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autore

JOHN MAY

titolo

ARCHITETTURA SENZA ARCHITETTI: GUIDA ALLE COSTRUZIONI SPONTANEE DI TUTTO IL MONDO

editore

RIZZOLI

luogo

MILANO

anno

2010

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Titolo originale: John May, Buildings without Architects: A Global Guide to Everyday Architecture, Rizzoli International Publications , Milano, 2010

 

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Questo volume raccoglie gli esempi di architetture spontanee disseminate in tutto il pianeta, che rispondono al bisogno dell’uomo di procurarsi un riparo e un rifugio; bisogno che ha caratterizzato la storia dell’uomo fin dai tempi più antichi. Queste architetture differiscono molto al variare della posizione geografica e dell’epoca in cui sono state ideate e costruite.

Il volume è principalmente diviso in due macro sezioni: una riguardante i principali materiali utilizzati nella costruzione di questi edifici; e una seconda, a sua volta suddivisa in capitoli, dove l’autore opera una suddivisione delle architetture in base alla loro dislocazione geografica.

Queste architetture rappresentano appieno il moderno concetto di architettura sostenibile, in quanto trattasi di architetture rispondenti alle esigenze dell’uomo che costruisce utilizzando esclusivamente i materiali reperibili in loco.

La nota polemica sullo sfruttamento indiscriminato del territorio e sull’utilizzo di materiali costruttivi a impatto ambientale molto alto, è evidente. May sostiene la posizione architettonico-ambientalista proponendo l’uso di materie prime a chilometro zero e costruzione di edifici che si integrino con la natura, tenendo conto anche delle reali esigenze dell’uomo, inquilino delle architetture di cui si parla.

Trattando questo tipo di costruzioni si parla intrinsecamente di meccanismi di difesa e sopravvivenza istintivi, presenti nell’uomo, ma anche in tutti gli esseri viventi, e infatti, questo aspetto è stato sottolineato dall’editore nella prefazione.

May si occupa di fare un elenco di tutte le principali architetture spontanee scrivendo, per ogni costruzione, la storia, i materiali con cui è stata costruita, le funzioni possibili sia all’esterno che al suo interno, e anche le persone deputate alla messa in opera. Vi sono inoltre diverse immagini che mostrano l’architettura per intero e diversi spaccati grafici che ne mostrano la struttura, il sistema distributivo e i vani. Vi sono anche schede tecniche dettagliate sui materiali usati e sulle tecniche di realizzazione.

Il volume risponde alla volontà dell’autore di sensibilizzare i contemporanei ad un uso più consapevole del pianeta e dei materiali messi a disposizione in modo da non danneggiarlo ulteriormente, ed anzi, di spostare l’attenzione dei progettisti verso un’architettura più sostenibile sia per l’ambiente che per la vita dell’uomo stesso e delle sue tradizioni.

L’autore infine parla delle architetture spontanee dell’epoca moderna e contemporanea: gli insediamenti abusivi delle grandi metropoli, dove costruiscono case con rifiuti e rottami per rispondere all’esigenza che sempre più persone sentono di trasferirsi in città dalle campagne.

 

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Valentina Paolucci

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

Autore

John May è un giornalista investigativo, editore, storico e archivista che nel corso degli ultimi quaranta anni, ha scritto molto sugli sviluppi nei settori dell'ambiente, della scienza, e della cultura popolare.

Ha lavorato per tutti i principali giornali clandestini inglesi nei primi anni 1970 ed è stato giornalista investigativo del New Musical Express dal 1975 al 1982.

Ha scritto, è co-autore ed editore di quasi venti libri, tra cui “Un indice di possibilità, mondi dentro i mondi”, ”La storia di Greenpeace”, la storia ufficiale dell'organizzazione, e “Case fatte a mano”, una guida al mondo dell’architettura vernacolare.

I suoi articoli da giornalista free-lance sono apparsi sul New York Times, The Guardian / Observer, The Telegraph, The Sunday Times e su numerose riviste tra cui The Face, Wired e Co-Evolution Quarterly.

Il suo blog “The Generalist”, risalente agli anni ’60, è in parte basato sul suo vasto archivio personale di tutte le forme di documentazione multimediale, ed ha acquisito una notevole audience globale negli ultimi sette anni; dal 1970 si occupa di questioni ambientali e di energie alternative.

John May

 

Contenuto

Il volume “architettura senza architetti” propone un elenco delle principali architetture spontanee disseminate in tutto il globo, suddivise in base alle zone geografiche in cui sono collocate. Nella  prima parte del volume sono elencati tutti i materiali usati per la costruzione di queste archietture. In allegato vi sono anche una scheda tecnica riportante la descrizione e la modalità di costruzione, unitamente ad alcune sezioni riportanti i particolari costruttivi e la struttura portante.

  

CAPITOLI

Capitolo 1 – Materiali da costruzione

Nelle architetture spontanee si utilizzano tecniche semplici e materiali facilmente reperibili in loco; si tratta quindi di costruzioni veramente rispondenti ai criteri moderni di sostenibilità ed efficienza energetica.

Legno: reperibile pressoché in ogni zona del pianeta, è utilizzato principalmente per la struttura, ma anche per pavimenti, pareti e tetti.

Pietra: utilizzata in due modi: scavandola per ricavarne delle grotte convertite poi in abitazioni, o tagliata a blocchi ed assemblata a secco.

Terra e argilla: utilizzate veramente in tutto il pianeta; molto versatile, si adatta a qualsiasi forma e dimensione dell’edificio.

Pali, pilastri e coperture:vengono utilizzati pali flessibili legati insieme a formare un’ossatura che viene coperta con paglia, erba o tessuto.

Bambù: disponibile in cinque continenti, ha un elevato rapporto resistenza-peso, facile da coltivare e raccogliere; si tratta probabilmente di uno dei materiali da utilizzare in futuro nell’edilizia sostenibile.

Giunco: utilizzato per rivestire i tetti e intrecciare stuoie per le pareti; raramente ha funzioni strutturali.

Materiali riciclati: l’utilizzo di questi materiali è tipico dell’età comtemporanea, risponde alle esigenze di nuovi edifici a basso consumo energetico e a basse emissioni di carbonio.

Neve: si tratta del famoso igloo: una cupola di blocchi di ghiaccio costruita senza alcuna struttura e sostegno; può avere varie dimensioni ma il più famoso è quello piccolo utilizzato dai cacciatori come rifugio temporaneo.

