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autore

ANDREA BRANZI

titolo

MODERNITA’ DEBOLE E DIFFUSA

il mondo del progetto all’inizio del XXI secolo

editore

SKIRA

luogo

GINEVRA-MILANO

anno

2006

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Prima edizione

 

 

 

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Argomento e tematiche affrontate

Il libro si propone di analizzare le novità che il XXI secolo sta introducendo nel mondo del progetto e vuole analizzare un possibile  futuro  per un’architettura non figurativa i cui limiti edificatori vengono trasformati  in energia produttrice che cambia nel tempo.

L’architettura contemporanea vive ancora del riflesso del secolo precedente e non coglie l’opportunità di rappresentare una condizione urbana dispersa, introflessa e immateriale. Occorre quindi svolgere una ricerca rivolta a:

progettare modelli di urbanizzazione debole, cioè reversibile; un’architettura meno composita e più enzimatica; un’architettura rivolta a superare i limiti dell’edificio come concentrazione strutturale e tipologica;

un’architettura attraversabile che garantisce la penetrazione del territorio e dello spazio; un’architettura evolutiva, integrata con la natura; un’architettura corrispondente a una società fluida e a una democrazia elastica. L’architettura cerca di andare  “oltre l’architettura”.

 

Questo libro si propone anche due scopi: analizzare le novità che il XXI secolo sta introducendo nel mondo del progetto, nel passaggio dalla modernità forte e concentrata del Novecento a quella debole e diffusa, e insieme indagare se in questo passaggio vi sia la possibilità di immaginare un futuro per un’architettura non figurativa. Un’architettura cioè, che diventi una semisfera urbana, superando i suo ilimiti edificatori per trasformarli in energia produttrice di qualità immateriali che cambiano nel tempo.

La condizione urbana oggi è costituita da servizi, reti informatiche, sistemi di prodotti, componentistica ambientale, micro-climi, informazioni commerciali e soprattutto strutture percettive che producono un sistema di tunnel sensoriali e intelligenti; che sono sentenuti dall’architettura ma che non sono rappresentabili con i codici figurativi dell’architettura.

Non è la prima volta che l’architettura cerca di andare oltre, ma nel XXI secolo questa utopia sembra essersi in gran parte realizzata dentro la città contemporanea.

  

Giudizio Complessivo: 5 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Valentina Pangella

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

 

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Autore

Andrea Branzi, architetto e designer, nato a Firenze nel 1938, dove si è laureato nel 1966, vive e lavora a  Milano dal 1973.

Dal 1964 al 1974 ha fatto parte del gruppo Archizoom Associati, primo gruppo di avanguardia noto in campo internazionale, i cui progetti sono oggi conservati  presso il Centro Studi e Archivio della  Comunicazione dell'Università di Parma;  la sua tesi di laurea e numerosi progetti sono conservati presso il Centro Georges Pompidou di Parigi. Co-fondatore di Domus Academy, prima scuola internazionale post-laurea di design. Autore di numerosi libri sulla storia e la teoria del design, ha curato numerose mostre di questo settore in Italia e all'estero.

Nel 1987 ha ricevuto il Compasso d'Oro alla carriera. E' Professore Ordinario e Presidente del Corso di Laurea alla Facoltà di Interni e Design al Politecnico di Milano.

Andrea Branzi

 

Contenuto

Il libro si propone di analizzare le novità che il XXI secolo sta introducendo nel mondo del progetto e vuole analizzare un possibile  futuro  per un’architettura non figurativa i cui limiti edificatori vengono trasformati  in energia produttrice che cambia nel tempo.

L’architettura contemporanea vive ancora del riflesso del secolo precedente e non coglie l’opportunità di rappresentare una condizione urbana dispersa, introflessa e immateriale. Occorre quindi svolgere una ricerca rivolta a:

progettare modelli di urbanizzazione debole, cioè reversibile; un’architettura meno composita e più enzimatica; un’architettura rivolta a superare i limiti dell’edificio come concentrazione strutturale e tipologica;

un’architettura attraversabile che garantisce la penetrazione del territorio e dello spazio; un’architettura evolutiva, integrata con la natura; un’architettura corrispondente a una società fluida e a una democrazia elastica. L’architettura cerca di andare  “oltre l’architettura”.

