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autore

CARLO AYMONINO

titolo

LO STUDIO DEI FENOMENI URBANI

editore

OFFICINA EDIZIONI

luogo

ROMA

anno

1977

 

 

lingua

ITALIANO

 

 

Prima edizione: Carlo Aymonino, Lo studio dei fenomeni urbani, Officina Edizioni, Roma 1977

 

 

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Argomento e tematiche affrontate

Nell’opera vengono ripubblicati i saggi introduttivi che Carlo Aymonino ha scritto per le ricerche redatte dal 1967 al 1973, sotto la sua direzione, da due gruppi di collaboratori persso lo IUAV sulla città di Padova e sulle città di Parigi e Vienna. I due saggi si integrano fra loro in quanto, pur partendo dai dati delle ricerche, si aprono ai problemi che hanno interessato il dibattito architettonico italiano di quel decennio. In particolare ai temi dell’analisi urbana come strumento per conoscere le modalità di formazione della città moderna e contemporanea.

   

Giudizio Complessivo: 7 (scala 1-10)

Scheda compilata da: Gabriele Sacco

Corso di Architettura e Composizione Architettonica 2 a.a.2012/2013

     

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Autore

Carlo Aymonino è nato a Roma nel 1926 e qui si è laureato in architettura nel 1950 presso La Sapienza. Dal 1963 insegna allo IUAV di cui dal 1974 diventa direttore. Insegna Composizione architettonica alla Facoltà di architettura di Roma (1980-1993). Nel 1981 diventa assessore per gli interventi al Centro Storico di Roma. Dall’84 all’87 tiene la rubrica L’Architettura sul settimanale “Europeo”. Muore a Roma nel Luglio 2010.

Ha pubblicato: Origine e sviluppo della città moderna (1965); L’abitazione Razionale (1971); La città di Padova (1970); Il significato delle città (1975); le città capitali del XIX secolo: Parigi e Vienna; Un progetto per il centro storico di Roma (1982); Per un'idea di città (1984); Piazze d'Italia progettare gli spazi aperti (1988), Progettare Roma Capitale (1990); Carlo Aymonino (1996); Il Campidoglio di Carlo Aymonino (2000); Carlo Aymonino: disegni 1972-1997 (2000).

Tra i progetti principali: Quartiere Spine Bianche a Matera (1955); Complesso del Monte Amiata al Gallaratese, Milano (1970); Liceo Scientifico Guglielmo Marconi, Pesaro (1971); Palazzo di Giustizia di Ferrara (1977); Progetto IMA, Ferrara (1982); Il Colosso, Roma (1982-1984); Progetto per il mercato coperto, Lecce (1985); Progetto di tre piazze, Terni (1985).

Carlo Aymonino

 

Contenuto

Nel primo saggio Aymonino ipotizza, e successivamente verifica, che il rapporto tra la tipologia e la morfologia sia ciò che determina la città e che il suo variare nelle epoche storiche possa essere studiato per individuare i metodi di formazione della città moderna e contemporanea. La ricerca di cui il saggio è l’introduzione è per Aymonino solo il primo passo per la costruzione di una nuova scienza urbana, che, confrontando il rapporto prima tra epoche storiche diverse nella stessa città e poi tra città diverse, permetta di astrarre degli elementi comuni nel manifestarsi dei fenomeni urbani.

Il secondo saggio analizza, avendo come sfondo culturale le teorie e le analisi Marxiste, la formazione della città-capitale di tipo capitalistico boghese del XIX secolo evidenziando come in essa il rapporto tipo-forma urbana sia totalmente capovolto rispetto ai secoli precedenti. Vengono quindi analizzati i presupposti politici e sociali e gli strumenti operativi messi in campo nelle due capitali per attuare le trasformazioni, evidenziandone i limiti e le differenze negli esiti.

