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autore |
JOHN MAY |
titolo |
ARCHITETTURA SENZA ARCHITETTI: GUIDA ALLE
COSTRUZIONI SPONTANEE DI TUTTO IL MONDO |
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editore |
RIZZOLI |
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luogo |
MILANO |
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anno |
2010 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: John
May, Buildings without Architects: A Global Guide to Everyday Architecture,
Rizzoli International Publications , Milano,
2010 |
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Argomento e tematiche affrontate |
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Questo volume raccoglie gli esempi di architetture
spontanee disseminate in tutto il pianeta, che rispondono al bisogno
dell’uomo di procurarsi un riparo e un rifugio; bisogno che ha caratterizzato
la storia dell’uomo fin dai tempi più antichi. Queste architetture
differiscono molto al variare della posizione geografica e dell’epoca in cui
sono state ideate e costruite. Il volume è principalmente diviso in due macro sezioni: una
riguardante i principali materiali utilizzati nella costruzione di questi
edifici; e una seconda, a sua volta suddivisa in capitoli, dove l’autore
opera una suddivisione delle architetture in base alla loro dislocazione
geografica. Queste architetture rappresentano appieno il moderno
concetto di architettura sostenibile, in quanto trattasi di architetture
rispondenti alle esigenze dell’uomo che costruisce utilizzando esclusivamente
i materiali reperibili in loco. La nota polemica sullo
sfruttamento indiscriminato del territorio e sull’utilizzo di materiali
costruttivi a impatto ambientale molto alto, è evidente. May sostiene la
posizione architettonico-ambientalista proponendo l’uso di materie prime a
chilometro zero e costruzione di edifici che si integrino con la natura,
tenendo conto anche delle reali esigenze dell’uomo, inquilino delle
architetture di cui si parla. Trattando questo tipo di costruzioni si parla
intrinsecamente di meccanismi di difesa e sopravvivenza istintivi, presenti
nell’uomo, ma anche in tutti gli esseri viventi, e infatti, questo aspetto è
stato sottolineato dall’editore nella prefazione. May si occupa di fare un elenco di tutte le principali
architetture spontanee scrivendo, per ogni costruzione, la storia, i
materiali con cui è stata costruita, le funzioni possibili sia all’esterno
che al suo interno, e anche le persone deputate alla messa in opera. Vi sono
inoltre diverse immagini che mostrano l’architettura per intero e diversi
spaccati grafici che ne mostrano la struttura, il sistema distributivo e i
vani. Vi sono anche schede tecniche dettagliate sui materiali usati e sulle
tecniche di realizzazione. Il volume risponde alla volontà dell’autore di
sensibilizzare i contemporanei ad un uso più consapevole del pianeta e dei
materiali messi a disposizione in modo da non danneggiarlo ulteriormente, ed
anzi, di spostare l’attenzione dei progettisti verso un’architettura più
sostenibile sia per l’ambiente che per la vita dell’uomo stesso e delle sue
tradizioni. L’autore infine
parla delle architetture spontanee dell’epoca moderna e contemporanea: gli insediamenti abusivi delle grandi metropoli, dove costruiscono case
con rifiuti e rottami per rispondere all’esigenza che sempre più persone
sentono di trasferirsi in città dalle campagne. |
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Giudizio
Complessivo: 7 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: Valentina Paolucci |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2
a.a.2012/2013 |
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Autore |
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John
May è un giornalista investigativo, editore, storico e archivista che nel
corso degli ultimi quaranta anni, ha scritto molto sugli sviluppi nei settori
dell'ambiente, della scienza, e della cultura popolare. Ha lavorato per tutti i principali giornali clandestini
inglesi nei primi anni 1970 ed è stato giornalista investigativo del New
Musical Express dal 1975 al 1982. Ha scritto, è co-autore ed editore di quasi venti libri,
tra cui “Un indice di possibilità, mondi dentro i mondi”, ”La storia di
Greenpeace”, la storia ufficiale dell'organizzazione, e “Case fatte a mano”,
una guida al mondo dell’architettura vernacolare. I suoi articoli da giornalista free-lance sono apparsi sul
New York Times, The Guardian / Observer,
The Telegraph, The Sunday
Times e su numerose riviste tra cui The Face, Wired e Co-Evolution
Quarterly. Il suo blog “The Generalist”, risalente agli anni ’60, è in parte basato
sul suo vasto archivio personale di tutte le forme di documentazione
multimediale, ed ha acquisito una notevole audience globale negli ultimi
sette anni; dal 1970 si occupa di questioni ambientali e di energie
alternative. |
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John May |
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Contenuto |
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Il volume “architettura
senza architetti” propone un elenco delle principali architetture spontanee
disseminate in tutto il globo, suddivise in base alle zone geografiche in cui
sono collocate. Nella prima parte del
volume sono elencati tutti i materiali usati per la costruzione di queste
archietture. In allegato vi sono anche una scheda tecnica riportante la
descrizione e la modalità di costruzione, unitamente ad alcune sezioni
riportanti i particolari costruttivi e la struttura portante. |
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CAPITOLI |
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Capitolo 1 – Materiali da costruzione |
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Nelle architetture
spontanee si utilizzano tecniche semplici e materiali facilmente reperibili
in loco; si tratta quindi di costruzioni veramente rispondenti ai criteri
moderni di sostenibilità ed efficienza energetica. Legno: reperibile pressoché in ogni zona
del pianeta, è utilizzato principalmente per la struttura, ma anche per
pavimenti, pareti e tetti. Pietra: utilizzata in
due modi: scavandola per ricavarne delle grotte convertite poi in abitazioni,
o tagliata a blocchi ed assemblata a secco. Terra e argilla: utilizzate
veramente in tutto il pianeta; molto versatile, si adatta a qualsiasi forma e
dimensione dell’edificio. Pali, pilastri e coperture:vengono utilizzati pali flessibili legati insieme a formare un’ossatura
che viene coperta con paglia, erba o tessuto. Bambù: disponibile in
cinque continenti, ha un elevato rapporto resistenza-peso, facile da
coltivare e raccogliere; si tratta probabilmente di uno dei materiali da
utilizzare in futuro nell’edilizia sostenibile. Giunco: utilizzato per
rivestire i tetti e intrecciare stuoie per le pareti; raramente ha funzioni
strutturali. Materiali riciclati:
