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autore |
GABRIELE BASILICO |
titolo |
ARCHITETTURE, CITTÀ,
VISIONI |
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editore |
BRUNO MONDADORI |
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luogo |
MILANO |
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anno |
2007 |
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lingua |
ITALIANO |
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Titolo originale:
Gabriele Basilico, Architetture, città, visioni – Riflessioni
sulla fotografia a cura di Andrea Lissoni,
Bruno Mondadori 2007 |
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Argomento e
tematiche affrontate |
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Un viaggio alla
scoperta della fotografia, attraverso racconti, fotografie ed esperienze
narrate da Basilico con grande passione e riflessione. Basilico ci porta così
a conoscere il mondo della fotografia attraverso immagini ed esperienze
personali, collezionate durante la sua vita e riportate nelle sue varie
pubblicazioni. Si scopre così, il lavoro di uno dei più grandi fotografi
contemporanei, che attraverso conversazioni e testi (che sono frutto del suo
lavoro) ci porta all’interno della sua visione della fotografia, vissuta più
come passione che come lavoro. |
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Giudizio
Complessivo: 9 (scala 1-10) |
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Scheda compilata
da: Davide Adorno |
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Corso di Architettura
e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013 |
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Autore |
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Grabiele Basilico (12 agosto 1944–13 febbraio 2013) è stato un
fotografo italiano, tra i più noti a livello internazionale. Nasce a Milano e
dopo gli studi e la laurea in Architettura al Politecnico si dedica con
continuità alla fotografia. Fotografa esclusivamente in bianco/nero e i suoi
campi d’azione privilegiati sono il paesaggio industriale e le aree urbane.
Il suo primo vero e importante lavoro risale al 1982 quando realizza un
reportage intitolato “Ritratti di fabbriche”, riguardante le aree industriali
milanesi. Riscuote un’immediata notorietà e si trova ad essere inviato alla Mission Photographique de la
DATAR. Seguono anni di grande lavoro con intense ricerche sul territorio e
commissioni pubbliche. Le sue esperienze vengono raccolte in una serie di
libri: “Italia & France” (Jaca Book), “Bord de Mer” (AR/GE Kunst), “Porti di Mare” (Art&), “Paesaggi di Viaggi”
(AGF), “Scambi” (Peliti), “L’esperienza dei luoghi”
(Art&), “Basilico Beyrouth”. |
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Gabriele
Basilico |
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CAPITOLI |
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Capitolo 1 – La formazione, il Politecnico,
l’architettura, Aldo Rossi |
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Gabriele
Basilico inizia nel 1963 a frequentare i primi corsi di Architettura del Politecnico
di Milano. Erano gli anni sessanta e il panorama dell’architettura
contemporanea che vi era a Milano non era caratterizzato dalla stessa
complessità che si presentava sia a livello culturale che universitario. I
progettisti e i costruttori guardavano verso un modello di matrice
razionalista. Nella scena milanese, la figura che più emergeva era quella di
Luigi Caccia Dominioni, che già rappresentava un
esempio, ma colui che per primo influenzò la visione di Basilico riguardo
l’architettura fu Aldo Rossi. Basilico lo incontrò per la prima volta nel
1964/65, quando Rossi era professore al Politecnico ed egli frequentava il
secondo anno. Rossi apparteneva a quella fascia di professori che si
schieravano dalla parte degli studenti e ne capiva e condivideva le scelte e
lo spirito innovativo. In pratica, alcuni tra studenti e docenti, in linea
col pensiero di Ernesto Nathan Rogers misero in
discussione la figura dell’architetto proponendone una nuova figura che fosse
al centro della vita sociale. |
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Milano,
Parco Lambro1976 |
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Capitolo 2 – La scoperta della fotografia attraverso i libri,
gli esordi |
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Terminati gli
studi, Basilico apre con alcuni compagni un piccolo studio, ma dopo il ’68
per egli come per molti altri l’interesse verso il sociale aveva superato
quello per l’architettura. In quel periodo egli iniziò quasi per caso a fare
fotografie. Si avvicinò alla fotografia in quanto mestiere nuovo in una
Milano molto impegnata nell’arte e nella cultura; dopo la laurea,
Basilico si iscrisse così all’albo degli artigiani come fotografo. In quegli
