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Descrizione: walkscapes

autore

FRANCESCO CARERI

titolo

WALKSCAPES – CAMMINARE COME PRATICA ESTETICA

editore

EINAUDI

luogo

TORINO

anno

2006

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Prima edizione

 

 

Descrizione: walkscapes

Argomento e tematiche affrontate

In Walkscapes Careri esprime la sua idea del camminare come strumento di trasformazione e percezione del paesaggio. Inizialmente descrive ciò che era il camminare per gli uomini primitivi nomadi: ossia un bisogno legato alla sopravvivenza.

In seguito descrive l’azione del camminae inraprese dai movimenti artistii d’avanguardia come i dadaisti e i surrealisti che compiono “visite-escursioni” nei luoghi banal della città. In questo momento l’azione del camminare inizia a diventare uno strumento estetico e di percezione di ciò che ci circonda spazialmente parland. Con Lant Art il camminare diventa un vero e proprio strumento d’arte, come per esempio nell’opera “A Line Made By Walking”. Careri giunge alla conclusione che nomadismo e sedentarietà siano in osmosi e che quindi le città siano frutto di una compresenza di   spazi vuoti (nomadi) che possano essere percorsi andando alla deriva e spazi pieni (sedentari).

 

Giudizio Complessivo: 6

Scheda compilata da: Edoardo Comotti

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

 

 

Descrizione: 1

 

Autore

Francesco Careri è nato a Roma nel 1966, si laurea in architettura nel 1993 e nel 2000 è Dottore di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana, con una tesi sul rapporto tra pratiche artistiche e ambientali e la lettura della città contemporanea. Dal 1997 è professore a contratto presso la Facoltà di Architettura di Roma Tre. Ha anche molti contratti di insegnamento in Francia, in particolar modo a Parigi

È membro di Stalker una struttura aperta che compie ricerche sulla città attraverso l’esperienza diretta degli spazi complessi, e con Stalker ha anche partecipato a numerose mostre internazionali di architettura.

Vittorio Ugo

 

CAPITOLI

Capitolo I – Errare Humanum Est..

Careri introduce la propria riflessione sul camminare come pratica estetica (come egli stesso definisce) servendosi del racconto biblico di Caino ed Abele e rivisitandolo in ottica architettonica. Afferma che i due fratelli incarnano le due anime in cui fu divisa la stirpe umana fin dal principio: i sedentari, rappresentati da Caino, dediti all’agricoltura, e i nomadi, incarnati da Abele e dediti alla pastorizia. Identifica Caino con l’homo faber cioè che assoggetta a sé la natura per costruire qualcosa di artificiale, mentre distingue Abele con il termine homo ludens, l’uomo che gioca a creare relazioni tra la natura e la vita, ed è proprio questo gioco che Abele sperimenta un nuovo universo attorno a lui, il camminare per controllare il gregge si trasforma in una serie di mappature del territorio, che portrà in seguito alla nascita della cosiddetta landscape architecture. In seguito al più che noto fratricidio l’errore di Caino si trasforma in erranza. Erranza che è l’essenza del nomadismo, formato dallo spazio dell’andare, uno spazio liquido, vuoto che si contrappone al pieno dello spazio sedentario.

Nella prima parte della storia, l’uomo faceva parte dell’universo di erranza e nomadismo, ma è proprio da quest’universo che nasce il primo oggetto situato nel paesaggio umano: il menhir, una grande pietra conficcata nel terreno in posizione verticale. Il posizionamento del menhir significava trasformare il paesaggio, in quanto la pietra non è in una posizione per così dire “naturale” e  intervenire su di esso costruendo un qualcosa di geometrico, creando un qualcosa di intorno, ce più tardi gli egiziani trasformeranno in interno.