l’utilizzo di questi materiali è tipico dell’età comtemporanea, risponde alle
esigenze di nuovi edifici a basso consumo energetico e a basse emissioni di
carbonio. Neve: si tratta del famoso igloo:
una cupola di blocchi di ghiaccio costruita senza alcuna struttura e
sostegno; può avere varie dimensioni ma il più famoso è quello piccolo
utilizzato dai cacciatori come rifugio temporaneo. |
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Sopra: il tempio Wat Pa Maha Chedi Kaew in Thailandia Sotto: Igloo Inuit in Groenlandia |
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Capitolo 2 – Edifici in
Europa ed Eurasia |
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Gamme e Goatte dei Sami: i Sami della zona costiera
costruivano le Gamme: abitazioni invernali costituite da una struttura di
travetti lignei ricoperti da zolle d’erba, generalmente circolare e a forma
di cupola. Alcuni Sami divenuti stanziali costruirono delle Gamme
rettangolari più grandi, dove uomini e animali convivevano nella stessa
struttura; nel Novecento le Gamme divennero stalle e rifugi per gli animali
domestici. I Sami della Norvegia settentrionale, invece, usano una tenda
trasportabile chiamata Goatte basata su una
struttura di legno arcuato coperta con un telo d’estate, e con diverse coltri
di lana d’inverno. Le Goatte erano usate anche come
magazzini per le scorte ed erano sopraelevate tramite quattro pali agli
angoli o da uno o due tronchi d’albero con radici. Le Black Houses delle
Ebridi: tipiche
delle isole Ebridi, un arcipelago al largo della Scozia, il nome deriva dal
fatto che tali strutture non erano dotate di comignoli e quindi i muri
interni erano anneriti dalla fuliggine. Si tratta di edifici oblunghi ad un
solo piano con tetto in paglia; hanno forma bassa e arrotondata per offrire
minor resistenza ai venti atlantici. La costruzione cominciava erigendo due
muri che si rastremavano in sommità con un’intercapedine riempita di
ciottoli, pietrisco e sabbia coperta con zolle di erba in modo da formare una
sorta di sentiero su cui potevano arrampicarsi le pecore. Poiché sulle Ebridi
non crescono alberi il legname utilizzato per sostenere il tetto di paglia è
quello che viene trasportato dalle correnti oceaniche; i tronchi venivano
fissati ai muri interni, poi coperti da due strati di zolle, poi da paglia di
cereali ed infine coperti da vecchie reti da pesca legate con funi di erica e
fermate con grosse pietre. Dentro la Black House a un capo dell’edificio
viveva la famiglia e dall’altro gli animali. Struttura
lignea a Cruck: tipiche
della zona del Regno Unito, se ne trovano anche esempi in Francia, Irlanda
del nord e Scandinavia. Si tratta di una struttura completamente costituita
da pali di legno che ha come punto di partenza un tronco d’albero o il ramo
principale che viene diviso a metà verticalmente e le due metà vengono legate
in cima con un collare a formare una “A”. Queste strutture messe in serie
vengono collegate mediante una trave di colmo e due traverse nei cornicioni;
vengono poi posti dei paletti più piccoli disposti a triangolo in modo da
irrigidire tutta la struttura. Il tetto è composto da travicelli che corrono
dalla trave di colmo fino alla traversa che sosteneva il tetto di paglia. Le
pareti hanno la sola funzione di tamponamento e possono essere in cannicciata
di fango, zolle d’erba, argilla o pietra. Per evitare che il legno della
struttura marcisca, l’intero edificio è appoggiato su pietre tonde. In
seguito ad una penuria di legname viene introdotta la tecnica del “box framing” che usa travi più piccole e meno legname ed
inoltre permette la costruzione di un secondo o terzo piano. Casa in Cob: il Cob
è un materiale composto da terriccio, argilla, sabbia e ghiaia mescolati a
paglia e acqua per ottenere una massa malleabile utilizzata sia per la
costruzione dell’edificio che per gli oggetti interni e il mobilio. Questo
tipo di costruzione ha molti vantaggi: le pareti, una volta asciutte,
diventano molto resistenti, si possono adattare a qualsiasi forma, si possono
modellare con vanga e piccone e non necessitano di alcuna struttura portante,
in quanto il Cob
è esso stesso un materiale portante. L’unico svantaggio è la lunga
costruzione che può durare fino a quindici mesi. I muri vengono poi rivestiti
di intonaco e rinzaffi permeabili a base di calce per consentire al muro di
far evaporare l’umidità. Il tetto è solitamente di paglia con cornicione
sporgente. Casa-granaio Hallenhaus:si
tratta di un edificio che riunisce abitazione, stalla e magazzino per i
cereali. Si tratta di un edificio con struttura lignea in cui la navata
centrale è sostenuta da un sistema di capriate in cui lunghe travi corrono
perpendicolarmente sopra a file parallele di pilastri; si viene a formare
così una lunga sala pavimentata con grandi tavoledi
legno utilizzata per tutte le attività importanti. Sui lati ci sono le
stalle. Le Hallenhaus si distinguono in base al
numero di alloggi per animali: le più piccole ne avevano due, le più grandi
almeno dieci. Sul lato opposto c’è l’alloggio vero e proprio dove vivono la
famiglia ed i collaboratori, con i locali disposti attorno ad un focolare
centrale aperto. Il tetto è inclinato, di paglia, e le murature con
incorniciature di legno e pannelli di cannicciata o mattoni. I cereali
vengono stoccati nella zona vuota sopra la navata centrale. I primi
mulini a vento olandesi: nel 1200 si trovano i primi
esempi di mulini; si trattava di mulini a pilastro usati solo per macinare il
grano; dalla loro evoluzione nacque il mulino da drenaggio. Intorno al 1500
venne introdotto quello a pianta ottagonale che è familiare: era sormontato
da un tetto o una calotta girevole contenente un argano che poteva ruotare
per orientare sempre le pale al vento; e più avanti vennero inventati dei
mulini con delle pertiche che consentivano di girarne la calotta anche da
terra. L’ampiezza delle pale era limitata dalla lunghezza dei tronchi d’albero
con cui erano costruite. Mulini
olandesi più recenti: per via dell’altezza
considerevole, è stato necessario introdurre una terrazza a metà struttura
che consentisse al mugnaio di raggiungere le pale ed azionare sia la fune di
frenata che il meccanismo che faceva ruotare la calotta. Questi mulini
contavano sei o sette piani ed ognuno era adibito ad una fase di lavorazione
dei cereali. Le abitazioni del mugnaio erano nei primi due piani; due grandi
porte consentivano l’ingresso ad un carro trainato da un cavallo per il
trasporto dei cereali . Izba russa:
si tratta della classica casa contadina ed è costruita con un incrocio di
tronchi sbozzati con l’ascia. La stessa poteva avere molte forme e
dimensioni, ma la struttura interna era costante. Nella Russia centrale vi
erano Izbe più piccole con magazzini e stalle annessi o separati; le Izbe
meridionali, in genere, non avevano fondazioni ed erano circondate da
fabbricati analoghi di uso contadino.
