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autore |
FRANÇOISE CHOAY |
titolo |
ESPACEMENTS, FIGURE DI SPAZI URBANI NEL TEMPO |
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editore |
SKIRA |
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luogo |
MILANO |
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anno |
2004 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale: ESPACEMENTS, L’évolution de l’espace urbain en France, Françoise
Choay |
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Argomento e tematiche affrontate |
Il libro è il risultato
dell’incarico dato all’autrice da un imprenditore immobiliare, Claude Alphandèry,
di ideare e scrivere il commentario di un bel libro di immagini
sull’architettura francese, affidando l’illustrazione ad un giovane fotografo
di talento, Jean-Michael Bloch-Lainé. Il suo progetto è quello di
rivelare l’emergere di una crisi dello spazio abitato, ovvero delle città, e
presentarlo mettendolo a confronto con il passato. Tra gli argomenti che l’autrice
affronta c’è lo studio dello spazio di contatto, il suo status e il legame
che instaura con l’ambiente fisico e umano: “Perché la nostra epoca non ha
inventato una nuova forma di spazio di contatto? La sua progressiva
cancellazione è sinonimo di progresso o regresso? Liberazione o
amputazione?”. Tutti interrogativi da risolvere partendo da una riflessione
di fondo: l’approccio antropologico, l’unico in grado di offrirci gli
strumenti giusti e attuali per studiare lo spazio urbano: interrogarsi sul
modo di dar forma agli ambiti spaziali dal punto di vista dei rapporti che
essi intrattengono con la nostra “specie”, la sola capace di misurarlo. È
quello che l’autrice definisce “competenza di edificare”: una competenza
inscritta nel nostro patrimonio genetico, padre del Modulor, identica in tutti gli umani, ma da attualizzare partendo
dalle peculiarità e dalle differenze che hanno arricchito il processo di
antropizzazione delle diverse culture. |
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Giudizio
Complessivo: 8 (scala 1-10) |
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Scheda compilata da: Mariagrazia Mastrangelo |
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Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2
a.a.2012/2013 |
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Autore |
Françoise Choay, nata nel 1925, è storico delle teorie e delle
forme urbane e architettoniche. Docente presso le Università di Parigi I e
Paris-VIII , prima di diventare un critico d'arte ha studiato filosofia. Nel
1950, ha lavorato a L'Observateur, a L'Œil e a Art de France. Ha
condotto, per le Éditions du
Seuil, la collezione «Espacements». Infine ha ricevuto il Premio Libro d'architettura del 2007 per il suo lavoro "Pour une anthropologie de l’espace". |
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Françoise Choay |
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Contenuto |
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Espacements testimonia la ricerca di base condotta alla fine degli anni Sessanta da
Françoise Choay sulla trasformazione dello spazio urbano in Francia dal Medioevo
ad oggi. Una ricerca che per la prima volta riconosce le mutazioni avvenute
in un ampio lasso di tempo, come cambiamenti di “scala urbana”, dimostrandone
l’evoluzione attraverso descrizioni spaziali delle città, le quali ancora si
possono vedere, studiare e documentare. Mette in evidenza infatti la
dimensione spaziale delle città, dei luoghi e dei legami che vi si
instaurano, fino a scoprire che le loro trasformazioni restano largamente
sconosciute, se non ignorate. L’attualità di interrogativi che si sollevano è
evidente, tanto da spingere l’autrice a condurre tale ricerca e a pubblicarla
per aprire a tutti la conoscenza di uno studio di base indispensabile. |
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CAPITOLI |
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Capitolo 1 – Spazio di contatto: il Medioevo |
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La recinzione definisce la città come
spazio chiuso e limitato, condizione che negli abitanti contribuisce a far
accrescere il senso di appartenenza. Le mura materializzavano la singolarità
e l’unità della città, distinguendola dalla campagna circostante. Tuttavia
non si parla di una chiusura totale, ma di una realtà lontana dalla
concezione di noccioli pre-urbani dell’Alto Medioevo (civitates o castra), i
quali avevano vocazione prettamente militare o ecclesiastica, nelle quali
cioè non si aveva vita urbana. Le città, infatti, o borghi (come verranno
definiti successivamente), nascono con l’avvento di un nuovo tipo di economia
e di stile di vita: è proprio in questo contesto che le mura devono essere
interpretate non come difesa ma come limite del diritto urbano. Inoltre è
necessario prestare attenzione al ruolo dei portali che formano la muratura:
essi danno accesso alle strade principali, vie che permettono di penetrare
direttamente nel cuore della città. La trama delle costruzioni
all’interno della città si sviluppa secondo il metodo della contiguità e
della prossimità: una trama serrata con case strette le une alle altre e
strade anguste. Gli edifici pubblici sono stati innalzati accanto a quelli
comuni, senza alcuna attenzione progettuale particolare: “Tutto e tutti si
toccano, nella strada, da un edificio all’altro”. Nonostante ciò, questo tessuto complesso, è estremamente
differenziato: _
tra elementi a funzione
identica che costituiscono la massa urbana, ogni cosa ha una sua
fisionomia definita dalla dimensione, dalla disposizione delle
aperture, dagli ornamenti o dalle appendici (come la presenza di Torrette in
segno di nobiltà): dalla facciata di ogni casa si legge lo status sociale ed
economico dell’occupante, oltre alla sua personalità. La casa è un’opera di artigianato
a tutti gli effetti, e ciò crea un legame casa-città molto forte: un ponte
non era mai solo un collegamento, ma spesso utilizzato come abitazione.
