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autore

REM KOOLHAAS, BRUCE MAU

titolo

S, M, L, XL

editore

THE MONACELLI PRESS

luogo

anno

1997

 

 

lingua

INGLESE

 

 

Prima edizione

 

 

 

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INTRODUZIONE

 

L’architettura è per definizione un’avventura caotica” –Rem Koolhaas-

 

S, M, L, XL è un libro scritto da Rem Koolhaas, scrittore di Delirious New York, in collaborazione con Bruce Mau. Il libro tratta di progetti prodotti da O.M.A. , Office of Metropolitan Architecture, di cui Koolhaas ne è direttore.

Il libro, appartenente ad uno spazio d’immaginazione tipografica, è organizzato tutto in ordine di scala d’influenza seguendo la divisione “Small, Medium, Large, Extra-Large”.

È una combinazione di tesi, manifesti, diari, favole, viaggi e saggi che meditano sulla città contemporanea usando i progetti che l’ufficio di Koolhaas ha prodotto nei suoi 20 anni di attività.

Il libro, di proporzioni bibliche (letteralmente più grande in dimensioni della Bibbia), risalta le condizioni dell’architettura attuale, i suoi splendori e le sue miserie, rivelando l’impatto corrosivo della politica, il contesto, l’economia, la globalizzazione, in poche parole del mondo, sull'architettura.

 

Di seguito verranno trattati alcuni dei saggi presenti nel libro.

 

Giudizio Complessivo:

Scheda compilata da: Patrick de Rubeis

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

  

 

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Bigness

Bigness is the ultimate architecture.” (cit.)

 

In questo saggio Koolhass affronta una tematica estremamente delicata in ambito architettonico: la grandezza.

Discriminata e bollata come architettura fallimentare, l’architettura grande è vista con scetticismo, specialmente in ambito europeo. Secondo Koolhaas ciò è da ricondurre all’estrema difficoltà del progettare un grande edificio e dalla mancanza, ad oggi, di un programma che possa regolare l’architettura delle grandi dimensioni.

Dalle parole dell’architetto traspare una certa fiducia che un giorno l’architettura possa esprimersi a pieno anche lì dove oggi è debole: nella grandezza.

Riprendendo “Delirious New York” (2001) Koolhaas stabilisce cinque “teoremi di grandezza”:

1.     Divisione e Unicità.

Raggiunta una certa massa l’edificio diventa un insieme incontrollabile, ingestibile sia dal singolo architetto che da gruppi di progettisti. Di conseguenza si riscontra in ogni parte dell’edificio un carattere autonomo. Tuttavia queste parti gestite separatamente collaborano per creare un insieme molto complesso.

2.     Ascensore.

Un’invenzione che ha migliorato i collegamenti verticali di un edificio. Secondo Koolhaas, è grazie all’ascensore, e a tutte le innovazioni che ne conseguono, che la costruzione di un grande edificio è possibile e realizzabile.

3.     Interno ed Esterno.

Negli edifici grandi la distanza tra interno ed esterno è esasperata, portata al limite cosi che le relazioni tra contenuto ed involucro sono violate producendo un distacco,  Koolhaas lo chiama “inganno”, tra ciò che sta accadendo realmente all’interno e ciò che traspare all’esterno.

4.     Le dimensioni  contano!

Secondo l’architetto un edificio che ha grandi dimensioni entra in un territorio amorale, che esula da qualsiasi concezione di bene o male. L’impatto che hanno questi edifici è indipendente dalla loro qualità.

5.     Coesistenza.

La rottura con le normali scale di progettazione, con la composizione architettonica, con la tradizione, con la trasparenza e infine con “l’etica” del costruire porta all’espressione dell’ultima qualità della grandezza: non fa parte del tessuto urbano, esiste o al massimo coesiste.

Bigness = Urbanism vs. Architecture” (cit.)

Its subtext is fuck the context”. (cit.)

 

L’assenza di una teoria di grandezza, cioè una teoria che ti spieghi cosa possa fare l’architettura se portata al suo massimo potenziale, è una debolezza, una falla che mette gli architetti nei panni del dottor Frankenstein: creatori di un esperimento di successo che è fuori controllo!