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No stop city

CAPITOLI

Capitolo 1 – un secolo forte

il XX secolo è stato protagonista di grandi cambiamenti culturali, fallimenti politici e  grandi rivoluzioni. Il periodo che va dalla rivoluzione francese alla fine del XX secolo è stato in  occidente una lunga stagione di grandi ideologie caratterizzata dalla ricerca di progetti e soluzioni definitive, rivolte a risolvere i problemi irrisolti delle stesse scienze umane. In questo senso la meccanica ha avuto un ruolo determinante, interiorizzata dall’uomo moderno e dalle sue macchine viste come strumenti di lavoro ma anche come motori perfetti per la trasformazione della storia e del mondo.

Con il crollo del muro di Berlino, come dice François Fouret, finisce un’epoca di modernizzazione forzata, ma nascono laboratori di avanguardie permanenti, impegnati a produrre la loro innovazione e ricerca.

Il XX secolo è iniziato seguendo una logica definita “debole e diffusa” in cui il concetto di debolezza non è inteso come valore negativo ma che segue logiche naturali.

Il libro raccoglie diverse esperienze di ricerca in cui si colloca un’architettura capace di trasformare vasti territori secondo criteri di reversibilità e attraversabilità del tutto nuovi rispetto ai limiti tipologici della modernità classica.

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Etienne Louis Boullée, Cenotafio, XVIII secolo

Capitolo 2architectural link

L’architettura contemporanea, sta aprendo  nuovi laboratori di ricerca progettuale per sviluppare una riflessione sulla propria crisi e creare manifestazione di un pensiero progettante che non si esaurisce nella pura pratica costruttiva.

In un’epoca come quella attuale, caratterizzata da conflitti insanabili, da uno stato di assenza di modelli generali, la ricerca del progetto è diventata incessante, trasformando la crisi in un concetto positivo.

L’architettura si pone come alternativa alla città; il progetto stesso non si limita all’atto costruttivo ma si presenta come definizione di teoremi e, questo stato di cose, deve essere vissuto come una condizione positiva.

L’architettura non deve più essere considerata come arte del costruire, ma come pensiero conoscitivo complesso e mutante che fa riferimento alle energie deboli e diffuse di trasformazione dei territori e dello spazio.

Questo nuovo concetto di architettura, va a confrontarsi  anche con il mondo virtuale, creando una trasformazione dello spazio urbano che prescinde dall’architettura come presenza costruita.

Il termine architectural link indica la natura perimetrale dell’architettura nella città contemporanea, intesa come presenza attiva in un contesto che prevede la sfumatura teorica e pratica dei tracciati.

Si tratta quindi di una ricerca mentale e tecnologica che si propone di superare i limiti disciplinari che   hanno messo l’architettura del XX secolo in una situazione di disagio e grave ritardo  rispetto alle altre culture come la pittura, la musica, la scrittura e la logica.

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James D. Watson e Francis Crick, scopritori della struttura ad elica del DNA, 1953

Capitolo 3 – il pensiero fuzzy

Questo termine significa letteralmente lanuginoso, intermedio, ibrido, sfumato e, fu usato per la prima volta dal logico Lofti Zadec negli anni sessanta. Fu ripreso recentemente da Bart Kosko che affermò di aver capito che la scienza non apparteneva al mondo reale, ma ad un pensiero parallelo e astratto, e come non fosse in grado di dare risposte certe.

Molto chiaramente questo concetto è espresso da Albert Einstein quando afferma che se le leggi della matematica si  riferiscono alla realtà non sono certe, e quando sono cedrte non si riferiscono alla realtà. Questo pensiero era condiviso da molti scienziati.

Questo scetticismo nei riguardi della scienza, permette di sviluppare l’integrazione tra scienza e natura, due realtà fino a ieri non integrabili. La scienza si evolve come pensiero lanuginoso (fuzzy) e non di precisione matematico.

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Particolare di un insieme di Mandelbrot 

Capitolo 4 – la modernità liquida

Nel 2000 il sociologo Zygmunt Bauman ha pubblicato un saggio “Liquid Modernity” nel quale traccia una profonda analisi dei processi di trasformazione del concetto di modernità del XX secolo. Il termine liquido secondo Bauman, indica positivamente lo stato della materia che  non possiede una forma propria ma quella del suo contenitore e tende a seguire un flusso temporale di trasformazioni. Tutto ciò descrive la nuova fase della storia della modernità.