  

Capitolo II – Anti-Walk

Il 14 aprile 1921 a Parigi un gruppo di artisti aderenti al movimento Dadaista si ritrova nel sagrato della chiesa di Saint-Julien-le-Pauvre, una piccola chiesa sconsacrata nel quartiere latino, e con ciò il movimento intese inaugurare una serie di escursioni urbane nei luoghi banali della città. Questa azione fu considerata il primo ready made urbano e attribuisce ad un qualcosa di vuoto, e non ad un oggetto, un valore simbolico; Dada passa dal portare un oggetto banale nello spazio dell’arte al portare l’arte (rappresentata dagli artisti) in un luogo banale della città. Dada porta semplicemente l’artista sul luogo non interviene su di esso operando delle modifiche, non vi lascia tracce fisiche se non una foto che ritrae gli artisti nel campo della chiesa che sono in posa consapevoli di ciò che stanno facendo: nulla. Il luogo di ritrovo era stato scelto poiché era un campo abbandonato, che poteva simboleggiare uno spazio verde abbandonato qualsiasi, banale, che non avesse alcuna ragione di esistere.

Tre anni dopo Dada organizza un altro intervento sullo spazio reale, che segnerà però il passaggio al surrealismo. Il gruppo raggiunge in treno Blois, un paese scelto a caso sulla mappa, e da questo si dirige a piedi fino a Romorantin. Il viaggio che viene intrapreso senza una meta si era trasformato in un’opera di riscrittura dello spazio reale; la deambulazione, non si effettuava in una città ma bensì in campagne e boschi, a stretto contatto con la natura, attraversa quindi l’infanzia del mondo. Il surrealismo utilizza il camminare come mezzo per indagare le zone inconsce della città cioè quelle che sfuggono al progetto e costituiscono il non traducibile nelle rappresentazioni tradizionali.

Dopo la “visita” di Dada e la “deambulazione” surrealista, dall’Internazionale lettrista conia il termine dérive per indicare la costruzione e sperimentazione di un modo alternativo di vivere ed abitare la città, era anch’essa un’azione puramente estetica che rientrava nella logica dadaista dell’anti-arte. Il termine dérive viene introdotto per la prima volta da Gilles Ivain, che parla di una città mutante, modificata di continuo dagli abitanti, in cui ci sarà una deriva continua che porterà ad uno spaesamento totale. La teoria della deriva viene però ripresa da Guy Debord che la definisce e ne dà alcune regole, come ad esempio stabilire in anticipo quali unità ambientali analizzare, stabilire le dimensioni dello spazio d’indagine e stabilire che al massimo, la dérive deve essere effettuata da al massimo tre persone giunte allo stesso livello di presa di coscienza poiché l’incontro di queste tre persone deve arrivare a delle conclusioni oggettive.

Attraverso la “New Babylon” di Constant la teoria della deriva acquista una base architettonica, egli teorizza questa città mentre progetta per gli zingari di Alba e teorizza un capo nomade a scala planetaria, il progetto New Babylon è una volontà di superamento dell’architettura, gli abitanti si riapproprieranno della loro attitudine primordiale dell’autodeterminazione del proprio ambiente, e l’architetto non dovrà più essere costruttore di forme isolate, ma costruttore di ambienti completi. A New Babylon il camminare materializza l’architettura concepita come spazio dell’andare; in essa la deriva diventa un’unità inscindibile con i quartieri e lo spazio, nomadismo e città sono diventati un unico corridoio labirintico che viaggia attorno al mondo.

Descrizione: Dadá

 

Capitolo III – Land Walk

Nel dicembre 1966 Tony Smith insieme ad un gruppo di studenti supera le reti di un cantiere ed inizia a percorrere la strada in costruzione, e da lì parte la sua riflessione: “la strada è o non è un’opera d’arte?” e poi “se lo è, in che modo?”. Le riflessioni di Smith trovano risposta in due correnti artistiche: la minimal art e la land art, per cui secondo la prima corrente la strada è un segno, un oggetto su cui avviene un attraversamento, mentre secondo la land art la strada è attraversamento come esperienza, attitudine che prende forma. Carl Andre e Richard Long rappresentano le due correnti che hanno prolungato l’esperienza di Smith. Il primo, artista minimal, fa della strada la sua opera d’arte, crea dei percorsi su cui poter camminare, attraversare uno spazio, un’opera bidimensionale. Long invece afferma che l’arte è l’essenza stesa del camminare, con Long si va oltre, non si ha più un oggetto che è arte, ma lo è l’azione del camminare, quindi il percorso inizia ad avere una valenza estetica.

