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autore

ANTONIO MONESTIROLI

titolo

L’ARCHITETTURA DELLA REALTA’

editore

UMBERTO ALLEMANNI & C.

luogo

TORINO

anno

2004

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Prima edizione:  1979 CLUP, MILANO

 

 

 

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Argomento e tematiche affrontate

Questo libro comprende quattro testi elaborati da Antonio Monestiroli nel corso degli anni ’70.

Il primo, “REALTA’ E STORIA DELL’ARCHITETTURA”, è apparso come piccolo libro autonomo nel 1977. Ad esso si sono aggiunti successivamente “LE FORME DELL’ABITAZIONE” E “LA CITTA’ COME CONOSCENZA” per formare nel 1979 la prima edizione dell’ARCHITETTURA DELLA REALTA’.

Nel 1983 è stata pubblicata una seconda edizione che comprendeva un quarto testo “ARCHITETTURA, NATURA, STORIA” e si è stabilita la forma definitiva che il libro presenta oggi.

L’obiettivo di Monestiroli è quello di identificare le principali categorie che solcano il territorio dell’architettura e applicarle allo studio dei grandi esempi di quelle opere e quei progetti ai quali si può sempre tornare perché la sorgente del loro insegnamento è inesauribile.

Il compito che il libro si impone serve a definire non solo, con nitidezza, il programma delle successive ricerche teoriche, ma anche ad affinare e mettere a punto i suoi nuovi strumenti di progetto.

Uno dei temi più importanti affrontati, nonché uno dei principi fondamentali dell’architettura moderna è il riconoscimento che non vi è avanzamento artistico senza avanzamento conoscitivo e che l’obiettivo dell’architettura è di costruire le forme della realtà con un livello sempre più alto di autocoscienza.

Infine Monestirole suggerisce che il vero compito dell’architetto consiste proprio nell’interporre la realtà strutturandola con l’intervento del pensiero e cercandola di renderla intelligibile, cioè dotandola di un’architettura.

  

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Valentina Bellotti

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

  

 

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Autore

Antonio Monestiroli è nato a Milano nel 1940, dove si è laureato presso il politecnico nel 1965 con Franco Albini.

Dal 1968 al 1972 è stato assistente e collaboratore di Aldo Rossi.

Dal 1970 ha insegnato Composizione architettonica alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e dal 1997 alla facoltà di Architettura Civile.

E’ considerato, grazie ai suoi progetti, solo in parte realizzati, una delle figure dell’architettura italiana del nostro tempo.

Ha curato l’edizione italiana del libro di L.Hilberseimer su Mies Van Der Rohe(Milano 1984) e ha pubblicato, tra gli altri, i volumi “L’architettura secondo Gardella” (Roma 1997) e la “Metopa e il triglifo” (Roma-Bari 2002)

Antonio Monestiroli

 

Contenuto

 Nel primo capitolo si definisce l’architettura come attività conoscitiva che scaturisce sia dalla realtà sociale che dalla realtà storica; si mette in evidenza l’importanza della ragione collettiva degli edifici e della loro riconoscibilità.

Il secondo capitolo affronta lo studio della relazione tra forme della residenza e costruzione della città e mostra come l’architettura parta sempre dalla riflessione delle forme del passato viste alla luce della realtà presente.

Il terzo capitolo si concentra sulla cultura urbana del settecento in particolare dell’illuminismo.

Si analizza la città com’era e le varie proposte avanzate dai teorici illuministi per risolvere i maggiori problemi presenti nella realtà urbana dell’epoca.Si sottolinea in particolar modo il punto di vista di Ledoux e il suo pensiero sulla costruzione della città.

Infine nel quarto capitolo si studia il tema dell’analogia e delle sue funzioni in architettura.

Molto importanti sono l’analogia con la storia, con la natura e con la tecnica; si osserva infine come tre grandi architetti del movimento moderno le applicano al fine di costruire e creare tre diversi linguaggi.

 

CAPITOLI

Capitolo 1 – REALTA’ E STORIA DELL’ARCHITETTURA

Si parte dall' ipotesi che la progettazione sia un' ATTIVITA' CONOSCITIVA con determinate regole e ci si chiede quale sia l' oggetto da conoscere nel progetto: l'architettura stessa, l'universo logico delle sue FORME oppure la vita reale degli uomini?