 

 

 

Sopra: il tempio Wat Pa Maha Chedi Kaew in Thailandia

Sotto: Igloo Inuit in Groenlandia

  

Capitolo 2 – Edifici in Europa ed Eurasia

Gamme e Goatte dei Sami: i Sami della zona costiera costruivano le Gamme: abitazioni invernali costituite da una struttura di travetti lignei ricoperti da zolle d’erba, generalmente circolare e a forma di cupola. Alcuni Sami divenuti stanziali costruirono delle Gamme rettangolari più grandi, dove uomini e animali convivevano nella stessa struttura; nel Novecento le Gamme divennero stalle e rifugi per gli animali domestici. I Sami della Norvegia settentrionale, invece, usano una tenda trasportabile chiamata Goatte basata su una struttura di legno arcuato coperta con un telo d’estate, e con diverse coltri di lana d’inverno. Le Goatte erano usate anche come magazzini per le scorte ed erano sopraelevate tramite quattro pali agli angoli o da uno o due tronchi d’albero con radici.

Le Black Houses delle Ebridi: tipiche delle isole Ebridi, un arcipelago al largo della Scozia, il nome deriva dal fatto che tali strutture non erano dotate di comignoli e quindi i muri interni erano anneriti dalla fuliggine. Si tratta di edifici oblunghi ad un solo piano con tetto in paglia; hanno forma bassa e arrotondata per offrire minor resistenza ai venti atlantici. La costruzione cominciava erigendo due muri che si rastremavano in sommità con un’intercapedine riempita di ciottoli, pietrisco e sabbia coperta con zolle di erba in modo da formare una sorta di sentiero su cui potevano arrampicarsi le pecore. Poiché sulle Ebridi non crescono alberi il legname utilizzato per sostenere il tetto di paglia è quello che viene trasportato dalle correnti oceaniche; i tronchi venivano fissati ai muri interni, poi coperti da due strati di zolle, poi da paglia di cereali ed infine coperti da vecchie reti da pesca legate con funi di erica e fermate con grosse pietre. Dentro la Black House a un capo dell’edificio viveva la famiglia e dall’altro gli animali.

Struttura lignea a Cruck: tipiche della zona del Regno Unito, se ne trovano anche esempi in Francia, Irlanda del nord e Scandinavia. Si tratta di una struttura completamente costituita da pali di legno che ha come punto di partenza un tronco d’albero o il ramo principale che viene diviso a metà verticalmente e le due metà vengono legate in cima con un collare a formare una “A”. Queste strutture messe in serie vengono collegate mediante una trave di colmo e due traverse nei cornicioni; vengono poi posti dei paletti più piccoli disposti a triangolo in modo da irrigidire tutta la struttura. Il tetto è composto da travicelli che corrono dalla trave di colmo fino alla traversa che sosteneva il tetto di paglia. Le pareti hanno la sola funzione di tamponamento e possono essere in cannicciata di fango, zolle d’erba, argilla o pietra. Per evitare che il legno della struttura marcisca, l’intero edificio è appoggiato su pietre tonde. In seguito ad una penuria di legname viene introdotta la tecnica del “box framing” che usa travi più piccole e meno legname ed inoltre permette la costruzione di un secondo o terzo piano.

Casa in Cob: il Cob è un materiale composto da terriccio, argilla, sabbia e ghiaia mescolati a paglia e acqua per ottenere una massa malleabile utilizzata sia per la costruzione dell’edificio che per gli oggetti interni e il mobilio. Questo tipo di costruzione ha molti vantaggi: le pareti, una volta asciutte, diventano molto resistenti, si possono adattare a qualsiasi forma, si possono modellare con vanga e piccone e non necessitano di alcuna struttura portante, in quanto il Cob  è esso stesso un materiale portante. L’unico svantaggio è la lunga costruzione che può durare fino a quindici mesi. I muri vengono poi rivestiti di intonaco e rinzaffi permeabili a base di calce per consentire al muro di far evaporare l’umidità. Il tetto è solitamente di paglia con cornicione sporgente.

Casa-granaio Hallenhaus:si tratta di un edificio che riunisce abitazione, stalla e magazzino per i cereali. Si tratta di un edificio con struttura lignea in cui la navata centrale è sostenuta da un sistema di capriate in cui lunghe travi corrono perpendicolarmente sopra a file parallele di pilastri; si viene a formare così una lunga sala pavimentata con grandi tavoledi legno utilizzata per tutte le attività importanti. Sui lati ci sono le stalle. Le Hallenhaus si distinguono in base al numero di alloggi per animali: le più piccole ne avevano due, le più grandi almeno dieci. Sul lato opposto c’è l’alloggio vero e proprio dove vivono la famiglia ed i collaboratori, con i locali disposti attorno ad un focolare centrale aperto. Il tetto è inclinato, di paglia, e le murature con incorniciature di legno e pannelli di cannicciata o mattoni. I cereali vengono stoccati nella zona vuota sopra la navata centrale.

I primi mulini a vento olandesi: nel 1200 si trovano i primi esempi di mulini; si trattava di mulini a pilastro usati solo per macinare il grano; dalla loro evoluzione nacque il mulino da drenaggio. Intorno al 1500 venne introdotto quello a pianta ottagonale che è familiare: era sormontato da un tetto o una calotta girevole contenente un argano che poteva ruotare per orientare sempre le pale al vento; e più avanti vennero inventati dei mulini con delle pertiche che consentivano di girarne la calotta anche da terra. L’ampiezza delle pale era limitata dalla lunghezza dei tronchi d’albero con cui erano costruite.

Mulini olandesi più recenti: per via dell’altezza considerevole, è stato necessario introdurre una terrazza a metà struttura che consentisse al mugnaio di raggiungere le pale ed azionare sia la fune di frenata che il meccanismo che faceva ruotare la calotta. Questi mulini contavano sei o sette piani ed ognuno era adibito ad una fase di lavorazione dei cereali. Le abitazioni del mugnaio erano nei primi due piani; due grandi porte consentivano l’ingresso ad un carro trainato da un cavallo per il trasporto dei cereali .

Izba russa: si tratta della classica casa contadina ed è costruita con un incrocio di tronchi sbozzati con l’ascia. La stessa poteva avere molte forme e dimensioni, ma la struttura interna era costante. Nella Russia centrale vi erano Izbe più piccole con magazzini e stalle annessi o separati; le Izbe meridionali, in genere, non avevano fondazioni ed erano circondate da fabbricati  analoghi di uso contadino. Esse erano costruite con tronchi di legno e paletti al posto dei chiodi; durante la costruzione si piazzavano monete, lana e incenso sotto gli angoli della casa perché gli abitanti fossero ricchi e in salute, e in un angolo dell’edificio si appendevano le icone della famiglia che costituivano il centro spirituale della casa.