Esse erano costruite con tronchi di legno e paletti al posto dei chiodi;
durante la costruzione si piazzavano monete, lana e incenso sotto gli angoli
della casa perché gli abitanti fossero ricchi e in salute, e in un angolo
dell’edificio si appendevano le icone della famiglia che costituivano il
centro spirituale della casa. Chiese lignee:
hanno la stessa tecnica di costruzione delle case in legno. Hanno forme
diverse a seconda del popolo che le ha costruite: i Bojko,
i Lemko, gli Hutsul. Le chiese Bojko hanno tre vani con tre cupole; la sala centrale e
la navata, che è la più grande, è sormontata dalla cupola più alta. Verso est
c’è il santuario, verso ovest il nartece dove sedevano le donne; queste sale
e le relative cupole sono più piccole. Le chiese sono circondate da un
portico coperto da tegole e sostenuto da pilastri. La chiesa Lemko è formata da un piccolo presbiterio sul lato
orientale, una grande navata quadrata al centro e il nartece ad ovest. Il
presbiterio è sormontato da una serie di tetti via via sempre più piccoli che
culminano con una cupola e una croce. Sopra la navata c’è una versione più
grande del tetto del presbiterio, mentre il nartece aveva una torre
campanaria che conteneva un magazzino al secondo piano. Le chiese Hutsul sono formate da cinque sale sormontate da tetti
spioventi con una piccola cupola in cima. La sala centrale è rastremata e di
forma ottagonale coperta da un tetto conico a otto lati. Queste chiese
avevano due ingressi: uno sul lato ovest per le donne, ed uno sul lato est
per gli uomini. Slovenia:
essiccatoio per il fieno e arnia: l’essiccatoio per
il fieno è una semplice rastrelliera di legno autonoma e dotata di tetto su
cui si fanno seccare paglia e cereali; esse erano utilizzate anche in pendii
scoscesi ancorate da sostegni; nelle zone più piovose tali strutture avevano
anche una tettoia protettiva su un lato a protezione dalla pioggia. Le arnie
sono costruite interamente in legno con un tetto rivestito di tegole lignee;
sul lato anteriore sono presenti i cassetti degli alveari spesso riccamente
decorati; molte di queste casette erano mobili per spostare le colonie di api
da un pascolo all’altro. |
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Mulini Olandesi, vista e sezione |
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Capitolo 3 – Edifici in area
Mediterranea e Medioriente |
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Il Trullo: si tratta di strutture regolari con tetto a tronco
piramidale o strutture circolari con tetto ogivale. In genere hanno pianta
rettangolare con stanze quadrate e tetti conici collegati da archi a tutto
sesto. Costruiti in pietre calcaree
grezze senza fondazioni; hanno muri doppi con intercapedine di pietrisco e
piccole finestre. I tetti sono conici ricoperti da lastre calcaree grigie con
un cappello di gesso al culmine. Gli interni hanno dettagli lignei, e sono
lignei anche il pavimento e le scale per raggiungere l’eventuale secondo
piano. Case-grotte del Mediterraneo: la loro distribuzione e
condizionata soprattutto dalla geologia, essendo costruite o scavate in aree
dove le tipologie di roccia prevalenti sono le rocce calcaree, l’arenaria e i
depositi vulcanici (soprattutto tufo). La roccia dura è impermeabile e adatta
per costruire il tetto; la roccia tenera si poteva scavare con le mani. Caverne abitate in Cappadocia: tipiche della Cappadocia sono le
formazioni geologiche naturali chiamate camini delle fate: questi pinnacoli
di roccia tenera erosa dagli elementi, sormontati da una cupola di roccia più
dura ospitano casa a cinque piani con stanze e finestre scavate a mano nella
roccia vulcanica. La città sotterranea, invece, copre un’area di quattro kmq
ed è composta da sette livelli che si estendono per una profondità di 70-85
m. contiene 2000 abitazioni e una vasta rete di infrastrutture sotterranee. Tende nere: la struttura della tenda è un intreccio di pali fissati
con picchetti e funi coperti da teli di pelo di capra nera. Si tratta forse
della forma più adatta di abitazione nel deserto . la copertura principale
consiste in un certo numero di larghe strisce tessute cucite insieme a
formare un grande rettangolo lungo 30-40 m che poi viene drappeggiato sopra
le funi e sostenuto dai pali. Le funi trasferiscono i pesi ai picchetti che
tengono in tensione la struttura e la ancorano. Una striscia lunga e stretta
di tessuto è fissata ai tre lati della tenda con aghi di legno e pende verso
terra. Il lato che rimane aperto è sempre orientato in senso opposto al
vento, se le notti sono fredde anch’esso viene coperto con teli. L’interno è
diviso da tende decorate in due sezioni: l’area maschile che funge anche da
area pubblica, e dall’altra la cucina e le stanze delle donne. Casa torre Yemenita: alte almeno cinque piani, alcune
arrivano anche a otto o nove; la disposizione verticale riflette una transizione
verso l’alto dallo spazio pubblico allo spazio privato. La struttura interna
varia a seconda delle città e dei paesi. Caratteristica principale del primo
piano è il salone rettangolare destinato all’accoglienza degli ospiti; il
primo piano contiene inoltre anche uno spazio più privato destinato al
padrone e agli ospiti più importanti. Le fondazioni sono in pietra o terra. Casa in giunco degli Arabi delle paludi: si tratta di edifici che fungono
da rifugi per il bestiame, laboratori. Magazzini e abitazioni. La costruzione
parte da lunghi fasci di giunco che vengono piazzati in buche nel letto di
canne in due file parallele distanti un paio di metri e poi le parti
superiori vengono piegati fino ad incontrarsi per essere legate insieme a
formare degli archi a ferro di cavallo. Gli archi sono legati a loro volta
con dei fasci di giunchi che corrono orizzontalmente; ai quattro angoli ci
sono dei fasci verticali più alti. Il tetto è ricoperto da un intreccio fitto
di fasci di giunco, mentre le pareti da un intreccio meno fitto. I fasci di
giunco vengono anche usati all’interno per creare gli “arredi” e gli
strumenti dei pescatori. Quando la base dell’edificio marcisce viene tagliate
e tutto l’edificio viene abbassato per essere abitato per un altro ciclo e poi
essere abbandonato. Città del deserto in Iran: all’interno di queste città vi è
una fitta rete di strade, e tutta la città risulta cintata da alte mura che
proteggono l’interno dalle frequenti tempeste di sabbia. Gli edifici sono in
muri di adobe con muri in mattoni di fango crudo, alte fino a sei metri con
cupole e tetti a volta e sono orientate verso il sole nascente. Il piano
terra è leggermente ribassato rispetto alla sede stradale e il primo piano si