La risposta non è immediata: per fare il primo passo nell'elaborazione di un progetto si deve definire l'IDEA fondamentale, nella quale si deve celare il FINE ULTIMO dell'architettura.

Tale IDEA ARTISTICA è il risultato di un' intensa, precedente, attività conoscitiva che ha come oggetti concreti sia la REALTA' ESTERNA(nei suoi nessi con l'architettura) sia la REALTA' STORICA; tale attività è volta a definire il fine di ogni architettura.

Inoltre l' IDEA ARTISTICA deve essere definita da una forte aspirazione alla razionalità, la quale permette di evidenziare il rapporto che l'architettura ha con la FORMA.

Quindi l'IDEA che si sta cercando si concretizzerà in una FORMA REALE che dovrà rappresentare il superamento delle forme del passato.

Tutto ciò significa che l'ARCHITETTURA, concretizzandosi tramite una forma, è sempre legata alla REALTA' e la realtà, essendo costituita da uomini, è COLLETTIVITA'; ne consegue che l'ARCHITETTURA è COLLETTIVITA'.

Il legame che tiene salda l'architettura alla realtà è il “TEMA DI ARCHITETTURA” determinato dalla stato di necessità e dalla riflessione sulla storia della città.

Naturalmente questo tema, essendo il legame tra architettura e realtà, è  prima di tutto elemento di costruzione della città in cui vivono gli uomini, ma  ha anche, dentro di sé, una VOLONTA' COLLETTIVA che ha il compito di svelare la sua stessa RAGIONE.

L'architetto deve perciò rendere evidente ciò che deve trasformare stando attento a non cadere nel simbolismo e nel funzionalismo: l'obbiettivo è quello di far riconoscere l'architettura, altrimenti il proprio scopo non è raggiunto!

Per riuscire in questo intento, come già detto, il TEMA DI ARCHITETTURA deve avere una RAGIONE che deriva dagli aspetti più profondi della funzione; quello su cui bisogna riflettere è la destinazione del proprio oggetto architettonico, intesa come rapporto con la collettività e come rappresentazione della vita che vi si svolge.

Inoltre la RAGIONE si definisce attraverso l'esperienza della sua costruzione storica; ciò significa che non è mai fissa ed immutabile.

Un buon progettista quindi deve saper guardare l'architettura del passato, capire che è prevalentemente costituita da forme che indicano le varie attività umane che vi si svolgono ed infine deve essere in grado di trasformare tali forme del passato adeguandole al presente, cercando di porre il proprio punto di vista in un' “ottica collettiva”.

L'ARCHITETTURA è CONOSCENZA e per farla avanzare essa si deve COSTRUIRE CONCRETAMENTE nella STORIA liberandosi da tutto ciò che scinde la sua RAGIONE. Non è una rappresentazione di un' ideologia ma VOLONTA' DI COSTRUZIONE REALE di un Mondo diverso.

 

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Teatro di Epidauro, pianta, IV secolo a.C.

Teatro di Marcello, modello, 13 a.C.

 

Capitolo 2LE FORME DELL’ABITAZIONE

Voglio avere una casa che mi assomigli, una casa che assomigli alla mia umanità, in bello.” E.N. Rogers

In questo capitolo si studia la relazione tra le forme della residenza e la costruzione della città.

In particolare si cerca di studiare le forme del passato per poi cercare di riadattarle in chiave moderna.

 

Gli strumenti necessari ad un’analisi di questo tipo sono:

-conoscere la necessità storica in cui la casa è stata costruita

-l’ipotesi di liberarsi da questo stato di necessità tramite forme più libere

-essere coscienti del fatto che non basta una sterile analisi funzionale

-bisogna analizzare e criticare guardando il rapporto tra le forme e l’idea generale di abitazione di una società, dopo di che si può passare all’elaborazione teorica per riuscire ad attribuire un’IDENTITA’ all’abitazione.

 

Partendo dall’analisi della casa antica dei Greci e dei Romani si capisce come il principio costruttivo fondamentale della casa antica è definire un LUOGO; l’importante è il rapporto della casa con quest’ultimo.