  

SAGGI

SAGGIO 1: LO STUDIO DEI FENOMENI URBANI

 

Finalità della ricerca

Il lavoro di ricerca (La Città di Padova, 1970), di cui questo saggio è l’introduzione, analizza gli aspetti tipologici e morfologici della città di Padova, partendo da ipotesi teoriche che saranno poi confermate o corrette dalle verifiche sulla realtà. Il fulcro della ricerca è il complesso, mutevole e talvolta persino inesistente rapporto tra lo sviluppo morfologico della città e caratteri tipologici degli edifici.  Nella ricerca si è scelto di non suddividere l’architettura in antica e moderna in quanto la città può essere vista come un manufatto sostanzialmente unitario al di là delle variazioni stilistiche. L’analisi viene quindi ad analizzare il rapporto tra tipi e forma urbana  in quanto sintesi dialettica tra due differenti metodologie di indagine: sulla struttura interna che si spinge verso l’astrazione di tipi edilizi autonomi, o vicevesa sulle modificazioni della forma urbana. In breve è lo studio delle relazioni tra architettura e città.

 

La scelta del campo applicativo

Padova è stata scelta come città su cui svolgere le analisi per convenienza di luogo ma risponde anche a due requisiti: dimensione storica non solamente di epoca romana ma anche medievale e dimensione geografica sufficiente per il manifestarsi di fenomeni complessi. Inoltre rispetto ad altre città italiane ha avuto un processo di sviluppo continuo con pochi salti e vi è una consistente varietà strutturale e qualitativa che permette di concentrarsi su fenomeni più ristretti.

L’orizzonte della ricerca parte dalla storia edilizia della città di Padova per arrivare con metodo comparativo a una nuova teoria della città basata sul rapporto.

 

Gli studi dei fenomeni urbani

Fino all’epoca della stesura di questo saggio, in Italia, erano scarsi gli studi sulla scienza urbana. Erano stati affrontati studi urbanistici che però avevano il difetto di voler trarre in modo automatico delle scelte operative di pianificazione a partire dalle analisi svolte. Questa ricerca ha invece come oggetto i processi costitutivi della città. Due architetti che conducono ricerche in questo ambito sono Saverio Muratori (Studi per una operante storia urbana di Venezia) e Aldo Rossi (Contributo al problema dei rapporti tra tipologia edilizia e morfologia urbana). Se il primo però vede i risultati della ricerca come delle conoscenze da cui ricavare in modo automatico le modalità della progettazione futura, il secondo invece si serve di un metodo che attraverso le deformazioni e i mutamenti di un fatto urbano perviene alle leggi di formazione della città stessa (ripresi poi ne L’Architettura della Città).

 

Tipo e Tipologia

Aymonino aveva precedentemente definito la tipologia come “studio delle possibili associazioni di elementi per giungere a una classificazione per tipi degli organismi architettonici”. Gli elementi, parti dell’insieme che si possono isolare, possono essere definiti con due procedimenti: stilistico-formale (tipologia indipendente) che riguarda l’architettura come fenomeno autonomo, e organizzativo-strutturale (tipologia applicata) che riguarda l’architettura come fenomeno urbano. Nella ricerca è stato quindi utlizzato il secondo, ma, per alcuni periodi storici come il periodo rinascimentale e manieristico, il procedimento stilistico formale si sostituisce alla tipologia applicata poiché le architetture del tempo (es. Brunelleschi a Firenze) sono degli oggetti architettonici che modificano e sconvolgono il significato della struttura urbana prcedendente. La classificazione è una generalizzazione che mette ordine tra elementi diversi attraverso l’individuazione di punti comuni, in questo caso in funzione del rapporto con la forma urbana.

La definizione viene quindi rivista in “la tipologia edilizia è lo studio degli elementi organizzativo-strutturali artificiali (tutto il costruito della città) avente come finalità la loro classificazione rispetto alla forma urbana di un determinato periodo storico”.

In questo senso la tipogia, come strumento dell’indagine urbana, non va studiata solo nei suoi rapporti interni (es. distribuzione nella casa gotica) ma nel suo generare la città (es. rapporto tra lotto gotico e forma della città medioevale).

