtà materiale e realtà visiva L’architettura
si appoggia su una finzione: la sua realtà è visuale differente e distinta da
quella materiale, ma in nessun modo estranea a questa ultima o indipendente
da lei. La realtà che vedo è diversa dalla realtà che c’è. Si
apprezza la doppia realtà dell’oggetto architettonico ed è chiaro che non
risulta facile vedere il salto costante dal visuale al materiale o viceversa.
In
effetti stabilire con chiarezza la differenza essenziale che distingue la
realtà che vedo dalla realtà che c’è è la condizione basilare per affrontare
la costruzione di una qualsiasi architettura genuina. Avere
una chiara consapevolezza di entrambe le realtà, essere capaci di
distinguerle e conoscere in che modo una decisione interessa l’una o l’altra,
sono condizioni basilari tanto per il progetto quanto per l’esperienza
dell’architettura. La realtà visuale è risolta spesso dall’abitudine
generalizzata di associare la visione con l’identificazione delle immagini. Per
acquisire capacità di giudizio, probabilmente il deficit più comune tra gli
architetti, il che spiega il disorientamento dell’architettura attuale, è
necessario esercitare il riconoscimento di strutture non evidenti che invece
sono responsabili di questo ordine nascosto, che identifica e dà senso ai
prodotti dell’architettura. Esige di sviluppare la coscienza dell’occhio,
cioè la capacità di stabilire con chiarezza tanto i principi della realtà
visuale quanto quelli della realtà materiale come le relazioni tra l’una e
l’altra |
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Capitolo 4 – Forma e materia |
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- Non c’è progetto senza materia La costruzione
è uno strumento per creare non una tecnica per risolvere. Il suo destino è
contribuire in modo decisivo alla sistematicità congenita dell’edificio. Qualunque
edificio migliora sostanzialmente solamente rispettando gli aspetti
costruttivi che si sono previsti per la sua realizzazione, ciò non significa
naturalmente applicargli meccanicamente soluzioni costruttive elaborate senza
proposito L’attenzione
alla costruzione è semplicemente una condizione basilare dell’atto di
concepire. - Costruzione e tettonicità Quando il
risultato soddisfa pienamente le aspettative del disegnatore si tenta di risolvere
la costruzione, il che comporta l’elaborazione di alcuni complessi disegni di
dettaglio orientati a dimostrare che, nonostante le difficoltà del progetto,
è possibile costruirlo In realtà uno
degli attributi di cui questa architettura è diventata creditrice è l’assenza
di tettonicità. L’uso puramente pratico della
costruzione ha condotto negli ultimi decenni ad alcune costruzioni prive di tettonicità basate su un uso artigianale della
tecnologia. Questa
architettonica non è tettonica ma tecnicistica per la stessa ragione che non
è visuale bensì ottica; né formale ma allegorica; né ordinata ma regolate o
irregolare. La tettonicità è la condizione strutturale della
costruzione, quella dimensione dell’architettura nella quale l’ordine visuale
ed il materiale confluiscono in uno stesso criterio di ordine. Non si tratta
pertanto di subordinare al sistema costruttivo sia la configurazione che
l’apparenza dell’edificio, bensì di controllare la tensione che lega il come
si costruisce con il come si vede. - Materiali da
costruzione e materiali di progetto Entrambe le
concezioni di materiale sono state viste come impedimenti da evitare, dato
che compromettono la desiderabile originalità che caratterizzerebbe
l’architettura moderna: così si è costruito il mito impossibile di
un’architettura spontanea, senza un’altra materia prima che i materiali da
costruzione e senza un’altra limitazione che la capacità inventiva
dell’artefice. L’impossibilità
di separare la dimensione materiale dalla dimensione estetica porta a
considerare l’opera come un ente complesso composto al contempo da materia e
progetto, che si nutre di materiali tanto fisici quanto teorici. - Creazione, rappresentazione e verifica Ricorrere
all’idea per affrontare la creazione dell’architettura non sembra essere la
migliore strategia per chi progetta, risulta più ragionevole iniziare con
criteri di forma, capaci di favorire la sintesi per mezzo dell’ordine. La descrizione
generale dell’edificio mediante i sistemi convenzionali di rappresentazione (piante
sezioni prospetti) permette di dare una certa idea dell’organizzazione
dell’oggetto, benché accentui l’aspetto distributivo trasformandosi nella
rappresentazione privilegiata dell’architettura. Quando il
progetto assume la condizione di processo, in modo che il proposito
dell’architetto interagisca con la possibilità della forma, la verifica cessa
di essere un operazione meccanica di accertamento di appartenenza o meno
della soluzione alle prescrizioni della “idea”. L’impiego della
tecnologia digitale nell’uso dell’architettura costituisce un oggetto di
controversia, riducendo il loro apporto a ciò che è strettamente operativo.