Chiese lignee: hanno la stessa tecnica di costruzione delle case in legno. Hanno forme diverse a seconda del popolo che le ha costruite: i Bojko, i Lemko, gli Hutsul.

Le chiese Bojko hanno tre vani con tre cupole; la sala centrale e la navata, che è la più grande, è sormontata dalla cupola più alta. Verso est c’è il santuario, verso ovest il nartece dove sedevano le donne; queste sale e le relative cupole sono più piccole. Le chiese sono circondate da un portico coperto da tegole e sostenuto da pilastri.

La chiesa Lemko è formata da un piccolo presbiterio sul lato orientale, una grande navata quadrata al centro e il nartece ad ovest. Il presbiterio è sormontato da una serie di tetti via via sempre più piccoli che culminano con una cupola e una croce. Sopra la navata c’è una versione più grande del tetto del presbiterio, mentre il nartece aveva una torre campanaria che conteneva un magazzino al secondo piano.

Le chiese Hutsul sono formate da cinque sale sormontate da tetti spioventi con una piccola cupola in cima. La sala centrale è rastremata e di forma ottagonale coperta da un tetto conico a otto lati. Queste chiese avevano due ingressi: uno sul lato ovest per le donne, ed uno sul lato est per gli uomini.

Slovenia: essiccatoio per il fieno e arnia: l’essiccatoio per il fieno è una semplice rastrelliera di legno autonoma e dotata di tetto su cui si fanno seccare paglia e cereali; esse erano utilizzate anche in pendii scoscesi ancorate da sostegni; nelle zone più piovose tali strutture avevano anche una tettoia protettiva su un lato a protezione dalla pioggia. Le arnie sono costruite interamente in legno con un tetto rivestito di tegole lignee; sul lato anteriore sono presenti i cassetti degli alveari spesso riccamente decorati; molte di queste casette erano mobili per spostare le colonie di api da un pascolo all’altro.

 

 

 

Mulini Olandesi, vista e sezione

 

Capitolo 3 – Edifici in area Mediterranea e Medioriente

Il Trullo: si tratta di strutture regolari con tetto a tronco piramidale o strutture circolari con tetto ogivale. In genere hanno pianta rettangolare con stanze quadrate e tetti conici collegati da archi a tutto sesto.  Costruiti in pietre calcaree grezze senza fondazioni; hanno muri doppi con intercapedine di pietrisco e piccole finestre. I tetti sono conici ricoperti da lastre calcaree grigie con un cappello di gesso al culmine. Gli interni hanno dettagli lignei, e sono lignei anche il pavimento e le scale per raggiungere l’eventuale secondo piano.

Case-grotte del Mediterraneo: la loro distribuzione e condizionata soprattutto dalla geologia, essendo costruite o scavate in aree dove le tipologie di roccia prevalenti sono le rocce calcaree, l’arenaria e i depositi vulcanici (soprattutto tufo). La roccia dura è impermeabile e adatta per costruire il tetto; la roccia tenera si poteva scavare con le mani.

Caverne abitate in Cappadocia: tipiche della Cappadocia sono le formazioni geologiche naturali chiamate camini delle fate: questi pinnacoli di roccia tenera erosa dagli elementi, sormontati da una cupola di roccia più dura ospitano casa a cinque piani con stanze e finestre scavate a mano nella roccia vulcanica. La città sotterranea, invece, copre un’area di quattro kmq ed è composta da sette livelli che si estendono per una profondità di 70-85 m. contiene 2000 abitazioni e una vasta rete di infrastrutture sotterranee.

Tende nere: la struttura della tenda è un intreccio di pali fissati con picchetti e funi coperti da teli di pelo di capra nera. Si tratta forse della forma più adatta di abitazione nel deserto . la copertura principale consiste in un certo numero di larghe strisce tessute cucite insieme a formare un grande rettangolo lungo 30-40 m che poi viene drappeggiato sopra le funi e sostenuto dai pali. Le funi trasferiscono i pesi ai picchetti che tengono in tensione la struttura e la ancorano. Una striscia lunga e stretta di tessuto è fissata ai tre lati della tenda con aghi di legno e pende verso terra. Il lato che rimane aperto è sempre orientato in senso opposto al vento, se le notti sono fredde anch’esso viene coperto con teli. L’interno è diviso da tende decorate in due sezioni: l’area maschile che funge anche da area pubblica, e dall’altra la cucina e le stanze delle donne.

Casa torre Yemenita: alte almeno cinque piani, alcune arrivano anche a otto o nove; la disposizione verticale riflette una transizione verso l’alto dallo spazio pubblico allo spazio privato. La struttura interna varia a seconda delle città e dei paesi. Caratteristica principale del primo piano è il salone rettangolare destinato all’accoglienza degli ospiti; il primo piano contiene inoltre anche uno spazio più privato destinato al padrone e agli ospiti più importanti. Le fondazioni sono in pietra o terra.

Casa in giunco degli Arabi delle paludi: si tratta di edifici che fungono da rifugi per il bestiame, laboratori. Magazzini e abitazioni. La costruzione parte da lunghi fasci di giunco che vengono piazzati in buche nel letto di canne in due file parallele distanti un paio di metri e poi le parti superiori vengono piegati fino ad incontrarsi per essere legate insieme a formare degli archi a ferro di cavallo. Gli archi sono legati a loro volta con dei fasci di giunchi che corrono orizzontalmente; ai quattro angoli ci sono dei fasci verticali più alti. Il tetto è ricoperto da un intreccio fitto di fasci di giunco, mentre le pareti da un intreccio meno fitto. I fasci di giunco vengono anche usati all’interno per creare gli “arredi” e gli strumenti dei pescatori. Quando la base dell’edificio marcisce viene tagliate e tutto l’edificio viene abbassato per essere abitato per un altro ciclo e poi essere abbandonato.

Città del deserto in Iran: all’interno di queste città vi è una fitta rete di strade, e tutta la città risulta cintata da alte mura che proteggono l’interno dalle frequenti tempeste di sabbia. Gli edifici sono in muri di adobe con muri in mattoni di fango crudo, alte fino a sei metri con cupole e tetti a volta e sono orientate verso il sole nascente. Il piano terra è leggermente ribassato rispetto alla sede stradale e il primo piano si trova a 3-4 metri di altezza.

 

 

 

 

Sopra: i Camini delle Fate in Cappadocia

Sotto: la città sotterranea di Derinkuyu in Cappadocia

  

Capitolo 4 – Edifici in Asia

Minka giapponese: lo scheletro della struttura era in legno con fondazioni di pietra, i muri esterni in bambù e argilla. Lo spazio interno è suddiviso da porte scorrevoli in legno e pannelli di carta o da grate di legno. Il tetto era ricoperto da paglia e erba, con tegole se si voleva indicare una condizione sociale elevata.