 

Tipologia e morfologia

Lo studio della città di Padova ha permesso di individuare alcuni processi generali nella variazione del rapporto tipologia-morfologia.

Nel medioevo vi è una forte prevalenza della forma urbana sul tipo a causa della semplicità della tipologia edilizia che prevede conincidenza di abitazione e luogo di lavoro. Il vero elemento costitutivo della forma urbana è il lotto gotico, che per questo ha una permanenza temporale nonostante le sostituzioni degli edifici che insistono su di esso. Questo evidenzia come i quartieri di case a schiera contemporanei applichino ivece il processo opposto, a partire dal tipo determina il lotto.

Nel XIII secolo nascono i concetti di centro e periferia, ma la città è vista come un’unità politica e fisica e i due termini non nascondono una contraddizione come nella città moderna. In quel periodo storico la forma urbana è l’elemento dominante, sopratutto nei suoi mutamenti.

Successivamente dal XIV secolo vi è un’inversione dei fattori: la struttura urbana è costante mentre cambiano i confini della città e la tipologia di alcuni episodi urbani significativi (la villa, il palazzo, la chiesa...)

Importante è la modificazione del sistema difensivo che si articola sempre di più e acquista una dimensione planimetrica rilevante. I mutamenti in questo periodo seguono due direzioni: all’interno della città sono delle trasformazioni di aree attraverso delle sostituzioni di elementi in cui la qualità formale dà validità alla trasformazione stessa; all’esterno nella campagna, seguendo lo stesso principio, vengono inseriti degli episodi isolati (la residenza in campagna) che costituiscono dei nuovi punti di riferimento all’interno di una struttura costante.

Infine nell’700 si realizza il compimento di quelle parti di città che erano rimaste incomplete, creando quel corpo unitario che noi oggi chiamamo centro antico.

 

La tipologia dell’abitazione

Le abitazioni costituiscono l’aspetto quantitativamente più rilevante di un impianto cittadino e sono uno dei fattori della permanenza dell’impianto urbano. Proprio per questa costanza nel tempo, l’analisi della tipologia residenziale è utile per studiare le differenze morfologiche tra città e città e tra aree diverse di una città.  Una prima considerazione che può essere fatta è che la stabilità di una tipologia abitativa nelle sue caratteristiche fa in modo che essa sia uno strumento per disegnare parti della città in modo molto libero adattandosi alla situazione particolare (es. quartieri a schiera olandesi e tedeschi degli anni ’30). Questa adattabilità in funzione urbana è un nuovo carattere del tipo.

La seconda considerazione è che il rapporto varia in base ai fini della società ondeggiando tra il prevalere delle parti sull’insieme e l’opposto prevalere del sistema sulle singole parti.

 

Elementi della struttura urbana

Il superamento della cerchia delle mura difensive può essere visto come il momento  di passaggio tra la città antica e quella contemporanea. Non vi è più un dentro e un fuori ma iniziano a formarsi i concetti di centro e periferia moderni. Le modalità di superameno delle mura difensive corrispondono ai due tipi di cinte murarie: medievali o rinascimentali. Le prime, costituite da un muro non molto profondo e di sviluppo lineare, vengono quasi sempre conservate determinando la permanenza del confine antico o come manufatto o come allineamenti dell’ultima espansione del centro.  La costruzioni dei viali di circonvallazione diventa il sistema unificante tra il centro e i nuovi quartieri. Le seconde, avendo una dimensione considerevole anche in profondità, vengono distrutte aprendo la possibilità di costruire non solo una cerchia di viali ma anche nuovi quartieri residenziali. Il caso più famoso è quello di Vienna, dove la demolizione del sistema di fortificazioni  largo circa 500m fu l’occasione per la creazione di una grande strada di rappresentanza e di un sistema viario di connessione tra la città antica e quella nuova, che si estendeva oltre la zona di rispetto. L’analisi di questi processi evidenzia come questo passaggio sia fondamentale per l’assetto e lo sviluppo successivo delle città e l’importanza che le città capitali hanno avuto, sopratutto negli stati nazionali già formati, nelle trasformazioni urbane ponendosi come esempio da imitare (Vienna, Parigi).