Per definire come l’abitazione sia stata gradualmente lo strumento che ha costituito le città si definiscono successivamente tre periodi dell’organizzazione delle residenze in città:

1-     Periodo in cui prevale l’abitazione unifamiliare che forma la città per isolati

2-     Periodo in cui si aggiunge, vicino agli isolati, la casa di affitto e si definiscono le unità residenziali complesse.

3-     Dalle unità residenziali si cercano forme tipiche per costruire aree residenziali.

 

Partendo dal PUNTO 1- si analizzano i tipi della città preindustriale, come la casa a blocco e a corte di cui si analizzano il carattere e la corrispondenza del tipo con l’idea di casa.

Per la CORTE si parte dalla “domus” come prima forma di abitazione urbana, in seguito si vede la sua trasformazione nel medioevo, nel quale si dà importanza non solo alla corte interna, ma anche all’affaccio su strada , passando poi al suo ruolo nel rinascimento fino ai tempi moderni.

Nel rinascimento si capisce come la corte si trasformi. Palladio non considera più la “ domus Romana”, ma la trasforma dando importanza solo al cortile centrale tramite l’uso dell’ordine gigante: la corte viene a coincidere con la casa stessa.

Nella città moderna verrà ripreso il tipo a corte con nuove forme e dimensioni per trovare le forme più adatte all’abitazione di massa.

Tramite questa analisi si vede come “la corte” abbia avuto una continuità nella storia e abbia sempre contenuto in sé il concetto di delimitazione di un LUOGO.

Per il BLOCCO si fa capire come la sua organizzazione si basi su un principio opposto a quello della corte: il rapporto con la strada è predominante rispetto al rapporto con il suolo, Anche in questo caso non ci si interessa delle origine del tipo, bensì  si cercano i suoi caratteri propri nella storia.

Si cerca di capire come i fattori esterni, come la forma del lotto o l’organizzazione urbana abbiano condizionato la forma della casa.

Successivamente si osserva come l’aggregazione dei tipi appena citati formino gli ISOLATI, ossia la più piccola parte di città delimitata da un tracciato viario. Conseguentemente si analizzano i vari tipi di isolati della città preindustriale che si possono definire “chiusi”: l’isolato a schiera, l’isolato a blocco, l’isolato a corte.

Passando al PUNTO 2- e 3- si denota come, dopo l’ XVIII secolo, si sviluppino diverse tendenze per la costruzione delle varie aree residenziali e vengono riassunte in 4 punti:

a)     La tendenza  a dare continuità all’esperienza di costruzione delle aree residenziali per isolati.

b)     La tendenza a definire un rapporto tra tipologia edilizia e morfologia urbana, ossia i vari tipi edilizi sono elementi di costruzione della città.

c)      La tendenza a definire delle unità residenziali complesse, ossia dentro a queste si riscontra la gerarchia degli spazi liberi propri della città

d)     La tendenza ad avanzare delle ipotesi alternative basate su un nuovo rapporto tra città e campagna.

Sono tendenze che vengono formulate in un arco di un secolo per rispondere alla crescita improvvisa e caotica delle città europee e la sempre più presente contraddizione tra campagna e città.

Si passa così ad analizzare le nuove tipologie delle case di affitto che sempre più si affiancano alle case unifamiliari, sottolineando come le prime debbano andare bene a tutti e non abbiano nessun carattere individuale.

Per quanto riguarda il problema dell’espansione indiscriminata del tessuto ottocentesco e della continua differenziazione tra città e campagna viene presentata la ricerca di Paul Wolf ; egli cerca le regole per la costruzione dei luoghi dell’abitazione nella grande città secondo il principio di rapporto con il suolo e con la natura. Wolf è alla ricerca di principi ordinatori di una Grande città e pone la questione “città-campagna” come prioritaria. Definisce inoltre un nuovo contesto urbano, i “sobborghi”: luoghi in cui città e campagna si intersecano. Inoltre critica le città ad alta densità per il loro rapporto con il suolo e la loro mancata identità con le residenze; non risparmia neanche la città giardino descrivendo come essa rinunci a definire i vari elementi urbani.