Senza una teoria che analizzi e studi le varie caratteristiche e conseguenze della grandezza architettonica non saremo mai in grado di sfruttarla al meglio e svincolarsi dalle correnti artistico/ideologiche dell’età moderna.

L’adozione di un’architettura grande  porterebbe ad un netto distacco da tutte le correnti attuali o passate operando una vera a propria distruzione, ma dando la possibilità di una rinascita che sia diversa e chi lo sa, forse, migliore…

  

Obstacles

 

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Descrizione: Villa Dall’Ava

Villa Dall’Ava.

St. Cloud, Parigi, Francia.

Completato nel 1991.

Questo saggio tratta della costruzione di una villa monofamiliare.

Messa da parte per un’istante la composizione architettonica dell’edificio, è molto curioso, e simpatico, il modo in cui Koolhaas descrive gli eventi che accadono da quando il committente lo contatta, tramite una lettera scritta a mano, a quando il progetto è completato, anni dopo. Il tutto viene narrato da poche frasi, poste su di un foglio nero, che descrivono singoli momenti salienti dando al lettore una visione globale di ciò che è accaduto.

Tuttavia la parte scritta funge solamente da contorno, da sfondo. Infatti il progetto non è spiegato con l’uso di parole ma con immagini, fotografie e planimetrie. I pensieri, le idee e gli avvenimenti aleggiano attorno alle immagini sotto forma di lettere per semplificare e contestualizzare.

Il progetto richiedeva una certa perizia per la sua locazione: in prossimità del centro di Parigi, vicino alla Senna, immerso tra ville pittoresche del 19esimo secolo. Tra queste ville ci sono due opere di Le Corbusier. I committenti, una famiglia di media borghesia composta da padre, madre e figlia, esigevano un capolavoro ed avevano organizzato vari concorsi per trovare un progetto che li soddisfacesse ma malgrado avessero contattato molti architetti non avevano ancora trovato un progetto all’altezza delle loro iniziative. Il padre voleva una casa di vetro, la madre una piscina sul tetto. Come ultima complicazione il terreno su cui ora sorge la villa è un lotto molto piccolo, un rettangolo con una larghezza di molto inferiore rispetto alla lunghezza.

O.M.A. ha creato una villa che come una farfalla ha un impronta irrisoria sul terreno e un espansione orizzontale che permette di sfruttare lo spazio in modo ottimale. Tale organizzazione spaziale ha reso possibile realizzare un sogno invidiabile da molti: nuotare guardando la torre Eiffel sul tetto di una casa di cristallo.

 

 

Field Trip

 

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“…shock: non è la Berlino dell’est ad essere imprigionata, ma quella dell’ovest, la società aperta…” (cit.)

 

Koolhaas si trova a Berlino per studiare il muro al suo decimo anniversario.

Un muro serve a delimitare, delimitare qualcosa significa dare un perimetro, un limite, in altre parole chiuderlo. Un pensiero logico, senza falle. Eppure Koolhaas non sarebbe d’accordo, o meglio, sarebbe stato d’accordo se solo non avesse analizzato il muro di Berlino. Durante il suo studio, l’architetto, si è reso conto che il muro, 165 kilometri di lunghezza, non chiudeva la città, la liberava!

Il muro: una serie di blocchi di cemento, edifici in disuso, campi che celano mine antiuomo, percorsi e terrazze mostra che la linea divisoria della città sia un’entità vera e propria che muta d’aspetto in base agli ostacoli che incontra nel suo cammino.

L’impatto che quest’entità ebbe fu enorme: secondo Koolhaas, il muro rappresenta un sunto di tutti gli stratagemmi architettonici perché riassume il puro concetto di divisione ed esclusione. Non è presente un unico stile, una sorta di stile olivettiano che trasformi l’efficienza in estetica, è efficienza allo stato puro: il muro muta in base all’esigenze che incontra creando un ambiente architettonico suggestivo superato solamente dal suo orrore. La funzione non è legata alla forma, il suo significato cambiava giornalmente, anche solamente dal mero punto di vista semantico, influenzato da decisioni prese a centinaia di kilometri di distanza.

Una barriera che libera perché contiene, racchiude.