anni la fotografia italiana ha raggiunto un livello internazionale grazie a
Ugo Mulas. Basilico all’epoca iniziò a interessarsi
moltissimo di libri fotografici e proprio grazie a questo suo interesse prese
strada la sua attività di fotografo. A giudizio di Basilico il suo vero e
proprio maestro segreto fu Walker Evans il quale a
giudizio di Basilico esercitava una fotografia senza enfasi, diretta e
controllata, con “uno sguardo equo”. L’uso invece della fotografia in bianco
e nero di Basilico lo si deve a Bill Brandt; infatti Basilico aveva
visto il lavoro fatto da Brandt a Londra e ne rimase completamente colpito. |
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Dancing in Emilia 1978 |
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Capitolo 3 – Milano ritratti di fabbrice |
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Milano ritratti di fabbriche fu pensato da subito da Basilico
come progetto destinato a diventare libro. Si tratta del suo primo libro
interamente progettato ed è il libro che ha catapultato Basilico tra i grandi
della fotografia internazionale. Subito dopo la pubblicazione del suo lavoro,
venne coinvolto da Jean-Francois Chevrier nel
progetto della Mission Photographique
de la DATAR, il grande mandato governativo affidato ad un gruppo
internazionale di fotografi con lo scopo di rappresentare la trasformazione
del paesaggio francese. Milano ritratti di fabbriche è il risultato di
un’indagine fotografica compiuta tra il 1978 e il 1980. |
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Milano 1978-1980 |
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Capitolo 4 – La transizione. Gli anni
ottanta e il ritorno al paesaggio |
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Basilico
afferma che gli anni ottanta hanno segnato in Italia e in Europa, la
rinascita di un grande interesse per il paesaggio in fotografia. Fino ad
allora al centro dell’attenzione c’era stato l’uomo e il paesaggio aveva
avuto un ruolo secondario, aveva agito soprattutto da “fondale”. È solo alla
fine degli anni settanta che il tema del paesaggio ha interessato un numero
sempre maggiore di soggetti; infatti l’antropizzazione selvaggia aveva
lasciato tracce indelebili sul territorio. Cosi si prese atto di questo
processo di crisi e la fotografia venne coinvolta a pieno titolo in questo
impegno di documentare lo stato di fatto della società post-industriale. |
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Capitolo 5 – Bor
de Mer: guardare le coste e oltre |
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Come già
accennato in precedenza, Basilico venne invitato a partecipare alla Mission Photographique de la
DATAR, la più grande committenza pubblica nella storia della fotografia.
Basilico partecipò a questa iniziativa realizzando un percorso lungo le coste
del Mare del Nord. Grazie a tale incarico, egli si dedicò alla realizzazione
di un nuovo libro, Bord de Mer, e mutò la sua visione nei confronti del
paesaggio. Basilico proprio in relazione a tale esperienza, parla di “lentezza
dello sguardo”. In pratica nasce in lui il desiderio di esprimere con la
fotografia tutti i particolari che il paesaggio ha da offrire. Basilico per otenere questo risultato, compie un grande numero di
viaggi in questi luoghi, compiendo almeno cinque nel nord-ovest francese. |
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Merlimont Plage 1985 |
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Capitolo 6 – Porti di mare |
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Dopo
l’esperienza di Bord de Mer, Basilico compie un progetto di ricerca personale
sui porti. Visita e fotografa undici porti tra nord e sud Europa
(Napoli, Trieste, Genova, Barcellona, Le Havre, Dunkerque, Boulogne, Calais,
Rotterdam, Anversa e Amburgo). Basilico guarda al porto come un esempio
eccezionale di paesaggio costruito, come uno dei più ricchi che la nostra
civiltà possa offrire. Nel visitare questi luoghi di mare, Basilico riscontra
alcune incredibili coincidenze con Milano ritratti di fabbriche; le
navi stesse, vengono intese da Basilico come fabbriche galleggianti, solo che
la presenza del mare e quindi dell’acqua fanno mutare in continuazione le
luci, i colori e la forma del paesaggio. |
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Napoli 1982 |
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Capitolo 7 – Beirut e la pelle della città |
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Basilico
venne coinvolto nel 1991, insieme ad altri fotografi, in un progetto di
documentazione della città di Beirut. La città era stata per molti anni
vittima della guerra ed ora attendeva la sua rinascita. Basilico era in
possesso di una carta topografica della città e il suo lavoro e quello degli
altri fotografi chiamati insieme a lui era libero di interagire liberamente.