Da un lato, l’atteggiamento più banale cerca di vendere in queste tecnologie
un risparmio di tempo e sforzo, nelle misure in cui permettono di ripetere e
di annullare con più efficienza che i procedimenti di disegno artigianale.
D’altra parte, c’è chi cerca di usare la macchina per “produrre” immagini
strutture sorprendenti che sarebbero incapaci di immaginare e di rappresentare
con l’aiuto dei procedimenti tradizionali |
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Capitolo 5 – Progetto luogo e tempo |
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- progetto e luogo L’edificio
moderno ha un limite amministrativo che normalmente non coincide col suo confine
spaziale. Le relazione che lo definiscono si esauriscono solo dove non arriva
più lo sguardo. Pertanto, l’edificio moderno, più che un oggetto delimitato e
concluso è un episodio urbano per
definizione. Le Corbusier esprime l’architettura
come una forma di abitare il mondo, senza altre barriere che quelle che
determinano la protezione ed il controllo climatico. L’architettura
moderna si confonde spesso con uno stile esclusivista e arrogante che cerca
di imporsi senza attenzioni verso gli ambienti che lo accolgono; da questa
prospettiva, la presunta inurbanità essenziale dell’architettura moderna è
più una manifestazione di insensibilità che una dimostrazione di incoltura. Posto il
problema dell’osservazione della realtà, l’attenzione all’ambiente perde ogni
dimensione estetica per trasformarsi in un problema di urbanità. E’ proprio
nella relazione dell’edificio con il suo intorno che si mette in evidenzia
l’insufficienza degli stili nel modo
di guardare e di rispondere alla città. Il progetto
moderno non solo provvede ai dintorni dell’edificio ma non può prescindere
dalla loro considerazione. Le condizioni del luogo sono un elemento
essenziale per l’identità dell’edificio. La maggioranza dei progetti
esemplari della modernità non si possono capire senza una sottile ma intensa
considerazione dell’ambiente. - Significato, consistenza e storicità L’opera
architettonica ha due componenti essenziali: il senso e la consistenza. Il
senso è legato alle relazione dell’oggetto e al suo contesto materiale e culturale.
La consistenza è legata alle relazioni interne della stessa forma che sono
coerenza, intensità e chiarezza. L’opera di
architettura si pone in un quadro storico che offre all’autore una serie di
strumenti teorici, artistici e materiali la cui scelta incide sulla
realizzazione dell’opera. Un architettura
per acquisire validità durante il tempo deve incorporare la sua stessa
storicità |
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Capitolo 6 – Progetto e società |
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- Ciò che si insegna nelle scuole Ci si è resi conto che le scuole non si
sono distinte per la loro azione critica nei confronti dei miti e delle
dottrine che hanno appoggiato il processo di banalizzazione progressiva
dell’architettura degli ultimi decenni. L’abbandono dei principi della modernità
si è seguito nelle scuole con grande naturalezza, si direbbe che la
complicità con cui si sono accettate le successive alternative alla modernità ha provocato,
più che preoccupazione o incertezza, una sensazione di sollievo. L’interesse
per il moderno che si osserva ora si orienta più verso l’identificazione
stilistica che verso la consistenza dell’ordine, dato che il peso delle
abitudini acquisite durante vari decenni di architettura vengono trattate
senza alcuna forma. In queste condizioni, la modernità che oggi sembra
interessare non è altro che l’adozione di alcune preferenze figurative, con
carattere transitorio in attesa che qualcuno proponga qualcosa d meglio. - Architettura e la pratica professionale Le qualità basilari
dell’architetto sono: avere il senso comune e il senso della forma ma non
come poli di una condotto ascissa bensì come termini di un opposizione
dialettica. Se
l’architettura non risolve i problemi della realtà non è architettura, niente
impedisce di fare architettura se chi progetta è competente. Da questa
prospettiva si comprende come uno dei problemi è precisamente recuperare la