trova a 3-4 metri di altezza. |
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Sopra: i Camini delle Fate in Cappadocia Sotto: la città sotterranea di Derinkuyu in Cappadocia |
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Capitolo 4 – Edifici in Asia |
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Minka
giapponese: lo scheletro della struttura era
in legno con fondazioni di pietra, i muri esterni in bambù e argilla. Lo
spazio interno è suddiviso da porte scorrevoli in legno e pannelli di carta o
da grate di legno. Il tetto era ricoperto da paglia e erba, con tegole se si
voleva indicare una condizione sociale elevata. Casa di
città giapponese: si tratta di case a schiera
lunghe e strette protette da palizzate lignee che si costruivano a partire da
colonne di legno disposte su fundazioni piatte in terra battuta o pietre; per
isolarla dall’umidità del terreno il pavimento era sopraelevato e poggiava su
travi di legno orizzontali. Il tetto è spiovente e coperto da tegole con un
grande cornicione per proteggere la casa dal sole estivo. Di solito la casa
ha due ingressi: uno per gli ospiti ed uno privato. All’interno ci sono una
stanza per gli ospiti, un salotto, una o due stanze da letto e una sala da
pranzo al centro che comunica con tutte le altre. Pannelli scorrevoli
dividono le varie stanze con finestre sul fronte e sul retro, ma non sui muri
laterali. Dentro e fuori la casa ci sono diversi giardini che vengono
spruzzati d’acqua per creare una brezza fresca per alleviare l’afa estiva e
il tetto della cucina è rialzato e ha un lucernario per far uscire l’aria
calda dalla casa; alcune stanze hanno pavimenti di legno, mentre altri sono
coperti da stuoie di giunco intrecciato. I muri esterni sono sono di bambù
intrecciato e poi intonacati di terra. Yao Dong
giapponese: si tratta di abitazioni
sotterranee generalmente di forma quadrata, ne vengono scavati due o tre Yao
Dong nelle pareti verticali del cortile, a volte rivestite da mattoni; una
rampa a una scala fornisce accesso dal piano terra. Spesso vengono piantati
alberi nel cortile, che serve da spazio comune per la famiglia come luogo di
aggregazione sociale. Tolou del
Fujian: si tratta di fortezze che potevano richiedere sette
anni di costruzione con fondazioni di pietre arrotondate e una base composta
da grandi pietre rivestite d’argilla che sostengono muri di terra spessi
rinforzati con canne di bambù. L’interno è quasi interamente ligneo di travi,
assi e colonnee contiene diverse unità abitative. Tutte le unità abitative si
affacciano su di un cortile comune in cui vi è un santuario dedicato agli
antenati, che quindi funge anche da centro spirituale dell’intero complesso.
La facciata è completamente cieca, ad eccezione di alcune piccole finestrelle
nelle parti alte protette da grandi cornicioni sporgenti con tetto a sbalzo
in ardesia o tegole di argilla. Di solito c’è un ingresso principale protetto
da una porta di legno rivestita da spesse placche metalliche e montata su un
blocco di granito massiccio. Ger mongola: si tratta di una sorta di tenda facilmente smontabile e trasportabile,
costituita da un graticcio a fisarmonica in salice flessibile espansi e
legati insieme, a formare una struttura circolare, da una spessa cinghia. Il
telaio della porta d’accesso aumenta la stabilità. L’anello di compressione
del tetto e la corona sono eretti al centro e il palo ricurvo del tetto viene
inserito in posizione. La struttura è ricoperta da stuoie di feltro sono
legati da funi di crine animale o con lacci di pelle. Il feltro è spesso,
fatto con lana di pecora e impermeabilizzato con grasso animale e lanolina.
La porta è sempre rivolta a sud; l’anello di compressione, che lascia uscire
il fumo, e viene lasciato in eredità alla famgilia. Lo spazio interno è
diviso in: spazi per gli uomini, le donne, gli ospiti, gli oggetti di uso
domestico, la cucina, la vita diurna e il sonno; tutto incentrato attorno al
focolare centrale. Palazzi di
Lhasa: la forma base del tempio tibetano è la struttura a due
piani con pareti di terra che si restringono verso l’alto con una struttura
interna di legno con pilastri, capitelli e travi. Il tetto è fatto di terra e
sostenuto con travicelli di legno coperto con pezzi di legno, rami e rametti
per chiudere ogni buco sulla struttura, completato con uno strato di ciottoli
rotondi su cui è posato uno spesso strato di terriccio. Le strutture del
secondo piano sono sormontate da tetti a spioventi con tegole. Stagni e
pozzi a gradini in India: i pozzi a gradini presentano
una grande varietà di stili e dimensioni dal monumentale al modesto. Dall’ingresso
centrale vi è subito l’inizio di una lunga rampa di scale con colonnati su
entrambi i lati che scendono per cinque piani dentro la terra. Capanna
tonda: sono capanne rettangolari con volta a botte il cui
elemento strutturale principale è il tetto ricurvo composto da spesse canne
di bambù sostenute ai lati da blocchi
di granito liscio o tavole di legno fissate con funi di rattan. Il tetto è
formato da un denso strato di canne di bambù più sottili che corrono in
orizzontali lungo la capanna anch’esse fissate con funi di rattan. Il tetto
completato viene poi ricoperto da uno strato fitto di erba di palude e le
facciate sono dipinte. Non presenta finestre ma ha un piccolo ingresso sul
davanti; la struttura è completamente circondata da un muro di pietre. |
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Minka Giapponese, vista e
sezione |
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Capitolo 5 – Edifici in
Africa Subsahariana |
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Grande
moschea di Djennè: la moschea presenta il muro della
preghiera rivolto ad est vero la Mecca ed è sostenuto da 18 pilastri e
punteggiato da tre grandi minareti squadrati, ciascuno dei quali contiene una
scala a chiocciola che conduce al tetto, ed è sormontato da una guglia conica
che culmina in un uovo di struzzo. Sul retro c’è una zona di preghiera a
cielo aperto, ovvero un cortile circondato su tre lati da muri con aperture
ad arco, e sul quarto lato dalla moschea stessa. Le mura sono spesse dai 41
ai 61 cm e sono composte da mattoni di fango seccati al sole. Tolek dei
Mousgoum: costruita semza fondazioni su un cumulo di terra
spianata, la struttura è basata su una progressione di muri circolari,
composti da sfere di argilla miste a paglia e lisciate a mano leggermente
inclinate all’interno e progressivamente più strette verso la cima, a formare
una parabola. L’esterno è disseminato di protuberanze che incrementano la
stabilità strutturale e fungono da punti di appoggio per arrampicarsi e