E’ noto che la cortina di ferro sia stata teatro di tentativi d’evasione a volte anche cruenti ma è stata, e in un certo senso è, meta di tanti turisti spinti dal fascino della rovina, è stata teatro di nozze e cornice della vita quotidiana di tante persone.

 

 

 

Cadavre Exquis

 

 

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Innocenza, Panico, Simulazione, Campo di Battaglia, Incredulità, Approccio, Fidanzamento, Sospensione, Comprensione, Immersione, Performance, Liberazione. Ad un primo approccio questa sequenza di parole sembra descrivere le tipiche fasi di una relazione amorosa, intensa e passionale che inizia con pensieri semplici ed innocenti e che quasi sempre finisce con un senso di liberazione. In realtà queste descrivono le fasi di gestazione del Dance Theater di Hague, in Olanda.

Carel Birnie (1926-1995), famoso direttore del National Ballet che, insieme a dei collaboratori, fondò nel 1959 il Netherlans Dance Theater che, dopo una partenza ardua, a causa della mancanza di investimenti, Birnie, depositando regolarmente parte dei suoi guadagni, riuscì a mettere insieme 13,000,000 gulden, cifra sufficiente per costruire il suo teatro.

Intorno a quel periodo O.M.A. guadagnava credibilità nella competizione per il Parlamento Olandese. Credibilità insufficiente a fargli vincere il concorso. Il Progetto era troppo “inumano”.

Il direttore del National Ballet, che per giunta stava diventando sordo, cominciò a cercare degli architetti. Si rivolse a tre esponenti di tre generazioni diverse: Quist, Weeber, O.M.A. .

Birnie riuscì ad avere il consenso della città per l’edificazione di un teatro che sarebbe poi sorto all’interno di un allora nuovo complesso di uffici.

Il progetto originale prevedeva  26,000 metri cubi edificabili, la prima proposta di O.M.A., invece, definiva 34,000 metri cubi tra studi e uffici con un “optional aggiuntivo”: la creazione di un auditorium coperto da un sistema di tendaggio.

L’idea di un auditorium, non prevista nelle fantasie del committente, solleticarono l’immaginazione di Birnie che, anzi, si spinse ancora più oltre: non solo desiderava l’auditorium, chiedeva di usare sedie rivestite di velluto rosso e di progettare una torre scenica simile a quella usata nello Stopera, aggiungendo 16,796 metri cubi al tutto, portando la cifra a 50,000 metri cubi. L’idea fu bocciata e O.M.A., di riflesso, si mise alla ricerca di una soluzione alternativa.

Dal punto di vista burocratico un metro cubo edificabile si ottiene quando il volume è racchiuso da almeno due elementi di partizione orizzontale, O.M.A. sfruttò questa restrizione a proprio vantaggio trovando una soluzione audace: muri senza tetti oppure tetti senza mura.

Il piano fu accettato dal concilio cittadino, parzialmente grazie all’architetto Jan Voorberg, Koolhaas lo descrive come un loobysta, che collaborava con O.M.A. al progetto.

Per festeggiare la riuscita del progetto Jan Voorberg decide di andare in Brasile. Non tornerà più incontrando la morte per omicidio.

Il progetto fu cancellato ma O.M.A. rimase, progettando un sito che prevedeva 54,000 metri cubi, il doppio dell’originale, il che significa che il patrimonio iniziale per metro cubo è dimezzato.

O.M.A. risolse concentrando tutto il potenziale architettonico all’interno lasciando un involucro scarno, creando un parcheggio sotterraneo, un auditorium da 1001 posti, studi e camerini privati.

Nonostante il progetto sembrasse destinato a perire, Bernie nel frattempo ebbe un infarto, l’edificio si risolse essere un successo.. Anche se ad oggi l’auditorium non è completo.

 

 

Atlanta

 

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Ha la CNN e la Coca Cola, ha avuto le Olimpiadi, ha cultura o, per lo meno, ha un museo di Richard Meier; ha 40 aeroporti di cui uno è il più grande al mondo ed ha avuto la guerra civile americana. Dal punto di vista urbanistico la città di Atlanta è unica nel suo genere: non è densa ma sparsa, le aree predominanti sono lasciate alla vegetazione a alle infrastrutture, fattori che spingono Koolhaas a definirla “… a landscape.” (cit.).