In un primo momento questo concetto di liquefazione rappresentava una fase transitoria per la costruzione di nuovi e più resistenti corpi solidi. Per Bauman fu la base del formarsi dello spirito imprenditoriale del capitalismo moderno e della sua capacità di costruire grandi e stabili imperi economici. Ricordiamo che anche le grandi dittature politiche del XX secolo nacquero come tentativo di fronteggiare la realtà devastante dell’apparato  economico e metodologico basato sulle leggi del profitto.

Bauman conclude affermando che la libertà creativa del mercato trascina la libera creatività dell’impresa.

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 Archizoom associati, No-stop city,1969-1972

Capitolo 5 – la metropoli genetica

La visione di una coincidenza definitiva tra soggetto e sistema, tra individuo e mercato imprenditoriale introduce a una nuova definizione della metropoli come grande giacimento genetico. Ciò significa che nella realtà urbana  l’architettura non costituisce che un debole sistema connettivo e le presenze umane riempiono totalmente gli spazi.

La metropoli dell’epoca dell’informatica non è dunque la capitale della tecnologia, ma piuttosto il territorio dell’umano che diffonde il proprio gene in una rete fittissima di relazioni parentali e imprenditoriali.

La metropoli genetica è la metropoli dove le energie biologiche della società si liberano e raggiungono il loro livello massimo di liquefazione e dove gli interessi del singolo si intrecciano con l’interesse degli altri.

 L’etica delle reti informatiche ha insegnato l’esistenza di grandi vantaggi forniti dall’interconnessione sociale.

Rita Levi Montalcini nel suo libro “Elogio dell’imperfezione” ha descritto la capacità di progetto dell’uomo come il risultato positivo della sua imperfezione biologica. Questa imperfezione nei riguardi dell’ambiente e della storia, spinge il sistema genetico umano a progettare, sperimentare, ricercare le migliori condizioni di sopravvivenza per sé e per la discendenza.

La società attuale somiglia alle grandi civiltà tessili come quella indiana, capace di resistere agli urti e agli strappi delle trasformazioni interne e all’impatto con il nuovo

La società indiana è una civiltà tessile, quindi anti-architettonica, anti-meccanica, anti-logica, anti-costruttiva, che segue una filosofia cosmica in cui la vita di ciascuno continua oltre la morte, nell’ordito e nella trama di altre vite.

Un modello che corrisponde a un assetto non necessariamente caotico, ma a un sistema elastico che muta con il tempo e con le necessità delle relazioni.

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Archizoom associati, bosco residenziale, No-stop city, 1969-1972

Capitolo 6 – l’uomo senza qualità

 L’uomo senza quantità è una figura caratteristica dei nostri tempi, egli crede che sia sufficiente guardare il mondo per capirlo e non si rende conto che esistono invece nuovi livelli della realtà, non visibili.

Il XX secolo è caratterizzato da cambiamenti progressivi e spesso poco evidenti, fino a determinare all’improvviso trasformazioni generali e vistose.

 Esistono fenomeni di natura puramente umana ed è  su questo aspetto che occorre riflettere;  per la prima volta il numero dei viventi ha raggiunto il numero record di sei miliardi e questo numero entusiasmante di persone che si muovono liberamente nel mondo costruito determina un fenomeno paesaggistico assolutamente nuovo e che sostituisce il tradizionale scenario architettonico.

Ciò che fa la differenza tra una città e un’altra sono le presenze umane, i loro gesti, il loro abbigliamento,la loro fisionomia ecc

Un altro fenomeno è dato dalla dismissione delle fabbriche e che in alcune città come Milano hanno trovato una dimensione diversa, sono diventate risorse per nuove attività, disponibili per sviluppare nuove professioni.

Sono nate negli ultimi dieci anni, molte scuole di design.

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Serie numerata di 20mila piccoli vasi, ognuno con un  volto diverso, collezione Genetic Tales, Alessi 2000

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Antonio Scarponi, Human world, internet user in world countries, 2002-2006

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Antonio Scarponi, human world, population in world countries, 2002-2006

Capitolo 7 – una classicità elastica

 Nella nostra tradizione, l’architettura classica è riconosciuta come la massima produttrice di monumenti, archi di trionfo, anfiteatri, palazzi imperiali. Ad esempio ci si può riferire a Roma, con un sistema urbano policentrico, distribuita su sette colli, capitale di un territorio smisurato , con un sistema architettonico e di urbanizzazione molto semplice basato solo su colonne e trabeazioni.