Diretta conseguenza nello sviluppo in quartieri della città risulta la
completa assenza di vie di comunicazione sistematiche. _
questo tessuto estremamente
differenziato ma omogeneo, tuttavia, si oppone alle costruzioni chiave che danno un senso alla vita quotidiana: la
Cattedrale, il Mercato, la Piazza, il Campanile. In particolare la Cattedrale, alta e splendente, è
l’edificio più importante della città, espressione del dominio di Dio
sull’uomo e del potere del Re, e viene usata nella Francia medioevale come
luogo di riunioni civili, delle associazioni di mestiere e come immagine
stessa della città. Anche le grandi piazze sono strettamente legate
alla loro funzione commerciale: sono sede periodica di grandi transazioni, di
scambi con la campagna vicina e con l’estero, oltre ad accogliere eventi
pubblici e feste in cui la comunità si riunisce. Sono luoghi di grande
accessibilità perché arterie e strade principali vi conducono, ma ponendosi
solo negli angoli, quasi a voler rendere la piazza delle sale riunioni a
cielo aperto. Il tessuto verde nella città non è
presente nell’accezione moderna, ma come giardini utilitari, orti, frutteti e
pascoli. È la crescita demografica che riduce la campagna accorpandola nella
città che allarga le sue mura. Per quanto riguarda il legame spazio urbano-funzione,
lo spazio urbano è moderatamente aperto verso l’esterno, ma stretto ed
esclusivamente adeguato al pedone all’interno (ciò è confermato dalla
completa assenza di marciapiedi). È legato all’economia artigianale e
mercantile dell’epoca e testimonia quanto la tecnologia dei trasporti non
fosse in grado di sfruttare le immense risorse della strada. Essa diventa il
luogo perfetto di contatto, che favorisce da un lato scambi interpersonali di
merci, dall’altro passaggio di informazioni che coinvolgono tutti i sensi:
uno spazio di contatto comune in tutte le città del Medioevo in cui
coincidono Vie di comunicazione e Vie dell’informazione. |
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Sanit-Martin-de-le-Londres _ Hérault
Pézenas, Rue de la Poire _ Hérault |
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Cahors, il
ponte Valentré _ Lot
Arras, la « Petite place » _ Pas-de-Calais |
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Capitolo 2 – Spazio scenico:
l’epoca Classica |
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La comparazione di
una piazzaforte con una città nuova del XVII secolo ci fa comprendere quanto
sia stata la disparità tra spazio medioevale e classico. La recinzione
della città-modello, creata completamente dal Cardinale, appare chiusa da un
muro puramente simbolico: non è un sistema difensivo, le sue porte sono archi
trionfali. La trama
è legata alla disposizione di strade (rettilinee, ortogonali) e piazze
(collocate ai margini delle correnti di maggiore traffico). La metamorfosi
avvenuta tra spazio urbano del Medioevo e quello della cultura classica è
ancora più evidente in Francia in quanto le città sfuggono all’influenza
Rinascimentale, scuola di pensiero nata in Italia che nella Francia del XVI
secolo ha inciso sui castelli reali e sui parchi ad essi adiacenti. Per
questo le città, pur conservando la vecchia trama medioevale, si rinnovano
ergendo solo edifici e ornamenti, statue e fontane, senza eccedere in abbellimenti.
