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Descrizione: cover

autore

YONA FRIEDMAN

titolo

ALTERNATIVE ENERGETICHE. BREVIARIO DELL’AUTOSUFFICIENZA LOCALE

editore

BOLLATI BORINGHIERI

luogo

TORINO

anno

2012

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Titolo originale: Yona Friedman, Alternatives énergétiques. Plaidoyer pour une autosuffisance locale, Edition Dangles, Escalquens 2011

 

 

 

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Argomento e tematiche affrontate

Secondo Yona Friedman quando si parla di consumo, di qualsiasi tipo esso sia, si parla di consumo di energia. Qualunque cosa si compia o si produca in un modo o nell’altro necessita del suo impiego: che siano prodotti manifatturieri o un cammino a piedi. Il problema che “Alternative energetiche” tenta di affrontare non è perciò quello dei combustibili, ma quello dell’energia stessa e del modo in cui se ne fa uso.

Dimostrerà che si utilizza l’energia per poche cose e che i concetti di vita, di organizzazione sociale e della stessa scienza ad oggi, sono all’origine dello spreco energetico.

Si tratta dunque di ripensare il ruolo dell’energia nella nostra società, nella vita quotidiana dell’uomo qualunque e, allo stesso modo, di ripensare che cosa possa fare l’uomo qualunque per migliorare lo stato delle cose, di cui è succube. Secondo Friedman la crisi energetica riguarda le potenze industriali, il sistema economico e lo Stato, molto più del cittadino comune e perciò “Morire per l’energia? Ebbene, no grazie!”

  

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Alessandra Ravelli

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

 

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Autore

Teorico dell’architettura mobile e di sopravvivenza, è nato a Budapest nel 1923, e vive a Parigi dal 1957. Dopo la Seconda Guerra Mondiale in cui prende parte alla resistenza antinazista , si trasferisce per circa un decennio a Haifa, Israele, dove comincia a sviluppare le sue terorie di sopravvivenza ed autoregolazione. Ha insegnato in numerose università americane e collaborato con l’Onu e l’Unesco, diffondendo manuali di autocostruzione di alloggi nei paese africani, sud-americani e indiani. La sua intensa attività saggistica, che spazia dall’architettura alla sociologia finanche alla fisica, è stata rivalutata negli ultimi anni, riconoscendogli i suoi meriti con la consegna del Gran Premio Leone d’Oro di San Marco al festival di Venezia per i suoi film di animazione, e il Gran Premio dell’Accademia di Berlino alla carriera. Tra i suoi numerosi libri si possono ricordare: “Utopie realizzabili”(2003), e “L’architettura di sopravvivenza: una filosofia della povertà”(2009).

Yona Friedman

 

Contenuto

In questo libro, Yona Friedman parte dall’analisi della nostra civiltà, denominata civiltà industriale, riconoscendo gli ambiti di maggior consumo energetico e suddividendoli in tre categorie: la produzione industriale, i trasporti e l’uso domestico di energia.

In tutti e tre vi è uno spreco smisurato di fonti energetiche, che non migliorano però la qualità della vita del cittadino medio. I consumi riscontrati nella produzione industriale, portano principalmente a un problema di natura tecnologica, dovuta alla costosa estrazione e lavorazione delle materie prime, sempre meno reperibili e a un generale malcontento dei lavoratori negli ambienti di produzione. Il campo dei trasporti, strettamente legato al precedente, dipende da fattori quali l’organizzazione sociale e la pianificazione territoriale, comprendendo sia trasporto di merci che gli spostamenti di persone. Per quanto sia possibile trovare soluzioni di condivisione dei mezzi e di spostamenti a piccola scala, il problema resta legato ad orari di lavoro e a zone della città fortemente specializzate, che creano i tipici ingorghi stradali nell’ora di punta. Tutti questi problemi vengono però risolti da Friedman con la collaborazione tra la civiltà industriale e la cosìdetta “civiltà contadina modernizzata”, basata sulla riorganizzazione dello spazio urbano, promuovendo un’agricoltura urbana e riducendo le attività industriali di massa a favore di quelle artigianali, decentrate e su piccola scala. Il cittadino lavorerà perciò meno alla produzione remunerata in denaro e imparerà a lavorare per sé e per coloro che gli stanno vicino, risparmiando sulle spese di sussistenza, sui costi dei trasporti e sulla lavorazione di materie prime, collocate nelle periferie e all’interno della città. Diverrà un “multispecialista”, in grado di produrre una gamma di beni e servizi diversificata, in modo da essere autartico e indipendente dal commercio e dall’economia globale.