Nel XV secolo, la fioritura estetica  del Rinascimento, ha avuto origine dal ruolo assegnato all’arte come paradigma simbolico, capace di tenere insieme un sistema policentrico di verità deboli e inconciliabili.

Quindi la classicità elastica è il modello di riferimento della nostra modernità elastica come sistema deformabile, all’intenro del quale trovano spazio e senso le trasformazioni sociali, tecnologiche e produttive della società, evitando traumi e fratture e continuando a costruire in filingrana le migliori condizioni di libertàe conoscenza.

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Brunelleschi, Sacrestia vecchia di San Lorenzo, Firenze, XV secolo

Capitolo 8 – una politica minimalista

La tecnologia elettrinica diviene produttrice di un modello etico nuovo basato sulla capacità di realizzare un equilibrio sempre relativo, attraverso la sua interfaccia intelligente.

La nostra è un’epoca in cui bisogna saper produrro modelli di sviluppo e di governo flessibili, capaci di adattarsi al mutare delle condizioni della società e del mercato. Un’epoca segnata da un apolitica minimalista e reversibile, televisiva e a tratti violenta, prodotta da una società diffusa di indifferenti, ma anche di nuovi credenti imprevedibili.

Si potrebbe addirittura dire che la vera tragedia moderna consiste nella scomparsa della tragedia stessa, ce della metafisica segnalava l’avvenuta frattura delle gerarchie eterne.

Troviamo quindi due possibili soluzioni per affrontare l’oggi: la teoria di Francis Bacon che propone di fermarsi inorriditi davanti al presente, segnando il limite oltre il quale esistono solo maschere tragiche; oppure la teoria di Richard Hamilton che ci propone di provare timidamente a guardare con innocenza questo mondo fatto da figurine, e provare a ritagliarlo, a ricomporlo in scenari dementi, dove però l’ironia di se stessi è ancora possibile.

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Richard Hamilton, what is it that makes today’s homes so different, so appealing? 1956

Capitolo 9 – economia dell’innovazione

 La new economy ha avuto origine negli anni ottanta con la ristrutturazione industriale che ha aperto la strada verso la globalizzazione.

Si nono formate due economie parallele, da una parte l’economia industriale e dall’altra l’economia sociale, che hanno capovolto gli schemi classici dell’economia politica del XX secolo.

Il fattore di crescita di questa nuova economia post-industriale è costituito da uno stato permanente di crisi in cui si sono inventati nuovi lavori e imprese.

La ricerca e l’innovazione permettono all’industria di trovare nuovi prodotti e di affrontare la concorrenza e rinnovare il catalogo e l’offerta.

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Master plan per Eindhoven

Capitolo 10 – nuove forme di impresa

Ci troviamo in un’epoca nella quale le forme politiche delle destra e della sinistra si stanno liquefacendo e spesso fluttuano una sull’altra.

Il concetto della modernità del XX secolo appartiene all’ideologia della trasformazione delle tecnologie, dei linguaggi e dei comportamenti operata dall’industria. Si può dire quindi, che abbiamo un’economia costantemente in espansione perché continuamente in crisi, e viceversa.

Da questa fase tumultuosa di maturazione emerge che l’economia industriale classica, dove la ricchezza era prodotta dall’impresa sta rapidamente tramontando; l’impresa e la società coincidono.

Bisogna quindi ripensare le forme dell’impresa e dell’economia come parti specifiche di una visione nuova della storia che fa riferimento a un universo fluido, a un sistema dinamico in continua evoluzione e rifondazione.

L’energia progettuale dell’impresa moderna richiede di superare in brand, inteso come tabù di appartenenza, introducendo energie fluide che si coagulano e si muovono solo seguendo strategie a termine e con modalità operative non riproducibili in forma classica.

La crescita dell’impresa quindi non è più una crescita dimensionale, ma la sua capacità dinamica, con la riduzione degli apparati e la dismissione degli addetti e con il continuo miglioramento delle sue capacità operative. La complessità lascia posto alla semplificazione dei moduli operativi, scaricandoli da ogni sovrastruttura formale.