La mutazione che si
manifesta all’inizio del XVII secolo è attribuibile a tre fattori principali: _ la tecnologia, in quanto l’evoluzione dell’armamento offensivo rende
inefficaci le antiche mura, che qui verranno sostituite da bastioni difensivi
al di là dei sobborghi e collegati alla città attraverso ampie strade, vie di
comunicazione più comode per grandi spostamenti. _ la politica, perché legata al passaggio tra vita Comunale Medioevale
e Stato Nazionale con la forma della Monarchia assoluta. La concentrazione e
centralizzazione dei poteri permettono di destinare alle città ambiziosi
programmi urbani: nasce così l’Europa delle capitali. _ ricerca intellettuale, che gioca un ruolo fondamentale in quanto, a partire dal
XV secolo, artisti italiani come Piero della Francesca e Brunelleschi hanno
tentato di riorganizzare lo spazio attraverso una sua concezione astratta,
spogliandolo delle sue qualità mistiche e riducendolo ad estensione e numero.
Questa è la regola che verrà ripresa da architetti e urbanisti per i nuovi
spazi urbani. Il programma
prevede l’eliminazione dal tessuto urbano di casualità e differenziazione: le
città diventano regolari, le facciate affini e della stessa altezza che
disegnano una geometria che esprime l’universalità dell’uomo e della ragione,
non più le sue peculiarità. L’impassibilità delle facciate tuttavia,
corrisponde ad un’interiorizzazione dello spazio di abitazione, che si
differenzia e si specializza. La progettazione
delle piazze è ben programmata: la piazza principale ha funzione
commerciale, religiosa, amministrativa, i suoi angoli sono chiusi e i lati
tagliati da strade perpendicolari che favoriscono una grande prospettiva
assiale in grado di attraversare tutta la città. Place de Vosges, per esempio, concepita da Enrico IV e pensata
per ospitare le passeggiate di ricchi borghesi e nobili, è completamente
chiusa tranne in un angolo, con un prato centrale cintato da griglie ed
influenzerà il disegno di molte piazze successive: dapprima la Place d’Alliance
a Nancy e Covent
Garden a Londra, poi, con
l’aggiunta della statua di Luigi XIII al centro (1629), le Places Royales, di
carattere più monumentale per l’architettura che utilizza la retorica degli
ordini e per la natura degli edifici che vi si affacciano: Parlamento, Palazzo
del Comune, Palazzo di Giustizia, etc. Importante diventa lo studio della
loro composizione estetica legato alle proporzioni perimetro-statua centrale
e al gioco di aperture prospettiche. Le strade
invece, che raggiungono anche i 12 m, appaiono omogenee, le case che le
fiancheggiano seguono l’allineamento e, principale novità, sono tutte uguali
per pianta e facciata. Così come le piazze,
anche le strade cambiano scala diventando più ampie e regolarizzate: nascono
i primi marciapiedi, diventano corsi e viali alberati, grandi mezzi di
collegamento. Già, perché lo svago, inteso come passeggiata, determina la
creazione di un nuovi tipi di spazio verde: corsi alberati (Cours la Reine a Parigi) e giardini pubblici (Peyrou
di Montpellier, un tempo place royale). Il sistema
di collegamento della città classica è caratterizzato da una rete più
aperta all’esterno rispetto al passato, più ampia e attenta alle esigenze del
pedone. Il significato del sistema tuttavia è soprattutto estetico e
politico, per soddisfare la vista e l’esercizio della consueta parata. Il legame spazio urbano-funzione
si discosta dalla tradizione medioevale: i quartieri di città sono
indipendenti tra loro e viene esercitata meno l’informazione indiretta perché
minore è la frequenza del contatto umano dovuta alla maggiore ampiezza degli
spazi. È per questo motivo che, grazie ai fattori di chiusura e di estetica
che conserva, lo spazio urbano classico cessa di essere legato ai bisogni e
ai comportamenti quotidiani. |
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Nancy _ Meurthe-et-Moselle Nancy, « Place Stanislas
» _ Meurthe-et-Moselle |
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Nancy, « Place Stanislas
» _ Meurthe-et-Moselle Bordeaux _ Gironde |
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Capitolo 3 – Spazio di
circolazione: XIX e XX secolo |
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La rivoluzione industriale e la
concentrazione demografica che ha provocato sono accompagnate da una
mutazione dello spazio urbano. Mutazione nell’estensione delle periferie,
ormai senza recinzioni e perimetrazioni, ma anche nella struttura, divenuta
anarchica e disordinata. Si parla infatti di un’epoca di “ammasso informe,
confusione di case: un caos architettonico” nella Parigi del 1848, città in