 

CAPITOLI

Capitolo 1 – Per cosa si utilizza l’energia?

Analizzando i paesi industrializzati si scopre come sia diffusa la convinzione che il consumo energetico di un paese sia l’indice della sua agiatezza e del suo grado di civilizzazione. Tuttavia tale consumo, e il suo cattivo uso, ha raggiunto livelli smisurati senza essere però proporzionale alla qualità della vita dell’uomo comune. Dalle statistiche di consumo energetico è infatti possibile comprendere come gli ambiti di maggior impatto energetico, quali l’industria e i trasporti, interessino molto poco il cittadino qualunque. Se si riducesse il loro consumo, risulterebbe che solo il 70% del nostro consumo globale di energia potrebbe soddisfare largamente la nostra vita quotidiana.

Nella produzione industriale l’energia è utilizzata dalle macchine per sostituire o alleggerire il lavoro umano, il cui scopo è la produzione abbondante delle oggetti necessari o perlomeno utili.

La prima cosa da produrre sono perciò le materie prime con cui fabbricare i prodotti; utilizzando le macchine si risparmia in termini di tempo e denaro ma questa accelerzaione del processo porta ad una vera e propria distruzione di risorse insostituibili. I costi energetici peggiorano poi quando si passa alla fabbricazione delle cosiddette materie secondarie, ossia la lavorazione e fabbricazione di materiali base per costruire il prodotto finale. Questa è l’attività dal costo energetico più alto, perfino maggiore dei costi per l’estrazione delle materie prime e della fabbricazione del prodotto finito assieme. Anche nell’ambito della produzione agricola è difficile ottenere un consumo ridotto di energia dato che la sua tecnologia produttiva è ormai paragonabile a quella dell’industria e il trasporto e lo stocaggio dei prodotti porta a consumi esorbitanti.

Per poter allora ridurre queste spese energetiche causate dalla produzione sarebbero necessarie due riforme: la prima, di ordine tecnologico, consiste nel ripensare nuove tecniche di lavorazione per materiali diversi da quelli tradizionali e che possano essere rinnovati; materie di origine vegetale per esempio potrebbero essere piantumate nei pressi dei luoghi di lavorazione, risparmiando così energia anche nei trasporti e migliorando la qualità della vità in città.

La seconda riforma sarebbe invece di ordine politico, legata a quella della tecnologia e alla produzione agricola. Friedman propone infatti un’”agricoltura urbana” ottenuta dalla riorganizzazione del territorio, in modo tale da diminuire gli spazi di circolazione. Perciò l’agricoltura urbana e la sevicoltura periurbana sarebbero le caratteristiche della città del futuro, della città del contadino urbano.

Come già detto anche i trasporti sono fattori importanti del bilanciamento energetico sia quelli delle merci ma anche e soprattutto quello delle persone, strettamente legato alla produzione industriale. La maggior parte degli spostamenti sono infatti in funzione: dell’organizzazione sociale, luoghi di lavoro e rispettivi orari; del sistema economico, che determina le ragioni e la frequenza di questi spostamenti; e della pianificazione territoriale, che definisce le distanze da percorrere e quindi i mezzi da utilizzare. Per ottenere dei risultati nell’ambito del trasporto sarà così necessario lavorare su questi tre campi. Siccome è difficile riuscire a modificare una piano territoriale, despecializzando le varie zone della città, è necessario agire sull’organizzazione sociale, proponendo una combinazione del trasporto leggero individuale con la raccolta delle persone, come una sorta di trasporto pubblico a livello aziendale e/o familiare.