Casa di città giapponese: si tratta di case a schiera lunghe e strette protette da palizzate lignee che si costruivano a partire da colonne di legno disposte su fundazioni piatte in terra battuta o pietre; per isolarla dall’umidità del terreno il pavimento era sopraelevato e poggiava su travi di legno orizzontali. Il tetto è spiovente e coperto da tegole con un grande cornicione per proteggere la casa dal sole estivo. Di solito la casa ha due ingressi: uno per gli ospiti ed uno privato. All’interno ci sono una stanza per gli ospiti, un salotto, una o due stanze da letto e una sala da pranzo al centro che comunica con tutte le altre. Pannelli scorrevoli dividono le varie stanze con finestre sul fronte e sul retro, ma non sui muri laterali. Dentro e fuori la casa ci sono diversi giardini che vengono spruzzati d’acqua per creare una brezza fresca per alleviare l’afa estiva e il tetto della cucina è rialzato e ha un lucernario per far uscire l’aria calda dalla casa; alcune stanze hanno pavimenti di legno, mentre altri sono coperti da stuoie di giunco intrecciato. I muri esterni sono sono di bambù intrecciato e poi intonacati di terra.

Yao Dong giapponese: si tratta di abitazioni sotterranee generalmente di forma quadrata, ne vengono scavati due o tre Yao Dong nelle pareti verticali del cortile, a volte rivestite da mattoni; una rampa a una scala fornisce accesso dal piano terra. Spesso vengono piantati alberi nel cortile, che serve da spazio comune per la famiglia come luogo di aggregazione sociale.

Tolou del Fujian: si tratta di fortezze che potevano richiedere sette anni di costruzione con fondazioni di pietre arrotondate e una base composta da grandi pietre rivestite d’argilla che sostengono muri di terra spessi rinforzati con canne di bambù. L’interno è quasi interamente ligneo di travi, assi e colonnee contiene diverse unità abitative. Tutte le unità abitative si affacciano su di un cortile comune in cui vi è un santuario dedicato agli antenati, che quindi funge anche da centro spirituale dell’intero complesso. La facciata è completamente cieca, ad eccezione di alcune piccole finestrelle nelle parti alte protette da grandi cornicioni sporgenti con tetto a sbalzo in ardesia o tegole di argilla. Di solito c’è un ingresso principale protetto da una porta di legno rivestita da spesse placche metalliche e montata su un blocco di granito massiccio.

Ger mongola: si tratta di una sorta di tenda facilmente smontabile e trasportabile, costituita da un graticcio a fisarmonica in salice flessibile espansi e legati insieme, a formare una struttura circolare, da una spessa cinghia. Il telaio della porta d’accesso aumenta la stabilità. L’anello di compressione del tetto e la corona sono eretti al centro e il palo ricurvo del tetto viene inserito in posizione. La struttura è ricoperta da stuoie di feltro sono legati da funi di crine animale o con lacci di pelle. Il feltro è spesso, fatto con lana di pecora e impermeabilizzato con grasso animale e lanolina. La porta è sempre rivolta a sud; l’anello di compressione, che lascia uscire il fumo, e viene lasciato in eredità alla famgilia. Lo spazio interno è diviso in: spazi per gli uomini, le donne, gli ospiti, gli oggetti di uso domestico, la cucina, la vita diurna e il sonno; tutto incentrato attorno al focolare centrale.

Palazzi di Lhasa: la forma base del tempio tibetano è la struttura a due piani con pareti di terra che si restringono verso l’alto con una struttura interna di legno con pilastri, capitelli e travi. Il tetto è fatto di terra e sostenuto con travicelli di legno coperto con pezzi di legno, rami e rametti per chiudere ogni buco sulla struttura, completato con uno strato di ciottoli rotondi su cui è posato uno spesso strato di terriccio. Le strutture del secondo piano sono sormontate da tetti a spioventi con tegole.

Stagni e pozzi a gradini in India: i pozzi a gradini presentano una grande varietà di stili e dimensioni dal monumentale al modesto. Dall’ingresso centrale vi è subito l’inizio di una lunga rampa di scale con colonnati su entrambi i lati che scendono per cinque piani dentro la terra.

Capanna tonda: sono capanne rettangolari con volta a botte il cui elemento strutturale principale è il tetto ricurvo composto da spesse canne di bambù  sostenute ai lati da blocchi di granito liscio o tavole di legno fissate con funi di rattan. Il tetto è formato da un denso strato di canne di bambù più sottili che corrono in orizzontali lungo la capanna anch’esse fissate con funi di rattan. Il tetto completato viene poi ricoperto da uno strato fitto di erba di palude e le facciate sono dipinte. Non presenta finestre ma ha un piccolo ingresso sul davanti; la struttura è completamente circondata da un muro di pietre.

 

 

 

 

Minka Giapponese, vista e sezione

 

Capitolo 5 – Edifici in Africa Subsahariana

Grande moschea di Djennè: la moschea presenta il muro della preghiera rivolto ad est vero la Mecca ed è sostenuto da 18 pilastri e punteggiato da tre grandi minareti squadrati, ciascuno dei quali contiene una scala a chiocciola che conduce al tetto, ed è sormontato da una guglia conica che culmina in un uovo di struzzo. Sul retro c’è una zona di preghiera a cielo aperto, ovvero un cortile circondato su tre lati da muri con aperture ad arco, e sul quarto lato dalla moschea stessa. Le mura sono spesse dai 41 ai 61 cm e sono composte da mattoni di fango seccati al sole.

Tolek dei Mousgoum: costruita semza fondazioni su un cumulo di terra spianata, la struttura è basata su una progressione di muri circolari, composti da sfere di argilla miste a paglia e lisciate a mano leggermente inclinate all’interno e progressivamente più strette verso la cima, a formare una parabola. L’esterno è disseminato di protuberanze che incrementano la stabilità strutturale e fungono da punti di appoggio per arrampicarsi e costruire la struttura senza l’uso di impalcature. Un’apertura circolare la cima funge da lucernario e comignolo. La differenza di altezza tra la porta e la cima assicura una corrente naturale che fa salire il fumo.

Villaggio a palafitte di Ganviè: la casa tipica è a pianta rettangolare e costruita su un sistema di palafitte in mangrovia con il pavimento più in alto rispetto al livello delle piene. I tetti sono a spiovente, ricoperti prima con fronde di palma, poi con uno spesso strato d’erba. La maggior parte delle case non ha l’elettricità quindi si usano kerosene o energia solare e si cucina su un fuoco libero. Il livello del pavimento è determinato dall’altezza massima raggiungibile dall’acqua, generalmente 1,5 m sopra il livello massimo.