costruire la struttura senza l’uso di impalcature. Un’apertura circolare la
cima funge da lucernario e comignolo. La differenza di altezza tra la porta e
la cima assicura una corrente naturale che fa salire il fumo. Villaggio a
palafitte di Ganviè: la casa tipica è a pianta
rettangolare e costruita su un sistema di palafitte in mangrovia con il
pavimento più in alto rispetto al livello delle piene. I tetti sono a
spiovente, ricoperti prima con fronde di palma, poi con uno spesso strato
d’erba. La maggior parte delle case non ha l’elettricità quindi si usano
kerosene o energia solare e si cucina su un fuoco libero. Il livello del
pavimento è determinato dall’altezza massima raggiungibile dall’acqua,
generalmente 1,5 m sopra il livello massimo. Casa
rotonda di Batammaliba: l’edificazione delle case si
svolge di solito nella stagione secca ed ogni architetto costruisce una casa
sola ogni stagione. La casa prende forma gradualmente, inziando con le stanze
principali, e le pareti di raccordo esterne. Quando la struttura è completa
le donne coprono la terrazza sul tetto e i muri esterni intonacati col limo,
essenza di frutta, letame e olio e macchiano le mura con una soluzione di
acqua e succo di frutta che da una finitura rosso scuro o marrone. La forma
base è un anello con sette torri di terra unite da muri semicircolari per
formare uno scudo esterno uniforme; al centro sorge un’altra torre circolare
con un tetto di paglia circondata da una terrazza sterrata che si estende
fino ad un anello esterno sostenuta da strutture lignee. All’interno sorgono
anche altari e sacrari e diversi sentieri rituali. L’ingresso è orientato
verso ovest e agli angoli della facciata sorgono due granai con tetto di
paglia. Min dei
Rendille: composta da due sezioni principali: il tetto ricurvo e
la parte anteriore a forma di ventaglio. Il retro è definito da due coppie di
lunghi pali incurvati, uno che fornisce il contorno principale, l’altro che
sostiene. Bastoni più sottili sono legati ai pali per formare la cupola sotto
cui si sistemano i giacigli. La parte anteriore è composta da un ventaglio di
bastoni dritti, inclinati verso l’interno, disposti a intervalli regolari e
fissati con pietre. Quando la struttura è completa viene coperta con uno
strato di agave, una fibra vegetale dura e resistente; le stuoie sono
sovrapposte e legate alla struttura. Una lunga fune è avvolta intorno a tutta
la Min per garantire stabilità. Casa
Zafimaniry: generalmente con una sola stanza,
costruita inizialmente con bambù intrecciato, acquista gradualmente
resistenza man mano che il bambù viene rimpiazzato da grandi assi di legno
assemblate con incastri e picchetti di legno senza chiodi né cerniere
metalliche. Orientata secondo i quattro punti cardinali, sia per la posizione
all’interno del villaggio, che per la disposizione degli interni. Indlu Zulu: costruita da tutti i membri della popolazione, gli uomoni si occupano
della struttura, mentre le donne so occupano di intrecciare e posare la
copertura. Si tratta di un anello di giovani alberi che si incrociano ad
angolo retto e sono legati insieme a ogni intersezione. Il tetto è sostenuto
da una seria di pali verticali, che reggono le travi ricurve. Stuoie d’erba
vengono legate alla struttura con cappi d’erba intrecciata e l’intera
copertura è poi fissata con una rete di funi d’erba, dall’apice fino a terra
e in cerchi concentrici paralleli al terreno. Sormontato da un cilindro di
stuoie d’erba che forma un piccolo pinnacolo che spunta dalla copertura del
tetto; per entrare vi è una piccola apertura circondata da archi digradanti
in paglia, ed è coperto da uno schermo di giunchi o una porta di legno.
All’interno vi è un lato per gli uomini ed uno per le donne; il pavimento è
fatto da una miscela lisciata e lucidata di letame bovino e argilla di
termitaio che viene spalmata a terra, lasciata seccare e poi lucidata con una
pietra liscia. Vi è poi una buca rotonda che funge da focolare, circondata da
un bordo rialzato, il fuo esce dalla porta o attraverso la paglia del tetto.
Una piattaforma sul retro della capanna è usata per conservare gli effetti
personali della famiglia, protetti da amuleti che lo sciamano della comunità,
ha sotterrato al momento della costruzione della capanna. Casa
dipinta Ndebele: assumono forma di tamburo centrale
sormontato da un tetto conico. Lo spazio circolare al centro era usato dai
genitori per dormire; il lato sinistro era quello di donna, il destro
dell’uomo. Le donne si occupano della decorazione dei muri usando pigmenti
derivati da ocra naturale, fuliggine e calce. |
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Grande Moschea di Djennè,
vista e particolare |
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Capitolo 6 – Edifici in
Nordamerica |
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Igloo Inuit: costruito partendo dall’interno e procedendo a spirale; dapprima si
scava una buca circolare nel terrendo ritagliando blocchi di neve ghiacciata
che si dispongono poi intorno alla buca formando un cerchio di 5 metri di
diametro. Il primo strato viene poi tagliato in una curva leggermente
orientata verso l’alto e verso l’interno. Le pareti sono erette con blocchi
sovrapposti e progressivamente più piccoli limati per orientarli gradualmente
verso l’interno e la cupola è completata da un ultimo blocco-cuneo limato per
adattarsi esattamente al buco in cima. Poi la cupola viene coperta con neve
fresca che viene strofinata in tutte le fessure per sigillare i blocchi. Una
volta completata si scava una buca sotto la parete per convogliare l’aria
fredda verso il tunnel d’ingresso coperto; vi sono presenti dei piccoli
condotti di ventilazione per scongiurare i rischi di asfissia. Casa di
assi degli Haida: ve ne sono di due tipi: a due
travi e a otto travi. Le case a due travi dal tetto a doppio spiovente sono
costruite a partire da quattro enormi pilastri verticali e due gigantesche travi a sezione
circolare, il tutto coperto con un rivestimento di larghe assi di legno. Le
case a otto travi era realizzata con incastri; i quattro pilastri tondi agli
angoli sono incavati per accogliere le capriate che si assottigliano ai lati
e che a loro volta sostengono pesanti travi del tetto. Le travi sono piatte
nella parte inferiore per garantire una superficie stabile. L’atto finale è
il posizionamento del palo installato al centro della facciata e decorato con
la storia mitologica del clan che vive nella casa. Teepee
degli indiani delle pianure: composto da soli
quattro elementi: un fascio di tronchi di giovani alberi che formano la