Il trasporto di merci invece dipende dal volume trasportato e dalla frequenza di approvigionamento delle popolazioni urbane e rurali. Se si diminuisse la frequenza aumentando magari il volume trasportato, si otterrebbe una miglioramento considerevole ma rimarrebbe il problema dei prodotti alimentari deperibili, risolvibile col concetto già illustrato dell’agricoltura urbana.

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Capitolo 2 – Una nuova possibile politica energetica

L’obiettivo del capitolo è quello di definire una nuova politica di consumo energetico con una nuova mentalità e un nuovo comportamento sociale, fondato su un diversa modalità di produzione. Il sistema di produzione industriale è basato sulla netta separazione tra il gruppo di produzione e quello dei consumatori, legati unicamente dal commercio. Questo è tuttavia un sistema molto costoso in termini energetici e quindi ci si chiede se esista un’altra soluzione. Friedman propone allora il sistema funzionale, e funzionante nel Terzo Mondo, basato su un decentramento completo della produzione, ossia: chi produce beni o servizi, lo fa innanzitutto per sé e per i suoi vicini, senza cercare di produrre eccedenze da vendere per acquistare beni, e produrre lui stesso una gamma di beni diversificata. Si formano così dei “multi specialisti” che vivono, per quanto possibile, in autarchia che, con la situazione critica mondiale e l’aumento del prezzo dell’energia, risulta essere più redditizia delle produzione industriale in massa. Infatti nonostante nell’economia di sussistenza il lavoro non renda denaro, i costi di produzione sono minimi o nulli. Bisogna perciò immaginare un sistema misto basato sul lavoro remunerato in denaro, e il lavoro a casa propria con reddito “in natura” che permetta una diminuzione dell’80% delle spese di sussistenza. Produrre perciò di più in economia di sussistenza e meno con quella di massa non significa produrre meno, ma diversamente. Per questo motivi le tecnologie non possono essere le stesse e devono essere riviste. Come già detto nel capitolo precedente bisogna trovare delle materie prime che possano sostituire i metalli, come le materie plastiche, ceramiche, fibre e  legno. Quelle di origine vegetale si adattano meglio alle esigenze della nuova politica energetica, ma hanno delle caratteristiche tecniche molto limitanti: possono sostituire l’uso dei metalli ma non imitare la loro tecnologia. Gli oggetti saranno perciò, di dimensioni ridotte e si sposeranno bene col principio di piccole unità produttive, decentrate e diffuse sul tessuto regionale. Questo verrà trasformato e vedrà la formazione di fattorie artigianal-industriali (laboratori, residenze e boschi) con densità abitative quasi urbane. La nuova politica energetica sarà così prevista solo in funzione di una nuova politica sociale ed economica basata su tre principi: l’autarchia, le piccole imprese e il poco commercio; portando così alla “civiltà contadina modernizzata”. Si avrà così: una ristrutturazione socio- professionale, con meno specialisti, meno disoccupati e soprattutto meno commercio (nemico del contadino); e una riorganizzazione del tempo con 30-40% dedicato al settore primario (agricolo), 30-40% a quello secondario (artigianato e industria) e il 20-30% al terziario (servizi).

Questo nuovo sistema non implica una distruzione di quello vecchio, ma una coesistenza in cui vi sono ancora la produzione centralizzata di energia , la siderurgia ecc ma con attività limitata.

 

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Capitolo 3 – Possiamo trarre beneficio dal risparmio di energia?

Il problema energetico di oggi nasce dal concetto che risparmio energetico sia sinonimo di rinuncia ai comfort. Bisogna perciò analizzare il processo lavorativo e il relativo comfort e capire se è possibile ripensare al primo, salvaguardando il secondo e le risorse energetiche.