Casa rotonda di Batammaliba: l’edificazione delle case si svolge di solito nella stagione secca ed ogni architetto costruisce una casa sola ogni stagione. La casa prende forma gradualmente, inziando con le stanze principali, e le pareti di raccordo esterne. Quando la struttura è completa le donne coprono la terrazza sul tetto e i muri esterni intonacati col limo, essenza di frutta, letame e olio e macchiano le mura con una soluzione di acqua e succo di frutta che da una finitura rosso scuro o marrone. La forma base è un anello con sette torri di terra unite da muri semicircolari per formare uno scudo esterno uniforme; al centro sorge un’altra torre circolare con un tetto di paglia circondata da una terrazza sterrata che si estende fino ad un anello esterno sostenuta da strutture lignee. All’interno sorgono anche altari e sacrari e diversi sentieri rituali. L’ingresso è orientato verso ovest e agli angoli della facciata sorgono due granai con tetto di paglia.

Min dei Rendille: composta da due sezioni principali: il tetto ricurvo e la parte anteriore a forma di ventaglio. Il retro è definito da due coppie di lunghi pali incurvati, uno che fornisce il contorno principale, l’altro che sostiene. Bastoni più sottili sono legati ai pali per formare la cupola sotto cui si sistemano i giacigli. La parte anteriore è composta da un ventaglio di bastoni dritti, inclinati verso l’interno, disposti a intervalli regolari e fissati con pietre. Quando la struttura è completa viene coperta con uno strato di agave, una fibra vegetale dura e resistente; le stuoie sono sovrapposte e legate alla struttura. Una lunga fune è avvolta intorno a tutta la Min per garantire stabilità.

Casa Zafimaniry: generalmente con una sola stanza, costruita inizialmente con bambù intrecciato, acquista gradualmente resistenza man mano che il bambù viene rimpiazzato da grandi assi di legno assemblate con incastri e picchetti di legno senza chiodi né cerniere metalliche. Orientata secondo i quattro punti cardinali, sia per la posizione all’interno del villaggio, che per la disposizione degli interni.

Indlu Zulu: costruita da tutti i membri della popolazione, gli uomoni si occupano della struttura, mentre le donne so occupano di intrecciare e posare la copertura. Si tratta di un anello di giovani alberi che si incrociano ad angolo retto e sono legati insieme a ogni intersezione. Il tetto è sostenuto da una seria di pali verticali, che reggono le travi ricurve. Stuoie d’erba vengono legate alla struttura con cappi d’erba intrecciata e l’intera copertura è poi fissata con una rete di funi d’erba, dall’apice fino a terra e in cerchi concentrici paralleli al terreno. Sormontato da un cilindro di stuoie d’erba che forma un piccolo pinnacolo che spunta dalla copertura del tetto; per entrare vi è una piccola apertura circondata da archi digradanti in paglia, ed è coperto da uno schermo di giunchi o una porta di legno. All’interno vi è un lato per gli uomini ed uno per le donne; il pavimento è fatto da una miscela lisciata e lucidata di letame bovino e argilla di termitaio che viene spalmata a terra, lasciata seccare e poi lucidata con una pietra liscia. Vi è poi una buca rotonda che funge da focolare, circondata da un bordo rialzato, il fuo esce dalla porta o attraverso la paglia del tetto. Una piattaforma sul retro della capanna è usata per conservare gli effetti personali della famiglia, protetti da amuleti che lo sciamano della comunità, ha sotterrato al momento della costruzione della capanna.

Casa dipinta Ndebele: assumono forma di tamburo centrale sormontato da un tetto conico. Lo spazio circolare al centro era usato dai genitori per dormire; il lato sinistro era quello di donna, il destro dell’uomo. Le donne si occupano della decorazione dei muri usando pigmenti derivati da ocra naturale, fuliggine e calce.

 

 

 

 

Grande Moschea di Djennè, vista e particolare

  

Capitolo 6 – Edifici in Nordamerica

Igloo Inuit: costruito partendo dall’interno e procedendo a spirale; dapprima si scava una buca circolare nel terrendo ritagliando blocchi di neve ghiacciata che si dispongono poi intorno alla buca formando un cerchio di 5 metri di diametro. Il primo strato viene poi tagliato in una curva leggermente orientata verso l’alto e verso l’interno. Le pareti sono erette con blocchi sovrapposti e progressivamente più piccoli limati per orientarli gradualmente verso l’interno e la cupola è completata da un ultimo blocco-cuneo limato per adattarsi esattamente al buco in cima. Poi la cupola viene coperta con neve fresca che viene strofinata in tutte le fessure per sigillare i blocchi. Una volta completata si scava una buca sotto la parete per convogliare l’aria fredda verso il tunnel d’ingresso coperto; vi sono presenti dei piccoli condotti di ventilazione per scongiurare i rischi di asfissia.

Casa di assi degli Haida: ve ne sono di due tipi: a due travi e a otto travi. Le case a due travi dal tetto a doppio spiovente sono costruite a partire da quattro enormi pilastri  verticali e due gigantesche travi a sezione circolare, il tutto coperto con un rivestimento di larghe assi di legno. Le case a otto travi era realizzata con incastri; i quattro pilastri tondi agli angoli sono incavati per accogliere le capriate che si assottigliano ai lati e che a loro volta sostengono pesanti travi del tetto. Le travi sono piatte nella parte inferiore per garantire una superficie stabile. L’atto finale è il posizionamento del palo installato al centro della facciata e decorato con la storia mitologica del clan che vive nella casa.

Teepee degli indiani delle pianure: composto da soli quattro elementi: un fascio di tronchi di giovani alberi che formano la struttura di base, una copertura semicircolare fatta di pelli o tela, un rivestimento interno e una falda usata come porta. Queste parti sono assicurate le une alle altra mediante corda, picchetti, aghi e paletti di legno. È possibile accendere un fuoco aperto per cucinare e riscaldare la tenda senza riempirla di fumo perché vi sono: l’apertura in cima, le falde regolabili e il rivestimento interno sollevato e ancorato con i picchetti a una certa altezza nella parte inferiore della tenda. L’aria che passa sotto la copertura della tenda viene sospinta verso l’alto portando con sé il fumo, il rivestimento interno fornisce un ulteriore isolamento.