cui comincia ad emergere per la prima volta la netta distinzione tra
quartieri alti e quartieri popolari. Questo nuovo “non-spazio” necessita
tuttavia di un ordine urbano moderno, che si declina nel tempo in due forme: _ la Ristrutturazione della città
antica di Haussmann _ la Concezione di un nuovo tipo di
agglomerato ad opera di Owen e Fourier La ristrutturazione della città
antica trova proprio la sua espressione teorica e pratica nell’opera compiuta
a Parigi dal Barone Haussmann tra il 1853 e il 1870. Egli afferma che la città antica
così come si presenta in quegli anni è morta: per questo occorre trasformare
l’agglomerazione in uno strumento di produzione e consumo. Per fare ciò
costruisce un Sistema circolatorio generale, un’opera chirurgica nello
spazio medioevale (di contatto) e classico (estetico). È un sistema che
tratta la città nel suo insieme, per poter operare collegamenti nord-sud ed
est-ovest, per unire centro e periferia: nascono così le grandi diagonali (Boulevard de Magenta ed Etienne-Marcel, rue de Turbigo). La circolazione
veicolare ha soppiantato quella pedonale, nascono infatti nuove reti
specifiche: le ferrovie di cintura nell’epoca di Haussmann, la metrò nel
1900, tutto perfettamente collegato alle reti internazionali in maniera
funzionale. La tecnologia viene sfruttata per
cambiare l’aspetto delle strade e dei viali per renderli più confortevoli con
ampi marciapiedi, uniformando il pavimento delle carreggiate. Compare
l’arredo urbano, le scritte e i segnali stradali, i pannelli verticali e i
segnali elettrici, che si moltiplicano esponenzialmente nel tempo. In questo grande sistema generale
organizzato, le piazze acquistano il ruolo di spazio distributivo, di “nodo
di rapporti”, e sono tanto più efficaci quanto più aperte nel maggior numero
di direzioni possibili (Place de
l’Etoile, Place de la République,
oltre a ronds-points e rotatorie minori). Lo spazio di circolazione è
talmente aperto verso la città che gli edifici più importanti vengono
“liberati”, svincolati cioè dagli edifici adiacenti, isolati. Contemporaneamente al sistema di
circolazione, Haussmann creare per Parigi un Sistema di aerazione
attraverso passeggiate alberate, parchi suburbani, squares e giardini pubblici, che
diventano parte integrante del nuovo spazio urbano. Gli squares
sono semplici zone verdi di carattere neutrale, spazi liberi ed aperti che
creano un foro in un tessuto troppo denso, ecco perché si concentrano in zone
trafficate (Square del Art set Métiers
a Parigi). I parchi o i giardini pubblici, al contrario, sono spazi
progettati con vegetazione e cancellate, percorsi e arredi urbani, protetti
dalla circolazione veicolare e considerati come un vero e proprio rifugio per
i pedoni (Parco delle Buttes-Chaumont). Queste forme di parchi si
allontanano dagli esempi visti in Inghilterra, perché non si prestano allo
sport, mentre sono allo stesso modo adatti ai bambini e a chi vi si riunisce
per svago. Il valore operativo dei sistemi haussmanniani è opposto rispetto alla concezione
di spazio urbano medioevale: la circolazione è il senso primo dello spazio
urbano ma non è più spazio di contatto a vocazione informativa. Il compito
dell’informare, con l’inserimenti degli uomini in società sempre più vaste
(comune, Stato, società internazionali) è assicurato da sistemi astratti:
stampa, telefono, telegrafo, cinema, televisione, tutti accomunati dalla
capacità di annullare le distanze. Inoltre, un altro motivo che abolisce la
trasmissione di informazioni da bocca ad orecchio è lo sviluppo
dell’individualismo nella struttura della vita sociale. La famiglia diventa
l’unica unità sociale di base e salvaguarda l’importanza dello spazio
domestico. Gli spazi di contatto che sopravvivono sono al chiuso e
specializzati: teatri, cinema, piscine, pattinaggio e stadi. Tuttavia, mentre Haussmann
riorganizza e ristruttura l’antico quadro urbano, è in progetto uno spazio
radicalmente nuovo: uno spazio destinato a realizzare idealmente la società
industriale, legato strettamente alle nuove condizioni di lavoro e di
produzione, stando attento ad eliminare le ingiustizie sociali generate
dall’economia capitalista. Questo è un modello studiato da due
socialisti idealisti, Owen e Fourier e dai loro discepoli, gli “ingegneri
sociali”. Frantumazione e funzionalismo sono le parole
chiave che riassumono la rivoluzione dello spazio urbano: i falansteri di
Fourier e i quadrilateri di Owen, luoghi senza limitazioni posti in zone
verdi incontaminate e in cui è difficile distinguere la città dalla campagna.