 

La formazione della città contemporanea

Aymonino si chiede se sia ancora rintracciabile un rapporto tra tipologia e forma urbana nelle città che hanno subito le trasformazioni sociali ed economiche contemporanee, se esso possa essere letto con gli stessi strumenti precendenti, se gli strumenti dell’urbanistica classica non abbiano diviso gli aspetti quanitativi dalla realizzazione concreta creando i presupposti per la perdita del rapporto, se lo sviluppo non sia mera espansione.

Vi sono una serie di fenomeni che, diventando dominanti, hanno determinato la formazione della città così come noi la vediamo.

La città moderna capitalistica sia basa inizialmente sulla distinzione tra destinazione d’uso e lotto, distinzione che permette una libertà assoluta anche se di fatto si trasforma in differenziazione sociale poichè il suolo è di proprietà privata. L’organizzazione della città è attuata attraverso la determinazione di un reticolo viario e di una serie di servizi che permettono lo sfruttamento intensivo del suolo. Gli edifici contenenti i nuovi servizi per la prima volta divengono rappresentativi e hanno valore urbano distinto dagli edifici residenziali. Si vengono a creare una serie di “temi” ricorrenti (i teatri, gli ospedali...) che generano dei tipi edilizi nuovi ben precisi che si rapportano alla nuova struttura urbana.

Due attrezzature che sono significative per il successivo sviluppo urbano sono i parchi pubblici e le stazioni ferroviarie. I primi sono quasi sempre di epoca precedente e derivano da parchi reali che di solito si trovavano al di fuori delle mura della città. Nel passaggio alla città moderna perdono il loro carattere di luogo privato e diventano parte integrante della città, componenti fondamentali della forma urbana.

Le stazioni ferroviarie sono come i parchi ai limiti della città, ma costituiscono il punto di unione tra essa e un sistema infrastrutturale che vive di logiche proprie. Con la ferrovia si inverte il rapporto tra infrastrutture e città: prima queste penetravano nel centro cittadino attraverso le porte, ora è la città che “raggiunge” la ferrovia con nuove vie e quartieri residenziali.

Oltre ai nuovi servizi sono importanti i le infrastrutture generali (acquedotti, fognature...) che aquisiscono un peso sempre più importante nello sviluppo urbano.

Tutte le città che subiranno uno sviluppo intenso vedranno la quantità edificata residenziale aumentare esponenzialmente modificando i propri rapporti interni e l’aspetto fisico.

 

Il processo di sviluppo

Il processo è divisibile in tre fasi successive:

1) I nuovi edifici vengono aggiunti alla città esistente come completamento delle aree vuote  utilizzando i tipi come oggetto indipendente dalla forma urbana precedente;

2) L’estensione dei nuovi insediamenti residenziali determina un radicale cambiamento nella struttura della città soprattutto per quanto riguarda le strade, le ferrovie, gli sventramenti. Questa è la fase dell’abbattimento delle mura difensive. Parigi e Vienna attuano in questa fase (tra 1850 e 1870) due trasformazioni diverse ma che hanno in comune la visione di una città ancora modificabile come un tutto in cui antico e nuovo possono essere uniti.

3) La quantità residenziale cresce in modo indipendente dalla forma urbana e si sostituisce ad essa. Gli insediamenti periferisci crescono a dismisura (opposizione centro-periferia) che man mano si costituiscono in forme sempre più indipendenti.

La forma urbana diventa derivabile dagli accrescimenti continui della quantità edilizia senza alcuna capacità di influenzarla. Più che nelle espansioni  il capovolgimento del rapporto è visibile nelle traformazioni delle preesistenze: il monumento isolato diventa il punto di riferimento o lo sfondo per i nuovi percorsi stradali che vengono aperti indipendentemente dal suo reale valore.