Con il viaggio di Smith la scultura acquista sempre più terreno nella modifica del territorio, mentre prima il suolo era modificato dall’architettura ora è la scultura dei land artisti che lo modifica. Gli spazi su cui avvengono queste trasformazioni sono spazi vuoti, privi di architetture e della presenza umana, sembra una volontà di ricominciare da capo la storia del mondo.

Un anno dopo la pubblicazione del viaggio di Smith Richard Long realizza “A Line Made by Walking”, una foto di un campo d’erba calpestato secondo una linea. In quest’opera vi è compresenza di scultura (la linea) e il camminare (l’azione), ma vi è anche assenza di tutto, assenza dell’azione, del corpo e dell’oggetto, ma ciò che è inequivocabile è il risultato di quest’azione, l’intervento di Long è privo di ogni apporto tecnologico in quanto trasforma la sola superficie terrestre ed in modo totalmente reversibile. Per Long il camminare è un’azione che si incide sul luogo e disegna una determinata figura su di esso e che può essere riportato su una carta geografica, ma per l’artista è possibile anche il contrario, e quindi trasmettere l’esperienza.

 

Capitolo IV - Transurbanza

Negli stessi anni dei viaggi di Smith, delle opere di Andre e Long gli architetti cercavano di comprendere ciò che stava accadendo nelle città sotto i loro occhi. Si erano accorti che una specie di cancro stava attaccando le città: intorno ad esse si stava sviluppando uno spazio che essi non esitavano a chiamare “caos urbano” in cui regnava un disordine generale, formato da una giustapposizione di frammenti ordinati. Osservando questi territori disordinati si sono resi conto che oltre ad i manufatti architettonici ciò che era diventato una presenza importante in questi spazi era il vuoto che volta le spalle alla città e si organizza una vita parallela, ma questo vuoto viene abitato e vissuto e acquista una fondamentale importanza. Osservando una foto area di una città si più notarne l’espansione, da un nucleo centrale più compatto vengono “espulse” delle isole staccate dal resto del costruito, che spesso si trasformano in centri equivalenti al nucleo principale e che  formando un sistema policentrico, un arcipelago. Inoltre le varie parti di essa si sviluppano a velocità differenti, infatti mentre il centro è più statico, la periferia è caratterizzata da un maggior dinamismo, una maggior frequenza di trasformazioni.

Le città odierne sono differenti da quelle del secolo scorso, attorno ad esse sono nate altre città formate da altrettante città. Se per esempio camminassimo in una città del secolo scorso sezionata capiremmo se ci stiamo dirigendo verso il centro o verso la periferia grazie alla differenza di densità (zone più dense del centro-palazzine-villini); nelle città al giorno d’oggi manca questa riconoscibilità, non c’è più questa rarefazione ma per esempio incontreremmo zone costruite alternate a zone non costruite e a differenti densità e non è più riconoscibile la direzione che stiamo prendendo. Nella città moderna sembra che si sia realizzata New Babylon per la sovrapposizione dei corridoi vuoti all’interno della città consolidata, New Babylon vive delle amnesie della città contemporanea, è una sequenza di settori collegati immersi nella città, non più sovrapposti in essa. La città nomade vive in osmosi con la città sedentaria e offre la sue presenza come nuova natura. Bisognerebbe progettare una città nomade alla maniera dei neobabilonesi: trasformarla durante il viaggio e trasformarla ludicamente dal suo interno.