Basilico lavorò a Beirut fra l’ottobre e il dicembre 1991. Documentò lo stato
di fatto di una città completamente distrutta che ad egli appariva vittima di
una terribile malattia della pelle ma che in realtà era il risultato di
quindici anni di guerra civile. Dopo uno stato iniziale di disagio e
incertezza, Basilico si comportò come se davanti avesse una qualsiasi altra
città e cercò di rendere una visione dello spazio molto strutturata,
architettonica cercando di escludere ogni dettaglio per restituire nei limiti
del possibile una condizione di normalità urbana. |
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Beirut 1991 |
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Capitolo 8 – La tecnica del
rabdomante |
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Basilico
con gli anni ha iniziato a utilizzare la Linhof,
una macchina compatta e pieghevole, che utilizza pellicole di grande formato.
È un tipo di macchina che costringe il fotografo a un procedimento lento che
quindi consente di prendere visione e coscienza dello spazio. Basilico
afferma quindi di muoversi come fa un rabdomante alla ricerca di una
sorgente; grazie quindi all’uso di questa macchina di grande formato, con il
cavalletto e il lungo tempo di preparazione, il fotografo inizia a vedere
prima con gli occhi che con la macchina. |
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Capitolo 9 – Lungo il paesaggio
italiano |
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Nel 1996 a
Basilico viene affidato il compito, da parte della Biennale di Venezia, di
fotografare le opere di una serie di giovani architetti. Egli riuscì però ad
ottenere carta bianca e insieme a Stefano Boeri prese in considerazione sei
“aree critiche” lungo il paesaggio italiano, che chiamò in seguito Sezioni
del paesaggio italiano. Vennero prese due zone al nord, due al centro e
due al sud. In seguito all’analisi di queste zone si poterono trarre delle
considerazioni e verifiche di natura urbanistica sulla trasformazione del
paesaggio. Alla fine, l’impressione che si ebbe fu quella che il territorio
italiano si stava modificando in modo tutto sommato omogeneo. |
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Napoli - Caserta 1996 |
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Capitolo 10 – Il corpo della città
e dentro la città interrotta |
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Basilico affronta
incessantemente il tema del paesaggio urbano. Egli realizza due serie, la
prima Dentro la città, la seconda Scattered
City. In Dentro la città, Basilico affronta il tema della
rappresentazione dello spazio e dell’architettura. Per Basilico il vuoto in
architettura è molto più che una mancanza di materia, è parte
integrante dell’architettura, una parte strutturale del suo essere. Basilico
afferma che basta la presenza di un uomo per ridare al vuoto il suo senso
drammatico e di assenza.
Scattered City appare invece come un testo chiuso di
un’opera però infinita potremmo dire; infatti raccoglie una serie di foto
scattate a molti anni l’una dall’altra, senza apparenti connessioni potremmo
pensare, ma in realtà fanno tutte parte di un percorso di trasformazione
accelerato dello spazio urbano, che a giudizio del fotografo merita di essere
osservato molto attentamente. |
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Madrid 1993 |
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Capitolo 11 – L’agopuntura, la
forma della città fra tempi e modi dello sguardo e dell’immagine |
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Basilico,
come fotografo, si muove cercando dei punti nello spazio fisico dove collocare
il centro di osservazione e da dove poi proiettare lo sguardo. Egli in
pratica adotta lo stesso principio dell’agopuntura, sapendo che ci sono dei
punti lungo i meridiani dove si attiva
l’energia.
Basilico, negli anni che separano la DATAR e Bord
de Mer da Scattered City,
cambia atteggiamento. La sua visione dello spazio si è allargata molto, si è
estesa rispetto alla rappresentazione di un unico particolare e la sua
visione diventa meno selettiva di prima. A partire dagli anni novanta si
interessa della fenomenologia dei processi urbani e per fare ciò ha ampliato
davvero molto il rapporto con lo spazio. |
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Milano 1995 |
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Capitolo 13 – Architetti e
fotografia, architettura e fotografia |
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Basilico illustra la stretta corrispondenza che c’è tra fotografia
e architettura. Afferma che soprattutto negli ultimi anni vi è l’esigenza da
parte degli architetti di una scelta molto accurata dei propri partner per
diffondere le loro opere sui media visuali. In pratica, anche se sembra
paradossale, a volte diventa più famosa la fotografia dell’opera stessa.
Quindi un architetto deve scegliere con cura le immagini da diffondere, e
quindi per costruire il suo “mito” dovrà scegliere le immagini giuste e
corrette. Distingue però nettamente i due mestieri, ricordando lo scopo
sociale dell’architettura, in quanto oggetto d’uso. Per quanto riguarda la
fotografia, Basilico parla di “progettazione visiva” in quanto riconosce alla
fotografia il ruolo di riordinare entro certi limiti il caos del paesaggio
urbano contemporaneo. |
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Monaco 2005 |