Alla fine del capitolo, si capisce  che il processo che scaturisce da tutte le analisi fatte(anche da alcune città europee), è proprio dell’abitazione e della sua storia, ma anche dell’architettura e della storia della città.

La costruzione della città deriva da un processo di continua ricerca delle forme dell’abitazione le quali corrispondono a degli ideali costruiti per essa, attraverso la liberazione dalle forme del passato.

Le forme devono diventare sempre più libere e consapevoli, anche se il movente principale per il quale il progettista porterà avanti una ricerca sull’abitazione sarà certamente la necessità di rispondere ai bisogni materiali della società; bisogna però essere in grado di andare oltre anche con l’immaginazione per cercare di definire sempre dei caratteri umani della città.

 

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Priene, isolati a blocco e tipi edilizi del IV secolo a.C.

 

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Berna, tipi edilizi a blocco in profondità

 

Capitolo 3CITTA’ COME AVVENTURA DELLA CONOSCENZA

Architettura e teoria dell’architettura nella città dell’Illuminismo.

 

“Tutto il resto del giorno, immergendomi nella foresta, vi cercavo e vi scoprivo l’immagine dei primi tempi di cui tracciavo fieramente la storia, e svelando le menzogne degli uomini, osavo denudare la natura”

J.J.Rousseau.

 

In questo capitolo si analizza la città dell’illuminismo, in particolare il rapporto tra l’architettura della città e le teorie della progettazione di questa.

Si parte definendo la città come “luogo della conoscenza”, ossia  un luogo dove, nella propria costruzione storica, si possono riconoscere le rappresentazioni  del destino degli uomini, le forme assunte per quest’ultime e i loro rapporti nella città stessa.

Di conseguenza gli uomini, percorrendo la città, possono e devono riconoscere i propri destini.

 

Si passa ad esaminare prima di tutto la realtà storica urbana alla fine del settecento, in particolare si fa capire come sia difficile comprendere le analisi che gli illuministi potevano aver condotto per arrivare ai propri progetti di trasformazione della città.

Si passa così a ricostruire storicamente la realtà urbana sottolineando le TRASFORMAZIONI DELLA CITTÀ; prima di tutto l’importante passaggio tra economia mercantile ed economia industriale e le derivate conseguenze, successivamente la separazione tra lavoro e proprietà che porterà ancora di più ad una netta divisione tra città e campagna.

Successivamente si considerano  I MODI INI CUI SI È FORMATA LA CITTÀ:

 la presenza di un’economia mercantile porta alla formazione di una  città europea di piccole dimensioni,

l’incombere del mercato coloniale porta alla formazione di una grande città.

Di conseguenza nascono le grandi capitali europee, luoghi di amministrazione dello stato.

In seguito  si riporta come la CITTA’ SIA COSTITUITA da tre parti:

1-     Il vecchio centro storico

2-     Aree residenziali della borghesia

3-     Larghe zone periferiche

Supponendo che gli illuministi avessero avuto di fronte la suddetta REALTA’ URBANA, si studia il dibattito sulle problematiche di essa:

1-     Una parte di essi presenta  una volontà di controllo della città con gli strumenti dell’urbanistica classica.

2-     Una seconda parte vuole portare avanti una politica di negazione del fenomeno urbano e arriva a proporre una dispersione delle attività nel territorio.

Lo sviluppo della realtà urbana seguirà naturalmente una terza via poiché ne la prima ne la seconda proposta erano attuabili, per due questioni: la città cresceva troppo in fretta e non c’era abbastanza tecnologia per permettere un decentramento della città.

Nel cuore del capitolo si espongono finalmente le varie proposte di costruzione della città dell’illuminismo:

LA CITTA’ COME FORESTA

LA CITTA’ COME RAPPORTO DI ELEMENTI DISTINTI

LA CITTA’ DISPERSA NELLA NATURA

 

LA CITTA’ COME FORESTA

Si presenta la visione di Laugier.

Egli propone di considerare la città come foresta, nella quale le strade della prima sono i viali di quest’ultima  e devono essere tracciati nello stesso modo.