struttura di base, una copertura semicircolare fatta di pelli o tela, un
rivestimento interno e una falda usata come porta. Queste parti sono
assicurate le une alle altra mediante corda, picchetti, aghi e paletti di
legno. È possibile accendere un fuoco aperto per cucinare e riscaldare la
tenda senza riempirla di fumo perché vi sono: l’apertura in cima, le falde
regolabili e il rivestimento interno sollevato e ancorato con i picchetti a
una certa altezza nella parte inferiore della tenda. L’aria che passa sotto
la copertura della tenda viene sospinta verso l’alto portando con sé il fumo,
il rivestimento interno fornisce un ulteriore isolamento. Grande
fienile: struttura e rivestimenti completamente lignei ad
eccezione del silos metallico. Il tetto è mansardato e lascia più spazio per
la paglia che veniva gettata lungo uno scivolo fino al sottostante piano
della trebbiatura. Il piano intermedio del fienile serviva da granaio e da
spazio per la trebbiatura; era collegato al silos e da qui i mangimi o il
mais venivano scaricati al piano terra dove c’erano le stalle per pecore,
bovini e le stie per i polli. I-house,
Cracker house e Saltbox: la I-House ha sempre due
stanze sul lato lungo, una su quello corto, due piani di altezza e un tetto a
due spioventi laterali con una facciata simmetrica. I materiali variavano da
regione a regione e spaziavano tra pietre, mattoni o tronchi. La forma base
veniva spesso estesa con un’ala sul retro o una terrazza. La Cracker House
erano dei rifugi di legno sollevate da terra con palificazioni di pietre o
mattoni fatti con gusci d’ostrica e calce. Per proteggerle dal calore e
dall’umidità erano orientate verso l’ombra, avevano ampi porticati coperti,
spazi vuoti sotto i pavimenti per la ventilazione e finestre per creare
correnti d’aria. La Saltbox House prese il nome dal tetto a spioventi ripidi
che somigliava a una scatola di legno usata in epoca coloniale per conservare
il sale; è formata da un annesso a un solo piano posto sul retro di un
edificio alto un piano e mezzo o due
piani. Fu inizialmente concepita come un metodo semplice per ampliare una
casa con una sola stanza sul lato lungo, che ospitava una dozzina di persone
o più. Capanna di
tronchi: si tratta di capanne di tronchi con una sola stanza,
una sola porta ed una sola finestra, pavimenti sterrati e un camino posto su
un lato della capanna con un comignolo a cannicciata e un focolare in pietra
o argilla. I tetti sono in genere sostenuti da tronchi orizzontali incastrati
nel frontone triangolare sulla sommità della parete, e poi coperte con tegole
di legno tagliate a mano. si costruisce con tronchi incastrati agli angoli
mediante scanalature. Edifici in
stile Shaker: tipica abitazione comunitaria era
costruita per ridurre al minimo il contatto per gli uomini e le donne. Ha due
porte di ingresso, due scale e corridoi separati che portano alle camere da
letto. I due sessi condividevano la sala da pranzo ma mangiavano a tavoli
separati. Le cappelle avevano tre ingressi, uno per ciascun sesso e uno per
il ministro del culto. I muri sono in legno o mattoni con fondazioni di pietra;
le pareti erano intonacate di bianco con pannelli e ganci su cui si potevano
appendere le sedie quando non in uso. Casa in
Adobe del New Mexico: si tratta di edifici
costruiti con mattoni in adobe: il fango viene versato in una forma di legno
che viene poi sollevata quando il mattone è asciutto a sufficienza. Una votla
pronti, i mattoni vengono voltati su un fianco per finire di asciugarsi. Alla
base del tetto vi sono dei pali che escono dalle mura esterne sono le
terminazioni di travi di legno che sostengono l’immenso peso di un tetto
piatto di terra. Alla base del parapetto che circondava il tetto si
piazzavano spesso grondaie rotonde per drenare l’acqua piovana che scorreva
in un piccolo canale lasciato intorno al bordo interno del tetto, appena dentro
il muro di cinta. |
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Teepee degli indiani delle
pianure |
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Capitolo 7 – Edifici in
America Latina |
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Chukal Na
degli Tzotzil: per costruire questa casa ad una sola
stanza dapprima si crea una sruttura portante quadrata composta di pali di
quercia o cipresso scanalati in cima per accogliere le travi a cui vengono
legati con tralci di vite. In seguito viene aggiunto un leggero graticcio di
pali verticali più sottili e canne orizzontali, di legno o bambù. Il soffitto
è una rete a maglia quadrata di travicelli lignei leggeri su cui poggia una
struttura piramidale di sei pesanti travi di legno tenute insieme da tre
quadrati di travicelli in fondo, al centro e in cima; al di sopra si posa una
gabbia in cannicciata. Sulla sommità c’è una piccola struttura che funge da
condotto di ventilazione per far uscire il fumo. La struttura del tetto viene
poi rivestita com mazzi d’erba sovrapposti, legati alla cannicciata con tralci
di vite. Chattel
house caraibica: interamente di legno e assemblate
senza chiodi per semplificare lo smontaggio ed il trasporto. Originariamente
erano bilocali, larghe il doppio della profondità, con tetto spiovente fatto
di tegole in legno, progettato per sopportare le forte piogge e i ventidella
stagione degli uragani. Le case poggiavano su blocchi di pietra calcarea
anziche essere ancorate al suolo. Shabano
degli Yanomami: costituito da segmente, ognuno
eretto dall’uomo che lo occuperà con la sua famiglia. Queste abitazioni
monofamiliari vengono assemblate in un anello, e gli spazi vuoti tra una e
l’altra vengono chiusi e ricoperti di paglia, tranne dove si lascia un varco
d’accesso. Infine viene costruita una palizzata difensiva per proteggere
l’interno e gli abitanti. Ogni abitazione ha un suo focolare con amache e
recipienti ricavate da zucche appese al soffitto. La legna da ardere è
ammucchiata in fondo, dove forma una parete. La struttura è composta da un
incrocio di pali in legno duro piantati in due file; i pali della fila
interna hanno altezza doppia rispetto a quelli della fila esterna. Lo Shabano
è completato da una tettoia di rami sottili inclinata al centro verso
l’esterno; i rami sono legati da tralci o liane a cui si fissano fronde di
palma sovrapposte per ottenere una copertura resistente alla pioggia. Casa dei
Paisa: sostenuta da un’elaborata impalcatura che, come la
casa stessa, è fatta di bambù. Lungo edificio rettangolare, diviso in varie
stanze, ospitava i coltivatori di caffè. I pavimenti e le piattaforme sono
lignee, i muri sono in mattoni adobe o cemento e il tetto in tegole o bambù.
