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autore

GIOVANNI GALLI

titolo

LE MASCHERE DELLA FORMA

editore

CAROCCI

luogo

ROMA

anno

2008

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Titolo originale: Paul Valéry, Eupalinos ou l’Architecte, Paris 1923

 

 

Argomento e tematiche affrontate

Le parole sono lo strumento con cui da sempre l’architettura, da Vitruvio a Koolhaas, copre e rivela il proprio oggetto. Sono maschere della forma, come recita il titolo del libro, che si presenta come un’introduzione alla composizione architettonica, essa stesa intessuta di parole.

Ricondotte alla loro natura eminentemente formale, “costruzione”, “funzione”, “sintassi”, “creatività” sono illustrate come grandi categorie attraverso le quali leggere l’architettura del passato e soprattutto del presente. Alcuni inusuali esercizi compositivi, a conclusione del libro, sono il punto di partenza da cui rivolgere uno sguardo curioso verso territori tradizionalmente extradisciplinari (lettura, arte, cinema, musica, videogiochi), nel tentativo di ricollocare l’architettura in un più vasto ambito culturale.

 

Giudizio Complessivo: 8

Scheda compilata da: Andrea Tropea

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

Autore

Giovanni Galli, architetto, è ricercatore presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Genova, dove insegna Composizione architettonica e urbana. Ha pubblicato: stile, forma e proporzione, in il muratore e il latino di Marco Trisciuoglio (Torino 2000), a Regulated Suasion. The Regulating Lines of Francesco di Giorgio and Philibert de l’Orme (in “journal of the Warburg & Courtauld Institute”, 2002), La teoria estetica di Leon Battista Alberti e la retorica ciceroniana, in Macchine nascoste, a cura di Riccardo Palma e Carlo Ravagnati (Torino 2004).

 

CAPITOLI

Capitolo 1 – Principi

In questa prima parte l’autore affronta la parte più teorica del progetto architettonico.

“Principi” viene suddiviso poi per capitoli minori cui Galli assegna un titolo, parola chiave del paragrafo, che sembra discostarsi dal tema in questione, ma che apre paragoni e paralleli spiazzanti e inesplorati.

 

GAME OVER

Viene attuato un parallelo tra i videogiochi, in cui è esclusa ogni forma di teoria in quanto tutto avviene istintivamente, e il progetto architettonico odierno, che, visti velocità dei tempi di reazione e competitività sempre crescenti dell’ambito lavorativo, sta seguendo ormai le regole del mondo virtuale.

 

IL NOME DELL’ARCHITETTURA

Questa volta il parallelo scelto è quello del mito della Creazione, secondo cui Adamo, dovendo nominare per la prima volta ogni singolo oggetto o animale, ne diventa il proprietario (concettuale), e il mito dell’Architettura in cui si addentra.

Viene citato Vitruvio, con i suoi tre pilastri firmitas, utilitas e venustas: parte da qui una riflessione secondo cui ognuno di essi è irrinunciabile per l’Architettura ma non di uguale peso e importanza.

Si introduce infine il concetto di Simbolicità di ciascun manufatto che si lega saldamente al concetto di “rimando ad altro” che sarà l’oggetto centrale dei capitoli a venire.

 

DAS ANDERE

Il termine letteralmente significa “altro”.

Già dell’antica Grecia, nel tempio classico c’era in ogni sua parte un rimando di significato, che  al tempo, e da qui fino al Cinquecento fu quello di portare il peso, firmitas.

Ogni Movimento architettonico che si è susseguito aveva una sua significatività, come il Moderno che con la sua razionalità e pulizia comunica trasparenza, leggerezza e onestà costruttiva.

Questo concetto era, è e sarà il tema centrale dell’Architettura: ogni sua forma susciterà un Das Andere in ciascuno di noi.

 

OSTRANNENIJA

Il termine letteralmente (in russo) significa “straniero”.

Il parallelo scelto questa volta è quello con l’arte figurativa russa di Skloviskij: il suo scopo, dice lo stesso artista, è quello di sottrarci all’abitudine e il mezzo di cui si avvale è il tipo di percezione.