Grande fienile: struttura e rivestimenti completamente lignei ad eccezione del silos metallico. Il tetto è mansardato e lascia più spazio per la paglia che veniva gettata lungo uno scivolo fino al sottostante piano della trebbiatura. Il piano intermedio del fienile serviva da granaio e da spazio per la trebbiatura; era collegato al silos e da qui i mangimi o il mais venivano scaricati al piano terra dove c’erano le stalle per pecore, bovini e le stie per i polli.

I-house, Cracker house e Saltbox: la I-House ha sempre due stanze sul lato lungo, una su quello corto, due piani di altezza e un tetto a due spioventi laterali con una facciata simmetrica. I materiali variavano da regione a regione e spaziavano tra pietre, mattoni o tronchi. La forma base veniva spesso estesa con un’ala sul retro o una terrazza. La Cracker House erano dei rifugi di legno sollevate da terra con palificazioni di pietre o mattoni fatti con gusci d’ostrica e calce. Per proteggerle dal calore e dall’umidità erano orientate verso l’ombra, avevano ampi porticati coperti, spazi vuoti sotto i pavimenti per la ventilazione e finestre per creare correnti d’aria. La Saltbox House prese il nome dal tetto a spioventi ripidi che somigliava a una scatola di legno usata in epoca coloniale per conservare il sale; è formata da un annesso a un solo piano posto sul retro di un edificio  alto un piano e mezzo o due piani. Fu inizialmente concepita come un metodo semplice per ampliare una casa con una sola stanza sul lato lungo, che ospitava una dozzina di persone o più.

Capanna di tronchi: si tratta di capanne di tronchi con una sola stanza, una sola porta ed una sola finestra, pavimenti sterrati e un camino posto su un lato della capanna con un comignolo a cannicciata e un focolare in pietra o argilla. I tetti sono in genere sostenuti da tronchi orizzontali incastrati nel frontone triangolare sulla sommità della parete, e poi coperte con tegole di legno tagliate a mano. si costruisce con tronchi incastrati agli angoli mediante scanalature.

Edifici in stile Shaker: tipica abitazione comunitaria era costruita per ridurre al minimo il contatto per gli uomini e le donne. Ha due porte di ingresso, due scale e corridoi separati che portano alle camere da letto. I due sessi condividevano la sala da pranzo ma mangiavano a tavoli separati. Le cappelle avevano tre ingressi, uno per ciascun sesso e uno per il ministro del culto. I muri sono in legno o mattoni con fondazioni di pietra; le pareti erano intonacate di bianco con pannelli e ganci su cui si potevano appendere le sedie quando non in uso.

Casa in Adobe del New Mexico: si tratta di edifici costruiti con mattoni in adobe: il fango viene versato in una forma di legno che viene poi sollevata quando il mattone è asciutto a sufficienza. Una votla pronti, i mattoni vengono voltati su un fianco per finire di asciugarsi. Alla base del tetto vi sono dei pali che escono dalle mura esterne sono le terminazioni di travi di legno che sostengono l’immenso peso di un tetto piatto di terra. Alla base del parapetto che circondava il tetto si piazzavano spesso grondaie rotonde per drenare l’acqua piovana che scorreva in un piccolo canale lasciato intorno al bordo interno del tetto, appena dentro il muro di cinta.

 

 

 

Teepee degli indiani delle pianure

Capitolo 7 – Edifici in America Latina

Chukal Na degli Tzotzil: per costruire questa casa ad una sola stanza dapprima si crea una sruttura portante quadrata composta di pali di quercia o cipresso scanalati in cima per accogliere le travi a cui vengono legati con tralci di vite. In seguito viene aggiunto un leggero graticcio di pali verticali più sottili e canne orizzontali, di legno o bambù. Il soffitto è una rete a maglia quadrata di travicelli lignei leggeri su cui poggia una struttura piramidale di sei pesanti travi di legno tenute insieme da tre quadrati di travicelli in fondo, al centro e in cima; al di sopra si posa una gabbia in cannicciata. Sulla sommità c’è una piccola struttura che funge da condotto di ventilazione per far uscire il fumo. La struttura del tetto viene poi rivestita com mazzi d’erba sovrapposti, legati alla cannicciata con tralci di vite.

Chattel house caraibica: interamente di legno e assemblate senza chiodi per semplificare lo smontaggio ed il trasporto. Originariamente erano bilocali, larghe il doppio della profondità, con tetto spiovente fatto di tegole in legno, progettato per sopportare le forte piogge e i ventidella stagione degli uragani. Le case poggiavano su blocchi di pietra calcarea anziche essere ancorate al suolo.

Shabano degli Yanomami: costituito da segmente, ognuno eretto dall’uomo che lo occuperà con la sua famiglia. Queste abitazioni monofamiliari vengono assemblate in un anello, e gli spazi vuoti tra una e l’altra vengono chiusi e ricoperti di paglia, tranne dove si lascia un varco d’accesso. Infine viene costruita una palizzata difensiva per proteggere l’interno e gli abitanti. Ogni abitazione ha un suo focolare con amache e recipienti ricavate da zucche appese al soffitto. La legna da ardere è ammucchiata in fondo, dove forma una parete. La struttura è composta da un incrocio di pali in legno duro piantati in due file; i pali della fila interna hanno altezza doppia rispetto a quelli della fila esterna. Lo Shabano è completato da una tettoia di rami sottili inclinata al centro verso l’esterno; i rami sono legati da tralci o liane a cui si fissano fronde di palma sovrapposte per ottenere una copertura resistente alla pioggia.

Casa dei Paisa: sostenuta da un’elaborata impalcatura che, come la casa stessa, è fatta di bambù. Lungo edificio rettangolare, diviso in varie stanze, ospitava i coltivatori di caffè. I pavimenti e le piattaforme sono lignee, i muri sono in mattoni adobe o cemento e il tetto in tegole o bambù. La piattaforma che forma il soffitto delle stanze abitate è usata per la lenta essicazione al sole dei chicchi di caffè. Il tetto della casa era montato su binari scorrevoli, oppure aveva due ante che si ripiegavano verso l’esterno.

Casa in giunco degli Urus: le case in giunco sono rettangoli con un tetto a doppio spiovente; sono realizzate con singoli steli o con fasci legati, che possono essere fissati all’isola stessa. Le pareti e il tetto sono composte da vari strati di stuoie di canne tessute per tener fuori il vento e la pioggia.

Chiesa in legno di Chiloè: seguono principlamente uno schema caratteristico: la basilica rettangolare è divisa in tre navate da colonne lignee su fondazioni di pietra, e coperta come tegole di legno. Il campanile alto e simmetrico è sormontato da una croce, e ci sono un portico e un frontone d’ingresso.