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Uffici little wood football pools, stati uniti

Capitolo 11 – dal brand al buzz

La politica di definizione e difesa del Brand come elemento riconoscibile sul mercato, come nucleo dell’identità non alienabile dell’impresa, deve essere ri-definita come comunicazione di un Buzz, di uno sciame dinamico, un nucleo di comunicazione nn esattamente definibile. Il Brand non occupa stabilmente uno spazion né ha una forma identificabile, ma si colloga dentro a una galassia in continua espanzione, la cui forma è sempre provvisoria proprio perché vitale.

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James Irvine, diagramma per la mostra “citizen

Capitolo 12 – impresa transitoria e stato sociale

La provvisorietà come nuova forma-impresa si manifesta sia nei processi di comunicazione che nelle modalità di appartenenza. Nell’impresa tradizionale gli appartiene. Nell’impresa tradizionale gli addetti vivono una condizione contrattuale che li lega all’impresa come a un sistema chiuso, desitnato a durare nel tempo, a cui dedicare in esclusiva le proprie energie.

Il fallimento o la liquidazione di un0impresa costituisce sempre un’emergenza patologica, a cui mettere riparo attraverso strumenti sociali si soccorso. Il sistema industriale complessivo si comporta come fossero soltanto lecondizioni del mercato a determinare la morte di organizzazioni produttive; quando questo avviene si ritiene che ne soffra l’intero sistema produttivo e sociale.

L’impresa, oggi, affronta la condizione di incertezza come unica certezza possibile; quindi la forma-impresa assume l’aspetto di un organismo non definito formalemnet, ma solo come segmento attraversato da forme relazioni, la cui esistenza è definita in termini assolutamente provvisori.

Il tradizionale welfare riservato alle minoranze più deboli deve essere esteso a tutti e agire come una sorta di protezione generale per tutti coloro che appartengono alla metropoli sociale. Lo stato deve garantire direttamente la realizzazione di questa sorta di tutela generale dei suoi membri.

Le attuali norme che regolano il formarsi dei manufatti urbani e le modalità d’uso dei fabbricati condizionano grandemente l’assetto dell’architettura attuale perché prevedono che le funzioni, le tipologie, le volumetrie vengano precisamente definite e osservate.

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Archi zoom associati, modello per la mostra “superfcie neutra”, abet Laminati, 1972

Capitolo 13 – business art

Nuovo tipo di economia che costituisce un fenomeno storico del tutto nuovo per dimensione e originalità. Durante il secolo scorso, l’architettura e il design, consideravano fondamentale il raggiungimento di unalto livello di razionalizzazione dell’ambiente costruito e dei comportamenti umani.

Oggi siamo passati da una società industriale a una vera civiltà industriale, dove tutti, in qualche maniera sono partecipi di valori e di logiche tipichedell’imprenditorialità; tutti stanno diventando industriali, imprenditori, manager di se stessi e considerano la realizzazione delle propria personalità un rapporto a parametri industriali.

Quella di oggi è quindi l’epoca della business art, l’arte come business, ma anche business come arte.

L’interfaccia tra chi progetta e chi compra è diventato interattivo, perché entrambi operano all’interno del liquido amniotico del mercato.

Capitolo 14 – la dismissione urbana

Modificare secondo le proprie esigenze abitative, produttive, commerciali lo spazio ereditato da precedenti processi di dismissione produce una sorta di metabolismo urbano, difficile da prevedere e governare.

Si lavora in casa e si abita in ufficio.

Molte delle attività tipiche della new economy si sono sistemate nelle aree industriali abbandonate, le città funzionano meglio anche se le normative vigenti non sempre sono adeguate. In alcune città americane non si assegna più ad uno spazio una determinata funzione, ma si classifica uno spazio in ragione del suo regime energetico, ad un determinato numero di computer.

Tutto ciò permette di usare senza problemi costruzioni di mille o duemila anni fa.

La modernità ha maturato città senza architettura e architettura senza città.

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Archizoom associati, 1966-1974, foto di gruppo, studio di via di Ricorboli, Firenze, 1968; da sinistra: Paolo Deganello, Lucia Bartolini, Massimo Morozzi, Natalino Torniai, Dario Bartolini, Gilberto Corretti e Andrea Branzi.