In generale, lo scopo dell’arte è quello di comunicare quanti più significati possibile nel modo più semplice: da questo concetto Skloviskij e il Formalismo russo si staccano con forza dichiarando la propria arte oggetto di Straniamento per l’utente. L’estraniamento ha uno scopo ben preciso ossia quello di prolungare i tempi di percezione per spiegar(si) il significato dell’opera.

Tornando all’”altro architettonico”, si ritiene questo come lo scostamento dal senso letterale delle cose e lo si può ricondurre alla nozione di “linguaggio” in cui ogni segno, ogni suono e ciascun loro accostamento rimandino a qualcosa di definito.

Il capitolo si chiude sulla riflessione “l’Architettura è negli occhi di chi guarda” in quanto ogni fruitore di opere architettoniche si estranierà in maniera differente e di conseguenza ne avrà quindi una percezione e ne darà una significazione differenti.

 

 

 

FORME E MASCHERE

In questo capitolo, l’ultima della sezione Principi, l’autore parla finalmente del concetto di forma. Dopo una riflessione su una frase fatta che si sente spesso quale “badare al contenuto e non alle forme”, viene spiegato il pensiero formalista secondo cui cambiando la forma cambiano i contenuti.

Un’ Architettura viene accusata di formalismo quando non rimanda a nessun significato; per sopravvivere come tale deve appiccicarsi un significato che non è più reale, ma che sia riconoscibile: una maschera.

Queste maschere sono i significati che le forme architettoniche hanno assunto.

 

 

 

 

Capitolo 2 – Strumenti

Dopo la sezione precedente, “Principi”, l’autore si occupa del tema della forma declinandolo secondo temi quali costruire, funzione, sintassi e creatività passando tranquillamente da ciascuna corrente architettonica senza criterio temporale.

 

FORMA DEL COSTRUIRE

Viene subito al pettine il la questione di contrapposizione e scissione di oggetti, significati e ruoli: “arte/scienza”, “struttura/ornamento” e “ingegnere/architetto”.

Vengono citati esempi del passato come Greci e Romani le cui architetture non scindevano mai i due aspetti degli edifici ma vedevano struttura e ornamento come un unicum paragonabile al corpo umano dove struttura era scheletro, muscoli e tendini, e ornamento pelle, capelli e tutto ciò che ci riveste.

Impossibile non citare le opere del Gotico che nei suoi edifici mostra ogni sua nervatura.

Con l’avvento del Moderno e i relativi famosi Cinque Punti di L.C. si sancisce la netta separazione accennata a inizio paragrafo.

Galli muove poi una critica nei confronti dell’eccessiva esaltazione del Moderno nel manifestare la convinzione del movimento nel risolvere problemi tanto architettonici quanto sociali.

In fine viene analizzato a fondo quello che è globalmente riconosciuto come il sistema strutturale più efficiente, quello per forma. Si visitano gli aspetti di economicità, rapidità di esecuzione e di libertà progettuale.

Dai più semplici esempi di struttura travi-pilastri, impiegati per i centri commerciali, arriviamo ai più complicati, viziati talvolta da pilastri sghembi, che di cui si occupano gli ingegneri di grandi studi di architettura. Le strutture di enormi edifici dalla strana forma possono reputarsi da sole come vere e proprie opere d’arte e d’ingegno.

 

FORMA DELLA FUNZIONE

All’inizio del paragrafo si rinnova la contrapposizione delle due figure della progettazione. Ingegnere e architetto i quali secondo un detto (non troppo falso) curano aspetti nel cominciare un progetto, il primo i contenuti e il secondo la forma.

Galli non si accontenta della definizione media che si dà dell’Architettura ossia di “perfetta armonia tra forma e contenuti”, vorrebbe riuscire a fornire le direttive per raggiungere tale equilibrio.

Incomincia così a raccontare come nel passato l’Architettura abbia scelto di mettere in relazione forma e contenuto. In generale il Movimento Moderno descrisse il rapporto con “Form Follows Function”.