 

 

 

 

Casa dei Paiza, vista e sezione

  

Capitolo 8 – Edifici in Australasia e Oceania

Kuren balinese: generalmente in legno, con struttura a travi e pilastri, sono aperte agli elementi e hanno tetti molto elaborati; sorgono su basamenti di pietra o mattoni squadrati con una piattaforma in muratura e pali di legno duro, meno vulnerabili alle termiti, infissi nella pietra. I pavimenti sollevati dal terreno per migliorare l’areazione, per proteggere dall’umidità il cibo e gli effetti personali e per tener lontane le zanzare che portano la malaria. Nella parte superiore della casa si usano legni più leggeri o bambù per le mura non portanti, uniti con incastri e fissati con picchetti di legno oppure legati. I grandi tetti sono sostenuti da pali e molto inclinati con grondaie ampie e sporgenti che proteggono la casa dalle tempeste tropicali e dalla luce diretta. Solitamente il tetto è coperto con paglia di riso, erba essiccata, foglie di cocco o di palma da zucchero.

Casa ottagonale Kalinga: la forma ottagonale è definita da otto pilastri esterni infissi in pietra, abbastanza alti per sostenere il tetto. Travi e travetti passano sopra questi pali per sostenere le assicelle del pavimento, mentre travi scanalate sugli otto pilastri esterni accolgono le assi delle pareti. Il soggiorno, a cui si accede da una scala, è diviso in tre settori paralleli da fronte a retro, e il settore centrale è più basso dei laterali. Il pavimento, che è ricoperto con una struoia di bambù facile da arrotolare e portare al fiume per lavarla, non è un ottagono perfetto perché non tutti gli angoli sono pavimentati. Le pareti sono fatte di stuoie di bambù da terra fino al livello dei pavimenti. Da li fino alla grondaia, le pareti sono in assi di legno disposte in orizzontale o in verticale. L’edificio è sormontato da un tetto a padiglione coperto di paglia le cui grondaie formano un cerchio dai bordi irregolari.

Tongkonan dei Toraja: la casa è costruita con assi di legno assemblate senza chiodi con incastri a linguetta e scanalature, e si regge su una robusta palificazione di tronchi d’albero, alta abbastanza per proteggersi dai roditori e dai serpenti. La struttura è sormontata da un tetto a sella sproporzionato e vistoso, coperto di paglia o, in epoca moderna, con lamiera ondulata o zinco. Il tetto è sostenuto da un sottotetto in pali di bambù legati ai travetti su cui si estendono più strati sovrapposti di assicelle in bambù legate con funi di rattan. In alcuni casi il tetto si estende tanto da richiedere un palo gigante per sostenerne l’estremità. L’interno della casa è molto semplice, e di solito comprende tre stanze: una zona giorno, una cucina e la zona notte. I cibi sono preparati in un grosso focolare scavato nel terreno, il cui fumo annerisce l’interno, non essendoci un camino. Sia l’interno che l’esterno sono riccamente intagliati e dipinti con motivi e simboli legati al culto degli antenati. In un villaggio le case sono disposte in una schiera rivolta a nord, in ordine gerarchico, e ciascuna ha di fronte un granaio per il riso, costruito alla stessa maniera.

Casa sull’albero Korowai: una volta scelto un albero abbastanza grande inizia la costruzione della casa con la base del pavimento, composta da assi di legno molto ravvicinate e rivestite con della corteccia, sostenuto da 4-10 pali infissi nel terreno e legati con rattan. La palma fornisce pertiche per le pareti, travi e foglie per la copertura del tetto. Alla casa si accede arrampicandosi su un palo scanalato. L’intera struttura è costruita usando solo asce di pietra e coltelli d’osso.

Casa degli spiriti Abelam: vistosi edifici a forma di A con tetti a punta e le facciate a colori vivaci; si tratta di case cerimoniali che sono il fulcro della vita tribale. Le considerano la dimora degli antenati, degli spiriti e degli dei, e le usano per le cerimonie di iniziazione dei giovani maschi. Sono orientate in relazione al movimento del sole durante il giorno. Riccamente adornati, all’interno con intagli in legno e sculture, e sulla facciata con motivi intricati e variopinti. La struttura è composta da due strati di travicelli di bambù legati con rattan ed assicurati alla trave di colmo inclinata, mentre il tetto è coperto da fronde di palma.

Rifugio Aborigeno: le tecnologie utilizzate per costruire questi ripari comprendevano: tetti di paglia, erba intrecciata, intonaci di argilla e fango, legacci di giungo e fogliame intrecciato fra le traverse delle pareti. Gli edifici avevano funzioni diverse e cambiavano con le stagioni e col numero di persone da ospitare. Nelle regioni desertiche si utilizzavano strutture frangivento che proteggevano dal sole durante il giorno, e dalle brezze durante la notte; nella stagione delle piogge si costruivano capanne a cupola con tetti di erba. Se le zanzare diventavano fastidiose, si costruivano cupole simili ad igloo con una struttura in tronchi sottili e coperte di malesuca.

Casa per adunanze Maori: grandi edifici rettangolari lunghi tra i 12 e i 30 metri, solitamente con tetti a doppio spiovente di lamiera ondulata, pareti di legno rivestite con assi e un largo portico decorato sul fronte da una cornice riccamente intagliata. Nell’unico grande spazio interno due pilastri principali decorati sostengono la trave di colmo e rappresentano le due divinità principali: Tane (colui che dà la vita) e Hinenuitepo (la morte). Le pareti alternano pannelli di legno intagliato e pannelli decorati a motivi geometrici, intrecciati dalle donne con fibre di lino e giunco. I travicelli sono dipinti con motivi elaborati in bianco, nero e rosso.

Fale Tele di Samoa: la costruzione inizia con tre colonne centrali che sostengono un piccolo palo di colmo. Le colonne sono inizialmente rette da un’impalcatura su cui si allaccia il leggero arco centrale del tetto. Poi vengono montate le due estremità ricurve del tetto, sostenute da altre impalcature, e si piazza l’anello di pali esterno. Tre diversi tipi e spessori di legno sono usati per pali, travicelli e arcarecci. Il tetto a cupola di paglia, sostenuto dai pali centrali, poggia sulle colonne esterne, che lo stabilizzano. La copertura è realizzata dalle donne con foglie di canna da zucchero o fronde di palma, sovrapposte a doppio strato. L’edificio completo è circondato da pietre, che aggiungono solidità e tengono lontani gli insetti; la dimensione della base di pietra è anche indicativa dello status sociale.i pavimenti sono ricoperti da corallo triturato, su cui si posano le stuoie di palma intrecciata.