Capitolo 15 – città senza architettura

L’architettura contemporanea soffre di nuova centralità urbana dei suoi sotto-sistemi e della loro capacità di intervenire sui processi di funzionamento della metropoli. Questi sotto-sistemi deboli, reversibili, diffusi sono siventati nelle metropoli attualii veri protagonisti del continuo riassetto funzionale e della qualità percepibile della città. Si è quindi determinato uno scollamento tra città e architettura e il sistema degli oggetti.

Questa crisi dell’unità della disciplina costituisce una grande chance culturale xke essa apre dei nuovi spazi al progetto. Quindi, con la caduta del rapporto che legava positivamente la città dell’architettura, si interrompe quel percorso unitario che ha sempre affidato alla metafisica la verifica sull’efficienza della fisica.

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Ludwig Hiberseimer, New City, 1944

Capitolo 16 – tempo e rete

L’architettura occidentale ha origine nella tradizione classica, una tradizione che affondava le sue radici nel mito pagano di Kronos (tempo). Per salvare l’architettura dalla continua e progressiva distruzione causata dal tempo, bisognava definire uno spazio che si ponesse fuori dal tempo. L’architettura classica nn si evolveva, solo con il crollo della cultura pagana e con l’avvento del cristianesimo il tempo si divise in un prima e in un dopo: a partire dalla creazione del mondo fino all’incarnazione. Il tempo diventa così un concetto lineare che aveva un principio ed una fine. Il problema e lo stimolo verso il futuro ha spinto l’architettura moderna ad accentuare la sua contraddizione di testimonianza eterna, ma destinata a guidarci verso un futuro diverso. Il rifiuto a demolire monumenti moderni ne è la testimonianza.

Il futuro non è più una meta, ma una realtà che lavora per il presente. Con, soprattutto, i mezzi di comunicazioni odierni e la rete internet, la percezione del tempo e dello spazio è destinata a modificarsi secondo delle modalità originali, che coinvolgono anche il modo di progettare.

Capitolo 17 – la rivoluzione sensoriale

Le attuali metropoli presentano logiche produttive e sistemi linguistici opposti. La ricerca tecnologica comporta investimenti sempre più alti, perché nel futuro vi sarà una grande crescita delle capacità umane.

Il risultato di questa crescita può essere raggiunto attraverso una mutazione sensoriale, in cui si sviluppa la sensibilità percettiva dell’uomo.

L’orecchio rappresenta molto bene la rivoluzione sensoriale.

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Andrea Branzi, studi sul tema dell’orecchio, 1989, Musée des arts décoratifs, Montreal

Capitolo 18 – architettura e agricoltura

Anche l’agricoltura è in grado di usare tecnologie simbiotiche, diventando un organismo  produttivo auto-equilibtato regolato dai cicli stagionali, capace di produrre spontaneamente serie diversificate di prodotti commestibili e biodegradabili.

In natura non si ripete mai due volte la stessa forma, la stessa foglia, la stessa mela e questa tecnologia naturale sta diventando il modello costruttivo per l’architettura moderna.

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Pivot per irrigazione in Arizona, 1980

Capitolo 19 – modelli di urbanizzazione debole

I modelli di urbanizzazione debole fanno riferimento a un concetto di reversibilità e di attraversabilità tipiche dell’agricoltura, dove l’architettura diventa una libera disponibilità di componenti, e non coincide più con il concetto di edificio e di tipologia stabile. Modelli di urbanizzazione debole per un’architettura razionale, ma disponibile come un computer a molte attività diverse. Nn si parla di città del futuro, ma di un nuovo tipo di parco agricolo integrato. Una struttura duttile, aperta, che rappresenta una via di mezzo tra gli attuali impoianti agricoli e un sotto-sistema urbano.

Bisogna quindi sperimentare attraverso nuovi modelli di urbanizzaizone debole la possibilità di adeguare il progetto al superamentodi qeusti vincoli storici, rendendolo più adeguato a un tempo che cambia e a una società che si rinnova

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Schema urbano da www.activeworlds.com

PROGETTI

Centro residenziale e commerciale, san Donato Milanese (2000)

Il preogetto parte da un’ipotesi di integrazione tra parco e città, secondo un modello di urbanizzazione debole, puntando cioè a creare una forma intermedia fra un parco abitabile e una struttura agricola produttiva in presenza di servizi urbani diffusi. Il lotto del progetto è attraversato da una lunga strada coperta, sul cui perimetro si collocano due edifici, articolati e affrontati, che definiscono un percorso protetto urbano, che collegandosi alla tradizione lombarda delle gallerie coperte, offre le possibilità di un interscambio polifunzionale.