Per quanto riguarda i tipi edilizi, gli edifici vengono usati in modo differente, in modalità con gradazione diversa, dal solo cambio di uso a una radicale trasformazione. Questo processo di modificazione può investire singoli edifici o intere aree urbane e porta infine alla formazione di un centro in cui sono collocati gli edifici più rappresentativi sia dal punto di vista architettonico che economico-sociale. In questo modo però gli edifici del centro perdono il loro valore come unità architettonica e vengono uniformati in un tutto in cui poter inserire nuove funzioni (commerciali, amministrative) senza alcuna relazione con il singolo edificio.

Il resto della città invece è dominato dall’aspetto quantitativo e non ammette qualità architettonica proprio per la scelta di basare lo sviluppo non sull’architettura ma sulla possibilità di speculazione sul lotto libero edificabile. La città diventa un agglomerato in quanto l’importante non è la forma dei lotti ma la loro estensione

 

Nuove ipotesi

a) L’ipotesi di un rapporto, seppur mutevole, tra la tipologia edilizia e la forma urbana è confermata nei periodi esaminati. Il variare del rapporto è la base dell’esistenza della città.

b) La storia del mutamento del rapporto è la storia urbana della città, ma in epoca contemporanea la possibilità di individuarlo cambia radicalmente. Scompare o bisogna trovare nuovi strumenti?

c) Gli strumenti utilizzati per epandere la città contemporanea di fatto annullano l’architettura e la relegano in episodi isolati dal resto della città. Il centro diventa l’unico luogo di esistenza della città in opposizione alla periferia e la forma urbana (o la sua non esistenza) può essere cercata solo dividendo l’unità della città in parti.

   

SAGGIO 2: IL RUOLO DELLE CITTÀ CAPITALI NEL XIX SECOLO: PARIGI E VIENNA

Premessa

Lo scopo della ricerca è quello capire quali siano stati i mutamenti che una città ha subito dopo essere diventata capitale di uno stato nazionale e il ruolo di modello che essa ha avuto rispetto alle altre città.

Una città capitale può essere: originaria, se se dalla sua espansione si è generato lo stato; designata, se scelta dopo la sua costruzione come città più rappresentativa tra le varie possibili; fondata, se creata per svolgere questa funzione.

Le città capitali rivestono un ruolo importante nello sviluppo di strutture urbane complesse, sopratuttto per quanto riguarda il periodo della formazione della città contemporanea.  Attraverso un’analisi differenziata vengono precisati i processi attraverso i quali la città capitalistico-borghese ha manifestato se stessa nei vari casi concreti di città capitale e quali aspetti di novità vi siano rispetto ai fenomeni precedenti.

 

Caratteri generali e differenze specifiche

Le trasformazioni prese in esame sono interessanti in quanto non solo hanno modificato non solo l’esistente ma anche le prospettive di intervento futuro: la città capitale moderna e capitalista genera dei nuovi strumenti politici, economici, tecnici che poi si diffonderanno nel resto dello stato.

L’abitazione è il problema che domina e determina gli sviluppi ulteriori della città. Il principio fondante della città borghese è che non ha confini,  può essere teoricamente infinita e la rendita del suolo sempre possibile. Le tipologie edilizie borghesi sono indifferenti alla collocazione urbana e nella loro evoluzione sottendono un cambiamento di scala dei problemi (dalla casa all’isolato). 

I processi che si verificano in questo periodo il cui esito è la nuova forma urbana sono una trasformazione profonda delle parti già costruite e la costruzione di nuovi quartieri residenziali. Questi avvengono secondo due modalità: riordino dell’esistente in un nuovo sistema (Amsterdam) oppure creazione di un sistema indipendente che si sovrappone al precedente ignorando le parti non interessate (Parigi). Vi sono due contraddizioni individuabili in questi processi. La prima è che a fronte di una nuova scala e quantità degli interventi non si sia riusciti a trovare delle soluzioni architettoniche e tipologiche soddisfacenti. Se i nuovi quartieri hanno qualcosa in comune è per le norme sulle distanze tra fabbricati, altezze dei fronti e larghezze stradali, più che per elementi architettonici comuni. In campo economico è declinabile nella contraddizione tra passaggio degli interventi privati al pubblico (servizi e impianti) e il piegarsi dell’intervento pubblico ad interessi privati circoscritti.