 

 

 

 

Tongkonan dei Toraja, viste

  

Capitolo 9 – Architettura spontanea moderna

Insediamenti abusivi brasiliani: si tratta della favelas, che nascono e crescono in modo spontaneo quando gli abitanti delle aree rurali si riversano in città per lavorare e iniziano a costruire alloggi provvisori abusivi, solitamente usando materiali di scarto e rifiuti urbani. Gli insediamenti sono caratterizzati da una fortissima densità e da condizioni di grande indigenza, sono privi di acqua corrente, fogne ed elettricità. Le favelas sono composte da migliaia di fragili baracche su palafitte, spesso costruite su pendenze dell’80% o più. Un nuovo favelado (così sono chiamati gli abitanti delle favelas) inizia costruendo una piccola e leggera baracca di una sola stanza, posata su un pavimento in assi di legno sostenuto da palaffite saldamente ancorate nelle rocce. Nella fase successiva, i favelados, estendono gradualmente la baracca costruendovi intorno verande coperte. Poi rimpiazzano tutti i materiali di recupero con materiali più durevoli: le palaffite di legno diventano pilastri di cemento, le pareti provvisorie sono sostituite da muratura, i tetti sgangherati sono coperti con tegole in cemento. Nell’ultima fase la facciata viene decorata con ornamenti e dipinta in un colore che riflette il luogo d’origine del favelado.

Insediamenti abusivi indiani e filippini: caratterizzati da un processo costruttivo simile a quello delle favelas brasiliane, i principali insediamenti abusivi sono: Dharavi in India, e Manila nelle Filippine.

Gli abitanti di Dharavi vivono per lo più in sgangherate case a due piani di mattoni, cemento e legname di scarto con tetti di metallo, ogni parte delle quali leggermente storta. I residenti si sono creati un mondo così come lo volevano: quasi immune a controlli e regolamentazioni, cresciuto in modo informale e in continuo mutamento per adattarsi alle esigenze delle persone anziché conformarsi ai piani regolatori del governo.

A Manila la maggior parte degli occupanti abusivi, nelle loro fragili case fatte con materiali di recupero, sono li per scelta, nonostante la scarsa igiene , l’assenza dei servizi più elementari, il rischio di incendi e la minaccia di evacuazione violenta.

Eartship: l’earthship è una forma di architettura che unisce elementi spontanei e tecnologici, e mostra la strada verso un futuro sostenibile. Una earthship è una casa solare passiva fatta con materiali riciclati e naturali, che trae energia dal sole e dal vento, e conserva e riutilizza le acque di scolo. Sono case ad alta efficienza energetica e a basse emissioni di carbonio. Alimentata da pannelli solari e da un rotore eolico. Il tetto è progettato per raccogliere l’acqua piovana e la neve sciolta che viene poi incanalata in cisterne passando attraverso filtri per i sedimenti. L’acqua viene riutilizzata più volte: per bere, per lavarsi e per lavare i piatti e per il gabinetto. L’acqua proveniente dai lavandini e dalla doccia può anche essere convogliate in vivai in cui si possono coltivare prodotti freschi tutto l’anno. I componenti principali sono pneumatici usati, con cintura d’acciaio, riempiti di terra battuta e usati come mattoni per i muri, che diventano praticamente indistruttibili e ignifughi. Le pareti interne sono composte da lattine di alluminio e bottiglie di vetro o plastica inglobate in una matrice di cemento. Le pareti esterne e interne si possono modellare nella forma richiesta dal costruttore.

Case di bottiglie: la struttura di bottiglie di più forte impatto nel mondo è stata costruita dai monaci buddisti nella provincia thailandese di Sisaket, circa 600 km a nordest di Bangkok. Hanno raccolto un milione di bottiglie, mescolando quelle verdi della Heineken e quelle marroni della locale birra Chang, per costruire il tempio Wat Pa Maha Chedi Kaew e gli edifici annessi, tra cui il crematorio. Il “mattone” base era disponibile in due versioni: da 350 mm e da 500 mm; ed era progettato per essere disposto in orizzontale e incastrato in un modo che riecheggiava le tradizionali costruzioni in calce e mattoni.

Edilizia naturale: si tratta di un edificio a forma di A composto da quattro strutture a cruck in castagno grezzo, con due verande coperte e una terrazza in legno che corre su tre lati. L’intera struttura poggia su palafitte le cui fondazioni, come nelle tradizionali strutture a cruck, sono lastroni in pietra di York. I muri sono composti da una scatola di due strutture in larice riempite con piccole balle di paglia. La struttura esterna è ricoperta da tavole di quercia e castagno. Tra il muro esterno e la paglia c’è una membrana traspirante, con proprietà isolanti e impermeabilizzanti. Il tetto è fatto di travetti in Larice con travi di falda in Castagno coperte con una membrana protettiva e poi tegole di legno. Il tetto delle verande è rivestito con un materiale composito che contiene fibre organiche saturate con bitume. L’interno della casa è un open space con tre sole porte. I telai delle finestre sono in Frassino, con vetri doppi; i pavimenti sono in Larice e Quercia. La casa raccoglie e conserva l’acqua piovana, coinvoglia l’acqua di scarico al di fuori verso una serie di aree umide con canneti per la fitodepurazione, ha un gabinetto di compostaggio ed è alimentata da una serie di pannelli solari e da tre piccole turbine eoliche. Il riscaldamento è fornito da un focolare aperto e l’acqua calda da una caldaia alimentata da una stufa a legna.

Revival di edilizia spontanea: in alcuni paesi è in corso un revival dell’edilizia in cob, che offre un’alternativa alle case convenzionali a basso costo, a basso impatto ambientale e ad alta efficienza energetica.

La Keepel Gate, una casa in cob con tetto in paglia, a due piani e con quattro camere da letto. La casa è stata eretta con metodi tradizionali: la sole eccezioni sono l’uso di un trattore per mescolare il cob e l’aggiunta di sabbia o shillet (pietrisco di scisto tritato) per limitare la contrazione.

Un altro tipo di casa è quella della zona del Pacifico nordoccidentale con tetto e grondaie molto sporgenti per proteggere le mura di terra, e una fondazione alta e impermeabile. Come un vaso per fiori in ceramica, il cob assorbe l’umidità dall’aria senza indebolirsi e la rilascia quando è scaldato dal sole.

L’ultimo esempio è l’edificio a volta nubiana: la struttura interna dei muri è in mattoni di fango o latertite che vengono poi rivestiti da un intonaco di fango o di cemento. Il tetto è impermeabilizzato con plastiche di produzione locale e con un intonaco in malta arricchita di fango.

 

 

 

 

 

Earthship, vista e particolari