Solitamente si consuma molta energia per ridurre gli sforzi nel lavoro, quando nel tempo libero ci si dedica a esercizi molto faticosi e stancanti per consumare energia fisica ed intellettuale. Questa assurdità è dovuta dal piacere che un’attività al di fuori del lavoro riesce a procurare; ma allora, perché non rendere il lavoro stesso gradevole? Spesso questo risulta spiacevole in quanto svolto per qualcun altro e per cui bisogna rispettare orari, condizioni e salari magari poco remunerativi.

Se invece lo si svolgesse per sé, risulterebbe molto più piacevole e il comfort deriverebbe dalla soddisfazione del lavoro compiuto. Ci si trova perciò di nuovo di fronte al conflitto tra civiltà industriale e civiltà contadina. Lo stesso volume di produzione e gli stessi risultati causano un consumo maggiore e un ambiente più sgradevole in quella industriale rispetto a quella contadina. Il lavoro deve essere ripensato in termini umani, producendo in massa ma non in serie, applicando alcuni metodi della civiltà contadina e diminuendo la disoccupazione.

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Capitolo 4 – I risparmi energetici che sono alla vostra portata

Osservando il consumo domestico di energia si nota che è dovuto a quattro importanti fattori: il riscaldamento, l’acqua calda sanitaria, l’illuminazione e la cucina.

Naturalmente il riscaldamento presenta il conto più salato e sebbene il metodo più semplice per risparmiare sia ridurre la temperatura da 20°C a 18°, non è quello migliore in termini di comfort. Vi sono però due soluzioni alla portata di tutti e con effetti immediati: il rallentamento della fuga di calore e la sostituzione delle fonti di energia.

La fuga di calore è la propagazione del calore interno di un edifcio verso l’esterno e può essere più o meno rapida: la sua velocità dipende dalla differenza di calore tra interno ed esterno e dalle superfici e volume dell’edificio. Se però il volume da riscaldare non è in diretto contatto con l’esterno, ma viene separato con dei “volumi-cuscinetto”, la temperature di tale locale sarà intermedia e permetterà un rallentamento della fuga di calore. Gli stessi materiali isolanti e le finestre a doppio vetro lavorano così: con dei volumi-cuscinetto ma di dimensioni ridotte. Per creare questi locali bastano dei semplici accorgimenti come l’installazione di armadi a muro contro le pareti più fredde o l’allestimento di serre e giardini d’inverno.

Il medesimo principio si può poi attuare a livello urbano creando delle strade-cuscinetto con l’installazione di una copertura in vetro sopra una strada che permetterà di avere una temperatura  maggiore rispetto all’esterno, dovuta alla perdita di calore degli edifici circostanti, e un un luogo pubblico al coperto. L’unico svantaggio consisterebbe nel fastidio acutico che potrebbe provocare il vociare delle persone. Sia questa soluzione che le serre sono mezzi semplici per sfruttare l’energia solare. Il vetro infatti permette ai raggi solari di entrare nell’ambiente e scaldare l’aria presente che conserva il calore per alcune ore. È perciò una soluzione mista che permette il rallentamento delle fughe di calore e l’impiego di fonti energetiche a costo zero.

Passando all’acqua calda, si sa che riscaldarla è un’operazione che consuma una quantità di energia ben definita: una grammocaloria è l’energia necessaria per far salire di un grado centigrado la temperatura di un grammo d’acqua (da 14,5 a 15,5°C). Tale consumo è perciò definito da due fattori: la temperatura iniziale e quella che si vuole ottenere. Riducendo la differenza tra questi due valori si riuscirebbe a ottenere un risparmio energetico ed è quindi auspicabile preriscaldare l’acqua prima che entri nell’apparecchio riscaldante. È possibile intiepidirla in locali temperati grazie a conertitori oppure con l’aiuto di una qualsiasi altra forma di calore come l’aria calda che circola nelle canne fumarie. È importante però tener presente che sfruttando anche al meglio questi metodi, i risparmi non supererebbero l’ordine del 10-15%.