La seconda contraddizione riguarda il rapporto tra centro e nuovi quartieri: con l’espansione la parte antica assume per la prima volta un’identificabilità propria, data dalla sua compiutezza. Tale compiutezza è causata dalla fine delle trasformazioni in questo ambito poichè ormai sono tutte concentrate all’esterno.

 

Il potere politico e le contraddizioni sociali

Le aspirazioni democratiche della rivoluzione francese di un riequilibrio del rapporto città-campagna verranno sconfessate dai successivi avvenimenti fino all’affermazione di Parigi come città-capitale moderna durante il Secondo Impero. Il desiderio di Napoleone III è quello di fare di Parigi una grande città del commercio internazionale concludendo un processo di trasformazioni che era già in atto ma dandogli un significato nuovo. Infatti già dei primi piani di intervento erano stati fatti sotto il Direttorio e poi sotto Napoleone che voleva rendere Parigi “la città più bella del mondo” prendendo a modello la Roma imperiale. Solo successivamente i nuovi ricchi riprenderanno i piani napoleonici, accantonando il modello imperiale, facendoli rientrare in un disegno più ampio.

Il sistema di sviluppo borghese dovrà però prima scontrarsi con il suo antagonista dialettico e ciò avverrà nelle rivoluzioni del 1848 in cui viene manifestata la necessità di una trasfromazione economica. L’esito dei moti è alla fine un ritorno a regimi borghesi o aristocratico-borghesi che, con la loro stabilità, permetteranno quei grandi lavori di trasformazione. Ma la paura suscitata nella proprietà dai moti del ’48 permette di focalizzare alcuni problemi come la povertà, la questione abitativa che uniti alle richieste marxiste di abolizione della proprietà privata, porteranno a una radicale revisione del concetto di proprietà che potrà essere sottoposta a vincoli e regolamenti. L’intervento pubblico si manifesta in un controllo dell’impianto generale dello sviluppo urbano, indirizzando l’intervento privato e mediando tra interessi molteplici. I regolamenti, le norme di allineamento e sfruttamento, le leggi sull’esproprio diventeranno dei patti tra proprietà private che permetteranno di valutare le opportunità di guardagno.  Le libertà di sfruttamento indifferenziato del suolo conquistate dal capitalismo borghese si potranno faticosamente invertire in nome dell’uguaglianza solo con l’avvento del socialismo.

 

Le modifiche della struttura urbana

Sia il Glacis di Vienna che i Gran Boulevards di Parigi, in quanto facenti parte di un sistema di fortificazioni, conservano la loro unitarietà soprattutto perchè entrambi di proprietà pubblica. Questo fatto ha due conseguenze: non più utilizzate nella loro funzione difensiva queste aree diventano il luogo deputato allo svago delle classi più agiate; il loro essere sistema unitario  le rende aree disponibili a nuove trasformazioni che determineranno gli sviluppi successivi.

Le nuove utilizzazioni hanno però conseguenze diverse nelle due città: se a Vienna il ring è l’elemento di unione tra la città vecchia e la nuova, a Parigi le trasformazioni si dovranno estendere anche alle parti già costruite per metterle a sistema con i nuovi viali.

L’elemento dominante dei processi è la strada come fatto urbano che, specialmente a Parigi diventa lo strumento ordinatore degli interventi e il metodo di risanamento di intere zone centrali.

L’utilizzo della strada come strumento di generazione della forma urbana decreta la fine dell’esistenza del lotto medievale e il passaggio all’isolato come unità di base. L’edificio di appartamenti sostituisce l’abitazione singola e si stratifica in una compresenza di fasce sociali differenti. Vi è in questo processo una semplificazione e una scomparsa dei tipi edilizi classici.

Il sistema di sventramenti messo in opera a Parigi da Haussmann non è un’invenzione ma lo diventa nel modo in cui esso è lo strumento principale di trasformazione urbana convogliando in un unico elemento la capacità di risolvere i vari problemi (assetto proprietario, investimenti, igiene e ordine pubblico).