Priva di Forma, la città trova come unico ostacolo l’autostrada che crea una rigida X cinta da una O.

Non ha una pianificazione ma una processo chiamato “zoning” che ha come caratteristica principale il fatto di essere un sistema poco rigido. Ciò permette creazioni impossibili in altre città.

 

Possiede:

·        AmericasMart (formerly the Atlanta Market Center), Atlanta

·        AmericasMart 1 (also known as the Merchandise Mart), 1961

·        AmericasMart 2 (also known as the Gift Mart), 1992

·        AmericasMart 2 West, 2008

·        AmericasMart 3 (also known as the Apparel Mart), 1979

·        Atlanta Decorative Arts Center (ADAC), Peachtree Hills, Atlanta, 1961

·        230 Peachtree Building (formerly the Peachtree Center Tower), Atlanta, 1965

·        Antoine Graves, Atlanta, 1965

·        Antoine Graves Annex, Atlanta, 1966

·        Peachtree Center, Atlanta

·        Peachtree Center North (formerly the Atlanta Gas Light Tower), 1967

·        Peachtree Center South, 1969

·        Peachtree Center International Tower (formerly the Peachtree Cain Building), 1972

·        Harris Tower, 1975

·        Marquis One, 1985

·        Marquis Two, 1989

·        Hyatt Regency Atlanta, 1967

·        Hyatt Regency O'Hare, Rosemont, 1969

·        BlueCross BlueShield Building, Chattanooga, 1971

·        Embarcadero Center, San Francisco

·        One Embarcadero Center (formerly the Security Pacific Tower), 1971

·        Two Embarcadero Center, 1974

·        Three Embarcadero Center (formerly the Levi Strauss Building), 1977

·        Four Embarcadero Center, 1982

·        Hyatt Regency San Francisco (also known as Five Embarcadero Center), 1973

·        Embarcadero West, 1989

·        Le Méridien San Francisco (formerly the Park Hyatt San Francisco), 1988

·        Hyatt Regency Houston, 1972

·        The Mall at Peachtree Center, Atlanta, 1973

·        The Tower (formerly the Block 82 Tower, Bank One Tower, Team Bank, Texas American Bank, and Fort Worth National Bank Building), Fort Worth, 1969–1974

·        Westin Peachtree Plaza Hotel, Atlanta, 1976

·        Westin Bonaventure Hotel, Los Angeles, 1974–1976

·        Renaissance Center, Detroit

·        Detroit Marriott at the Renaissance Center, 1973–1977

·        Renaissance Center Tower 100, 1973–1977

·        Renaissance Center Tower 200, 1973–1977

·        Renaissance Center Tower 300, 1973–1977

·        Renaissance Center Tower 400, 1973–1977

·        Renaissance Center Tower 500, 1979–1981

·        Renaissance Center Tower 600, 1979–1981

·        The Regent Singapore (formerly the Pavilion InterContinental Hotel), Singapore, 1982

·        George W. Woodruff Physical Education Center, Emory University, 1983

·        Peachtree Center Athletic Club, Atlanta, 1985

·        Atlanta Marriott Marquis, 1985

·        Hyatt Regency Jeju, Jungmun, Jeju-do, South Korea, 1985

·        Marina Square, Singapore

·        Marina Square Shopping Centre, 1985

·        Mandarin Oriental Singapore, 1985

·        Marina Mandarin Singapore, 1985

·        The Pan Pacific Singapore, 1986

·        Cottage 428, Sea Island, 1985

·        New York Marriott Marquis, New York City, 1982–1985

·        R. Howard Dobbs University Center, Emory University, 1986

·        Northpark Town Center, Sandy Springs

·        Northpark 400, 1986

·        Northpark 500, 1989

·        Northpark 600, 1998

·        JW Marriott San Francisco Union Square (formerly the Pan Pacific San Francisco and Portman Hotel), 1987

·        American Cancer Society Center (formerly the Inforum Technology Center), Atlanta, 1989