Più nel dettaglio si parla di Organico, che costruisce la casa dall’interno definendo la forma a posteriorie di Razionale che segue sì il motto citato ma che al tempo stesso vuole liberarsi di ogni decorazione formale per raggiungere una purezza funzionale.

Vengono portati due esempi di progettazione per abitazione:

il primo di Haring, architetto organico che calibra ogni forma della villa secondo l’utilizzo effettivo rastremando, curando e cercando un ordine naturalistico delle forme;

il secondo di Mies che disegna in base alla funzione ma usa forme predefinite, geometriche che scandiscono razionalità e pulizia abolendo ogni genere di decorazione.

Il Razionalismo e con esso il Moderno inizia a vacillare quando si intuisce che dietro allo slogan “F.F.F.” gli esponenti del movimento hanno una precisa predilizione estetica.

L’arrivo del Post-Moderno cambia regola favorendo la forma alla funzione, il motto può diventare “Form Forget Function”. Il Po-Mo carica a dismisura le sue forme di significato fino a farle scadere.

Oggi si dice che l’Architettura si sia sbarazzata di ogni ideologia (che è di per se ideologia).

Galli chiude il paragrafo con un’ampia analisi del lavoro dei MVRDV i quali coi loro edifici ricalcano adeguatamente lo slogan del moderno usando però un atteggiamento “all-inclusive” di ogni tipo edilizio.

 

SINTASSI DELLA FORMA

L’argomento del paragrafo è la Composizione Architettonica. Con la parola Sintassi scatta il parallelo già visto tra Architettura e Linguaggio. Dal greco sintassi significa “mettere insieme”.

Galli introduce il discorso parlando di approccio alla percezione studiati dalla Psicologia della Gestalt e ripresi poi dalla Bahaus di Gropius, Klee e Kandiskij.

Già nell’antichità Platone scriveva a proposito di bello dovuto al com-posito ossia all’essere costituito da parte dell’intero; parti legate tra loro a formare un equilibrio dettate dalla proporzione, il rapporto tra le stesse.

Questi concetti validi tutt’ora si riscontrano nelle correnti architettoniche: dai cinque ordini del Classico, alle facciate ripartite di Palladio, all’Umanesimo (che relazione le parti dell’edificio a quelle del corpo umano) così fino al Moderno, durante il quale L.C. si svincola dalla rigidità degli ordini e propone due nuove modalità compositive:

-moltiplicare in modo indefinito al fine di confondere l’inizio con la fine, il capo con i piedi.. impedendo l’orientamento. La regolarità sostituisce la simmetria;

-dissimmetria bilanciata, che prevarrà per tutto il periodo del Moderno. In questo caso l’orientamento è insieme alla simmetria per dare spazio ad un rapporto bilanciato e misurato tra le parti con regole che impongono di frazionare le parti secondo un equilibrio di masse.

L’architettura come noto ha seguito la pittura: i dipinti classici erano realistici e furono sostituiti da quelli astratti, così l’architettura classica figurativa e simbolica diventa col Moderno anch’essa astratta.

Galli continua poi spiegando come il contemporaneo non riesca a dotarsi di un’icona come fecero Leonardo prima (con l’uomo vitruviano) e L.C. dopo (con il modulor).

Il gusto odierno apprezza relazioni e azioni compositive diverse come la disposizione di volumi, il gusto per l’uso di materiali esibiti, la sovrapposizione di oggetti. Interessano di più l’assemblaggio che la cura dei dettagli (in sostituzione degli ordini classici) che fece grande il Moderno ma che oggi vengono aboliti e sostituiti dal solo accostamento di volumi senza mediazioni.

Un altro fenomeno che ha preso piede, spiega l’autore è il Gigantismo e l’Ascalarità per aumentare la spettacolarità dell’edificio.                  

 

LE FORME DELLA CREATIVITA’

Questo paragrafo tratta delle modalità della creatività nella contemporaneità.

Galli comincia definendo gli in cui operò il Moderno e quelli in cui iniziò a prendere piede il Contemporaneo ossia dalla fine degli anni ’70 ad oggi.