Per quanto riguarda le infrastrutture civili, le attrezzature pubbliche sono spesso modeste, forse perchè i veri “nuovi servizi” sono quelli privati legati alla nuova società. Inoltre tutta una serie di attività verrà progressivamente esplulsa dai nuovi quartieri, come ospedali, manicomi, macelli, cimiteri, industrie, quartieri operai, perchè non riguardanti il nuovo stile di vita borghese.

Le trasformazioni operati nel centro porteranno poi in seguito alla concentrazione delle attività e dei servizi in questa parte della città (che diventa monocentrica), mentre nel periodo successivo (seconda metà del ‘900) tutte le differenze tendono a scomparire in una generale perdita di forma urbana in cui vi sono interventi accentratori anche in aree periferiche.

 

La città-capitale come modello

Per quanto riguarda gli esiti dei due interventi (Parigi e Vienna) in relazione agli aspetti propri e alla loro adozione come modelli per le altre città, vi sono notevoli differenze.

In primo luogo per dimensione: Parigi ha una popolazione tre volte superiore a quella di Vienna, e, cosa più importante, attua una trasformazione generale alla città e non limitata a una singola parte.

Un’altra causa di diversità è la risposta culturale differente alle trasformazioni della proprietà, al cambiamento di scala dei problemi e degli investimenti. Parigi infatti era, a partire dalla rivoluzione, fornita di una serie di funzionari pubblici  tecnici e architetti che, pur non dirigendo essi stessi il processo, ne prendevano parte con tutta la propria competenza dividendosi i compiti. A Vienna invece i progettisti vedono le trasformazioni come un proseguimento della propria pratica professionale abituale.

La terza e ultima differenza riguarda l’adozione come modello delle due città: il caso di Parigi è un’insieme di politica, ricerca dei finanziamenti, modalità operative con strumenti tecnici nuovi che in un certo senso è esportabile anche ad altri contesti; il caso Viennese è piuttosto una possibile soluzione per riempire in modo adeguato un vuoto urbano.

Trascurando le imitazioni dei modelli sono presentate le trasformazioni di Budapest e Barcellona.

La prima è un’applicazione del sistema parigino: nonstante a causa dell’esiguità del centro antico esso  non sia stato influenzato dalle trasformazioni, il processo di sviluppo si attua con la costruzione di un reticolo di boulevards tripli che uniscono le due parti di Buda e Pest attraverso ponti.

La situazione di Barcellona, con un’ampia fascia libera da costruzioni per ragioni militari, sembrerebbe simile a quella di Vienna, ma data l’estensione dell’area edificabile essa non può essere solamente una cerniera tra vecchio e nuovo, diventerà un’addizione consistente alla città antica. Il progetto di Cerdà determina una città completamente nuova, totalmente svincolata dalla forma di quella storica. L’impianto è applicabile per un’espansione potenzialmente infinita; per questo e per le sue dimensioni assomiglia più a un intervento americano che europeo.

Oggi le città capitali del XIX secolo non hanno più il ruolo di modello per varie motivazioni, tra cui l’omogeneità delle soluzioni del mondo capitalistico moderno, le istanze di uguaglianza, per il rapporto tra natura e costruito.

GLOSSARIO

Tipo e Tipologia - studio delle possibili associazioni di elementi per giungere a una classificazione per tipi degli organismi architettonici (generale, poi ne dà una definizione particolare per questo ambito, vedi paragrafo “tipo e tipologia)

Morfologia Urbana - studio della forma della città, oppure, e in questo senso è usato da Aymonino, la forma stessa della città valutabile attraverso le relazioni tra le parti e il tutto, tra i tessuti edilizi che la compongono e tra i singoli fatti urbani che la generano.

Rapporto – qui è sempre inteso come rapporto mutevole tra aspetti tipologici e morfologia urbana, sulla cui esistenza e cambiamento è basata la sussistenza stessa della città come unità riconoscibile.