La piattaforma che forma il soffitto delle stanze abitate è usata per la
lenta essicazione al sole dei chicchi di caffè. Il tetto della casa era montato
su binari scorrevoli, oppure aveva due ante che si ripiegavano verso
l’esterno. Casa in
giunco degli Urus: le case in giunco sono rettangoli
con un tetto a doppio spiovente; sono realizzate con singoli steli o con
fasci legati, che possono essere fissati all’isola stessa. Le pareti e il
tetto sono composte da vari strati di stuoie di canne tessute per tener fuori
il vento e la pioggia. Chiesa in
legno di Chiloè: seguono principlamente uno schema
caratteristico: la basilica rettangolare è divisa in tre navate da colonne
lignee su fondazioni di pietra, e coperta come tegole di legno. Il campanile
alto e simmetrico è sormontato da una croce, e ci sono un portico e un
frontone d’ingresso. |
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Casa dei Paiza, vista e
sezione |
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Capitolo 8 – Edifici in
Australasia e Oceania |
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Kuren
balinese: generalmente in legno, con struttura a travi e
pilastri, sono aperte agli elementi e hanno tetti molto elaborati; sorgono su
basamenti di pietra o mattoni squadrati con una piattaforma in muratura e
pali di legno duro, meno vulnerabili alle termiti, infissi nella pietra. I
pavimenti sollevati dal terreno per migliorare l’areazione, per proteggere
dall’umidità il cibo e gli effetti personali e per tener lontane le zanzare
che portano la malaria. Nella parte superiore della casa si usano legni più
leggeri o bambù per le mura non portanti, uniti con incastri e fissati con
picchetti di legno oppure legati. I grandi tetti sono sostenuti da pali e
molto inclinati con grondaie ampie e sporgenti che proteggono la casa dalle
tempeste tropicali e dalla luce diretta. Solitamente il tetto è coperto con
paglia di riso, erba essiccata, foglie di cocco o di palma da zucchero. Casa
ottagonale Kalinga: la forma ottagonale è definita da
otto pilastri esterni infissi in pietra, abbastanza alti per sostenere il
tetto. Travi e travetti passano sopra questi pali per sostenere le assicelle
del pavimento, mentre travi scanalate sugli otto pilastri esterni accolgono
le assi delle pareti. Il soggiorno, a cui si accede da una scala, è diviso in
tre settori paralleli da fronte a retro, e il settore centrale è più basso
dei laterali. Il pavimento, che è ricoperto con una struoia di bambù facile
da arrotolare e portare al fiume per lavarla, non è un ottagono perfetto
perché non tutti gli angoli sono pavimentati. Le pareti sono fatte di stuoie
di bambù da terra fino al livello dei pavimenti. Da li fino alla grondaia, le
pareti sono in assi di legno disposte in orizzontale o in verticale.
L’edificio è sormontato da un tetto a padiglione coperto di paglia le cui
grondaie formano un cerchio dai bordi irregolari. Tongkonan
dei Toraja: la casa è costruita con assi di
legno assemblate senza chiodi con incastri a linguetta e scanalature, e si
regge su una robusta palificazione di tronchi d’albero, alta abbastanza per
proteggersi dai roditori e dai serpenti. La struttura è sormontata da un
tetto a sella sproporzionato e vistoso, coperto di paglia o, in epoca
moderna, con lamiera ondulata o zinco. Il tetto è sostenuto da un sottotetto
in pali di bambù legati ai travetti su cui si estendono più strati
sovrapposti di assicelle in bambù legate con funi di rattan. In alcuni casi
il tetto si estende tanto da richiedere un palo gigante per sostenerne
l’estremità. L’interno della casa è molto semplice, e di solito comprende tre
stanze: una zona giorno, una cucina e la zona notte. I cibi sono preparati in
un grosso focolare scavato nel terreno, il cui fumo annerisce l’interno, non
essendoci un camino. Sia l’interno che l’esterno sono riccamente intagliati e
dipinti con motivi e simboli legati al culto degli antenati. In un villaggio
le case sono disposte in una schiera rivolta a nord, in ordine gerarchico, e
ciascuna ha di fronte un granaio per il riso, costruito alla stessa maniera. Casa
sull’albero Korowai: una volta scelto un albero
abbastanza grande inizia la costruzione della casa con la base del pavimento,
composta da assi di legno molto ravvicinate e rivestite con della corteccia,
sostenuto da 4-10 pali infissi nel terreno e legati con rattan. La palma
fornisce pertiche per le pareti, travi e foglie per la copertura del tetto.
Alla casa si accede arrampicandosi su un palo scanalato. L’intera struttura è
costruita usando solo asce di pietra e coltelli d’osso. Casa degli
spiriti Abelam: vistosi edifici a forma di A con
tetti a punta e le facciate a colori vivaci; si tratta di case cerimoniali
che sono il fulcro della vita tribale. Le considerano la dimora degli
antenati, degli spiriti e degli dei, e le usano per le cerimonie di
iniziazione dei giovani maschi. Sono orientate in relazione al movimento del
sole durante il giorno. Riccamente adornati, all’interno con intagli in legno
e sculture, e sulla facciata con motivi intricati e variopinti. La struttura
è composta da due strati di travicelli di bambù legati con rattan ed
assicurati alla trave di colmo inclinata, mentre il tetto è coperto da fronde
di palma. Rifugio
Aborigeno: le tecnologie utilizzate per
costruire questi ripari comprendevano: tetti di paglia, erba intrecciata,
intonaci di argilla e fango, legacci di giungo e fogliame intrecciato fra le
traverse delle pareti. Gli edifici avevano funzioni diverse e cambiavano con
le stagioni e col numero di persone da ospitare. Nelle regioni desertiche si
utilizzavano strutture frangivento che proteggevano dal sole durante il
giorno, e dalle brezze durante la notte; nella stagione delle piogge si
costruivano capanne a cupola con tetti di erba. Se le zanzare diventavano
fastidiose, si costruivano cupole simili ad igloo con una struttura in
tronchi sottili e coperte di malesuca. Casa per
adunanze Maori: grandi edifici rettangolari
lunghi tra i 12 e i 30 metri, solitamente con tetti a doppio spiovente di
lamiera ondulata, pareti di legno rivestite con assi e un largo portico
decorato sul fronte da una cornice riccamente intagliata. Nell’unico grande
spazio interno due pilastri principali decorati sostengono la trave di colmo
e rappresentano le due divinità principali: Tane (colui che dà la vita) e
Hinenuitepo (la morte). Le pareti alternano pannelli di legno intagliato e
pannelli decorati a motivi geometrici, intrecciati dalle donne con fibre di
lino e giunco. I travicelli sono dipinti con motivi elaborati in bianco, nero
e rosso. Fale Tele
di Samoa: la costruzione inizia con tre colonne centrali che
sostengono un piccolo palo di colmo. Le colonne sono inizialmente rette da
un’impalcatura su cui si allaccia il leggero arco centrale del tetto. Poi
vengono montate le due estremità ricurve del tetto, sostenute da altre
impalcature, e si piazza l’anello di pali esterno. Tre diversi tipi e
spessori di legno sono usati per pali, travicelli e arcarecci. Il tetto a
cupola di paglia, sostenuto dai pali centrali, poggia sulle colonne esterne,
che lo stabilizzano. La copertura è realizzata dalle donne con foglie di