Lo spazio frantumato è classificato secondo le funzioni dell’esistenza, tra
le quali l’abitare diventa correlata al lavorare. Unità specifiche ospitano
diverse funzioni, causando una discontinuità molto lontana dall’ammasso del
costruito. Frantumazione e classificazione
sono temi che Le Corbusier rielabora in maniera più sistematica e moderna, in
cui però la circolazione prende posto tra le quattro grandi funzioni base
dell’esistenza, posta sullo stesso piano dell’alloggio, del lavoro e dello svago
(Unitè d’Habitation
a Marsiglia). Lo spazio è frantumato dalla rete di circolazione e dal verde
che la completa. In tutti questi modi, lo spazio di
contatto è totalmente interiorizzato nelle grandi unità funzionali che
compongono la città. |
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Parigi _ Boulevard Saint-Germain Bordeaux _
Gironde |
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Parigi _ Les Buttes-Chaumont
Guise, il Familisterio di Godin _ Aime |
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Capitolo 4 – Spazio di connessione:
oggi |
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Oggi viviamo in uno spazio urbano
in continua evoluzione. Questo ha radici in esperienze del passato eterogenee
mal interpretate che hanno ispirato vent’anni di teorie e proposte urbane
correttive, dimostrate poi poco efficaci. Eppure, assistiamo comunque alla
nascita di un nuovo spazio che segna una mutazione, in rapporto al quale il
modello di Le Corbusier corrisponde ad un momento di transizione, di
sperimentazione e basta. La causa dell’emergere di questo nuovo spazio è data
da un insieme di fattori tecnologici, economici, estetici: il perfezionamento
dei trasporti che riducono la distanza tra i luoghi, lo sviluppo delle
telecomunicazioni e dei mass-media che permettono una diffusione omogenea e
veloce dell’informazione, il potenziamento dell’informatica che realizza un
sistema generale di connessioni e infine la progressiva diminuzione
dell’antica distinzione tra città e campagna, che fa sì che cittadini e
abitanti delle campagne comincino ad essere integrati in una cultura unitaria
che necessita di un insieme di servizi nuovi, il che porta a rimettere in
gioco concetti come il legame spazio urbano-funzione. È questo il nocciolo operatore del
XIX secolo: si opera procedendo per raggruppamenti originali che non
considerano più solo le tradizionali funzioni dell’abitare e del lavorare, ma
le integrano in campi più ampi, delineando un quadro urbano e sociale nuovo.
Ciò che lega i rapporti umani è il ritorno ad uno spazio di connessione che
assicuri la coincidenza tra informazione e circolazione, costituito al suo
interno dalle reti necessarie alla circolazione di persone, idee e merci,
pensate in modo da integrare velocità e continuità. Per questo “lo spazio di
connessione ci sta attorno virtualmente”, perché nonostante la sua estensione
su scala urbana, non implica la scomparsa degli antichi nuclei urbani ma
semplicemente li include in una rete a maglia più grande. La questione finale tuttavia si
concentra sulla vecchia concezione di spazio di contatto: nel XX secolo
sarà stato ricreato nello spazio destinato a lavoro, famiglia, circolazione e
svago? Oppure l’antico spazio di contatto è insostituibile come mezzo di
apprendimento e di formazione personale, ossia come modus vivendi? Nel caso affermativo, allora lo
spazio sarebbe da reinventare secondo norme contemporanee, ed è l’opera che
si è tentato di fare nei villaggi di vacanze. Tuttavia, salvo qualche piccola
eccezione, in cui però gli abitanti sono costretti a vivere un ambiente
preimpostato dall’esterno, tali tentativi si rivelano fallimentari. E allora
si riproducono contesti che alludono a clichès e a immagini culturali del
passato, unica maniera di dare agli spazi l’accezione contemporanea che la
propria struttura non può conferire loro. |
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Grigny, « 14a
Grande Borne » _ Essonne, architetto Emile Aillaud |