Su questo mall si addensano le strutture commerciali e i servizi residenziali, intesi però come spazi che nn corrispondono a tipologie formali, ma soltanto a modalità d’uso diverse di una grande struttura  disponibile. La viabilità esistente viene confermata. Il sistema dei parcheggi è risolto a livello interrato con tre tipologie di sosta: quella per residenti e per sosta rapida con parcheggi tradizionali a raso, quella per soste prolungate con silos automatizzati a richiesta di restituzione informatizzata, in modo che il luogo di scambio tra spazio publico auto sia sicuro, confortevole e vicino ai luoghi di interesse.

Il progetto corrisponde a un’idea di città relazionale, integrata, tutta fatta di spazi interni, simile per densità al tessuto dei centri storici, dove si realizza lamassima concentrazione degli scambiin presenza di una struttura densa ma attraversabile.

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Master plan Tokyo City X (1989)

Il progetto si propone di definire soltanto i parametri qualitativi degli spazi interni, lasciando la forma esterna del grande edificio ai processi di crescita delle sue funzioni interne. Quindi un progetto anti-compositivo e anti-tipologico, nel senso che Tokyo City X si propone come un grande contenitore indifferenziato e dinamico, come un unico grande sistema; cioè un unico grande interno metropolitano. In esso lo spazio è  organizzato in piani luminosi diversamente allestiti e diversamente usabili. Il suo tessuto interno deve contenere i grandi magazzini e tessuti urbani storici, grandi ramblas e calli di Venezia, residenze di altissimo lusso e parcheggi per nomadi metropolitani, uffici per grandi compagnie e studi professionali privati. Ospedali e tempo libero, secondo criteri che possono cambiare nel tempo.

Dentro a Tokyo City X nn devono esserci materiali sintetici ma solo stutture artificiali. Grandi parti delle strutture interne ed esterne di essa saranno monolitici e monomaterici. Il progetto può descrivere dei rapporti percentuali tra materiali a peso specifico diverso e la relazione tra parti in pietra e in carta, tra legno e composti, tra vetro e metallo, divisi secondo categorie e percentuali in rapporto al loro invecchiamento. Qualità centrale di Tokyo City X come enclave dolce e come cittadella penetrabile è il silenzio. Il regime acustico viene considerato una qualità culturale dello spazio

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Master plan Domus Academy – incubators (1995)

Il progetto indaga la possibilità di sovrapporre alla città tradizionale un livello di architetture di servizio reversibili e provvisorie, che vengono attivate a seconda delle necessità di spazi per attività temporanee, creando un profilo architettonico mutante e incompleto.

Centro commerciale Focus, Monaco (1982)

L’ipotesi di una convivenza simbiotica tra architettura ed elementi vegetali è un tema in grado di modificare i dispositivi rigidi della costruzione: facciate e rivestimenti vegetali permettono di sostituire la tradizionale morfologia del linguaggio architettonico con sistemi espressivi naturali e mutanti.

Padiglione di Osaka

Il padiglione per l’Esposizione internazione dei giardini di Osaka sperimenta l’uso espressivo di elementi grezzi della natura, collocati dentro agli spartiti dell’architettura, per verificarne l’aumento dell’espressività; presenze outres che ne ingrandiscono il segno e lo spessore misterico.

Master dumus academyflexyroad, infrastrutture reversibili (1999)

Il sistema di strade e autostrade è oggi molto rigido: divide il territorio e crea cicatrici permanenti su di esso. Flexyroad è unsistema di strade rimuovibili per un’urbanizzazione debole. Non è un’alternativa, ma affianca quello esistente per servier i punti di riferimento ni continua mutazione nel paese, nel rispetto della qualità ambientale. Le sue caratteristiche sono: flessibilità, basso consumo di spazio, trasportabilità, sostenibilità, leggerezza, modularità.