Bisognerebbe avere la stessa bizzarria e lo stesso ordine che vengono usati per creare i parchi; più in questi ci sono disegni incrociati, figure differenti, possibilità di scelta di contrasti più essi sono di una bellezza stimolante e deliziosa.

Perciò Laugier esorta ad applicare le stesse idee e auspica che i disegni dei parchi servano da piani delle città dell’illuminismo.

 

LA CITTA’  COME RAPPORTO DI ELEMENTI DISTINTI

Nella città dell’illuminismo, come nella città antica, l’abitazione e gli edifici pubblici assumono un ruolo distinto riferito al loro diverso carattere.

A tal proposito si analizza il progetto di Gwynn per la parte Ovest di Londra e si nota  come l’area della residenza non coincide con la città, ma ne è solo una parte.

Gli edifici pubblici, invece, hanno un’altra logica di localizzazione, derivante dal fatto che la città impone loro di assumere dimensioni considerevoli per fare emergere i loro caratteri monumentali; sono talmente grandi che devono essere visibili dalla campagna, considerata come parte della città attraversata dai tracciati che collegano funzioni propriamente urbane.

Ogni elemento della città è costruito secondo la propria ragione.

 

LA CITTA’ DISPERSA NELLA NATURA

E’ una città che stabilisce con la natura un rapporto molto forte , si conforma con essa.

La volontà è quella di costruire una città immersa in una foresta, costruita con case unifamiliari tutte identiche tra loro, simili a capanne dinanzi al recinto del proprio giardino.

Esponente di spicco di questa teoria è Ledoux, la cui sfida è definire i caratteri della casa al di fuori del contesto urbano.

Egli vuole trovare una logica attraverso cui ricostruire l’architettura, la sua idea è quella di percorrere la città dando la possibilità di scoprire i luoghi dell’architettura come luoghi significativi della conoscenza.

 

Dalle varie ipotesi di città illuminista se ne deduce che l’obiettivo principale degli architetti illuministi è la definizione del carattere degli edifici e la ricerca del modo più semplice per rappresentarlo.

Molta importanza viene data inoltre agli edifici pubblici che hanno la funzione di rappresentare il carattere della città; essi sono occasione di trasformazione della città e ogni singolo edificio pubblico deve avere in sé un tema ed una storia.

L’ architettura serve quindi a rappresentare il destino degli uomini, deve  portare qualsiasi costruzione alla perfezione, e per arrivare a questo, bisogna riflettere sulla destinazione degli edifici e la definizione del loro carattere.

Per manifestare quest’ultimo bisogna tener conto dei principi della natura e delle sue leggi: così facendo gli uomini abiteranno un’architettura della natura.

Si costruisce così, da questi principi della natura, una seconda natura che ha origini da principi più alti: quelli della ragione.

Infine si passa a constatare il rapporto che gli illuministi avevano con l’antichità, per far capire come fosse importante la ricerca della propria identità nelle origini.

 

 

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Colin Campbell, pianta di un parco di Nottingham, 1715 (dal Vitruvius Brittannicus)

 

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Etienne-Louis Boullèe, progetto del Museo, 1783

  

Capitolo 4NATURA, TECNICA,STORIA

Le forme dell’analogia nel linguaggio architettonico

 

Per noi ciò che decide è la vita” Mies Van Der Rohe

 

Argomento di questo capitolo è il LINGUAGGIO ARCHITETTONICO definito come l’uso di elementi semplici dell’architettura  e il loro uso nella costruzione.

Ci si chiede se sia possibile definire delle regole proprie di questo linguaggio per poi creare una teoria della progettazione architettonica.

Per rispondere, si distinguono il significato di LINGUAGGIO e di TIPO: il primo è un sistema di rappresentazione del senso degli edifici, il secondo è l’adeguamento di un genere di edifici ad una destinazione. Se di tipi ne possono esistere tanti e diversi , il LINGUAGGIO è unico.

La costruzione di un LINGUAGGIO corrisponde alla costruzione di uno stile, che può essere assimilato ad un linguaggio condiviso.

Inoltre il LINGUAGGIO viene definito come un sistema formale che definisce  il senso degli edifici e contiene un generale punto di vista sull’architettura.

Si passa successivamente a definire l’analogia, ossia il principio di definizione dell’arte come imitazione dell’arte stessa.