Il Contemporaneo si articola in diversi movimenti ma soltanto due sono le modalità della creatività ricercati dall’autore, una più colta e ironica (il Po-Mo) e un’altra più filosofica (Decostruttivismo).

Il paragrafo a questo punto si biforca nella spiegazione delle due correnti di pensiero Camp e Decostruzionismo. L’autore non vuole riferirsi a movimenti architettonici ma a stili di pensiero.

 

CAMP

La corrente trattata si fonda su autoreferenzialità, ironia, snobismo, nostalgia ed esaltazione. Comprendo non soltanto il risvolto architettonico ma anche quello, altrettanto importante legato alla cinematografia (Happy Days) e alla narrativa.

Camp è il dubbio che si insinua nel fruitore dell’opera che si stia parlando sul serio o per gioco.

Camp è qualcosa di originale che non sia comunemente di moda, è inafferrabile.

In Camp troviamo oggetti, edifici, racconti, telefilm brutti e demodè.

Galli porta due esempi di case di cura progettate entrambe alla fine degli anni ’60 e le mette a confronto. Una delle due è molto moderna e raffinata nella cura dei dettagli, l’altra (di Robert Venturi, re del Camp) è volutamente brutta e di tecnologie vetuste ma estremamente funzionale. Il paragone tra le due mette in ridicolo l’edificio che risulta più bello.

 

DECOSTRUZIONISMO

Il Decostruttivismo è il primo movimento architettonico nato da una corrente filosofica, il Decostruzionismo di Jack Derrida. Anche questo movimento non si limita a coinvolgere la sola architettura ma dilaga in altri ambiti.

“Scomponiamo una storia ricomponendola come ci piace” è un esercizio che possiamo trovare comunemente in narrativa e cinematografia.

Il termine è nato in occasione di una mostra al MoMA di New York del 1988 in cui furono invitati  giovani architetti del tempo (oggi Archistar) per mostrare le loro opere atipiche di pilastri e muri fuori piombo e di volumi accatastati.

Galli porta tre ipotesi di provenienza del termine:

“De-Costruzione”, nell’ipotesi più semplice sta per distruzione e assume un valore avversative rispetto al costruire: le architetture dei sette architetti invitati alla mostra sono accomunate da forme contorte e labilità (apparente)

nella seconda ipotesi invece “De” sta per dal e quindi “de-costruttivismo” significherebbe “dal costruttivismo”. Starebbe quindi a descrivere il legame con il movimento Costruttivista Russo. A questo sappiamo che si sono ispirati Koolhaas dopo il suo viaggio in Russia e Hadid che prende spunto da Malevich.

l’ultima, quella forse in cui l’autore crede di più, associa la provenienza del movimento alla corrente filosofica Decostruzionista di Derrida.

L’autore porta infine degli esempi del passato che possono essere associate tranquillamente al Movimento in questione: Palazzo Te, di Giulio Romano con le sue campate irregolari, l’asimmetria e la caduta dei conci; Palazzo Valmarana, di Palladio che distorce il codice classico rastremando le colonne più esterne dando un senso di labilità e allargando la base per ristabilire l’equilibrio; l’ultimo esempio riportato, quello più important e e più lampante è quello del progetto del Parco de La Villette di Tschumi che compone in esso tre sistemi autonomi che disegnano il parco senza chiuderne strettamente le funzioni.

Il paragrafo si conclude spiegando che a prescindere dalle linee dritte o oblique, “decostruzione” in architettura altro non è che la premesse che ogni opera crea, al suo fondarsi, per la propria futura dissoluzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO

Materia – Parte concreta su cui si basa l’idea.

Movimento e Percezione – Elementi di connessione tra noi e l’architettura.

Esperienza – Mezzo fondamentale per comprendere a fondo un’architettura.

Unità – L’architettura deve essere un tutt’uno per funzionare, unità come meta indispensabile del lavoro di progettazione.

Luogo e Scopo – Risposte alla realtà che si va cercando nell’architettura, punti topici della ricerca.

Bellezza – Emozione generata dal sentimento dell’assenza.