·        Riverwood 100 (formerly the Barnett Bank Building), Vinings, 1989

·        Shanghai Centre, Shanghai, China, 1990

·        Shanghai Centre West Apartment (also known as the Exhibition Centre North Apartment 1)

·        Shanghai Centre Apartments 2 (also known as the Shanghai East Apartment)

·        The Portman Ritz-Carlton, Shanghai (formerly the Shanghai Centre Main Tower and Shangri-La Hotel)

·        SunTrust Plaza (formerly One Peachtree Center), Atlanta, 1992

·        Cap Square (short for Capital Square), Kuala Lumpur, Malaysia

·        Menara Multi Purpose (also known as the Capital Square Tower 1), 1994

·        Capital Square Condominiums, 2007

·        2000s

·        Bank of Communications, Shanghai, China, 2000

·        Shi Liu Pu Building (also known as the Bank of Telecommunications), Shanghai, China, 2000

·        Bund Center, Shanghai, China, 2002

·        Bund Center (also known as the Shanghai Golden Beach Tower)

·        The Westin Bund Center, Shanghai

·        Westin Residences

·        Westin Warsaw Hotel, Warsaw, Poland, 2001–2003

·        Beijing Yintai Centre (also known as the Silvertie Center), Beijing, China, 2002–2007

·        Beijing Yintai Centre Tower 1

·        Beijing Yintai Centre Tower 2

·        Beijing Yintai Centre Tower 3

·        The Westin Charlotte, Charlotte, 2003

·        Tomorrow Square (contains the JW Marriott Hotel Shanghai at Tomorrow Square), Shanghai, China, 1997–2003

·        Taj Wellington Mews Luxury Residences, Mumbai, India, 2004

·        Schaumburg Hotel & Convention Center, Schaumburg, 2006

·        ICON, San Diego, 2004–2007

·        Hilton San Diego Bayfront (also known as the Hilton San Diego Convention Center Hotel and Campbell Shipyard Hilton), San Diego, 2006–2008

·        Awards and honors

 

·        1978 Medal for Innovations in Hotel Design – National American Institute of Architects

·        1980 Silver Medal Award for Innovative Design – Atlanta Chapter, American Institute of Architects

·        1984 Urban Land Institute Award for Excellence – for Embarcadero Center

·        2009 The Lynn S. Beedle Lifetime Achievement Award – Council on Tall Buildings and Urban Habitat

·        In 2011, the Atlanta City Council renamed Harris Street in Downtown Atlanta as John Portman Boulevard at Historic Harris Street.

 

Questa lista è stata brutalmente presa da Wikipedia, fonte libera d’informazione.

 

Koolhaas in questo saggio si sofferma molto su John Portman. Di sicuro un uomo con alle spalle una lista così fitta di successi, la cui maggior parte legati ad Atlanta, è degno di esser considerato in un analisi urbana. Eppure l’attenzione di Koolhaas non deriva dal portfolio di Portman ma dal fatto che la sua personalità racchiude committenza, utenza e, più strabiliante, tutta la sfera legata alla progettazione perché Portman è anche, o meglio, soprattutto un architetto.

Con a sua disposizione la possibilità d’essere sia committente che progettista Portman si trovò la strada libera per coltivare forme, idee, innovazioni che non sarebbero state possibili in altre città. Il dualismo Atlanta-Portman ha fatto si che la città mutasse completamente sotto l’egemonia del sogno di un solo uomo.

 

Conclusione

 

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Questi sono solo alcuni degli scritti che è possibile trovare in S,M,L,XL.

Un libro estremamente interessante e denso di contenuto. Spesso non usa le parole per descrivere realmente ciò che vuole trasmettere ma lascia il lavoro a immagini suggestive oppure semplicemente al colore della pagina.

Koolhaas elabora concetti che esulano dalla normale percezione architettonica incentrando il discorso sulla spazialità, l’emozione, il contesto, la razionalità e l’irrazionalità, la società, la tradizione e preconcetti.

In definitiva, quello che secondo me ha fatto R. Koolhaas è allargare il confine dell’architettura verso nuove idee, spesso radicali, che mostrano un architettura contemporanea spiegata e meno misteriosa.

 

Architecture is a hazardous mixture of omnipotence and impotence.” –Rem Koolhaas-