I termini di riferimento che sempre si sono utilizzati sono la natura e la storia: la prima, nei tempi moderni, non è più perfezione, ma conoscenza di un ideale, la seconda è ricerca dentro la tradizione.

 Di conseguenza si capisce come ogni architettura si fondi su una doppia analogia: quella con la natura che evita che le forme diventino delle pure convenzioni e quella con la storia che fornisce i materiali base del progetto.

L’analogia con la natura non sussiste se non c’è anche quella con la storia, poiché la prima fornisce i motivi di rinnovamento di un contesto formale che si fonda sulla tradizione presente nella seconda.

Successivamente si descrivono le tre funzioni dell’analogia: sintetica, fondata sull’unità de sapere,  evocativa , che stabilisce un rapporto visivo con le forme classiche ed ipotetica, dedicata alla costruzione per la collettività.

Infine si passano ad analizzare le FORME DELL’ANALOGIA NELL’ARCHITETTURA MODERNA.

Si riportano gli esempi di tre grandi architetti del movimento moderno: Loos, Le Corbusier e Mies Van Der Rohe, ognuno dei quali dà molta importanza sia all’analogia con la natura, sia all’analogia con la storia, ma anche a quella con la tecnica.

Le Corbusier spiega come l’analogia con la tecnica abbia un ruolo fondamentale nella costruzione del linguaggio architettonico: “analogia con le forme tecniche” significa “adesione al rapporto con la natura e con le sue leggi”.

La sua aspirazione è quella di diventare un architetto come un “costruttore di areoplani”, ossia costruire l’architettura come queste grandi macchine che definiscono la loro forma sul rapporto fra il loro scopo e le leggi della natura.

Mies Van Der Rhoe adotta la medesima analogia , ma non si ferma alle forme tecniche, cerca la traduzione di esse in forme architettoniche.

Loos invece è più legato all’analogia con la storia; infatti egli afferma che” stabilire un rapporto con essa significa voler essere all’altezza dell’architettura dell’antichità”. Ecco perché nei suoi edifici si trovano sempre citazioni delle forme storiche. Ciò non significa che Loos è un architetto storicista, anzi, la sua grandezza sta proprio nella sua modernità e nella capacità di andare oltre le forme storiche dell’architettura.

La conclusione del capitolo fa capire che Le Corbusier, Mies e Loos non hanno costruito uno stile, bensì hanno dato forma a tre linguaggi diversi tra loro, poiché ognuno di loro ha scelto un diverso rapporto con la storia, con la natura e con la tecnica.

Le Corbusier nonostante si sia accorto dell’importanza della tecnica ha fatto prevalere l’analogia con la natura, Mies ha dato più importanza all’analogia con la tecnica, mentre Loos ha ritenuto fondamentale il rapporto con la storia.

Quello che però gli accomuna è che tutti e tre pongono il problema dello stile come esigenza unica dell’architettura, anche dell’architettura moderna.

 Ogni progettista, oggi, è chiamato a riprendere la propria ricerca da dove questi grandi architetti l’hanno terminata.

 

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Adolf Loos, casa nella Michealerplatz, 1909-1911

 

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Le Corbusier, La Tourette, 1959

 

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Loudwing Mies Van Der Rohe, Convention Hall, foto del modello, 1953-1954.

  

GLOSSARIO

FORMA: ciò che costituisce la realtà, in particolare ciò di cui è fatta l'architettura.

TIPI ARCHITETTONICI: ciò di cui è costituita l'architettura, sono in particolare famiglie di forme che corrispondono a determinate attività umane.

 COLLETTIVITA': ciò a cui deve mirare l'architettura.

TEMA DI ARCHITETTURA: legame diretto e concreto che l'architettura ha con la realtà e con la collettività.

 LUOGO DELL'ABITAZIONE: dove si abita, dove si “sta”, luogo in cui si vive la propria vita quotidiana

LINGUAGGIO: sistema di rappresentazione

ANALOGIA:principio di definizione dell'arte come imitazione dell'arte stessa: deve esistere una forma di riferimento intesa come forma esemplare.

 MIMESI: imitazione, primo livello del processo analogico.