Il “nastro” flessibile della strada può essere posto sia sul suolo che su strutture mobili. Le strutture sono auto-portanti e smotabili, per essere facilmente rimosse. Le uscite sono ottenute con semplici pendenze dalla flexyroad al suolo. Flexyroad si trasporta avvolta. Quando viene distesa, prende forma attraverso la tensione di cavi interni che danno resistenza alla sezione verticale. È larga 3,5m. il particolare ordito e trama di flexyroad permette al sistema di curvare e lascia una trasparenza sui bordi, permettendo alla luce di filtrare quando è sospesa e consentendo all’erba di crescere quando è poggiata a terra.

Cimitero monumentale di Carpi, Modena (1989)

Il vecchio cimitero di Carpi si trova all’interno del centro storico della città. Il suo ampliamento, quindi, dentro al parco urbano ha costituito un problema delicato, nel senso che la nuova struttra cimiteriale è circondata da edifici residenziali. Il nostro progetto ha previsto la realizzazione di due volumi verdi paralleli, simili agli argini di un fiume,  dove le sepolture si trovano all’interno delle cortine coperta da vegetazione e integrate nel parco.

Parco di fossili,Carpi, Modena – architettura/agricoltura

Questi “parchi virgiliani” sono nati con l’idea di sostituire la tradizionale progettazione di landscape, narrativa e romantica, con il tessuto ordinato e inespressivo dell’agricoltura locale; alternati con inserimenti di terreni erbosi su cui si trovano collinette a forma di animali o fiori. Il tono espressivo del parco si abbassa, ma emergono texture enzimatiche più ordinate, e segni figurativi non vistosi. Il termine “virgiliano” fa riferimento al poeta romano Virgilio Marone che cantava l’agricoltura e le sue tecniche, come parte poco vistosa ma profonda dei miti letterari della classicità.

concorso per Fiabilandia, Parco tematico, Rimini

Si tratta di un territorio narrativo dove oltre al lago, all’isola, al villaggio, c’è un vasto frutteto su cui sono realizzate delle piccole colline, le cuiforme sono simili a quelle che i bambini realizzano giocando con la rena. Anche in questo caso la morfologia complessiva del progetto ha un’origine esterna all’architettura, che si realizza direttamente attraverso il territorio,  in maniera più definita e indiretta.

giardino di vetro (2004)

questo piccolo giardino provvisorio, realizzato nel cortile interno di Palazzo Tursi Doria a Genova, è costituito da un intreccio di vetri, bambù, pali o piante, e quindi si colloca tra l’architettura e l’agricoltura. Il progetto affronta infatti il tema del perimetro dell’architettura, tradizionalmente rigido e definitivo, che separa ciò che èinterno da ciò che è estern; in qeusto caso le pareti sono realizzate intrecciando due componenti, creando così il perimetro ibrido, un confine sfumato, che appartiene contemporaneamente a due realtà contrapposte, architettura e giardino. L’intreccio è una tecnologia poco usata in architettura, basata sulla collaborazione di componenti strutturali dboli, che pur rimanendo autonome e separate, creano una superficie elestica, smontabile, con caratteristiche di leggerezza e penetrabilità particolari. In questo caso l’intreccio è usato per realizzare un giardino architettonico, cioè un territorio enzimatico, intermedio tra l’energia naturale e la tecnologia costruttiva: un territorio evolutivo che segue l’evolversi delle stagioni, all’interno di un sistema diffuso e regolare di palificazioni, sostegni o colonne.

a testimonianza sia dell’origine agricola dell’architettura, sia dell’origine architettonica dell’agricoltura.

GLOSSARIO

ARCHITECTURAL LINK: natura perimetrale dell’architettura nella città contemporanea, interfaccia tra I due processi formative delle dinamiche urbane, filtro che deve essere pensato come una realtà fluida, attraversabile, reversibile, non più portatrice di metafore e di soluzioni definitive,ma presenza attiva in un contest che prevede la sfumatura teorica e pratica dei tracciati.

IMPRESE ATTRAVERSABILI: imprese reversibili, che assumono cioè nella propria forma organizzata lo stato di crisi permanente, l’instrabilità del mercato, di incertezza dei valori, producendo organigrammi capaci di liberare energie espansive a partire dal proprio dissolvimento.

BRAND: elemento riconoscibile sul mercato, come nucleo dell’identità non alineabile dell’impresa, deve essere ri-definita come comunicazione di un BUZZ, si uno sciame dinamico, un nucleo di comunicazione non esattamente definibile.