competenza costruttiva come attributo fondamentale dell’attività
dell’architetto. Solo il dominio della tecnica permettere di sperare in un
eventuale accesso alla pratica artistica. L’architettura
dovrebbe cambiare l’aspettativa del cliente e dell’utente offrendo soluzioni
reali al problema della qualità dell’abitazione. Il controllo
della dialettica tra il senso comune e il senso della forma è la migliore
maniera di gestire le eventualità che determinano l’incontro
dell’architettura con la realtà. - Crisi della
paternità e “architettura d’autore” L’irruzione dell’architettura d’autore si
diffonde nel momento in cui l’architettura smette di considerarti opera, per
essere concepita come prodotto, cosa che suppone di attribuirgli un senso, oltre al
riconoscimento della sua identità formale. In altre parole la nozione di
architettura d’autore appare quando l’inserimento dell’architettura tra i
prodotti di consumo generalizzato determina l’abbandono del piacere mediante
giudizio di istituire il consumo attraverso la persuasione. La fiducia in un
consumo basato nell’identificazione dei valori di un’architettura senza identità si salda con la rinascita
del principio di autorità paradossalmente incompatibile con la nozione di
paternità. La crisi nel concetto di paternità che
accompagna la generalizzazione della architettura d’autore non è un fenomeno
che interessa solo la strategia commerciale dei prodotti, interessa in modo
essenziale la loro stessa natura. Questa circostanza provocò una regressione
estetica di proporzioni inaspettate. L’architettura si considerò di nuovo
come l’espressione materiale di un discorso in cui l’innovazione sostitui la novità, la sincerità, l’autenticità, la
vistosità e la visualità. - La critica e i critici La teoria del progetto non può ignorare il ruolo della critica
nella configurazione del quadro di
riferimento delle decisioni che mediano tra la creazione e l’opera. Il ruolo
genuino della critica è svelare le categorie ed i principi sui quali si
stabilisce l’una o l’altra forma dell’architettura, con il fine che il
pubblico stabilisca i propri giudizi. - Architettura e morale Sorprende la facilità con cui i valori
estetici e morali si confondano negli scritti sull’architettura, nonostante
che nei discorsi di chi, per la capacità che gli è concessa, dovrebbe
delimitarli con chiarezza. All’origine dell’imbroglio c’è, probabilmente la leggerezza teorica sulla quale si basano
la maggior parte delle spiegazioni della modernità architettonica. La
rinuncia alla forma come sistema di relazione visuali che acquisiscono senso
nel quadro dell’opera, su cui si basarono i tentativi di rettifica
dell’architettura moderna degli ultimi anni cinquanta, suppose soprattutto un
correttivo morale. Si cerca di recuperare la connessione tra l’architettura
ed il corpo sociale, dopo l’allontanamento che l’astrazione aveva provocato.
Questa era la mentalità degli obbiettori. In nome del recupero di una
complicità con il pubblico che si considerò persa, i realismi rinunciarono al
valore più genuino dell’architettura moderna, senza notare la trascendenza della decisione. La rinuncia alla cosa essenziale della
modernità è alla base di una rettifica morale
che istituisce la finzione figurativa come alternativa populista alla
struttura formale che identifica ogni opera di architettura autentica. |
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GLOSSARIO |
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TEORIA – E’ il tentativo di trovare, mediante la riflessione, spiegazione a
fenomeni che non si arriva a capire con il senso comune |
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FORMA – E’ il prodotto dell’azione dell’individuo.
La forma non ha un essenza reale, ma è
il risultato della proiezione di un apriorismo dell’individuo sulla realtà,
nel modo in cui la trasforma con criteri artistici. |
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TETTONICITA’ – si usa in
geologia per riferirsi alla struttura della terra, ciò invita a considerarla l’aspetto
della costruzione che trascende il suo compito basilare di produzione
materiale per alludere alla dimensione costruttiva sulla quale si basa
l’identità dei manufatti |