canna da zucchero o fronde di palma, sovrapposte a doppio strato. L’edificio
completo è circondato da pietre, che aggiungono solidità e tengono lontani
gli insetti; la dimensione della base di pietra è anche indicativa dello
status sociale.i pavimenti sono ricoperti da corallo triturato, su cui si
posano le stuoie di palma intrecciata. |
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Tongkonan dei Toraja, viste |
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Capitolo 9 – Architettura
spontanea moderna |
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Insediamenti
abusivi brasiliani: si tratta della favelas, che
nascono e crescono in modo spontaneo quando gli abitanti delle aree rurali si
riversano in città per lavorare e iniziano a costruire alloggi provvisori
abusivi, solitamente usando materiali di scarto e rifiuti urbani. Gli
insediamenti sono caratterizzati da una fortissima densità e da condizioni di
grande indigenza, sono privi di acqua corrente, fogne ed elettricità. Le
favelas sono composte da migliaia di fragili baracche su palafitte, spesso
costruite su pendenze dell’80% o più. Un nuovo favelado (così sono chiamati
gli abitanti delle favelas) inizia costruendo una piccola e leggera baracca
di una sola stanza, posata su un pavimento in assi di legno sostenuto da
palaffite saldamente ancorate nelle rocce. Nella fase successiva, i
favelados, estendono gradualmente la baracca costruendovi intorno verande
coperte. Poi rimpiazzano tutti i materiali di recupero con materiali più
durevoli: le palaffite di legno diventano pilastri di cemento, le pareti
provvisorie sono sostituite da muratura, i tetti sgangherati sono coperti con
tegole in cemento. Nell’ultima fase la facciata viene decorata con ornamenti
e dipinta in un colore che riflette il luogo d’origine del favelado. Insediamenti
abusivi indiani e filippini: caratterizzati
da un processo costruttivo simile a quello delle favelas brasiliane, i
principali insediamenti abusivi sono: Dharavi in India, e Manila nelle
Filippine. Gli abitanti di
Dharavi vivono per lo più in sgangherate case a due piani di mattoni, cemento
e legname di scarto con tetti di metallo, ogni parte delle quali leggermente
storta. I residenti si sono creati un mondo così come lo volevano: quasi
immune a controlli e regolamentazioni, cresciuto in modo informale e in
continuo mutamento per adattarsi alle esigenze delle persone anziché
conformarsi ai piani regolatori del governo. A Manila la
maggior parte degli occupanti abusivi, nelle loro fragili case fatte con
materiali di recupero, sono li per scelta, nonostante la scarsa igiene ,
l’assenza dei servizi più elementari, il rischio di incendi e la minaccia di
evacuazione violenta. Eartship: l’earthship è una forma di architettura che unisce elementi spontanei
e tecnologici, e mostra la strada verso un futuro sostenibile. Una earthship
è una casa solare passiva fatta con materiali riciclati e naturali, che trae
energia dal sole e dal vento, e conserva e riutilizza le acque di scolo. Sono
case ad alta efficienza energetica e a basse emissioni di carbonio.
Alimentata da pannelli solari e da un rotore eolico. Il tetto è progettato
per raccogliere l’acqua piovana e la neve sciolta che viene poi incanalata in
cisterne passando attraverso filtri per i sedimenti. L’acqua viene
riutilizzata più volte: per bere, per lavarsi e per lavare i piatti e per il
gabinetto. L’acqua proveniente dai lavandini e dalla doccia può anche essere
convogliate in vivai in cui si possono coltivare prodotti freschi tutto
l’anno. I componenti principali sono pneumatici usati, con cintura d’acciaio,
riempiti di terra battuta e usati come mattoni per i muri, che diventano
praticamente indistruttibili e ignifughi. Le pareti interne sono composte da
lattine di alluminio e bottiglie di vetro o plastica inglobate in una matrice
di cemento. Le pareti esterne e interne si possono modellare nella forma
richiesta dal costruttore. Case di
bottiglie: la struttura di bottiglie di più
forte impatto nel mondo è stata costruita dai monaci buddisti nella provincia
thailandese di Sisaket, circa 600 km a nordest di Bangkok. Hanno raccolto un
milione di bottiglie, mescolando quelle verdi della Heineken e quelle marroni
della locale birra Chang, per costruire il tempio Wat Pa Maha Chedi Kaew e
gli edifici annessi, tra cui il crematorio. Il “mattone” base era disponibile
in due versioni: da 350 mm e da 500 mm; ed era progettato per essere disposto
in orizzontale e incastrato in un modo che riecheggiava le tradizionali
costruzioni in calce e mattoni. Edilizia
naturale: si tratta di un edificio a forma di A composto da
quattro strutture a cruck in castagno grezzo, con due verande coperte e una
terrazza in legno che corre su tre lati. L’intera struttura poggia su
palafitte le cui fondazioni, come nelle tradizionali strutture a cruck, sono
lastroni in pietra di York. I muri sono composti da una scatola di due
strutture in larice riempite con piccole balle di paglia. La struttura
esterna è ricoperta da tavole di quercia e castagno. Tra il muro esterno e la
paglia c’è una membrana traspirante, con proprietà isolanti e
impermeabilizzanti. Il tetto è fatto di travetti in Larice con travi di falda
in Castagno coperte con una membrana protettiva e poi tegole di legno. Il
tetto delle verande è rivestito con un materiale composito che contiene fibre
organiche saturate con bitume. L’interno della casa è un open space con tre
sole porte. I telai delle finestre sono in Frassino, con vetri doppi; i
pavimenti sono in Larice e Quercia. La casa raccoglie e conserva l’acqua
piovana, coinvoglia l’acqua di scarico al di fuori verso una serie di aree
umide con canneti per la fitodepurazione, ha un gabinetto di compostaggio ed
è alimentata da una serie di pannelli solari e da tre piccole turbine
eoliche. Il riscaldamento è fornito da un focolare aperto e l’acqua calda da
una caldaia alimentata da una stufa a legna. Revival di
edilizia spontanea: in alcuni paesi è in corso un
revival dell’edilizia in cob, che offre un’alternativa alle case
convenzionali a basso costo, a basso impatto ambientale e ad alta efficienza
energetica. La Keepel Gate,
una casa in cob con tetto in paglia, a due piani e con quattro camere da
letto. La casa è stata eretta con metodi tradizionali: la sole eccezioni sono
l’uso di un trattore per mescolare il cob e l’aggiunta di sabbia o shillet
(pietrisco di scisto tritato) per limitare la contrazione. Un altro tipo di
casa è quella della zona del Pacifico nordoccidentale con tetto e grondaie
molto sporgenti per proteggere le mura di terra, e una fondazione alta e
impermeabile. Come un vaso per fiori in ceramica, il cob assorbe l’umidità
dall’aria senza indebolirsi e la rilascia quando è scaldato dal sole. L’ultimo esempio è
l’edificio a volta nubiana: la struttura interna dei muri è in mattoni di
fango o latertite che vengono poi rivestiti da un intonaco di fango o di
cemento. Il tetto è impermeabilizzato con plastiche di produzione locale e
con un intonaco in malta arricchita di fango. |
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Earthship, vista e particolari |