Nell’ambito dell’illuminazione si sa che la migliore e la più sana è quella naturale e che negli edifici esistenti, dove a volte non è possibile porre delle nuove finestre, si possono applicare due semplici metodi. Il primo è quello dei condotti di luce, ossia tubi dalle pareti argentate che permettono alla luce del sole di entrare e rimbalzare sulle sue superfici per poi raggiungere il locale da illuminare. Il secondo è invece un’intensificazione della luce proveniente da una finestra grazie all’utilizzo di superfici riflettenti, che in base all’inclinazione con cui vengono posate, illuminano diverse parti dell’abitazione.

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Capitolo 5 – Che cosa si può imparare dalle bidonville

Finora si è discusso dei risparmi energetici di una società economicamente benestante, i cui problemi e rispettive soluzioni, sono ben diverse da quelle di una società povera. Analizzando perciò la vita degli abitanti delle bidonville del Terzo Mondo, si può vedere come la civiltà contadina modernizzata sia completamente differente da quella del mondo industriale e quali insegnamenti può impartire.

Innanzitutto è chiaro che chi consuma meno, per mancanza di mezzi, sprecherà di meno, nonostante ciò sia contrastante con gli interessi della civiltà industriale che spinge al consumo e quindi al proprio tornaconto. Comprando un qualsiasi prodotto, si paga tutto il lavoro inutile di persone che potrebbero essere più utili in altre faccende e che spingono all’acquisto di oggetti quantomeno inutili all’utente. Acquistare meno poi non è sinonimo di vita miserabile ed è certo più utile e più conveniente condividere con altri l’uso di determinati oggetti. Il continuo consumo, invece, ci ha reso dei grandi produttori di rifiuti, per noi inutilizzabili, ma che invece rappresentano una miniera d’oro per gli abitanti delle bidonville. Il riutilizzo di un rifiuto è una tradizione antica e conveniente in quanto gli stessi oggetti che non posso più servire per un determinato uso, sono invece di grandissima utilità per un altro che sia pratico o puramente estetico.

Un’altra importante lezione che si può apprendere dagli abitanti delle bidonville è l’organizzazione del tempo e dello spazio. Di fatto la società industriale disperde il proprio tempo, riducendosi ad affrettarsi istericamente, mentre lavorare lentamente e perdere del tempo traendovi piacere è molto più gradevole. Questo è uno dei vantaggi che si ha quando si lavora da soli e si rispettano i propri tempi con ritmi di lavoro facilmente definibili. Imparando di nuovo a lavorare da soli e lentamente è perciò un modo per risparmiare energia.

Similmente lo spazio viene sprecato nelle civiltà industriali, in quanto il posto occupato da un oggetto è più costoso dell’oggetto stesso. Allora possedere meno cose e sapere condividere gli spazi disponibili anche a livello familiare, permetterebbe un notevole risparmio di energia e denaro.

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Capitolo 6 – Un nuovo stile di vita: la civiltà contadina modernizzata

Nella società industriale un cittadino è prima di tutto consumatore di beni, la maggior parte dei quali è prodotta fuori città, e il valore reale da lui prodotto è minimo rispetto al valore reale che consuma. La società infatti, funziona producendo un disavanzo dei beni indispensabili e tenta di esportarlo ai paesi non industrializzati, pagando le materie prime importate a basso prezzo per fabbricare prodotti manifatturieri sopravvalutati e facendosi pagare per il lavoro “pseudo-produttivo”. Se perciò questa società non riesce a mantenersi da sola di fronte alla crisi, potrebbe cedere il posto ad una città in cui l’equilibrio tra la produzione di beni indispensabili e il loro consumo sia stabile e quindi dove l’attività pseudo-produttiva sia ridotta al minimo. Si tratterebbe perciò di una società di sussistenza che pratica una democrazia diretta, decommercializzata, con villaggi urbani autonomi e dall’alta densità abitativa: la civiltà contadina modernizzata, in cui l’organizzazione dello spazio assume un nuovo aspetto che non è più urbano nè rurale.

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